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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    12/08/2013    2 recensioni
"...trovava la compagnia di un buon libro molto più interessante di qualche discorsetto frivolo tipico dei ragazzi come lei.
O forse, più semplicemente, la cultura ed il sapere erano un cibo molto più nutriente per una mente brillante e moderata quanto quella di una delle migliori studentesse che Hogwarts avesse mai avuto... almeno fino a quando le fosse stato concesso."

Una piccola parte della storia di Minerva McGranitt, tra studio, amici ed un rapporto spesso struggente quanto piacevole che intercorre tra lei e due personaggi particolarmente importanti della sua vita: il professore di Trasfigurazione Albus Silente ed il Prefetto Serpeverde Tom O. Riddle.
(Minerva/Silente - Minerva/Tom)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Minerva McGranitt, Tom O. Riddle | Coppie: Albus Silente/Minerva McGranitt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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A happy thought

 

Molti, moltissimi anni più tardi, quella che era stata la loro scuola, la loro casa per un tempo indeterminato era in fiamme, alcune mura distrutte, lampi di luce magica che venivano lanciati da ogni dove in direzione di chiunque, senza distinzioni.
Senza prudenza, senza rimpianti, senza pietà.
Il sangue scorreva lungo i gradoni interni del castello di Hogwarts, le pietre miliari crollavano sotto la violenza inaudita e spietata dell’odio.
Nulla sembrava poter essere salvato, se non la speranza e la determinazione.
Era stato richiesto un sacrifico molto, molto grande a chiunque: tutti avevano perduto qualcosa in quella battaglia dalla violenza inaudita.
Non si parlava più di maghi oscuri e bianchi, non si parlava più di studenti, mangiamorte o componenti dell’Ordine: tutti, indistintamente, dovevano combattere.
 
Molte erano le grida di dolore e disperazione che si levavano, i suoi occhi verde smeraldo  riflettevano le fiamme di innumerevoli parti di quella scuola che lei aveva più volte chiamato “casa”…
Ma la sua espressione era fredda, da quell’alta torre di Astronomia, materia che lei disprezzava almeno quanto la docente che la insegnava.
Era fredda ed impassibile, come ogni  volta, perché sapeva che avrebbe dovuto mantenere il proprio ruolo fino alla fine, senza esitazioni e senza paure.
Lei, in quel manto scuro e verdastro, gli occhialini di sempre poggiati sul naso, manteneva quella postura eretta ed elegante che l’aveva caratterizzata sin dalla gioventù: ora donna decisamente più matura, ora insegnante, ora difensore di molte vite.
 
Qualcosa apparve alle sue spalle, si materializzò ad un paio di metri con rapidità e precisione, lasciando che un alone oscuro e crudele invadesse d’improvviso quell’atmosfera già drammatica.
«E così ci rivediamo, Miverva… proprio come avevo promesso.» Quella voce era ancora più glaciale di quanto la ricordasse, il gelo che essa sprigionava andava contro ogni sua aspettativa.
Ma non esitò, non tremò, non rabbrividì: si contenne come ogni volta, la razionalità aveva la meglio sui sentimenti, sulle emozioni, su quella paura di cui lui stesso l’aveva canzonata.
«Strano che tu l’abbia mantenuta, una promessa.» Gli rispose con voce ferma, per quanto non riuscisse ancora a voltarsi verso di lui.
Lo sentì avvicinarsi, ma dentro di sé qualcosa le diceva che non le avrebbe fatto del male, non subito almeno: era troppo sadico per terminare un divertimento così all’improvviso, era troppo assetato di conoscenza per porre fine ad una vita tanto brillante.
«Non sei cambiata. E ammetto che questo non mi dispiaccia.» La canzonò accennando ad un sorriso ironico e malevolo, si avvicinò ulteriormente a lei, senza che ella facesse un passo né per fuggire, né per facilitargli l’avanzata.
«Tu, invece, hai perduto quel briciolo di umanità che avevi in corpo.» Gli rispose a denti stretti, la rabbia ancora contenuta ma il disprezzo ben evidente.
Si volse d’improvviso verso di lui, ritrovandoselo molto più vicino di quanto si aspettasse: il volto pallido, le iridi rosso sangue, il gelo che proveniva da quel corpo marmoreo tanto da gelarle il sangue nelle vene.
Perse un battito, ma non la lucidità e la fermezza.
«Ora non sei più degno di essere chiamato mago, Tom Orvoloson Riddle. Ora sei solo un’ombra che vive alle spalle dell’odio e della disperazione.»
Si fece d’improvviso serioso, le iridi si assottigliarono, l’espressione ulteriormente più fredda.
Fredda come un cuore che aveva sussultato ben poche volte, fredda come il gelo che gli invadeva la vita e l’animo, sempre che di essi si potesse parlare, per una creatura che aveva svenduto tutto al diavolo.
«Non ho più quel nome, pensavo che ormai fosse chiaro.» Puntualizzò continuando a fissarla con sempre maggior odio, mentre lei sosteneva quello sguardo, le mani giunte in grembo, la bacchetta tenuta saldamente tra le dita: non era forte quanto lui, lo sapeva, eppure era certa che niente l’avrebbe abbandonata.
«Ti rifugi dietro ad un nome? Cambiarlo non modifica le tue azioni e le tue origini, Tom.» Lo stuzzicò ancora, lo provocò, gli rinfacciò tutto ciò che sapeva lo avrebbe ferito o fatto indiavolare: perché lui le aveva tolto ciò che più amava, ed ora minacciava quello che le era rimasto.
Avrebbe giocato il tutto per tutto, avrebbe mostrato quella parte che da sempre celava, perché a lei non si addiceva: ma non si sarebbe abbassata al suo odio, al suo sadismo, alla sua disperazione disumana.
Stava per esplodere, lui, stava per lanciarle contro qualsiasi tipo di maledizione gli venisse in mente, tutta la sua frustrazione, tutto il suo odio, tutta la sua cattiveria.
Ma fu questa a prendere il sopravvento, fu un rancore ben radicato e razionale ad avere la meglio sul Signore Oscuro: la rabbia venne sostituita da un sorrisetto ironico e sadico, da una consapevolezza che entrambi avevano ma che diversamente avrebbero usato.
«Ti brucia ancora la sua morte, vero?» Perse un battito, ma non si scompose.
Lui avanzò un passo mentre la professoressa di Trasfigurazione restava immobile, impietrita quanto determinata, in continua lotta col mondo e con se stessa.
«Sapevi che sarei venuto qui, per incontrarti, proprio perché è dove lui ha perduto la vita…» Erano parole fondate e giuste, dopotutto Albus Silente sembrava essere l’unico legame per entrambi, l’unico motivo per cui avrebbero dovuto rivedersi.
Un motivo di amore e dolore per lei, un motivo di distruzione e rancori per lui.
«Non c’è nient’altro a legarci, dopotutto. Ma volevo dirti addio prima della tua definitiva sconfitta, dopo questa notte.» Era sicura di ciò che diceva, sicura delle proprie capacità così come di coloro che stavano tutt’ora combattendo: era sicura della loro vittoria, perché per quanto fosse solo una morale da favole lei era convinta che il bene, prima o poi, trionfasse sempre.
Lui quasi rise, di nuovo, distolse le iridi rosso sangue da quel volto spigoloso quanto ancora bello e raffinato soltanto per un attimo, per poi tornare ad osservarlo con bramosia.
Lui e quella donna che non si era mai arresa, nemmeno dopo la perdita delle persona più amata.
«Non sei cambiata, Minerva. Illusa ed ipocrita come allora…» Le disse con tono divertito, mentre lei rimaneva ferma nelle proprie convinzioni, sicura di non dover cedere.
«…e come allora chi ne uscirà sconfitto sei tu.» Rispose a tono, con una fermezza che per un attimo lo disarmò.
Lui che era il signore Oscuro, il mago più temuto di tutti i tempi, colui che aveva combattuto e sconfitto la morte, colui il cui solo nome provocava terrore ed incubi.
Lui, il dolore e la paura in persona, non era temuto da quella donna.
Adesso come allora lei lo guardava con determinazione, con sfrontatezza, con quella luce viva negli occhi che lo avrebbe sempre disarmato.
Perché lei non era mai stata come gli altri, non aveva mai perso la fiducia in se stessa e negli altri, non si era mai arresa nemmeno di fronte al pericolo della morte.
Lei, Minerva McGranitt, la studentessa più brillante della sua epoca, la prefetta, la studentessa che aveva fatto innamorare il vicepreside più stimato di tutti i tempi…
«Sempre altezzosa, sempre sicura di vincere… sempre superba e brillante.» La sua voce era contenuta, moderata, eppure non v’erano né comprensione né vero e proprio sarcasmo in quelle parole.
Si avvicinò ancora, lasciò che poco meno di un metro li separasse.
Inclinò appena la testa di lato, come a volerla osservare meglio, mentre allungava una mano in sua direzione, nel tentativo di sfiorare di nuovo quel volto.
«Ma ora che non c’è più lui, Minerva, come farai? Come reagirai? Chi ti salverà, se il cuore a cui ti sei tanto aggrappata ha smesso di battere ormai da tempo?»
L’avanzata della mano venne interrotta a pochi centimetri dal volto, una presa decisa ma non troppo forte gli bloccò il polso.
E quello sguardo deciso, quelle iridi verdi fisse nel rosso sangue di Lord Voldemort, come se in lui non vedesse nessun altro al di fuori di quel ragazzo di molti anni prima.
«Come allora anche adesso non puoi comprendere nulla, Tom.» Gli disse allontanandogli la mano con un gesto brusco. –Il cuore è solo un organo che può funzionare e non funzionare. M ciò che resta, ciò che dà la forza, ciò che dà speranza… sono quei sentimenti che tu hai sempre soppresso.-
Affermò mentre la voce si affievoliva appena, tanto che si portò una mano al petto con un gesto lento e quasi teatrale, come volesse imprimerlo nella mente del Signore Oscuro più di ogni altra cosa.
«Il cuore di Albus si è spento da giorni, ma lui vivrà comunque accanto a me per sempre… e questa è una forza che nemmeno il Signore Oscuro potrà mai sconfiggere.»
Voldemort la osservò incredulo per qualche attimo, senza cedere, sin quando lei non puntò la bacchetta altrove e compì un elegante quanto rapido gesto della mano.
«Expecto Patronum.» Dalla bacchetta si generò una scia luminosa ed azzurrognola, una creatura prese lentamente vita da essa, liberando un grido di determinazione ed amore.
Le labbra gli tremarono, per un attimo il suo sguardo vacillò davanti a quella creatura.
«Non è possibile…»
Davanti a lui una McGranitt sicura di sé, uno sguardo determinato quanto compassionevole.
Mentre dietro di lei, appoggiata alla sua spalla, una grande fenice azzurra, una maestosa creatura pronta a difendere la sua evocatrice, una creatura che per coloro che l’avrebbero riconosciuta avrebbe personificato le sincere parole della professoressa.
Lui indietreggiò di qualche piccolo passo, le labbra rimasero dischiuse per qualche attimo: il Patronus di Albus Silente, suo più acerrimo nemico e rivale, lo fissava intensamente e con disprezzo, posto a protezione di colei che lo aveva evocato con la sola forza dell’amore.
 
Non comprese ancora la potenza di quei sentimenti, il suo cuore si era raggelato e spento molto tempo prima, forse ancora prima che nascesse.
E la bacchetta di sambuco, ciò per cui aveva ucciso e torturato, restava inutilizzata fra le sue gelide mani.
«Addio, Tom.» Furono le uniche parole che uscirono dalle labbra della donna, in quel momento: avrebbe potuto rinfacciargli ancora tutto ciò che lui non comprendeva, avrebbe potuto approfittare di quel momento per aggredirlo, avrebbe potuto umiliarlo ulteriormente.
Ma lei era una Grifondoro e non una Serpeverde.
Era una donna che ancora possedeva un cuore e pietà, e non un involucro colmo solo di odio e disperazione.
Un grido di rabbia si levò nel cielo, tanto forte che chiunque nel castello lo udì: il Signore Oscuro scomparve dalla vista della professoressa in un lampo di luce verde, mentre una lacrima veniva liberata.
Piccola, cristallina, pura, sincera.
E tutto ciò che restava dell’odio e della disperazione di quel ragazzo senza cuore e senza anima venne completamente annientato, distrutto e disperso tra quelle mura, mentre un frammento dei suoi ricordi venne sempre custodito nell’unico cuore che, almeno in parte, lo aveva accolto.
 
                                                     

Note Autrice:
Eccoci all'ultimo capitolo! =)
Spero vi sia piaciuto come finale, spero non troppo scontato e soprattutto non banalizzato!
Spero anche che anche chi segue mi lasci magari un commentino finale, mi farebbe davvero piacere.
Per il resto grazie a tutti =D
  
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