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Autore: Mary Mary    15/08/2013    0 recensioni
Soan, venticinquenne, ha passato gli ultimi sette anni in carcere per aver ucciso il padre.
La sua psicologa pensa che sia solamente un assassino, ma non è così che la pensa sua figlia, Chrystal, diciassette anni.
Quando Soan comincierà a frequentare la casa della psicologa per le sue sedute conoscerà Chrystal, e, nonostante lui sia un assassino, il legame tra di loro si farà sempre più stretto. E pericoloso.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo 1

 
-Ehi ho sentito che te ne stai andando… Dai chi l’hai preso in culo per uscire da qua, eh?!- Urlò un uomo sulla cinquantina, con un vistoso tatuaggio sull’avambraccio.
-Già, da chi?- ripeté ringhiando poi il suo compagno di cella, cercando di acchiappare il mio braccio mentre passavo davanti alle sbarre, lungo il corridoio principale.
-Smettetela o vi sbatto in isolamento!- urlò di rimando la guardia carceraria dietro di me, sbattendo violentemente il manganello sulle sbarre della cella, quasi beccando le dita del carcerato.
L’ultimo mese, finalmente, era passato e io ero sollevato di non essere più costretto a dormire in una brandina fredda e dura o a essere svegliato nel bel mezzo della notte per i controlli di routine.
Ora sarei tornato nel mio bel monolocale al sesto piano, piccolo ma pur sempre confortevole. In fondo vivevo da solo, che mi sarebbe servita una casa più grande?
Ho perso così tanti anni della mia vita in prigione, una volta uscito di qui potrei trovarmi davanti una città come quella di Futurama a quanto io sappia  pensai amaramente, sorridendo.
Presi tutti gli effetti personali che avevo lasciato il primo giorno di gattabuia, e dopo le noiose raccomandazioni da parte delle guardie, uscì da quel diabolico edificio che mi aveva rubato sette anni di esistenza per poi salire sul camioncino federale che mi avrebbe portato alla periferia della città.
Dopo venti minuti di viaggio mi fecero scendere dal mezzo e, con l’autostop, raggiunsi la mia abitazione.
Fu una goduria immane entrare nel mio appartamento, e, sorrisi, sentendomi finalmente a casa.
Il giorno dopo sarei dovuto andare da Jennifer e la cosa mi entusiasmava parecchio. Non volevo più che la mia aggressività prendesse il sopravvento.
Volevo solamente chiudere il brutto capitolo della mia vita e ricominciare, intenzionato a cercare un lavoro onesto e ritrovare me stesso.
Mangiai qualcosina e mi misi direttamente a letto, addormentandomi quasi subito.

La sveglia del mio vecchio Nokia suonò puntuale alle 8 di mattina. Alle nove avrei dovuto recarmi a casa di Jennifer, per cominciare le famose sedute.
Spensi la sveglia e aprì l’armadio. Era proprio come l’avevo lasciato, cioè quasi vuoto.
Presi le prime cose che vidi: un maglione a tinta unita nera ed un paio di jeans larghi a cavallo basso. Mi feci una doccia veloce, ringraziando chi avesse inventato l’acqua calda.
Mi guardai allo specchio.
Ero dimagrito, e avevo ancora molti lividi su tutto il corpo; la vita in prigione non era stata affatto facile per me, non potevo fidarmi di nessuno ed i lividi ne erano la più visibile prova. Avevo inoltre delle scure occhiaie, ed ero molto pallido. In fondo passavo solo due ore settimanali all’aria aperta.
Sarei dovuto anche andare dal parrucchiere, ormai i miei capelli erano decisamente troppo lunghi per i miei gusti, e le poche volte che qualcuno me li tagliò in prigione non lo fece molto accuratamente.
Sbuffai pensando alla mancanza di soldi nel mio portafogli.
Come avrei potuto lavorare subito dopo aver scontato una pena per omicidio? Chi mi avrebbe assunto con una fedina penale così tanto macchiata?
Uscì dal bagno e misi l’acqua in un pentolino, per prepararmi un tè caldo.
Accesi la televisione. Non avevo la benché minima idea di cosa fosse successo fuori dalla prigione durante questi anni, così optai per un telegiornale.
Guerra, pedofilia, il papa, attentati.
Solita cosa, ricevuto forte e chiaro.
L’acqua stava bollendo, mi alzai e spensi il fornello. Non avevo voglia di cercare una tazza, così immersi la bustina di tè nel pentolino e bevvi da lì.
Erano le 8 e trenta, potevo già cominciare a dirigermi verso casa di Jennifer, che distava non molto dal mio appartamento.
Presi il pacchetto di Camel che avevo comprato il giorno prima durante tragitto verso casa e ne accesi una.
Fumavo da una decina di anni ormai, avendo cominciato intorno ai quindici anni.  Ma la cosa, per ora, non aveva ancora portato a gravi conseguenze. Almeno credo.
Arrivai all’inizio della strada in cui abitava Jennifer e da quanto ero agitato accesi un’altra sigaretta. Giunsi al numero 34 della via e alzai lo sguardo verso la casa davanti a me.
Era una villetta bifamiliare, a due piani, con tanto di giardino, in cui cresceva un cespuglio di rose rosse che attorcigliava con i suoi rami spinosi le sbarre del cancelletto. Il tetto ero rosso e tutta la superficie della villa era stata dipinta di un tenue azzurro, del colore del cielo. Proprio una bella casetta.
Guardai l’ora. Le 9 meno venti.
Non mi importò di essere in anticipo e suonai quindi il campanello, appena finì la sigaretta.
Vidi le tende di una finestra al piano terra scostarsi e una figura femminile guardare verso di me. Non mi sembrava Jennifer.
Sentì l’elettronico biip del cancello, così lo aprì ed entrai nella proprietà.
Arrivato a pochi metri la porta si aprì e comparve sulla soglia una ragazza dai lunghi capelli neri.
La figlia di Jennifer?

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Aprì la porta. Non potevo credere ai miei occhi.
Che cosa diavolo ci faceva Soan, il famoso paziente di mia madre, a casa mia?
E’ ancora più bello di persona…disse una vocina nella mia testa. E maledizione a ciò che sto per dire, aveva  pienamente ragione!
-Tu saresti…?- gli chiesi. Meglio fingere di non conoscerlo pensai.
-Piacere, sono Soan. Te dovresti essere la figlia di Jennifer… Chrystal, giusto?- mi rispose lui.
-Sì, sono io… Mia madre ora non c’è, dovrebbe tornare a momenti però. Vuoi entrare?-
Glielo chiesi solamente per gentilezza, avevo un po’ paura di lui.
In fondo è un assassino…continuò la voce nella mia testa.
Rispose alla mia richiesta con un sì ed entrò. Chiusi la porta e mi voltai.
Ha anche un bel fondoschiena… OK, vocina del cazzo, anche se hai ragione ora smettila.

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La figlia di Jennifer me la immaginavo decisamente diversa.
Quando aprì la porta rimasi profondamente scioccato.
Aveva un corpo molto minuto ma da urlo allo stesso tempo, dei lunghi capelli neri lisci con una frangetta, occhi neri, una pelle molto chiara ed una serie di tatuaggi sulle braccia. Aveva delle labbra piene ed un bel profilo. Non sembrava assolutamente una…quanti anni aveva? Sedici, massimo diciassette. Eppure esteticamente dava l’apparenza di aver vent’anni, con quel viso, con quel corpo e con quei tatuaggi.
Non avrei mai pensato che Jennifer, quella Jennifer, potesse acconsentire ai tatuaggi sulla propria figlia.
Vabbè, anche io ho cominciato ad avere tatuaggi più o meno alla sua età…pensai.
-Gradisci qualcosa? Un tè, un caffè…?-
-Uhm, non credo tu abbia delle birre, quindi…- feci per dire io, mentre lei apriva il frigo e mi dava una buona visione del proprio fondoschiena.
Secondo me lo sta facendo apposta…pensai, sorridendo maliziosamente.
-Ma sì che ne ho di birre! Ne prendo una per me e una per te, va bene?-  mi chiese poi lei, mostrandomi una confezione di sei lattine di birra Heineken.
-Tua madre non ti dirà niente se vede due birre mancanti nel suo frigo? In fondo sei minorenne…-
-Le ho comprate io le birre, cosa centra mia madre?- mi rispose lei, alzando un sopracciglio e sorridendo.
Le sorrisi di rimando e presi la birra che mi porgeva, facendo in modo che le sfiorassi la mano.
A quanto pare non se ne accorse e si sedette su uno dei divani posti davanti alla televisione.
-Siediti pure mentre aspetti mia madre!-
Mi sedetti di fronte a lei e cercai un pretesto per attaccar bottone, curioso di scoprire qualcosa in più di lei, ma mi precedette.
-Posso chiederti una cosa?- disse con lo sguardo basso.
-Certo, Chrystal- le risposi, cercando di pronunciare il suo nome nel modo più sensuale possibile.
-Ehm… Mettiamo, ad esempio, che io abbia letto la documentazione di mia madre su di te, e che quindi io sappia il motivo per cui sei… insomma, perché sei stato incarcerato…-
-Vuoi sapere se è ho ucciso veramente mio padre, giusto?-  
-Ah, ehm… Così è brutto da dire, non volevo essere scort…-
Si fermò di scatto e ci voltammo entrambi verso il porta d’ingresso. Pochi secondi dopo comparve sulla soglia Jennifer, con una busta della spesa per mano.
-Oh, Soan, sono in ritardo? Non me n’ero accorta!- si scusò Jennifer.
-No no, tranquilla, ero io quello in anticipo…- le dissi io, sorridendo gentilmente.
-Vedo che hai fatto conoscenza con mia figlia… Va bene, andiamo direttamente nel mio “studio”, non perdiamo tempo, mi devi raccontare tante cose!-
La seguì fino alle scale, sentendomi lo sguardo di Chrystal sulle spalle; mi voltai verso di lei.
-Comunque sì, è vero- le dissi, sorridendo e cominciando a salire i gradini.

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Lo guardai mentre saliva le scale saltando uno o due gradini alla volta. Indossava sotto i jeans dei boxer neri, i quali si intravedevano abbastanza a causa dei pantaloni a vita bassa. Bassissima.
“Comunque sì, è vero” mi aveva detto.
Quindi aveva veramente ucciso suo padre.
Eppure…Eppure niente, stupida vocina, eppure niente. E’ un assassino. Quel suo “sì” ne era la conferma.
Eppure… I suoi meravigliosi occhi color smeraldo erano così…gentili.
Certo, un paio di occhiate maliziose me le aveva lanciate, ed ero sicura che non mi avesse sfiorato la mano involontariamente mentre gli porgevo la lattina di birra.
Che sciocca che sono…pensai.
Non posso innamorarmi di un ragazzo di otto anni più grande di me.
Non posso innamorarmi di un assassino.

Salì al piano superiore solo dopo aver sentito la porta dell’ufficio di mia madre chiudersi. A passo felpato entrai in camera mia e lasciai la porta aperta.
Mi coricai sul mio letto e accesi il computer portatile per accedere al mio Tumblr.
Senza rendermene conto erano passate quasi tre ore.
Cazzo, ma sono stata veramente così tanto su Tumblr? Che record!
Mi alzai svogliatamente dal letto e spensi il computer.
Aprì la finestra, mi portai alle labbra una delle mie solite Chesterfield e l’accesi. Presi il posacenere a forma di mezza noce di cocco scavata e mi sedetti su un angolo del letto, ormai disfatto.
Mia madre sapeva benissimo del mio vizio, all’inizio era assolutamente contraria, ma poi, lentamente, capì che i polmoni non erano i suoi e che se avessi voluto fumare avrei potuto, a mio rischio e pericolo.
Sospirai.
Soan mi aveva veramente stupita.
Era riuscito a dire di aver ucciso il padre senza una nota di malinconia o di pentimento, sembrava essere addirittura felice di averlo fatto.
Aveva sorriso mentre lo confessava!
Feci un altro tiro dalla sigaretta e guardai dalla finestra aperta il cespuglio di rose. L’avevo piantato pochi mesi prima, eppure, nonostante le numerose piogge di quegli ultimi giorni, era ancora lì, rigoglioso come non mai.
Sbuffai, pensando che dovevo potare le rose. Spensi la sigaretta dentro la mezza noce di cocco e mi voltai di colpo sentendo la porta scricchiolare.
Soan era appoggiato sullo stipite della porta con le braccia conserte e persi un paio di battiti cardiaci alla sua vista a causa della sua bellezza.
-Ciao Chrystal…- mi disse sorridendo, con fare disinvolto.

Chrystal (purtroppo non sono riuscita a trovare un'immagine rappresentante una ragazza con la frangetta che mi soddisfasse, mannaggia!) :


Angolo Autrice:
Salve a tutti, finalmente (con ovviamente molto ritardo data la mia colossale pigrizia :c ) ho pubblicato il primo vero e proprio capitolo di Dangerous Connection!
Credo abbiate capito chi sono i protagonisti e perchè il titolo sia così, quindi non mi dilungo più di tanto.
Bando alle ciance, ringrazio le due anime pie che stanno seguendo la mia storia e anche l'altra anima pia che addirittura l'ha introdotta tra le preferite, che dire... Vi ringrazio moltissimo :)
Nel prossimo capitolo Chrystal e Soan comincieranno a conoscersi meglio ed avere più "incontri ravvicinati" (esatto, come quelli con gli alieni, miaow), quindi...
Alla prossima! :D
Mary.
  
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