Embrace
Me With Your Mind.
Finally Us.
Trattengo
l’ennesimo conato di vomito, che preferirebbe uscire dal
mio corpo una volta per tutte, eppure non lo fa, resta lì,
come il senso di
colpa, come la rabbia, come una delusione che rimane nel cuore per
sempre. Il
viso pallido e pieno di sangue di mio padre fa bella mostra di
sé, è sdraiato
per terra, dolorante e respira a fatica, le sue mani sono legate ad una
corda
abbastanza doppia da tagliare la pelle lì dove è
situata. Mia sorella, quella
che sembrava stesse per morire, è invece seduta in un
angolino, con le mani negli
occhi, sperando di non vedere il nulla, sperando forse di diventare
cieca pur
di non sopportare quella visione. Mia madre. Mia madre nuda tra le
braccia di
quel vile che qualche tempo fa credevo fosse l’uomo che mi
aveva cambiato la
vita, migliorandola. Il silenzio di mia madre è quello
più agghiacciante, sta
aspettando la sua ora, adesso, mentre lui tenta di slacciarsi la
cintura.
«Lasciala andare!» Urlo finalmente, dopo qualche
minuto che cercavo
di dare vita alla mia voce che sembrava scomparsa nel nulla. Mi
scaravento su
di lui, non vedendo nemmeno i miei piedi muoversi, cercando in qualche
modo di
riuscire a farla finita per lui, adesso. Non appena lo spingo un urlo
disumano
lascia la gola di mia mamma. Ha una corda attaccata al collo, la cui
cima è tra
le mani di Denali, non appena tocchi lui, la corda si stringe nel collo
di mia
madre. Inizio a prenderlo a pugni, senza averlo deciso, senza
rendermene conto,
lui indietreggia e mia madre urla.
«Smettila Edward!» Urla Bella incazzata come mai
prima d’ora. Si
avvicina a noi con lo sguardo carico d’odio. Mi oltrepassa e
avvicina il suo
viso a quello del padre di Tanya.
«Sei un vile e lurido schifoso. Sei nato per rovinare la vita
degli altri. Guardati.» Sussurra arrabbiata, indicandolo per
poi guardare lo
specchio che ha davanti. La sua faccia è schifata.
«Fai schifo. Sei un
bastardo. Che soddisfazione ci provi a fare cose del genere? Che senso
ha
vivere in questo modo malato?» Mormora con il cuore in mano,
cercando di farlo
ragionare, ma è tempo perso, è inutile. Lo
sguardo di lui si perde per qualche
attimo, per poi divenire malizioso e vile, come lui, come tutto
ciò che lo
riguarda. Con un ceffone colpisce il viso di Bella che cade per terra
malamente.
Gli sputo in faccia e inizio a prenderlo a pugni, non vedendo mia
madre, né mio
padre, non sento nemmeno gli altri che mi implorano di fermarmi.
Continuo,
colpendolo, fregandomene del suo sangue che schizza forsennatamente
sulle mie
dita piegate a
pugno. Colpisco,
liberandomi dell’odio verso me stesso, sentendomi completo,
sentendomi potente,
non una nullità
come lui mi ha sempre
fatto credere di essere. Sfogo la mia rabbia di tutti questi anni
contro di
lui, la mia disperazione causata gran parte per colpa sua, il mio animo
chiuso
in gabbia ha sciolto le catene ed è uscito, pronto per lui,
per ucciderlo,
annientarlo, farlo sentire debole e inutile, così come lui
ha fatto con altri.
Le urla di mia madre mi fanno arrestare per qualche attimo e i suoi
occhi
implorano pietà. Guardo Denali, con gli occhi chiusi, il
respiro accelerato e
qualche gemito di dolore che sfugge dalla sua bocca chiusa
prepotentemente, per
paura che inconsapevolmente potesse chiedere pietà, e lui
non la chiede, né la
concede. Corro in cucina e afferro un coltello medio, taglio la corda
dal collo
di mia madre e le sussurro di andarsi a vestire. Mi avvicino a mio
padre,
afferro il suo polso e con due dita lo tasto. Sospiro. È
vivo. Annuisco alla
mia famiglia che mi guarda, in bilico. Tanya è seduta
tranquilla, come se nulla
fosse successo. Jasper mi guarda serio e annuisce, mia sorella fa lo
stesso.
Hanno capito ciò che voglio fare. Non importa se con questo
sacrificherò ancora
la mia vita, non mi interessa se soffrirò come un cane,
sarà un piccola
rivincita per me stesso, per i miei genitori, per Bella. Apro la porta
lanciando uno sguardo d’intesa a Jasper e scendo in macchina.
Apro la porta e tutto è come poco prima. Afferro la pistola
dalla
tasca posteriore e senza rendermene conto, con un secco, freddo e immediato colpo il
proiettile si infila sulla
testa del grande e stimato Denali, mettendo fine alla sua vita, alla
nostra
sofferenza. Tanya balza dalla sedia urlando, in un attimo gli occhi di
Bella
uccidono i miei, e per un millesimo di secondo mi pento di
ciò che ho fatto,
sentendomi un bambino con il suo giocattolo frantumato tra le mani.
È come se
tutta la sicurezza che fino a qualche attimo prima si era impossessata
di me si
fosse dissolta nel nulla.
«Che cazzo hai fatto?!» Urla Bella lanciandosi sul
mio corpo per
poi colpirlo di pugni continuamente. Inizia a piangere mentre io guardo
tutti
con gli occhi sgranati. Jasper mi guarda, mia sorella ha la testa
sotterrata
nel suo petto. Mia madre non è ancora uscita dal bagno,
Tanya è distesa accanto
suo padre e piange. Mi guardo le mani, una con l’arma ancora
stretta tra le
dita, le stesse mani che hanno saputo uccidere.
«L’ho fatto per noi…» Sussurro
con una lacrima che rischia di
scendere sul mio viso.
«No Edward! MARCIRAI IN GALERA! »
«SPIEGAMI CHE CAZZO DI ALTERNATIVE AVEVO?! » Urlo
con tutto il
fiato che ho in corpo, mentre le lacrime scoppiano sul mio viso. Mi
prendo la
testa tra le mani facendo scivolare la pistola per terra. Sento i
tacchi di
Tanya avvicinarsi a me e rimango immobile, adesso sì che ho
perso tutto, per
davvero questa volta. Appoggia una mano nella mia spalla e la stringe
forte, il
suo respiro si avvicina al mio orecchio per poi sussurrare:
«Questa la pagherai
cara. » Si avvicina alla porta ma Jasper la blocca.
«Non così in fretta sorellina.» Alzo la
testa e guardo entrambi.
Lei scoppia a ridere e lo colpisce con il suo sguardo freddo e duro,
identico a
quello del padre.
«Prendi questi.» Mormora dandole una busta gialla
imbottita. «Sparisci,
o finirà male anche per te.» Lo sguardo di Jasper
fa paura, per qualche
millesimo di secondo ha fatto uscire il Denali che è in lui.
Tanya indietreggia
e mi guarda con sguardo assassino. Resta in silenzio per qualche
secondo e solo
dopo averci guardati con sguardo pieno d’odio afferra la
busta titubante, Jasper
si sposta e lei scappa via. Mia madre sbuca dal nulla, avvicinandosi al
corpo
di Denali per poi allontanarsi immediatamente, ma solo dopo avergli
sferrato un
calcio sulle palle. Guardo Bella, che finalmente si è
degnata di donarmi il suo
sguardo. Mi guarda con disperazione, rassegnazione. Chiamo
l’ambulanza per mio
padre, andando in contro al mio destino ancora una volta.
Una
settimana dopo.
«Potevamo
essere
felici Edward. Hai sbagliato tutto.» Mormora, dopo essermi
seduto nella sala d’aspetto
della stazione di polizia, dopo aver risposto all’ennesimo
interrogatorio. È
ormai una settimana che sto dentro un cella, ma lo sapevo. Non
è ancora deciso
nulla, se ci sono abbastanza prove vado fuori. E la mia è
stata legittima difesa.
Ogni essere umano, dopo aver visto quelle cose lo avrebbe ucciso.
Sospiro
guardando Bella negli occhi.
«L’ho fatto per noi
Bella. Questa era l’unica alternativa.»
«Sei un assassino
Edward.»
«NO! Non lo sono!
Non ho mai pensato di uccidere qualcuno, sono stato costretto Bella!
Cazzo! Non
capisci niente. TU COSA AVRESTI FATTO? » Mi zittisco
all’istante non appena un
poliziotto sbuca dalla porta per intimarmi di non fare casino. Lei si
alza e va
via. Facendomi sentire un verme. Scuoto la testa rendendomi conto che
forse
scegliere questa strada, l’unica, non è stato
giusto. In fondo è stata lei
stessa ad implorarmi di fare qualcosa. L’ho fatto solo per
lei. Perché se non
mi fossi innamorato di lei il mio mondo non mi sarebbe stato poi
così tanto
stretto. Lei ha migliorato la mia vita, ma molte volte mi fa pensare
che per
lei non sono abbastanza e non lo sono mai stato. Tanya, la nuova
Eveline
Sokoli, si trova negli stati uniti, è andata via il giorno
stesso. Denali è al
cimitero, nel posto dove merita di essere, forse all’inferno
imparerà il senso
della vita che ha ormai perso. Jasper è andato subito a
sistemare le cose con i
documenti e aspettano che questa merda finisca per sposarsi. Mio padre
è stato
operato al torace e alla gamba destra, aveva parecchie ossa spezzate,
ma si sta
riprendendo, è forte. Mia madre non
si è
ancora ripresa, ma fortunatamente quel giorno siamo arrivati in tempo,
prima
che lui potesse profanarla con la sua malvagità.
L’unico che non si è ancora
capito in quale sezione di vita potesse essere collocato sono io.
Scuoto la
testa e aspetto che il poliziotto venga con le manette per riportarmi
nella mia
cella. La galera è dura, anche per un solo giorno. Non si fa
nulla, se non
mangiare schifezze. C’è una lurida puzza dentro le
celle e i letti sanno di
muffa. Ogni notte, prima di chiudere gli occhi, sfiniti dalle lacrime,
vedo il
corpo di Denali steso sul suo stesso sangue. È una visione
che non mi
abbandonerà mai.
«Sei libero Cullen.
Almeno fino alla data del processo.» Dice il poliziotto
sorridendomi, facendomi
credere che lì dentro oggi mi hanno creduto più
di ieri. Afferro i miei vestiti
tra le mani dell’appuntato e corro a cambiarmi.
«Era
l’unica cosa,
Edward.» Sussurra mio padre. Io annuisco e una lacrima bagna
il mio pugno
appoggiato sul letto di mio padre.
«Crede che sono un
assassino.»
«Ma non lo sei
figliolo.» Appoggia una mano sulla mia spalla e mi guarda fin
quando non si
addormenta. Accarezzo la mano di mio padre, così fragile per
un uomo come lui.
Penso a quando ero piccolo, ricordo che gli piaceva farmi arrabbiare,
mi
nascondeva tutti i giocattoli e li tirava fuori solo quando scoppiavo a
piangere
seriamente. Sorrido, pensando che forse non è andato tutto
perso. Che forse la
mia vita può iniziare da adesso. Mi alzo, facendo attenzione
a non svegliarlo e
mi dirigo nel mio studio. Apro la porta, ed è strano
trovarsi qui. Afferro una
scatola, buttando sullo scaffale l’acqua fisiologica che
aveva dentro e inizio
a metterci i miei effetti personali.
«Edward.» Mormora
Ben con gli occhi sgranati. Lo guardo e gli sorrido, mentre continuo a
fare ciò
che stavo facendo.
«Ho letto, sui
giornali.» Mormora, forse, non sapendo che dire. Io annuisco
e sospiro.
«Hai fatto bene
Edward. Solo, cerca di non entrare ancora lì dentro.
» Dice mentre si avvicina
e mi da una pacca sulla spalla, io scoppio a piangere per
l’ennesima volta e lo
abbraccio forte. Rendendomi conto che era da tempo che volevo farlo,
abbracciare qualcuno che mi ha sempre compreso, oltre la mia famiglia,
oltre
Bella.
«Cercherò di non
farlo credimi.» Sussurro con le lacrime agli occhi,
sentendomi un piccolo
agnellino smarrito nel bosco.
Busso
per l’ennesima
volta ma niente, non apre quella dannata porta.
«Bella apri. Butto
giù la porta! » urlo nel bel mezzo di una crisi di
rabbia. Sono stanco di
questa cosa, dobbiamo chiarirla una volta e per tutte. La porta si
apre,
rivelandola in lacrime per l’ennesima volta.
«Basta Edward, sono
stanca. Ogni volta è sempre così. Io che mi
incazzo, te vieni qui, fai casino,
bussi mille volte finché non ti apro, parliamo, guardo i
tuoi occhi e mi perdo
in te, mi perdo nell’amore che provo nei tuoi confronti.
Basta Edward, sono
stanca di tutto questo, è sempre la stessa storia. Non eri
costretto ad uccidere
un uomo per stare con me.»
«Dio! Bella cosa
dovevo fare? Uccidere mio padre? Dimmelo! Sarebbe stato peggiore! Falla
finita
Bella. Questa volta non ho nulla da farmi perdonare con te. Questa
volta ho
speso l’ultimo penny che avevo a mia disposizione per essere
felice con te.
Basta, sono stanco.» Mormoro
avvicinandomi a lei. Mi abbraccia e scoppia a piangere.
«Scusa…è solo che
non voglio saperti in galera per colpa mia. Non voglio che la gente ti
guardi
come un assassino per colpa mia, per non aver saputo stare con te anche
se
stavi con un’altra.»
«Basta Bella.
Finalmente siamo noi. Non pensarci.» Mormoro alzando la
testa, per non
permettere alle lacrime di scivolare sulle mie guance. Le sue mani come
da copione
si insinuano tra i miei capelli. La spingo dolcemente, mentre le nostre
labbra
si muovono a sincrono e la porto in camera da letto, ci stendiamo e ci
guardiamo negli occhi.
«Sei la mia vita
Bella. Non andare via da me. » Sussurro fondendo il mio
sguardo con il suo.
«No Edward. Dopo
tutto quello che è successo non posso andare via da te.
Perdonami ti prego.»
Mormora per poi tuffarsi ancora tra le mie labbra. Strappo la sua
camicia da
notte di Satin con passione, contando i secondi che mi separano dal
fondermi
con lei, con il suo amore, con il suo corpo, con il mio paradiso.
Sfioro la sua
intimità dalle mutandine in pizzo e mi sento perso. Roteo
gli occhi per l’eccitazione
e lei mi sorride maliziosa. Afferra la mia maglia e la butta via dal
mio corpo
con il mio aiuto, stessa cosa con i Jeans. Inginocchiati sul letto ci
abbracciamo stretti, beandoci del calore dell’altro,
dell’esistenza del nostro
amore stesso. Un amore che per molti versi sembrava impossibile, ma un
amore
indissolubile e forte come il nostro non può essere
impossibile, a tutto c’è
una soluzione, ed io l’ho trovata. Uccidere una persona non
è mai la cosa
giusta da fare, ma sono stato costretto, la mia anima che, a quel tempo
aveva
firmato un contratto con Denali, sentiva il bisogno di compiere quel
gesto. Mi
sento un uomo libero, anche se forse non è la definizione
esatta, mi sento
finalmente quell’Edward Cullen ragazzo, buono e gentile con
tutti, è come se uccidendo
lui ho ucciso la parte peggiore di me. Ho ricavato la mia vita nella
sua morte.
Afferro gli slip di Bella e li faccio scivolare tra le sua gambe per
poi
lasciarli poltrire a terra, seguiti poco dopo dai miei boxer. Nudi e
ansanti,
desiderosi di noi come mai prima d’ora, consapevoli di essere
l’uno dell’altra,
senza interruzioni o presenze da parte di nessuno. Finalmente noi.
Finalmente
possiamo appartenerci, ore e per sempre. Accarezzo il suo corpo di
profilo,
prolungando questo momento che vorrei con tutto me stesso fosse
infinito. La
sua pelle ancora una volta morbida e diafana si lascia teneramente
accarezzare
dalle mie mani, quelle mani che non ti intendono lasciarla ma
più , nemmeno per
un solo attimo. Insinuo due dita dentro la sua intimità,
gesto che la fa
sobbalzare e immediatamente gemere, afferra le mie spalle, mi intima di
fermarmi, ma come se fossi accecato dalla sua bellezza,
dall’amore e dalla
passione, che dal primo giorno mi hanno attratto da lei, lei
è il polo ed io
sono la calamita. Siamo noi, solo e irrimediabilmente noi.
Le sue dita esili si
attaccano con forza ai miei capelli, facendomi eccitare in maniera
inverosimile. Afferro i suoi fianchi e inginocchiandomi sul letto con
una mossa
repentina, la tiro verso di me, entrando dentro di lei con forza e
velocità
disarmante, i suoi capelli ondeggiano sul suo seno, facendomelo notare
più del
dovuto, con una mano la tengo stretta a me, mentre le sue mani
accarezzano il
mio viso e con l’altra sposto i capelli dal suo petto per poi
baciarne un seno,
turgido, perfetto per la mia bocca. Inizio a leccare, mordere
accarezzare con
la punta del naso mentre spingo sempre più a fondo, volendo
entrare dentro di
lei ancor di più, cercando ancora una volta di rendere tutto
questo nostro e
indimenticabile, voglio che ogni volta che mi vede pensi a tutto
questo, a
quello che realmente siamo, la nostra storia d’amore
è iniziata in questo modo
e voglio che continui così, a renderci indimenticabili,
dipendenti l’uno dall’altra,
perché se anche molte volte la dipendenza è un
termine mostruoso per noi essere
dipendenti è necessario, se lei respira io vivo, se io la
amo lei respira, un
circolo necessario, che potrebbe distruggerci in un attimo, rovinando
tutto ciò
per cui siamo cui in pochi attimi, ma questa è
l’amore, e forse non c’è modo
migliore di viverlo se non così. Affondo dentro di lei, i
suoi respiri mi
permettono di sorriderle per davvero. La sua bocca sussurra
“Ti amo”, ne bacio
ogni centimetro per poi sentire le sue pareti stringersi attorno al mio
membro,
continuo a spingere in lei, che sfinita si appoggia al mio petto, vengo
dentro
di lei, schizzando il mio seme all’interno del suo corpo,
tingendolo ancora una
volta del mio colore all’interno di lei. Mi stringe forte a
sé, baciandomi il
collo con dei piccoli e teneri baci. Stringo la sua pelle attorno alle
mie
dita, come se avessi paura che lei potesse scomparire da un momento
all’altro.
Ci sdraiamo sul letto, recuperando il respiro mozzato
dall’amplesso appoggia la
sua testa sul mio petto e sento la dolce sensazione dei suoi capelli
che
solleticano la peluria sul mio petto. Dopo qualche secondo, apro gli
occhi
sentendo la sua risata serena e leggera.
«Guarda.» Indica lo
specchio di fronte a noi, dove siamo riflessi entrambi, mi metto seduto
per
guardarlo meglio e sorrido. Ci siamo noi, sereni, abbracciati e
appagati.
«Ti amo Edward.»
Mormora tuffandosi sulle mie labbra.
«Ti amo anch’io.» Le
porgo la mano e confusa si alza dal letto insieme a me. Mi posiziono
dietro di
lei, adesso di fronte allo specchio e la guardo da lì.
«Guardaci Bella.»
Mormoro baciandole l’orecchio.
«Siamo noi, Edward.
Finalmente noi.»
Eccoci qui. Ultimo
capitolo di questa storia.
Il prossimo
sarà l’epilogo.
Non so quando
aggiornerò, il 17 partirò per il mare, spero di
riuscirci. Nel prossimo scriverò
tutto ciò che c’è di necessario. Al
momento godetevi il ferragosto e divertitevi.
Grazie mille, a
tutte quante.
Un bacione
Roby <3