Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Kylu    15/08/2013    2 recensioni
Sul fatto che Kathleen Aster fosse una babbana, non c'erano dubbi.
Vita normalissima (per i quanto i suoi continui sogni ad occhi aperti permettessero), famiglia che si distingueva unicamente per la sua eccessiva severità, e nessun aneddoto magico della sua infanzia o prima adolescenza da raccontare. Scuola babbana, vestiti babbani, casa babbana, e – la cosa le provocava un'inimmaginabile repulsione verso se stessa – cervello babbano.
Eppure, c’era qualcosa che distingueva Kathleen Aster da tutti i suoi simili.
Lei credeva.
Le credeva e, in fondo, quel mondo magico di cui tanto si parlava nei libri lo sentiva anche un po' suo.
Era la differenza, si diceva, tra essere trascinati a forza in una bataglia mortale e entrare nell'arena a testa alta. In molti avrebbero pensato che la scelta personale in fondo non c'entrasse nulla, e che non ci fosse poi questa grande differenza, ma lei sapeva -allo stesso identico modo per cui lo aveva saputo Harry Potter, con pensieri quasi identici a questi, tanto tempo prima- che c'era tuttala differenza del mondo.
Perchè "sono le nostre scelte che mostrano chi siamo realmente, molto più delle nostre abilità".
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L’idea era stata di Nicholas. Era entrato nella stanza di Kathleen senza chiedere il permesso, annunciandosi appena con qualche rapido colpo alla porta. La McGrannit, palesemente furiosa per quell’interruzione, non aveva potuto obiettare davanti alle teorie del ragazzo, così si era deciso per lo svolgimento del piano.
E questo aveva portato Kathleen, nemmeno un’ora dopo, ad uno scontro diretto con i suoi genitori.
Trasportati ancora sotto il Confundus fino al Paiolo Magico grazie alla materealizzazione congiunta e sorvegliati a vista da due Auror, ora i genitori di Kathleen - Ryan e Jodie – se ne stavano seduti sul bordo del letto della ragazza, gli sguardi vacui persi nel vuoto.
“E’ il momento” sentenziò la vecchia preside. “Signorina Aster, è la sua unica occasione per convincerli con le buone a lasciarla vivere la sua vita, convincerli dell’esistenza di questo mondo. Si ricordi, se entro pochi minuti non sarà riuscita a portarli dalla parte della ragione, saremo costretti ad obliviarli e riportarli alla loro vita di sempre, sempre sotto Confundus ma, questa volta, con precise istruzioni su come dovranno affrontare il tuo distacco nei prossimi mesi” ripetè.
Kathleen annuì. Non aveva proferito parola da quando era stato deciso di concederle un’occasione con i genitori, qualche istante per provare a spiegare, dando loro la possibilità di ragionare con lucidità…
In realtà, la ragazza nutriva ben poche speranze. Era contenta di poterli rivedere, ma sapeva che quel mondo, quel mondo che sentiva più suo ogni giorno che passava, non sarebbe mai potuto appartenergli. Con il fratello non ci aveva neppure provato: aveva detto che era inutile tentare di convincere lui, così gli Auror lo avevano lasciato direttamente a casa. Era meglio così, comunque, perchè meno babbani erano a conoscenza della verità, meglio era.
La McGrannit si mise di fronte alla coppia, bacchetta in pugno e puntata contro di loro.
“Finite Incantatem!”
Gli Aster sembrarono sussultare leggermente, battendo velocemente le palpebre, lo sguardo ora nuovamente presente e attento.
“Ma cosa sta…”
“Ciao, papà” lo interruppe Kathleen. “Ciao, mamma. Ehm… scusate il trambusto di questi ultimi, ehm, giorni. Posso spiegare tutto. Ora vi prego, state un attimo calmi, d’accordo? Non sarà facile farvi capire…”
“Ma dove siamo? Che cosa è… Perché non mi ricordo come siamo stati portati qui? Anzi, perché non mi ricordo nulla di... giorni e giorni? E chi è questa gente, cosa vogliono da noi?!” la madre di Kathleen stava già andando in panico e si alzò dal letto con uno scatto. Quando uno dei due Auror le toccò gentilmente un braccio per convincerla a risedersi, emise un urlo e se lo scrollò di dosso come fosse stato un insetto particolarmente molesto.
“Mamma! Ti ho detto di stare CALMA!”
All’urlo della figlia Jodie si bloccò, le braccia ancora alzate nell’atto di spingere via il povero Auror malcapitato. In un unico, veloce movimento, si ricompose e si sedette rigida vicino al marito che, imbambolato e un po’ strabico come appariva in quel momento, sembrava completamente sotto shock.
“Bene” cominciò Kathleen, facendo un respiro profondo. Sentì Nicholas, dietro di lei, tossire una volta, come a ricordarle che lui era lì e non l’avrebbe lasciata sola. Sorrise, riconoscente.
“Cerco di farla breve. Avete presente le storie a cui credevo, quelle per cui mi prendevate in giro? Il Mondo Magico, Hogwarts, DiagonAlley…? Bacchette magiche, gufi postini, monete d’oro e banche piene di folletti… Beh, tutto questo… tutto questo è là fuori” disse con voce tranquilla, indicando la finestra che dava su DiagonAlley con un lento gesto della mano.
Ci fu un attimo di silenzio, rotto solo dal tamburellare nervoso delle dita di un Auror.
La pressione nella stanza sembrò aumentare notevolmente e accumularsi, poi, di colpo, come se qualcuno avesse tolto un coperchio, sembrò scoppiare all’improvviso, e il padre di Kathleen scoppiò in una fragorosa risata.
“Katleen... Kathleen. Ascolta." cominciò con i tono che si usa con un ritardato mentale. "Queste storie – queste fantasie – vanno benissimo, okay? E’ bello vedere come ti sia appassionata ad una serie di libri, come riesca a fantasticarci su. Però non bisogna esagerare. Arrivare a portarci in qualche modo in un posto del genere, coinvolgere altre persone, tutto questo… solo per assecondare le tue fantasie. Ormai hai sedici anni, è il momento di crescere. Però davvero, ascoltami”
“No, papà, per una volta ascolta tu me” lo interruppe la ragazza. “Per più di dieci anni - dieci lunghi, fottutissimi anni – vi siete presi gioco di me, non avete fatto altro che dirmi Kathleen, devi crescere, Kathleen, smettila di sognare ad occhi aperti… Ma non lo capisci, non l’avete mai capito, che io non mi stavo inventando tutto, che io sentivo che c’era qualcosa. Ma voi siete così mentalmente chiusi da non riuscire, da non provare nemmeno a credermi per un secondo, neanche di fronte a delle prove palesi… Vuoi che ti racconto cos’è successo davvero? Una notte di ormai più di una settimana fa ero come sempre sveglia alla finestra, quando due schifosi e orribili dissennatori – si, papà, hai capito benissimo, quei cosi che ti succhiano via la felicità e i bei ricordi fino a lasciarti vuoto e che, se ci riescono, ti portano via l’anima – mi hanno attaccato, non sappiamo ancora perché. E io non avrei nemmeno dovuto vederli, perché sono una babbana, un' inutile babbana come voi. E invece li vedevo perfettamente, e per cercare di allontanarli da voi e da mio fratello sono saltata dalla finestra e ho iniziato a correre, ma stavo per venire baciata, quando qualcuno mi ha salvata con un Patronus. Sono stata ricoverata al San Mungo per un po’, ho incontrato Medimaghi, Guaritori e Harry Potter in persona… si, proprio quel Harry Potter” confermò la ragazza, fermandosi un attimo a tirare fiato, per poi riprendere il racconto. “Poi mi hanno alloggiata qui, al Paiolo Magico, per darmi il tempo di entrare in confidenza con il mondo della magia prima di prendere il treno per Hogwarts, il primo settembre. Non sono una vera e propria strega, perché se entro gli undici anni non manifesti nessuna forma di Magia non puoi esserlo… però non sono neanche una babbana normale. Il punto è questo… passerò l’anno alla scuola di magia e stregoneria più prestigiosa d’Inghilterra e forse del mondo intero. Che voi lo vogliate o no. Ma se voi riuscite ad accettarlo, potrò tenermi in contatto via gufo, venirvi a trovare per Natale eccetera. Altrimenti vi faranno un incantesimo della memoria e passerete l’anno sotto Confundus, come eravate fino a qualche minuto fa” concluse.
Di nuovo calò il silenzio. Ma questa volta fu la madre di Kathleen ad interromperlo.
“Tu hai… manifestato strani poteri. Da bambina. Piccola”.

Tutti i presenti, escluso Ryan, restarono letteralmente a bocca aperta.
Jodie si agitò sulla sedia, imbarazzata dall’improvvisa attenzione che tutti le rivolgevano.
“Si, tu… facevi strane cose. Quello che descrivono proprio quei libri che tu ora pretendi che parlino della realtà. Facevi muovere gli oggetti a comando. Accendevi e spegnevi le luci a tuo piacimento, per divertirti. Una volta hai fatto alzare in volo tutti i fiori di un prato, li hai fatti girare in aria attorno a te, per poi farli ricadere sull’erba quando ti ho urlato di smettere. Quando ti arrabbiavi, poi, era terribile. Facevi esplodere oggetti, sbattere porte… tutto con la forza del pensiero”.
La donna sembrava dover aggiungere qualcos’altro ma poi si fermò, come ripensandoci, come se volesse rimangiarsi tutto ciò che aveva detto fino a quel momento. Abbassò gli occhi per terra e strinse una mano del marito, come aggrappandocisi.
“Questo… è incredibile. Doti di questo genere sono completamente fuori dalla norma anche per un bambino figlio di maghi potentissimi. Saper controllare i propri poteri a così tenera età, avere consapevolezza dell’uso che se ne fa… è una dote che normalmente si acquisisce solo grazie a tanto studio e il lavoro di tutti i docenti delle scuole di magia” osservò la McGrannit, perdendo per un attimo i suoi proverbiali freddezza e distacco. “Quello che non mi è chiaro è… se Kathleen dimostrava tutti questi poteri… che fine hanno fatto?”.
Tutti fissarono la donna, compreso il marito che, capirono, di quella parte della storia non sapeva nulla.
“Erano in due. Incappucciati, con un lungo mantello nero. Vennero una notte in cui Ryan non c’era. Non ho potuto fermarli”
Kathleen si irrigidì. Nicholas le si avvicinò, in silenzio. “Si spieghi meglio, Jodie” disse la McGrannit con voce dolce.
La donna sospirò, come se rivangare quei ricordi fosse dolorosissimo e difficile.
“Bussarono alla  porta. Io non volevo aprire, ma loro riuscirono a entrare. Avevano quelle cose in mano… quei bastoncini lunghi di legno. Quelle cose che nei libri chiamano bacchette. Non li ho visti in faccia, erano coperti. Uno dei due, l’unico che abbia parlato, avevo una voce roca e molto grave. Erano entrambi molto alti, ma i mantelli non lasciavano trapelare la loro struttura fisica, ne lasciavano intravedere alcun tratto del viso, quindi non so darvi una descrizione esauriente” la donna, adesso, sembrava aver perso tutta la paura di pochi istanti prima e appariva pratica e sicura di sé.
“Mi chiesero di Kathleen. Io provai a mentire, a dire che non era in casa, ma loro mi fecero qualcosa e io mi ritrovai immobilizzata per terra, e anche se nessuna corda sembrava trattenermi, non riuscivo a muovere un singolo muscolo. Trovarono Kathleen al piano di sopra, in camera sua, e io non riuscii a vedere cosa le fecero, ma sentivo che sussurravano strane formule, e poi un tonfo, come se l’avessero immersa in un liquido… Dopo di che tornarono giù e mi liberarono dall’incantesimo. Mi dissero che non mi avrebbero fatto dimenticare quella nottata, perché dovevo ricordare, dovevo aver paura di loro. Ma se ne avessi parlato a qualcuno, loro l’avrebbero saputo e sarebbero venuti di nuovo, questa volta per uccidere. E io capii che non stavano scherzando. L’ultima cosa che ricordo è una luce rossa e la sensazione di perdere i sensi all’improvviso. Quando mi risvegliai, sdraiata sul pavimento e con un grosso livido in testa, dei due strani uomini non c’era traccia. Corsi in camera di Kthleen, e lei era lì, che piangeva e urlava, ma non sembrava traumatizzata, piuttosto semplicemente spaventata nel non vedermi per un po’. Era lì, la mia bambina, le guance rosse piene di lentiggini e quel ciuffo di capelli in testa, esattamente com’era sempre. La vita è andata avanti, e io mi convinsi persino di essere caduta, aver preso una botta in testa e aver immaginato tutto. L’unica differenza era che da quel giorno Kathleen non ha più dato alcun segno di strani poteri, ma a me andava bene così, andava meglio così, perché non chiedevo altro che una vita normale con una figlia normale” concluse lei con amarezza.
Kathleen la guardò. Una donna che aveva sempre considerato noiosa, spesso sciocca persino, sempre presa nella monotonia delle sue giornate e nella sua vita insulsa. E non le aveva mai raccontato nulla, anzi, non aveva fatto altro che deriderla per le sue fantasie… In quel momento la vide per quello che era: una donna spaventata, sola nel portare il peso di quel fardello per quindici anni.
“Kathleen… mi dispiace. Mi dispiace di non averti mai detto nulla. Ma avevo troppa paura. E ho paura ancora adesso. E so che non ce la farei mai a saperti in un posto così lontano e pericoloso, lontana per un anno. Lo so che è una scelta da vigliacca e che ce l’avrai con me per questo, ma sul serio non ce la faccio… Per favore, riportatemi a casa mia. Fatemi quel che dovete fare, e poi riportatemi a casa. Kathleen, quando tutta questa storia sarà finita noi ci rivedremo, e sarà come prima, giusto?” chiese, speranzosa.
La ragazza sorrise con tristezza. Comprendeva perfettamente la scelta della madre, ma non poteva fare a meno di sentirsi abbandonata da lei, e molto probabilmente anche dal padre. “Tranquilla, mamma. Si, andrà tutto bene. Capisco, davvero. Ti penserò” rispose, con lo stesso sorriso triste di prima. Andò verso la madre e la abbracciò, attenta a non piangere per non far sembrare il distacco ancora peggiore. Poi rivolse l’attenzione al padre.
“Tu… mi assicuri che starai bene? Anche senza di noi?” chiese, e lei capì che si aspettava una vera risposta, e che da questa dipendeva la scelta dell’uomo.
Era da egoisti pretendere esplicitamente che accettassero quel mondo. E lei voleva bene ai suoi genitori, preferiva saperli al sicuro piuttosto che pensarli spaventati e sempre in apprensione per lei.
Guardò il padre negli occhi e annuì brevemente. L’uomo sospirò, poi guardò la McGrannit.
“Allora seguo mia moglie” affermò. “Promettetemi solo che… Mi prometta che la terrà d’occhio.”
La preside annuì a sua volta, un’aria grave dipinta sul volto. “Potrete mantenervi comunque in contatto. La signorina Aster mi farà avere le lettere da recapitarvi tramite posta babbana, e un addetto ai rapporti con i Non Magici si occuperà personalmente di prelevare la posta indirizzata alla ragazza per poi recapitarla ad Hogwarts via gufo. Una volta obliviati e Confusi, i signori Aster saranno convinti che la figlia sia in un qualche college nel lontano nord Inghilterra, qualcosa per giovani ragazzi promettenti… La ragazza potrebbe addirittura poter tornare a casa per le vacanze di Natale o Pasqua” affermò. Poi indicò un Auror e disse: “Procedete”.
 
                                                                                  ***
 
L’insegna ormai consumata al punto di essere quasi illeggibile sbatacchiava con un rumore sinistro. La porta del negozio, malconcia e impolverata, quasi scompariva, schiacciata tra un nuovissimo negozio di abbigliamento e una colorata vetrina di giochi magici. Sembrava che nessuno mettesse più piede nel piccolo locale che si intravedeva oltre la vetrina sporca e vuota da tantissimo tempo; la gente aveva paura ad entrarci, e passava oltre la piccola insegna senza degnarla di uno sguardo, come se il solo gettarvi un’occhiata fugace potesse portare sfortuna.
Kathleen entrò aprendo con qualche difficoltà la porta incrostata di sporcizia e ragnatele. Un brivido le corse lungo la schiena mentre le assi, ormai grigie e corrose dal tempo, scricchiolavano ad ogni suo passo. Era un posto da film horror, ma quello, secondo la McGrannit e Harry Potter, era l’unico modo per scoprire fino a che punto apparteneva la mondo magico.
Si guardò intorno. Era un luogo molto piccolo e apparentemente vuoto, tranne che per una sedia dalle gambe esili e delle lunghe scaffalature vuote che ricoprivano le pareti fino al soffitto.
“Buon pomeriggio” disse una voce acuta in sussurro sinistro.
Era un uomo vecchissimo, seduto su una sedia in un angolo. Sembrava una scultura, da tanto immobile stava, ma una scultura ormai rovinata. Il vecchio portava lunghi capelli bianchi, sporchi e disordinati, che gli ricadevano sulle spalle e sul viso. La pelle incartapecorita pendeva sulle ossa fragili. Le mani rugose e pallidissime stringevano convulsamente i braccioli della sedia. L’unica cosa che sembrava davvero viva in lui erano i suoi grandi occhi scoloriti che la scrutavano.
“Signorina Aster… la stavo aspettando. Si, ero sicuro che l’avrei conosciuta presto”  disse Mr Olivander.
Kathleen restò in silenzio. Si trovava davanti ad un altro personaggio leggendario, eppure non poteva fare a meno di trovarlo inquietante, di provare timore.
“Lei non è una babbana, lo sa questo? Lei crede di esserlo, ma in verità è molto potente. Io lo sento. E anche se al momento non riesce ad accedere ai suoi poteri, la magia lascia sempre traccia, e questo è il motivo per cui vede i dissennatori e sente cose che i babbani non sentono”.
Kathleen trattenne il respiro. Era in cerca di risposte da una vita intera, e ora che poteva averle, aveva paura.
“Si, si, molto potente, molto potente, mi creda. Ma io non sono la persona giusta per svelarle tutto. Se continuerà a cercare le risposte che cerca, presto conoscerà tutta la storia. In ogni caso… La sua bacchetta è decisa da tanto tempo, ormai. Fin dalla fine della Seconda Guerra Magica. Se riesce a prenderla lei, nello scaffale più in basso a destra, grazie, perché come vede io non sono nel massimo della mia forma”. Il vecchio emise una risata con la sua voce flebile.
Kathleen si inginocchiò e allungo le mani nel buio della stanza, fino ad afferrare una lunga scatola rettangolare di legno. Il dettaglio più strano era che, in contrasto con il resto della mobilia e degli oggetti, il legno era lucidissimo e lustro. La ragazza tornò di fronte ad Olivander, che con un cenno le diede il permesso di aprirla.
Il coperchio scivolò piano lungo i bordi, rivelando una bacchetta sottile e delicata, adagiata su del velluto rosso.
“Salice e piuma di fenice. Dieci pollici ed un quarto, abbastanza flessibile. La sua bacchetta. E la mia ultima creazione.”
Kathleen allungò una mano tremante, e prese in mano quel bastoncino apparentemente così comune. Una scossa elettrica sembrò percorrerla e per un attimo la punta si illuminò di una calda luce dorata.
“E’ sua. E ovviamente senza pagare. Farà grandi cose, con quella bacchetta. Però faccia attenzione. Quella piuma di fenice nel nucleo… quella fenice ha già fatto abbastanza Storia. Cose terribili e cose meravigliose, nel male e nel bene, argento e oro, Serpeverde e Grifondoro, uniti in una storia che lei conosce sicuramente già. In ogni caso… non penso che le nostre strade si incroceranno di nuovo, perciò… Buona fortuna.”
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Kylu