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Autore: chocobanana_    12/08/2013    1 recensioni
[GerIta/SpaMano/FrUk/Altre Pair][Fantasy/Angst/Sentimentale][Giallo][AU][Het/Yaoi]
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Succede che qualcuno senta il bisogno di scappare da tutto, dal male che la vita gli infligge, e allora si cerca rifugio in qualcosa.
Può essere un amore, un’amicizia, una casa, qualsiasi cosa che porti conforto.
Poi c’è chi chiede alle pagine di un libro di divenire la propria realtà e non essere più fantasia.

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La testa gli faceva male, come se stesse per scoppiare da un momento all’altro.
Si chiese in quale bizzarro modo fosse arrivato in mezzo a quel prato, anzi, giardino.
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camy
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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♣ Il Giardino Delle Rose

 

 Succede che qualcuno senta il bisogno di scappare da tutto, dal male che la vita gli infligge, e allora si cerca rifugio in qualcosa. Può essere un amore, un’amicizia, una casa, qualsiasi cosa che porti conforto. 
l Poi c’è chi chiede alle pagine di un libro di divenire la propria realtà e non essere più fantasia.

 

♣ Prologo ♣

 
 
Mosse piano le dita, avvertendo la rugiada dell’erba inumidirgliele, sbatté lentamente le palpebre, trovandosi accecato da luminosi raggi di sole. Sentiva tutto il corpo indolenzito e dolorante, come se avesse preso una brutta botta.
Si alzò adagio, provando a non  fare movimenti bruschi. 
La testa gli faceva male, come se stesse per scoppiare da un momento all’altro.
Si chiese in quale bizzarro modo fosse arrivato in mezzo a quel prato, anzi, giardino. C’erano alte siepi verde scuro disposte come fossero mura, in mezzo a due di essere compariva un piccolo cancelletto marroncino, di legno.
Il ragazzo dai capelli castani osservò tutto quello che c’era intorno a sé, notò una grande parete piena di rose dai vari colori; le spine erano tutte ben visibili sui fusti rampicanti di quei fiori.
L’edera ricopriva del tutto quella fiancata, dando un tocco inquietante a quel luogo sconosciuto.  Al centro di quel piccolo paradiso si trovava un tavolino bianco, piccolo e circolare. Feliciano strabuzzò gli occhi, chiedendosi se quella figura che vedeva fosse vera, o solo frutto della sua immaginazione.
Un ragazzo biondo era seduto su un’elegante sedia, stringeva tra le mani una tazza di porcellana, dalla quale usciva del fumo.
Il castano poteva percepire l’odore di cannella che impregnava l’aria. L’individuo aveva le spalle coperte da un lungo mantello blu, che sfiorava il terreno.
Aveva un ché di nobile, importante. Sembrava tranquillo, ignaro che ci fosse uno sconosciuto nella propria dimora.
Poi voltò il viso, sul quale vi era un sorriso che lo fece rabbrividire. L’uomo aveva due iridi smeraldine, sopra le quali spiccavano le sopracciglia, scure e doppie.
«Benvenuto.» Mormorò il biondo, appoggiando la tazzina sulla superficie del tavolo e alzandosi.
Aveva un accento inglese che rendeva il tutto più raffinato. Fece qualche passo verso di lui, che indietreggio impaurito.
Feliciano aveva una strana sensazione, non positiva. C’era qualcosa in quell’uomo che lo spaventava. Forse la luce che aveva negli occhi, forse il sorriso sghembo, che, probabilmente, doveva essere semplicemente gentile –almeno per finta-.
«Che posto è questo?» Chiese il più piccolo, squadrando il biondo. «Non mi ricordo di esserci mai stato.» Aggiunse confuso.
«Penso che questa sia la prima volta che metti piede qui anzi, so che è così
Feliciano si soffermò sulle bellissime rose, quelle che aveva già visto qualche minuto prima; c’erano colori che non aveva mai visto su un fiore, come il nero, il blu, il verde.
«Sono belle, vero?» domandò l’altro, voltandosi ad osservarle, compiaciuto. «Peccato che io non abbia molto tempo per curarle, mi servirebbe proprio qualcuno che se ne prendesse cura.» Disse, calmo.
Il castano continuava a rimanere in silenzio, affascinato dalla voce sensuale che aveva la persona di fronte a lui.
«Non me la sento di abbandonare delle vite innocenti.»
Be’, il suo ragionamento non faceva una piega, comunque quei fiori erano essere viventi, e non era giusto abbandonarle come fossero poco importanti.
Oh, se solo Feliciano avesse capito il vero significato di quelle parole.
«Come faccio a tornare da mio fratello?» Indugiò l’italiano, dopo un po’.
L’altro si fece scappare un risolino. «Ti aiuterò io.» Mormorò cordiale. «Però, ti piacerebbe rimanere del tempo qui con me, a prenderti cura di queste bellissime rose? Te ne sarei grato e anche loro.»
Il ragazzino guardò dubbioso gli occhi verdi dello sconosciuto, il cuore gli batteva forte, una voce nella sua testa gli diceva di scappare via. Ma dove? Sembrava non esserci via d’uscita, se non quel piccolo cancelletto, dietro il quale, dopo qualche metro di sentiero ghiaioso, si ergeva un grandissimo castello dalle pareti azzurre.
«Mi…sta aspettando…» Rispose Feliciano, conoscendo l’apprensione animava il fratello maggiore quando si trattava di lui; era davvero molto protettivo, anche se burbero e, spesso, antipatico con molte persone.
Sicuramente lo stava cercando, chiamando, stava strepitando per farlo uscire da un qualsiasi e assurdo nascondiglio.
Ma lui non poteva sentirlo, perché non era a casa, non stava dormendo chissà dove.
«Arthur Kirkland.» Si presentò l’inglese, tendendogli una mano.
Aveva la pelle nivea e delle dita magre e affusolate. Stava ferma a mezz’aria, in attesa di una stretta da parte dell’italiano.
Feliciano allungò piano la mano, intimorito.
Farsi aiutare sarebbe stata la situazione giusta, sì, lo sarebbe stata. Anche se il suo cuore continuava a strepitare, ad urlare di correre lontano. Feliciano sentì le proprie dita sfiorare il palmo di Arthur, si bloccò a pochi centimetri.
«Non ti conviene stringere quella mano, a meno che tu non voglia trovarti a discutere con un falso nobile, o addirittura a diventare un suo schiavetto.» Nel giardino echeggiò una voce profonda, calda, quasi rassicurante.
Feliciano ritrasse confuso la mano, fidandosi di quelle parole che venivano da un punto ignoto di quell’oasi verde.
Sul volto di Arthur si disegnò un’espressione infastidita, girò lo sguardo verso il tavolo dove prima stava prendendo il suo amato tè. Un uomo dai capelli biondi, lunghi fino alle spalle, e il pizzetto, aveva vicino le labbra la tazzina, che Arthur aveva lasciato mezza piena, e sorseggiava calmo la bevanda rimasta.
«Non è male.» Commentò, poi sorrise ad entrambi.
«Cosa ci fai seduto sul mio tavolo, nel mio giardino poi?!» Esclamò Arthur.
Se prima sembrava la persona più posata ed educata del mondo, adesso pareva parecchio arrabbiato. «Ti ho detto che non sei il benvenuto qui.»
«Tu smettila di abbindolare gli stranieri con le tue chiacchiere.» Replicò l’altro, conservando la propria pacatezza.
Si mise in piedi, poi si avvicinò pian piano agli altri due interlocutori.
«Sei nel mio territorio.» Sbraitò l’inglese, mettendosi una mano vicino al fianco, pronto ad impugnare una lama.
«Me ne andrò non appena avrò prelevato l’ospite.» L’uomo lanciò un’occhiata a Feliciano, che continuava a non capire nulla.
Il castano riuscì ad intravedere due profonde iridi blu che, per qualche bizzarro e incognito motivo, lo fecero sentire più tranquillo.
Quello con i capelli lunghi non sembrava andare particolarmente a genio ad Arthur, anzi, lo squadrava con odio. Tutta la gentilezza di prima era svanita, lasciando spazio alla stessa luce inquietante che aveva rilevato al loro primo incrocio di sguardi.
Un qualcosa che Arthur cercava di soffocare dentro, in un posto profondo del proprio animo, sperando che non sfuggisse al proprio controllo; non amava il lato iracondo e cattivo di sé.
Ma di certo, con Françis, non poteva fingere di essere disponibile e nemmeno lo voleva. Era una maschera che avrebbe sgretolato in poche parole, pochi secondi.
Semplicemente perché si conoscevano da una vita, da quando si erano ritrovati imprigionati in quel posto, senza via d’uscita.
«Non lo porterai via, lui viene da fuori.»
«Non lo vedi? È spaventato, non avrà idea di com’è finito qui.»
Per Feliciano quelle parole continuavano ad avere sempre meno senso.
Da fuori? Portare via? Dove diavolo era finito? E chi erano quelle persone? Sentì le lacrime pizzicare per uscire. Avvertiva il bisogno di abbracciare suo fratello Lovino.
La testa continuava a dolergli, e adesso sentiva anche il petto fargli male.
Le gambe tremavano senza controllo, mentre il terreno sembrava diventare liquido sotto i suoi piedi.
Venne inghiottito da quel vuoto che odiava tanto e di cui aveva incredibilmente paura.
 

Quello era un mondo che non gli apparteneva.

♣♣♣
 

.:angolo di un'autrice nana (?):.

Buondì (?)
Questa fic mi è venuta in mente l'altra notte mentre disegnavo una cosa molto angst, e mi sono ripromessa di scriverla c:
Poi alla fine ho anche deciso di pubblicarla, e ringrazio la mia amata valechan che mi ha fatto da beta E finalmente ho imparato a fare le virgolette basse con il nuovo pc -ho passato tutto il tempo a cambiare quelle alte una volta scoperto come fare (?).
Per le altre pair presenti in questa fic... penso che appena posterò il primo capitolo le scriverò (?) ma non so :c dipende dalla mia testa (?)  ora vi saluto c:
chocobanana_ o camy 

 

 

   
 
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