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Autore: MilesRedwing    13/08/2013    1 recensioni
La zia Quickdraw e Nonna Sparrow, due personaggi dai libri ispirati a pirati dei caraibi, due donne molto simili e due agguerrite piratesse. Come è cominciata la loro storia? Quante avventure hanno passato insieme? E perché si odiano al punto di non potersi vedere senza abbordare l'una la nave dell'altra?
Un grazie speciale a FannySparrow che mi ha dato l'ispirazione per questa mia prima long con le sue Famiglia, dalla raccolta del capitano e Noose- Accalappiati, di cui sono appassionata, grazie, Fan! ^.^
Ah, buona lettura e figli maschi
Milletta
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sciabordii. Schizzi. I primi suoni che riescono ad arrivare alle orecchie a confermarmi che la mia dipartita da questa terra è ancora lontana. Lento. Ritmico.

Quel bel dondolio di tempi addietro a scuotermi le ossa, a indispettirmi l’anima e tirarmi giù da quella paglia di stoffa e fieno. Devo essere su di un legno.

La vista si annebbia.

Cerco vana di considerare la misera possibilità che si sia trattato di un ignobile incubo, un’ illusione dovuta al troppo bere o alla nausea da bettole e osterie di Tortuga.

No. Anche questo sogno è svanito nella nebbia della notte più oscura.

Le urla, gli schiamazzi, il cigolio delle assi a gridarmelo, a imprimermelo a fuoco sulla pelle e tra le viscere. Pirati.

Insulsi pendagli da forca, avanzi di prigione o galera, sputi d’umanità vaganti per le acque caraibiche in cerca di libertà, danaro o spruzzi d’acqua salata. Gli occhi si spalancano.

Le mani afferrano impazienti i chiodi che spuntano fuori dalle assi e aiutano le gambe ancora storpie per il veleno a portare il peso d’una notte di angosce, timori prossimi a compiersi inesorabili. La porta della prigione si apre cigolando. Lei è lì.

Un energumeno dagli occhi bistrati e il volto segnato d’una oltremodo odiosa familiarità avanza falcate verso la preda ferita. Mi afferra il braccio, mi sbatte ai suoi piedi, mi rompe un dente che rotola via sul legno scheggiato.

“Capitana, eccovi la prigioniera. “ Sono le sue parole, sputate come saliva negli occhi del demonio. minaccioso afferra il gatto a nove code, brandisce una pistola e me la preme sotto il mento, costringendomi a un sospiro soffocato.

Un gesto secco. Quasi uno spezzarsi di rami, o un rompersi di cocci. Il polso del tizio si è piegato a rovescio, i suoi artigli a ghermirlo con fare da rapace, i suoi occhi fissi nei suoi, come quelli di un lupo.

“Non alzerete un dito su chi è sotto la mia protezione, mastro Pintel. O forse che preferite esser sottoposto alla punizione della cala, mh?”

Gelo e pazzia della capitana spengono la sua gozzoviglia e voglia di far del male. Quello si tira indietro come un’acciuga alla vista d’uno squalo.

Forse davvero mi conveniva restare a pulire il bancone dalle blatte.

Spaventata e ferita, mi tiro indietro anch’io dalle sue grinfie arrugginite.

I suoi stivali scoccano tonfi al pavimento di assi scricchiolanti, l’andatura fiera e altisonante e circondata dal fumo della pipa che tiene stretta tra le labbra scure e carnose m’abbraccia, mi stritola in una morsa d’acciaio e l’unica possibilità che ho è quella di balzare dritta nelle sue voraci fauci.

“Cosa vuoi da me, sorellina? Forse che sentivi troppo la mia mancanza?” Azzardo insolente e bramosa d’una risposta che già presumo mera.

Bagnata. Puzzolente. La sua bava sputata sul mio viso scottato dal sole brucia non meno del poco riguardo e rispetto che ho sempre tristemente nutrito nei suoi confronti.

Sparrow, penso. Mildred non è mai stata una di noi.

Sin da quand’era in fasce la sua innata cattiveria ha preso il sopravvento su quel poco d’indole buona e onesta che pur albergava nel nero pece della sua anima.

Sin da quando nostra madre ci lasciò sole e inermi su di quel molo intrise d’acqua di mare e cause perse, lei ha sempre preferito la spada alla parola.

Ha sempre preferito il mare a me.

O a chiunque altro intralciasse il suo cammino.

Odiosa, maledetta, storpia e inguardabile, questo l’unico modo di dir la sua persona.

“ Come potrei mai avere sentito la mancanza d’uno storpio fuscello che ha intaccato la mia esistenza sin dai primordi, Quickdraw? Come potrei mai avere sofferto per te.” Il suo respiro si fa sempre più vicino, sento nella bile paura miscelata a odio, rancore e rimorso.

“Per una traditrice!” La sua voce roca a graffiarmi i pensieri, le sue dita callose a stringersi attorno al mio collo, impedendomi il benché minimo respiro. L’aria si blocca, gli occhi prendono il volo.

A tutto questo c’è solo una spiegazione.

“ E lo sai ... che fine ha fatto ... Il tuo caro innamorato, gioia? E lo sai dove si trova ora il tuo bel capitano Avery?”

Sussulto. La stizza stringe in una morsa il fegato, la rabbia s’impossessa degli occhi castani. Scosto dal volto i riccioli ramati e con uno scatto punto un pugnale proprio sotto il suo polso. “Parla se non vuoi che ti tagli le vene, puttana.”

Gioia. Riso. Sorriso e balsamo per l’anima. M’accorgo che nei suoi occhi inizia a farsi spazio la paura.

Un attimo dopo vi è nuovamente buio.

“Puttana?”. Con l’altra mano mi strappa via la piccola arma, il ghigno sul mio volto si spegne in puro odio per entrambe.

Dolore. Morso. Graffio, un affondo. Sento il sangue caldo venir fuori copioso. Sento le labbra inumidirsi e le emozioni spegnersi.

Resta il mio amore per lui e per l’oceano.

Resta l’odio per lei.

Resta il ricordo.

 

Spruzzi. Caldi, luminosi raggi.

Fresca, rumorosa e frizzante spuma di mare.

Brezza sulle scogliere.

Non che me l’aspettassi diversa questa Dover.

Non che vi fossi mai stata prima.

Ha detto che siamo sulle tracce d’un misterioso tesoro.

Ha detto che vuole dividerlo con me.

Ha detto che quando lo avrà trovato mi sposerà e avremo un bambino.

E io come una pazza gli ho creduto.

Sono nella sua cabina, mi rotolo sul letto, avvolta nelle lenzuola di seta che abbiamo raccattato a Damasco.

Mi avvicino alla tavola d’ebano a cui è seduto, gli cingo il bel collo con i riccioli intrisi di sale e ancora umidi d’acqua da ieri sera.

Ricordo una bordata.

Ricordo le sue grida di gioia in mezzo ai sorrisi della ciurmaglia, vedo i lord della EITC capitolare inermi sotto i colpi dei nostri cannoni.

E scorgo levarsi fragoroso e con frastuono l’abbaiare della pirateria. Lo sciabordare della libertà.

I miei occhi incrociano il suo sguardo bramosi d’un chiaro desio.

Le forme s’atteggiano prorompenti attorno alle sue gambe, le grazie cozzano contro il suo petto in un abbraccio di pura ammirazione.

“Dolcezza mia.” La sua voce roca mi sfiora come miele.

M’attira come una zanzara.

Il più astuto e abile filibustiere che le acque di questa terra abbiano mai conosciuto, dicono.

Molte leggende girano da sempre sul suo conto. Alcune sono veritere.

Altre degne di pura pazzia.

C’è chi dice sia stato eletto dai nativi re del Madagascar.

Chi sostiene che sia il re del consiglio della fratellanza, il re dei pirati.

Altri lo descrivono come un ometto tarchiato e grasso che si è accontentato di terminare i suoi giorni tra ricchezze e prosperità in qualche isola lontana e sconosciuta agli occhi della marina inglese.

Non sanno che nei suoi occhi s’ammira l’orizzonte.

Non sanno che nelle sue vene scorre acqua di mare.

“Amore. Riuscirò a strapparti un morso o un bacio?” Mi mordo il labbro tribolante.

Avery posa il compasso e mi cinge la vita.

Come corsari cingiamo la nostra preda.

Come onde voliamo in preda alla tempesta.

Quella bella gioia non dura in eterno.

Quel ricordo perso s’insinua tra noi.

Quella sorella dimenticata riappare sopra coperta.

Quel marinaio lasciato a morire, quell’onda facente parte d’un oscuro passato.

Grido inerme.

Sento la pistola sparare.

Sento il cuore spegnersi.

Sento le lacrime scendere copiose.

Sento il grande Avery morire sotto le sue pallottole e granate.

Sento il passato stritolarmi.

Vedo quel rubino, quella dannata pietra che mi ha perseguitato sin dall’infanzia scintillarle in bocca.

Intuisco cosa ha fatto.

Di lui non rimane niente, perché è così che si uccide un pirata.

 

Cozzo contro il duro pavimento e risvegliata dal mero incubo da una promessa di vendetta.

 

 
  
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