Mi
scuso formalmente per il ritardo abominevole... dati i miei
innumerevoli doveri
(che vi credete, sono una persona impegnata io! xd) ho dovuto
trascurare la
suddetta storia...in ogni caso ecco il nuovo capitolo! Boss, spero che
le
piaccia anche questo...giù e vale, state attente se passate
di qui, perchè
potrei contagiarvi...ma come si dice, bando alle ciance e ciancio alle
bande! Ecco
il 9° capitolo
Cavalcavano ininterrottamente
ormai da parecchie ore, tanto che il
sole era già sulla via di scomparire dietro alle montagne
lontane. A Giulia
dolevano le gambe per l’enorme sforzo di restare aggrappata
all’animale, che
correva velocissimo; comunque, dopo i primi momenti, si era
più o meno abituata
a quella posizione, ed era quindi abbastanza tranquilla; Valeria invece
aveva
via via assunto un colorito verdastro, e non aveva spostato un muscolo
da
quando i cavalli erano partiti al galoppo, tenendo le redini di Dras
strette
convulsamente nei pugni. A un certo punto Giulia aveva provato a
parlarle per
rassicurarla, ma per tutta risposta la ragazza aveva ulteriormente
contratto i
muscoli della faccia in un’espressione disperata e furibonda,
per cui la ragazza
aveva rinunciato.
L’unica che si stava
godendo il viaggio era Elizabeth, completamente a
suo agio sul dorso del suo cavallo dal manto nero lucente, la
serenità fatta a
persona.
All’inizio del
viaggio si erano dirette verso il boschetto nel quale erano
arrivate Giulia e Valeria, per poi proseguire addentrandosi sempre
più nel
fitto della foresta vera e propria; gli alberi erano sempre
più grandi, ma
ancora radi, per cui si vedeva distintamente il paesaggio oltre il
bosco ed era
ancora possibile cavalcare senza problemi.
-D’accordo, possiamo
fermarci!- urlò la ragazza per farci sentire
sopra il rumore di zoccoli.
-E COME?!- urlò di
rimando Giulia.
-Psssssssss…-
sibilò in modo appena udibile Elizabeth: il suo cavallo
e quello di Giulia rallentarono piano per poi fermarsi dolcemente
accanto ad
una grossa quercia. Quello di Valeria invece non si fermò,
ma anzi andò ancora
più veloce.
-Cosa sta facendo? Non ha
sentito il comando?!- chiese preoccupata
Giulia.
La ragazza la
guardò imbarazzata -Tranquilla, adesso si
fermerà. È che
Dras è piuttosto esuberante,
quindi…ehm…-
Giulia la guardò
male per un momento, poi rivolse tutta la sua
attenzione alla figura di Valeria, rigida sul suo destriero, ormai
quasi
-Esibizionista! Lo sappiamo
che sei un bravo acrobata, sai? La
prossima volta però evita cose del genere,
d’accordo?-
Il cavallo emise uno sbuffo
come di scocciato assenso, e la ragazza
alzò lo sguardo verso Valeria, poggiandole una mano su un
fianco per aiutarla a
scendere. Non fece in tempo a prenderle la mano che l’altra
l’era già crollata
addosso, aggrappandosi al suo collo per restare in piedi. Era cerea in
volto,
con le labbra livide da quanto erano serrate, i capelli arruffati. Si
diresse
barcollante verso una roccia vicina, sedendovisi sopra, con gli occhi
ancora
sbarrati.
Le altre due, rivolgendosi uno
sguardo preoccupato, le si
avvicinarono, chinandosi davanti a lei. Giulia pensò a cosa
potesse dire per
confortarla.
-Vale, sta-stai bene?-
“Ok, questa era la cosa decisamente più stupida
che potessi dire” si disse tra se e se.
Elizabeth la guardò
di traverso, poi poggiò una mano sulla spalla di
Valeria, cercando di consolarla.
-Questa era la tua prima vera
cavalcata, ma vedrai che col tempo ti ci
abituerai, se vuoi ti insegnerò io a cavalcare per bene;
davvero, poi quando
impari, è una cosa davvero bellissima…-
tentò. “Ah beh, almeno io non ho detto
una cavolata simile!” pensò ironicamente Giulia.
Infatti Valeria la
guardò malissimo, continuando a tenere le labbra
serrate.
-In ogni caso mi hai davvero
stupito- disse Giulia –pensavo che
avresti urlato…-
-Credimi, urlerò,
ma più tardi…non ne ho proprio la forza
ora…- pigolò
finalmente Valeria, con voce appena udibile, che tuttavia fece
sorridere le due
ragazze.
-Un po’ di cibo
potrebbe aiutarti? Sempre che tu ne abbia
voglia…magari hai lo stomaco sottosopra…- chiese
Elizabeth fingendosi
pensierosa.
-Ma che cavolo di domande fai!
Non mangio da stamattina, certo che
voglio cibo!- esclamò l’altra, recuperando
d’un tratto tutta la sua favella.
-Benissimo! Prima
però, sarà meglio procurarci un buon
giaciglio…ci
penso io, voi nel frattempo prendete un po’ di legna,
guardate, quei rami
laggiù…-
-D’accordo, andiamo-
borbottò Valeria,allontanandosi velocemente con
Giulia.
-Si ma non allontanatevi
troppo!- le urlò dietro Elizabeth, ricevendo
un –se se- in risposta.
Così Giulia e
Valeria si diressero verso un gruppetto d’alberi un
po’
distanti dalla grande quercia. Date le loro grandi doti da
avventuriere, dopo
20 minuti erano riuscite a racimolare ben tre rametti secchi, di cui
uno tutto
spezzato, poiché era stato soggetto all’ira di
Valeria, che si stava sfogando
per la terribile mattinata. Senza accorgersene, le due si erano
già allontanate
parecchio, prese dalla loro disperata ricerca, fino a quel momento del
tutto
infruttuosa.
-Ohhhh, guarda Giulia!!-
Valeria stava indicando tutta eccitata un bel
mucchietto di legna poco distante.
-Wow! Ehi ma che strano,
giurerei che un secondo fa non ci fosse
niente là-.
-Che importa?
Ahah…abbiamo la legna, abbiamo la legna…-
Giulia sorrise. Fece per
chinarsi per raccogliere i rametti, ma da un
formicolio sulla nuca capì di essere osservata. Titubante,
girò la testa, e
cacciò un urlo: davanti a lei, appesa ad un albero a testa
in giù, c’era la
creatura più rivoltante che avesse mai visto. Sembrava un
uomo, ma delle
dimensioni di un bambino piccolo, vestito di stracci che a malapena
coprivano
il suo corpo deformato; una peluria ispida e folta lo ricopriva quasi
completamente, diventando più rada nel volto, dove due
occhietti piccoli e neri
la fissavano con cattiveria.
Come aprì la bocca
per urlare, la creatura le si lanciò addosso,
aggrappandosi al suo viso; il suo odore di muffa e marcio la colpirono
come un
pungo in pancia, annebbiandole i sensi. Sentì un urlo di
Valeria, e poi un
tonfo sordo. Altre di quelle creature le si stavano arrampicando
addosso,
facendole lacrimare gli occhi col loro odore acre. Con scatti convulsi
cercava
di levarseli di dosso, ma più ci provava più loro
si aggrappavano a lei,
lacerandole i vestiti. Era solo vagamente consapevole di essere caduta
a terra,
quando sentì un’altra voce poco distante, non
quella di Valeria sicuramente,
urlare parole strane: le creature emisero gemiti di dolore e scapparono
via,
verso il fitto del bosco.
Giulia cercò di
rimettersi in piedi, ma non ci riuscì; aveva gambe e
braccia coperte di graffi di varie dimensioni, che incominciavano a
bruciare
parecchio. Si voltò verso la misteriosa fonte di quella
voce, che a quanto pare
le aveva salvate, cercando di mettere a fuoco, ma riuscì a
distinguere solo una
vaga macchia colorata, prima di perdere i sensi.
-Ma cosa vi è
saltato in mente, dico io! Vi avevo detto di non
allontanarvi!-
-Non riuscivamo a trovare
nulla…-
-Questo non vi giustifica!
Entrare nella foresta da sole…sareste
potute morire!-
-Dai, Lizze, non prendertela
tanto. Stanno tutte e due bene.-
-Si, grazie a te! Mio dio, se
non ci fossi stata tu…forse sarei
arrivata troppo tardi…ma cosa mi è venuto in
mente, lasciarle andare da sole,
queste due irresponsabili…-
Giulia stava lentamente
riprendendo conoscenza. Si trovava in una
delle tende costruite da Elizabeth, con degli altri vestiti indosso, e
le
arrivava il suono ovattato delle voci. I suoi graffi erano stati
puliti, anche
se non aveva nulla di grave, a parte un lungo taglio
all’altezza della spalla
sinistra che era stato coperto con un unguento profumato che pizzicava
un po’.
Si alzò dalla brandina, ascoltando la discussione; sembrava
che il salvatore
misterioso stesse cercando di rabbonire Elizabeth, anche se con scarsi
risultati.
Mise il naso fuori dalla
tenda: Valeria era seduta su una roccia,
vicino al fuoco, e si trovava più o meno nelle sue stesse
condizioni. Elizabeth
camminava nervosamente avanti e indietro, tormentandosi una ciocca di
capelli
sfuggita alla sua fascia. In quel momento si era fermata, guardando una
figura
davanti a se, che Giulia non riusciva a scorgere bene, dato che dava le
spalle
al fuoco, ma dalla sua forma snella capì che si trattava di
una ragazza.
-Ehi! Come potevamo sapere di
quei…quei…ehm…cos’erano
esattamente?-
chiese Valeria perplessa.
-Folletti dei boschi.- rispose
la ragazza.
- Folletti dei boschi?! Quelle
cose orrende?! Pensavo che i folletti
fossero delle creaturine gentili e dolci, e…-.
L’altra la
interruppe con una risata cristallina, mentre Elizabeth le
rivolgeva uno sguardo tra il divertito e l’arrabbiato.
-Gentili e dolci? Non sei
proprio mai uscita dal castello, eh? I
folletti sono malvagi. Vivono nel fitto dei boschi,
nell’umido; se non li
cerchi non ti fanno nulla, ma se ti avvicini soltanto ai loro territori
ti
attaccano senza pietà. Per questo se si gira di notte nei
boschi bisogna sempre
portarsi un lume, e in ogni caso mai andare da soli-.
-Ah…beh,
wow…quante cose si scoprono!- commentò Valeria,
facendo
ridere la ragazza di spalle, mentre Elizabeth sbuffava nervosamente.
-Vado a vedere come sta
Juliette…-
-No, lascia- la trattenne
l’altra per un braccio –Credo che tua
sorella stia già meglio…-
Elizabeth la guardò
perplessa, e poi alzò lo sguardo ad incontrare
quello di Giulia.
-Juliette!-
esclamò, mentre correva ad abbracciarla. Giulia
ricambiò
felice l’abbraccio, contenta di essere scampata alla
ramanzina.
-Quanto ho dormito?-
-Poco. Giusto il tempo per
farmi preoccupare. Stai bene ora?- le
chiese staccandosi, ma tenendola ancora per la vita, come se avesse
paura che
senza sostegno sarebbe potuta svenire nuovamente.
-Si, tranquilla…-
rispose Giulia distratta, rivolgendo la sua
attenzione all’altra ragazza, che si era alzata,
così che lei poteva finalmente
distinguerne i lineamenti. Aveva più o meno la stessa
età di Valeria, ma era
più esile, col viso affilato contornato da capelli castano
scuro che le
scendevano fino alla vita. Sul naso aveva un paio di lentiggini, gli
occhi
marroni accesi dalla curiosità.
-Principessa…-
disse facendo un piccolo inchino, senza tuttavia
distogliere lo sguardo da lei. –Io sono Mikela-.
-Tanto piacere. Sei tu che ci
hai salvate nel bosco, vero?-
-Si, è
così. Menomale che c’era lei- rispose Elizabeth al
suo posto.
-E come…-
iniziò Giulia.
–Mikela ha dei
poteri magici. Oh no, non è una fata- disse,
anticipando la domanda di Valeria.
-Diciamo che sono
più una sensitiva, che si diletta con intrugli e
formule incantate- aggiunse sorridendo Mikela.
-Uau…hai usato i
tuoi poteri per salvarci?- chiese curiosa Valeria.
-Si, certo. Coi folletti
è meglio non scherzare.-
-E allora mi puoi insegnare
qualcosa di nuovo!!- disse eccitata
Valeria con gli occhi che luccicavano –Pozioni, incantesimi,
magie
incredibili…-
-No aspetta.- la interruppe
Mikela –Faccio magie, si, ma la mia magia
è molto diversa dalla tua; solo una fata ti può
istruire correttamente-.
-Oh. Questo vuol dire che non
mi puoi insegnare proprio niente?-
chiese delusa Valeria.
-Forse
qualcosa…-rimase vaga Mikela, ma Valeria era già
al settimo
cielo.
-Bene, ma ora sarà
meglio che mangiate qualcosa e poi andiate dritte a
dormire, è già molto tardi- disse Elizabeth
notando lo sbadiglio represso a
fatica da Giulia.
-Voi due, in questa tenda.
Vedete di dormire, perché domani
cavalcheremo ancora molto.- disse, aggiungendo un sorriso alla smorfia
di
Valeria. Fece per uscire dalla tenda, ma fu fermata da una domanda di
Giulia.
-Ma ora Mikela
viaggerà con noi?-
-Si…penso di
si…- sussurrò Elizabeth, prima di sparire oltre
il lembo
della tenda. Ma non prima che Giulia avesse il tempo di notare
l’improvviso
cambiamento d’espressione, divenuta seria e preoccupata.
-Così
l’hai spedita da me a Nomar…- disse divertita
Mikela. –Non pensi
sarebbe stato più facile dirle la verità?-
Elizabeth la guardò
sorpresa –Cosa ne sai tu di qual’è la
verità?-
-Non molto a dire il vero.
Solo che Juliette e Valerie non sono
proprio…in loro, di recente. E che questa è la
ragione di questo viaggio improvviso.-
rispose tranquillamente la ragazza.
Elizabeth sbuffò
infastidita –Sei diventata fin troppo brava per i
miei gusti, Sibilla...-
-Lo prendo come un
complimento…- disse sorridendo sorniona –Comunque
non hai risposto alla mia domanda.-
-Non lo so. Insomma, non
sappiamo nulla…come siano arrivate qui, come
rimandarle indietro…come riavere mia sorella e mia
cugina…-
-Non ti fidi di Letizia?-
-No, no assolutamente, non
è questo il motivo! Si che mi fido di lei!-
sbottò Elizabeth.
-E allora?-
-Ero…spaventata,
credo. Si, insomma, io sono quella che deve gestire
la situazione, che deve inventarsi la prossima mossa…non
avevo così paura da
quando sono andata via di casa. È che tutti si aspettano
sempre che io sappia
sempre quale sia la cosa migliore da fare, come comportarsi. Anche
quando ho
conosciuto Letizia, lei mi ha preso come modello da imitare, la prode
guerriera
libera! In realtà mi aiutato tantissimo averla accanto, non
ce l’avrei fatta da
sola. Avevo paura che anche questa volta si aspettasse da me una
soluzione
pronta, ma io questa volta…non ne ho!- concluse portandosi
il viso tra le mani.
Mikela le si
avvicinò cingendole le spalle con un braccio.
-Posso chiederti una cosa?-
disse, dopo alcuni minuti di silenzio.
-Mmh…ho paura,
ma…dimmi.-
-Letizia ha mai preteso che tu
sapessi sempre come comportarti?-
-Si…cioè,
non lo so…a dire il vero, no, non l’ha mai
fatto…-
-E allora!-
-Sono un po’ scema
eh?- ironizzò la ragazza sollevando la testa.
-No, sei umana! Ed era ora che
te ne ricordassi anche tu!-
Elizabeth rise abbracciando
l’amica. –Mi è mancato parlare con te!-
-Anche a me, adoro
psicanalizzarti!-.
Col suono di quelle risate,
passò la notte.