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Autore: _Terens    15/08/2013    6 recensioni
Ester è un angelo caduto che vive ormai nel regno degli Inferi.
In passato era un angelo della Prima Sfera a cui era stato assegnato un compito da portare a termine: legare un umano al Paradiso.
Contro ogni previsione si innamorò di lui, perdendo in questo modo le ali.
Ester si ritrovò poi all'Inferno, dove promise fedeltà eterna a Lucifero, il primo angelo caduto.
Sono passati sei anni da quando Ester ha perso le ali, e ora ne ha già altre, nere e grandiose.
Ma deve dimostrare la sua completa devozione al regno degli Inferi. Dovrà legare un'anima all'Inferno, per dimostrare che è degna delle ali nere, ma non può permettersi errori, perché, si sa, lì non esistono le seconde possibilità.
E se Ester non fosse sola?
Se ci fosse qualcun altro che sta cercando l'anima che lei deve trovare?
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il bacio proibito'
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1
~*~

In bilico

Cercai di non pensare all'odore nauseante che c'era agli Inferi. 
Ormai, erano sei anni che mi trovavo lì. Mi ero abituata a tutto, ma quell'odore davvero non riuscivo a sopportarlo.
Appena arrivata fui subito provvista di ali nere, ma dovevo dimostrare di esserne degna. E quando sarebbe arrivato il momento tutti avrebbero saputo di che pasta ero fatta. 
Mi avrebbero temuta. 
Rispettata.
Exechias comparve davanti e me in tutto il suo ''splendore''. Exechias era il guardiano dell'Inferno. In pratica si occupava di non far entrare intrusi, ma poi chi mai verrebbe di sua spontanea volontà qui? 
Si, io l'avevo fatto, ma avevo una buona ragione, e no, non mi vergogno a dirlo... il potere. Se avessi continuato la mia vita sulla Terra avrei perso tutto, ed io non volevo perdere i miei poteri. 
Un altro motivo per cui avevo accettato di restare era la vendetta.
In quegli anni non si era ancora assopita, anzi, se possibile la mia voglia di vendetta cresceva di giorno in giorno.
Vendetta contro quegli angeli da strapazzo. Mi sarei vendicata.
Avevo sprecato un'eternità a stare sotto i loro ordini, io eseguivo e cosa ottenevo in cambio? Nulla.
Non mi era neanche concessa una vita. Non mi era concesso innamorarmi...
Agli Inferi invece stavo abbastanza bene. Lucifero mi aveva promesso tante cose, e si sa, lui mantiene sempre le promesse...
-Re Lucifero ha chiesto di te. Vuole parlarti.- la voce potente e inquietante di Exechias mi riscosse dai miei pensieri.
-Cosa vuole?- un brivido mi colse la schiena. Avevo sentito la sua voce solo dopo essere caduta.
Come da programma Exechias cominciò ad alzare la voce, stufo di tutte le domande che ''noi, inutili esseri'' gli porgevamo -E cosa vuoi che ne sappia io? Vai e scoprilo.-
-Si, grazie.- trattenni a stento una risata. 
Cominciai a camminare e di tanto in tanto mi girai verso di lui. A primo impatto Exechias metteva davvero paura con i suoi due metri di altezza.
E poi quegli occhi rossi erano così inquietanti. 
Per non parlare di quelle corna che aveva in testa...
Non stavo seguendo una meta precisa. In qualche modo sarei arrivata.
Dopo cinque minuti di camminata l'odore si fece sempre più forte, così capii che non mancava molto alla mia meta.
Negli Inferi man mano che l'odore diventava forte, significava che ti stavi avvicinando ai demoni superiori.
Continuai a camminare per un po' finchè non sentii la sua voce -Ester, eccoti qui finalmente.-
Mi girai nella direzione da cui proveniva la voce e mi ritrovai davanti Lucifero in carne e ossa, se così si può definire.
Era la prima volta in sei anni che lo vedevo. Quando ero caduta, avevo sentito solo la sua voce. E poi era raro che si mostrasse davanti qualcuno.
Pochi avevano la possibilità di vederlo nelle sue vere sembianze.
Nel vederlo mi fece uno strano effetto, ne rimasi in qualche modo ipnotizzataa.
Lucifero. L'angelo più bello che Dio creò; l'angelo che sfidò il suo creatore... il primo angelo caduto.
Lo fissai con curiosità. La sua pelle era nera, il viso spigoloso e contornato da cicatrici. Gli occhi, di un verde quasi accecante, sembravano dei fari luminosi, che risplendevano nel nero. E le ali nere, che si aprivano maestose dalla sua schiena sembravano renderlo ancora più potente e temibile di quel che già era.
Non era bello, però era temuto e rispettato da tutti.
-E' arrivato il tuo momento.- mi comunicò con una voce estremamente calda che risuonava come una melodia.
Lo ascoltai, senza distogliere lo sguardo da lui, senza smettere di ammirarlo.
-Dovrai portare a termine una missione: un'anima da legare all'Inferno.-
Lo interruppi, non lasciandogli finire la frase -Non fallirò.-
-Bene. Era questo che volevo sentirmi dire. Conto su di te, non deludermi.-
Improvvisamente mi sentii lusingata dalle sue parole, ma non lo diedi a vedere, piuttosto gli dissi -Ma per legare l'anima all'Inferno devo riavere indietro i miei poteri...- ed era vero. Senza di essi era praticamente impossibile portare a termine la mia missione.
-Potrai usare i tuoi poteri per questa missione, e se la porterai a termine con esito positivo, li riacquisterai per sempre.-
-E quest'anima? Chi è?-
-Non posso svelartelo. Posso solo dirti che è una ragazza di diciassette anni. Di questo dovrai parlare con Raphael. Lui ti darà tutte le indicazioni per raggiungerla, ma toccherà a te trovarla e legare la sua anima all'Inferno.-
Mi segnai tutto nella mente, non dovevo sbagliare. Non me lo potevo permettere.
E così estremamente vogliosa di riavere i miei poteri al più presto gli chiesi impaziente -E quando comincerò questa missione?-
-Subito.- la risposta che volevo sentire. Non feci in tempo a dire altro che le ali nere lo avvolsero e sparì all'istante.
Sospirai... era arrivato il momento tanto atteso. Il momento per far vedere a tutti quanto valevo.
In un attimo mi ritrovai davanti Raphael che mi scrutava dall'alto al basso con i suoi occhi fin troppo chiari, velati da un pizzico di follia. 
Si passò una mano tra i capelli argentei e si avvicinò a me, senza però dire nulla.
Mi ricordo ancora quando cadde... Nessuno voleva credere veramente alla sua caduta. Tutti lo rispettavano e lo ammiravano, e ci fu uno caos generale dopo l'accaduto.
Era uno dei sette arcangeli. Era leggenda nel Paradiso. Lo erano tutti e sette.
Raphael era l'arcangelo guaritore. Era l'angelo della salute. Emanava un'aura verde, il colore della guarigione.
La sua caduta lasciò tutti gli angeli spiazzati.
Aveva osato sfidare Lui, nessuno aveva osato sfidarlo, dopo Lucifero... Così Lui si infuriò perchè qualcun'altro aveva osato mettere in discussione i suoi poteri, e non gli diede neanche la possibilità di scegliere. Raphael andò dritto agli Inferi, dove Lucifero lo accolse a braccia aperte. Da allora è diventato tra i suoi più fidati ''sudditi''.
Raphael continuò a scrutarmi. Nel suo sguardo c'era diffidenza. Ostilità. Ancora non aveva accettato l'idea che avessi scelto di giurare lealtà a Lucifero.
Cercai di soffermarmi bene sui dettagli della sua figura. Quando ancora era un angelo, i tratti del suo viso erano meno marcati, più gentili.
Era sempre di una bellezza stupefacente. Ma se prima trasmetteva gioia e serenità, adesso incuteva terrore e la sua aura era diventata di un verde petrolio, quasi nero, davvero agghiacciante.
Nessuno dei due sembrava farsi avanti così presi l'iniziativa -Allora?-
Lui sbuffò, visibilmente scocciato. Poi mi rispose rassegnato -Io ti farò arrivare al luogo dove devi essere, per quanto riguarda l'anima è compito tuo.-
-Tutto qui?- alzai un sopracciglio scettica.
Lui mi incenerì con lo sguardo e capii che per una volta era meglio non ribattere.
-Pensi che riuscirai a portare a termine la tua missione?- mi chiese improvvisamente curioso.
Piegai le labbra in quello che doveva essere un sorriso, poi scoppiai in una risata da far gelare il sangue -Ne sono sicura.-
-Allora andiamo.- mi porse il braccio riluttante, e io glielo strinsi.
Poi tutto intorno a noi cominciò a girare vorticosamente e a diventare sfocato. Non so bene quanto durò, ma poi ci trovammo catapultati su un pavimento.
Mi tastai la fronte dolorante, per poi rialzarmi in piedi e notare Raphael, che in piedi, mi fissava divertito -Avrei dovuto avvertirti che se non sei abituata, l'atterraggio non è mai dei migliori.-
Brutto, schifoso, lurido demone bastardo da quattro soldi.
-Avresti dovuto.- ribattei acida.
-Colpa mia.- alzò le spalle per niente dispiaciuto.
Alzai gli occhi al cielo. Poi decisi che quello non era il momento per litigare e gli chiesi -Dove siamo?-
-Nel tuo appartamento.-
Al mio sguardo interrogativo lui cominciò il suo discorso -Ti chiami Ester Blackwell. I tuoi genitori sono tragicamente morti in un incidente d'auto, in cui tu sei l'unica sopravvissuta. Non ti sei ancora ripresa dallo shock e...- dopo che gli lanciai uno sguardo furente, ebbe il buon senso di non fare l'idiota. Da quando si trovava negli Inferi si divertiva a scherzare, e non prendeva mai le cose sul serio.
 -Ricominciamo. Ti chiami Esther Blackwell. I tuoi genitori sono morti, ma ti sei ripresa in fretta. Hai diciassette anni e frequenti l'ultimo anno alla Pacific High School a Brooklyn, New York. Vediamo... che manca? Ah si, vivi con il tuo tutore.-
Lo interruppi guardandolo scettica -E da quando ho un tutore?-
-Non ce l'hai! E' una copertura! Santa miseria, ma devo spiegarti proprio tutto!- rispose scocciato.
-E quando comincio la scuola?- 
Lui parve pensarci un po', poi mi rispose -Alle 8,10 devi trovarti lì-
Mi guardai intorno alla ricerca di un qualcosa che mi indicasse l'ora, poi un orologio nero appeso alla parete.
Diedi voce ai miei pensieri -Le 7,55. Non ce la farò mai!-
-Tranquilla. Oggi è il tuo primo giorno, e tecnicamente ti sei appena trasferita da un'altra scuola. Quindi deve esserci un genitore, o nel tuo caso, un tutore per firmare tutte le carte e le altre cose lì.-
-E dove lo trovo un tutore adesso?- chiesi stufa di tutti quei giri di parole.
Raphael mi sorrise divertito, mostrando dei denti bianchissimi -Ce l'hai davanti.-
Stavo per ribattere, quando lui mi zittì e con uno schiocco di dita si trasformò in un perfetto quarantenne, con tanto di giacca e cravatta.
-Sorprendente.- ammisi affascinata. 
Nonostante tra me e Raphael non scorresse del buon sangue, lo rispettavo.
Tutti lo rispettavano.
E se avessi portato a termine la mia missione, anche io sarei stata rispettata. Da tutti quanti.
-Io sono Jonathan Blackwell. Sono tuo zio, il fratello di tuo padre. Quando i tuoi genitori sono morti, sono diventato il tuo tutore. E' tutto chiaro?- mi spiegò sbrigativo.
Annuii, poi gli chiesi -Quindi, visto che tecnicamente tu sei mio zio, vivrai qui anche tu?-
La sua risata mi fece sentire a disagio -Certo che no. Io, come ti ho già detto, ti servo solo per firmare delle stupide carte. Poi te la dovrai cavar da sola.-
A sentire quelle parole fui sollevata.
Poi mi venne in mente qualcos'altro -Non ho niente. Vestiti, soldi o stupide cose che usano questi stupidi umani!-
-Ho pensato a tutto io. Per chi mi hai preso? Adesso ti conviene andare a cambiarti. Ultima stanza a destra.-
Notai solo in quel momento che ci trovavamo nel salone. Niente di speciale. Non era tanto grande, ma neanche piccolo.
C'era un divano grigio proprio al centro della stanza, e davanti, sopra un mobile, torreggiava un grosso televisore piatto. Alla destra c'era un tavolo di vetro, con quattro sedie. 
Era pur sempre un salotto.
La carta da parati era semplice. Niente di spaventoso o inquietante. O almeno niente da cui si potesse dedurre di essere nel covo di una delle ''creauture'' degli Inferi.
Uscii dal salone e mi imbattei in un lungo corridoio. In fondo c'era il portone.
Il salone era la prima stanza a sinistra. Dopo di esso c'era la cucina. Poi a destra veniva prima un bagno, ed infine la mia camera da letto.
Era una casa piccola, ma andava bene per vivere. 
Era momentanea, sarei stata poco lì. Di questo ne ero certa.
Aprii la mia camera e rimasi abbastanza soddisfatta da ciò che mi si presentò davanti. Era decisamente di buon gusto.
C'era un grande letto matrimoniale, con la trapunta rossa.
Le pareti erano ricoperte da una carta da parati color porpora. Al lato del letto c'era un comodino in legno bianco, con una lampada sopra. 
Dall'altro lato del letto, una semplice cassettiera in ciliegio.
Le tende erano bianche, con dei risvolti rossi. Le aprii, e feci lo stesso con la porta finestra.
Mi ritrovai in un mini-balcone, con fiori e piante di ogni tipo, su dei vasi davvero pregiati.
Poi rientrai dentro e andai verso l'armadio. Lo aprii e trovai una grande varietà di vestiti.
Alla fine scelsi una canottiera verde con dei semplici jeans scuri. Poi misi degli anfibi neri, e rimasi sorpresa perchè calzavano benissimo.
Raphael aveva davvero pensato a tutto.
Decisi di indossare anche una giacca di pelle nera. Era ottobre inoltrato, e il tempo non era mai stato dei migliori, per questo presi la giacca.
Accanto l'armadio c'era un davanzale. Sopra di esso uno specchio con la cornice oro. Poi trovai una trousse nera e la aprii. 
Non c'erano molte cose dentro, però andava bene lo stesso.
Misi un filo di eyeliner e un po' di mascara, e l'effetto fu davvero sorprendente. I miei occhi, di un grigio spento, risaltavano incredibilmente con quella semplice linea nera.
Sorrisi al mio riflesso. Ero pronta. Pronta per tutto quanto.
Uscii dalla mia stanza mentre un Raphael spazientito mi aspettava in fondo al corridoio.
Era strano vederlo nelle vesti di un quarantenne, uomo d'affari.
-Ce ne hai messo di tempo!- mi ammonì, poi mi porse uno zaino blu -I libri te li daranno a scuola.-
Annuii, poi lo seguii fuori dalla casa. Era un appartamento, precisamente all'ottavo piano. Prendemmo l'ascensore, e potei constatare che quegli aggeggi infernali andavano piuttosto lenti.
Finalmente la porta dell'ascensore si aprii nel piano terra e noi uscimmo.
L'aria aperta mi colse in pieno e chiusi un attimo gli occhi, godendomela. Aria fresca.
Per modo di dire, in fondo. Ci trovavamo pur sempre a Brooklyn, il più popoloso distretto di New York, dove le strade erano totalmente affollate, piene di traffico e di smog. 
Eppure non ci badai più di tanto in quel momento.
Erano sei anni che non mettevo piede nel mondo umano e in un certo senso mi era mancato. 
Poi Raphael mi fece segno di seguirlo. Tirò fuori delle chiavi dalla tasca della giacca e premette un tasto.
Sentii uno scatto e solo allora notai che Raphael era entrato dentro un auto, così feci altrettanto.
-Allora?- mi chiese una volta che ebbi chiuso la portiera.
-Allora cosa? E' una semplice auto.- risposi ovvia. 
Lui cominciò ad alzare la voce, e per poco non gli risi in faccia. Era una scena davvero comica vederlo sbraitare, nelle vesti di un perfetto quarantenne.
-Una semplice auto? Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Questa è una porsche! E non una porsche qualsiasi! Questa è la porsche 911 turbo, appena uscita!- 
Alzai le spalle poco interessata, mentre lui finalmente partiva. Sbuffò, infastidito per la poca attenzione che gli stavo mostrando.
-Sai già come trovarla?- mi chiese dopo un po', riferendosi all'anima.
-No.- ammisi un po' desolata. Poi però riacquistai la mia solita sicurezza e alzai lo sguardo fiera -Ma la troverò comunque.-
-Si, anche se mi costa ammetterlo sono sicuro che ce la farai.- ammise lui.
-Ha un'essenza molto forte poi, quindi ti sarà facile riconoscerla.- aggiunse poi, senza staccare gli occhi dalla strada.
 
~*~

-Perfetto.- rispose entusiasta quella donna di mezza età, sistemandosi gli occhiali.
Si rivolse a mio "zio" -Sono certa che sua nipote si troverà benissimo in questa scuola.-
-Lo spero. E spero anche che riesca a diplomarsi qui... sa com'è, partiamo spesso.- rispose vago lui.
La preside della scuola annuì, non perdendo il buon umore. Poi strinse la mano a Raphael -E' stato un piacere conoscerla.-
Lui sorrise a sua volta, mostrando una serie di denti bianchissimi -Piacere mio.- poi si rivolse a me -Ora devo andare, ci vediamo a casa. Ester.- disse, calcando bene sul mio nome.
In realtà sapevo che non ci saremmo più visti, almeno fino a quando non avrei portato a termine la missione.
Lo salutai cortesemente. Dovevo pur sempre fare una buona impressione e non dovevo attirare le attenzioni su di me.
-Questo è il foglio con tutti gli orari.- mi disse gentilmente la preside.
Già la odiavo.
Dal suo modo di parlare, di comportarsi, di sorridere... Era falsa.
Le sorrisi ancora più falsamente -Grazie.-
Poi voltai le spalle, decisa ad andarmene da quell'ufficio e scoprire al più presto chi era l'umana che dovevo legare.
-Aspetta.- mi richiamò con la sua voce rivoltante. Poi mi porse un foglio più piccolo, con dei numeri scritti sopra. -59 è il numero del tuo armadietto. E gli altri numeri sono la tua combinazione.-
La ringraziai di nuovo, poi finalmente uscii da lì.
Inizialmente fui colta alla sprovvista da tutto quel chiasso, poi sbuffai infastidita. Più che una scuola mi sembrava uno zoo.
Fissai il foglio che avevo tra le mani. Come prima ora avevo letteratura in aula 21. Mi guardai un po' intorno, per cercare di individuarla.
Purtroppo non prestai molta attenzione davanti a me, infatti andai a sbattere contro qualcuno. Imprecai, mentre mi toccavo la testa dolente.
Feci per raccogliere il foglio che mi era caduto, ma un piede lo calpestò. Alzai lo sguardo contro chi avevo sbattuto. Era una ragazza alta e formosa, dai capelli color rame raccolti all'indietro, e dagli occhi verdi scuro.
Mi stava fissando con aria di superiorità, poi raccolse la mia scheda, che aveva calpestato di proposito con il suo tacco, e se la rigirò tra le mani -E così sei nuova. Be', non ti avevo mai visto giustamente.-
Mi porse la scheda, guardandomi strafottente. Io sostenei lo sguardo orgogliosa.
Poi lei mi sorrise maligna -Be', immagino che tu sappia chi sono io.-
Alzai le spalle, senza prestarle molta attenzione, cosa che le diede abbastanza sui nervi -In realtà sono nuova, l'hai detto tu. Quindi non conosco nessuno.-
La rossa continuò a guardarmi con aria di superiorità -Sono Dakota Smith, e tutti in questa scuola mi conoscono.- marcò bene sulla parola "tutti".
Poi alzò un sopracciglio, continuando a squadrarmi -E tu chi sei?-
-Ester.- risposi semplicemente, continuando a guardarla indifferente.
-Bene Ester, sai non mi piace come ci siamo incontrate... Mi sei venuta addosso, ma dove hai la testa?- poi mi mostrò un'unghia -Guarda, si è rotta per colpa tua!- assunse il tono di una bambina viziata, che per me fu davvero difficile non scoppiarle a ridere in faccia.
Per mia fortuna, ci pensò qualcun altro. -La Smith si è rotta un'unghia? Che tragedia!- la prese in giro una ragazza, appena arrivata.
Aveva i capelli di un biondo sporco, le sopracciglia inarcate erano leggermente più scure. E potevo leggere la sua determinazione in quegli occhi scuri.
Era lei
Ne ero sicura, doveva essere per forza lei. Qualcosa nel suo sguardo, nei suoi occhi... no, forse era la sua essenza che mi diede la conferma.
Dal momento in cui avevo messo piede in quella scuola nessuno aveva attirato la mia attenzione. Le anime di quegli umani sembravano tutte uguali. 
La sua era diversa. Si distingueva tra centinaia di anime.
L'avevo trovata, e neanche avevo dovuto faticare.
-Hai già avuto la fortuna di conoscerla?- mi chiese, lanciando uno sguardo a Dakota. Ovviamente la domanda era ironica.
La rossa le si parò davanti, mentre le disse velenosa -Perchè non ti fai un giro lontano da me Thompson?-
La bionda alzò le spalle, rispondendo lapidaria -Non mi va.-
Poi Dakota, lanciò un'occhiata prima a lei poi a me -Va' a trovarti qualche altro giocattolino! Lei è mia.-
La guardai scettica. Si riferiva a me?
-Ehi.- la richiamai, mentre lei mi guardava sorpresa, forse non si aspettava un mio intervento -Mettiamo subito in chiaro un paio di cosette. Io non sono il giocattolino di nessuno.- 
La rossa mi guardò ancora più stupita, mentre sgranava gli occhi -Nè tantomeno il tuo.- chiarii.
L'altra ragazza d'altra parte, mi guardava vittoriosa -Visto? Non vuole essere la tua tirapiedi!-
Detto questo mi prese per un braccio, mentre mi tirava lontano da Dakota. Tra le due non doveva scorrere buon sangue...
Mi trascinò di fuori, al cortile.
-Non c'è lezione?- mi ritrovai a chiederle.
Lei mi sorrise furba -Perchè? Vuoi andare a sorbirti quella noia?-
Mi venne spontaneo ricambiare il sorriso. Poi le porsi la mano -Sono Ester.-
Lei me la strinse, continuando a guardarmi con quella determinazione negli occhi -Jennifer, ma chiamami Jen. Odio il mio nome per intero.-
-Va bene Jen.-
-Sai Ester, mi stai simpatica. Credo che diventeremo proprio delle ottime amiche!-
Oh, lo diventeremo eccome. Mi ritrovai a pensare.
-Non vai molto d'accordo con quella ragazza, vero?- le chiesi, giusto per parlare un po' di qualcosa.
-Eravamo migliore amiche fino alle medie. Io, lei e Roxanne.- mi confessò lei. Poi chiarì -Roxanne mi sa che ancora non la conosci.-
-Mi sa di no.-
Lei alzò le spalle e continuò a raccontarmi -Quando siamo venute in questa scuola, avevamo un sacco di progetti insieme...- sembrava quasi rammaricata, e mi chiesi se le voleva ancora bene.
Evidentemente si. Se c'era una cosa che avevo imparato, passando il tempo con gli umani, era come conservassero il loro affetto per delle persone, con cui non avevano più nessun rapporto.
-Be', lei si è fatta subito notare appena arrivata qui. Ha cominciato a frequentare le persone più popolari, fino a diventare una di loro. Non ci ha prestato più attenzione, e non so bene come, abbiamo finito per odiarci. - poi come riscossa dai pensieri mi disse -Scusa. Ci siamo appena conosciute e già ti faccio una testa così con la mia deprimente e noiosa vita!-
Le sorrisi tranquillizzante. Mi piaceva, sembrava simpatica.
Poi mi ricordai della missione: dovevo legare la sua anima all'inferno, non dovevo farmi fregare un'altra volta dai miei stupidi sentimenti.
Riflettei un attimo su quello che mi aveva detto riguardo Dakota. Un tempo erano state amiche, ma poi si erano allontanate del tutto.
L'odio è più forte se un tempo hai amato quella persona. Di solito era così.
Magari potevo utilizzare l'odio che provava verso di lei per il mio scopo, l'avrei indotta a commettere qualcosa di sbagliato, così che la sua anima sarebbe stata corrotta e impossibile da salvare.
Sarebbe stata dannata. Per sempre.
E una volta legata all'Inferno, era impossibile invertire il processo.
Jen mi guardò curiosa -Piuttosto raccontami qualcosa di te... Insomma, come mai hai cambiato scuola?-
Ripensai a tutto quello che mi aveva detto Raphael, così cominciai a raccontarle tutte quelle balle. 
Quando le raccontai del mio presunto zio le si illuminarono gli occhi -Aspetta! Non dirmi che era quel figone che è appena uscito da scuola!-
Per me fu inevitabile non ridere. Il fatto che avesse definito Raphael un figone, e soprattutto la sua versione quarantenne... era davvero comica.
Alla fine riuscii a risponderle -Mi dispiace deluderti, ma non credo le interessano quelle della tua età!-
Lei alzò le spalle sconsolata, poi si riprese subito -Ma come mai vivi con lui? I tuoi genitori?-
-I miei sono morti.- le risposi impassibile.
-Mi dispiace, io non lo sapevo.- non riuscivo davvero a capire gli umani. Pensavo che non li avrei mai capiti.
Perchè dispiacersi di qualcosa in cui non c'entrano assolutamente nulla?
-Tranquilla.- le dissi con un sorriso.
-Dovrei sentirmi fortunata ad avere i genitori, ma in realtà non è così.- mi confidò.
Pensai che quello fosse il momento giusto per farmela amica. Dovevo mostrarmi affidabile e soprattutto sincera.
Dovevo mostrarmi interessata a lei. -Ti va di parlarmene?-
Jen si scostò una ciocca di capelli dal viso, poi si alzò dal muretto -Li odio.-
-L'odio è un sentimento forte, sei sicura di odiarli?-
La bionda sorrise amaramente -Su avanti. Dimmi che è sbagliato. Dimmelo.- mi fissò con intensità, poi riprese parola -Dimmi che è sbagliato odiare i propri genitori, dì quello che dicono tutti gli altri.- poi alzò le braccia in avanti con enfasi -Avanti, giudica come fanno tutti!-
Poi si accasciò a terra, tenendosi la testa tra le mani, disperata -Lo so che è sbagliato, lo so. Mi merito l'Inferno per questo!-
Sussultai al sentirlo dire da lei.
Poi la vidi veramente. Era come se potessi leggerle l'anima.
Una ragazza delusa.
Una ragazza che era stata ferita troppe volte.
Una ragazza accecata dall'odio.
Una ragazza che si stava lentamente distruggendo per i suoi sensi di colpa.
Una ragazza senza speranza.
Era perfetta per l'Inferno. Mi sarebbe bastato pochissimo, davvero poco, per farla finire dritto agli Inferi.
Era una preda così facile, eppure rabbrividii immaginandomela a soffrire tutte le pene infernali.
Inconsapevolmente, mi abbassai e le misi una mano sulla schiena per darle conforto. La stavo consolando.
La stavo davvero consolando?
Poi mi convinsi che lo stavo facendo solo perchè dovevo farmela amica per il mio scopo.
Jen si asciugò le lacrime -Aspetto ancora che tu mi dica qualcosa.- sospirò, mentre si alzava in piedi.
Io la seguii a ruota poi le dissi, continuando a sostenere il suo sguardo -Io non sono come tutti gli altri, non ti dirò quelle cose.- presi un attimo fiato -Non ti giudicherò, senza prima averti conosciuto bene. E se odi i tuoi genitori sicuramente dovrà esserci un motivo valido, perchè credimi, non si odia per niente.-
-Quindi non pensi che sia sbagliato? Che io sia sbagliata?-
Scossi il capo -Potresti avere un sacco di ragioni per odiarli.-
La bionda sembrò sorpresa dalle mie parole, poi si riprese sorridendomi raggiante. E allora vidi un altro lato di sè.
Una ragazza determinata.
Una ragazza pronta a rialzarsi in piedi, dopo le cadute.
Una ragazza che non voleva mostrarsi debole di fronte agli altri.
Una ragazza, capace di sorridere, anche se moriva dentro.
Una ragazza che aveva voglia di riscatto, di vivere.
Sorrisi amaramente quando capii. Mi era sembrato tutto fin troppo facile.
Lucifero mi voleva mettere alla prova, voleva vedere fino a che punto arrivassero le mie capacità.
Jen era a un passo dall'Inferno, come lo poteva essere dal Paradiso. Si trovava perfettamente in bilico. Una sua mossa l'avrebbe potuta salvare o dannare per sempre.
La sua voce mi riportò alla realtà -A cosa stai pensando?-
Aprii un paio di volte la bocca per poi richiuderla, trovandomi a boccheggiare.
E tutta quell'insicurezza da dove era saltata fuori?
Mi schiarii la gola -Pensavo che non voglio perdere anche la seconda ora, già si saranno fatti un'idea sbagliata su di me e non voglio attirare ancora più attenzione.-
-Va bene, allora andiamo.- mi concesse lei.
Era ritornarta spensierata. Sprizzava energia da tutti i pori e della ragazza insicura e disperata di poco prima, non c'era più traccia.
Non la dovevo sottovalutare.
Forse sarebbe stato meno facile di quanto pensassi. Forse, sarebbe stato addirittura complicato.
Appena rientrate a scuola, Jen mi strappò il foglio dalle mani -Due ore di letteratura... ce l'ho anche io. La prima l'abbiamo già saltata. Sicura di voler tornare?-
-Sicura.- ripresi il foglio con tutti gli orari, mentre lei mi seguiva.
-Dove vai?- mi chiese divertita.
Alzai le spalle ovvia -In classe. Dove dovrei andare?-
La bionda continuò a guardarmi divertita, indicandomi l'altra parte del corridoio -L'aula 21 è da questa parte!-
La seguii un po' imbarazzata per la figuraccia che avevo fatto. Poi però mi ripresi.
Io imbarazzata? Figuriamoci.
-Eccoci.- Jen aprì tranquillamente la porta dell'aula ed entrò dentro, io dopo di lei.
Un uomo sui quarantacinque anni, con i capelli brizzolati, sollevò i suoi occhiali scrutandoci curioso -Vedo che ci avete degnato della vostra presenza.-
Era il professore.
-Thompson.- si rivolse a Jen, poi guardò me aggrottando la fronte.
-Blackwell.- dissi io per lui.
Sembrò illuminarsi -Ah Blackwell. Giusto. Tu sei la nuova arrivata.- dopo essersi soffermato un po' su me, riposò lo sguardo sulla bionda -Non la starai portando verso la cattiva strada?-
Alzò un sopracciglio, mentre Jen abbassava lo sguardo, non sapendo come ribattere.
Poi si rivolse nuovamente a me -Be', spero proprio che non ti lascerai influenzare da cattive presenze.- marcò con enfasi su "influenzare" e "cattive presenze".
Certo, perchè ovviamente io mi sarei lasciata condizionare da Jen. Non il contrario.
Sorrisi forzata -In realtà non mi sentivo molto bene e Jennifer - lei sbuffò sentendo il suo nome venir pronunciato per intero -Be', lei è stata con me fino a quando non mi sono sentita di nuovo bene.-
Lui la guardò sorpreso -E' vero?-
Jen sorrise vittoriosa, alzando il mento orgogliosa -E' vero.-
Si, è vero che siamo tutte e due delle ottime bugiarde. Pensai tra me.
-Be', per questa volta chiuderò un occhio, anche se non credo tanto a questa storia.- poi indicò due banchi liberi, proprio davanti la cattedra.
Si rimise gli occhiali -E comunque, la prossima volta che decidete di marinare le lezioni, cercate una scusa più fantasiosa.-
-Eccolo che comincia.- sentii sussurrare la bionda.
Poi mi guardò -Blackwell, qual'è il tuo nome?-
-Ester.- 
-Bene Ester.- cercai di trattenere un conato di vomito al sentire il mio nome pronunciato da quell'assurdo individuo.
-Io sono il professor Thomas, insegno letteratura. E vedo che non hai libri.-
Alzai le spalle, piegando le labbra in una smorfia -Mi avevano detto che i libri me li avrebbero dati qua.-
-Giusto. Che sbadato!- prese un libro direttamente dalla cattedra e lo appoggiò delicatamente sul mio banco.
-Bene, e ora ritorniamo alla nostra lezione!- dall'aula si levò un coro di sospiri e lamentele, mentre il professore tornava a spiegare.
Non ci feci per niente attenzione, come Jen d'altronde, che si divertiva a lanciarmi aeroplanini di carta con scritto qualcosa.
Mi ritrovai a sorridere più volte, e mi portai una mano alla bocca, cercando di trattenere le risate, quando Jen si mise a fare le imitazioni del professore.
Per mia sfortuna però se ne accorse -Signorina Blackwell, vuole dirci cosa succede? Così magari possiamo farci una risata tutti insieme!- cercai di ignorare il suo tono di scherno.
Poi un suono assordante si fece largo in quella minuscola aula. Subito tutti si alzarono in piedi, prendendo le loro cose e non aspettarono neanche che il professore dicesse qualcosa.
Lui mi puntò un dito contro -Salvata dalla campanella. E ricordati che ti tengo d'occhio.-
Non dissi niente, mentre uscivo fuori dalla classe con Jen. -E' terribile vero?- mi lesse nel pensiero.
Annuii semplicemente, poi qualcosa attirò la mia attenzione. Non qualcosa, ma qualcuno.
Un ragazzo se ne stava lì in fondo al corridoio, appoggiato su una parete, a fissarmi.
Era biondo, i capelli mossi che gli ricoprivano tutta la nuca. Gli occhi, azzurri, erano di una tonalità del tutto diversa dai miei.
Se i miei tendevano ad essere spenti, i suoi occhi brillavano. Si, brillavano sul serio.
Non distolse lo sguardo, quando mi fermai a guardarlo per un po'. Le sue labbra si distesero in un sorriso. Un sorriso magnifico.
Sbattei un paio di volte le palpebre per riprendermi. Quel ragazzo si faceva notare, faceva proprio colpo.
Non che fosse di chissà quale bellezza, ma sembrava risplendere. Come se un'aura dorata lo circondasse.
E l'intensità nel suo sguardo mi lasciò confusa. Piacevolmente confusa. Sembrava come se stesse tentando di leggermi dentro.
Continuai a fissarlo pensierosa. Per me era uno sconosciuto, eppure mi sembrava familiare, come se l'avessi già visto da qualche parte.
Probabilmente mi stavo sbagliando.
-Ehi! Terra chiama Ester, ci sei?- spostai lo sguardo verso Jen, che mi guardava irritata. Era da un po' che mi stava richiamando.
-Che c'è?-
-Si può sapere cosa, oppure chi stavi guardando? Sembravi totalmente persa!- mi ammonì lei, po spostò lo sguardo dove poco prima ce l'avevo tenuto fisso io.
Era sparito.
Non c'era più nessuno.
La bionda mi guardò confusa, poi indicò la parete dove lui era appoggiato -Questa poi me la devi spiegare!- poi scosse la testa rassegnata -Comunque ti avevo chiesto che avevi adesso...-
Spostai lo sguardo verso il mio foglio -Biologia e dopo geografia.-
Lei sospirò -Io ho educazione fisica e matematica. Mi sa che ci rivediamo direttamente all'ora di pranzo.-
-Mi sa di si.- confermai io.
-Mangiamo insieme?-
Le sorrisi -Certo.-
Poi la guardai mentre si incamminava verso la sua classe. Sembrava una ragazza così simpatica, e si era comportata subito da amica con me.
Mi aveva confidato i suoi segreti più intimi, non conoscendomi affatto. Si era fidata di me.
Sarei davvero riuscita a portare la mia missione?





Angolo dell'autrice:
Eccomi tornata! Vi ho fatto aspettare tanto?
Prima di tutto volevo ringraziare le tre meravigliose persone che hanno recensito il prologo. Grazie davvero <3
E' da un po' che avevo scritto questo capitolo, ma non mi convinceva, l'ho dovuto correggere più volte, ma alla fine sono abbastanza soddisfatta del risultato.
E' molto lungo, lo so. Infatti volevo chiedervi se lo avete trovato troppo noioso, e magari se lo preferite un po' più corto...
Che altro dire? Vi è piaciuto?
Io adoro Raphael :3 Mi diverte, non so perchè. E la nostra Ester non ha dovuto faticare affatto a trovare l'anima da legare.
In realtà è venuta da lei... come ha detto Ester, l'anima di Jen si distingue da tutte le altre, forse perchè appunto si trova in bilico tra l'inferno e il paradiso.
E vedremo se la nostra protagonista riuscirà a legarla...
E cosa ne pensate del ragazzo che stava fissando Ester alla fine del capitolo? Eh si, è lo stesso del banner... ma che vorrà questo qui?
Dovrete aspettare i prossimi capitoli, mi dispiace. 
Voi nel frattempo leggete e recensite che mi fate davvero contenta ^_^
A proposito, il banner vi piace? E' da poco che ho imparato a usare gimp e ancora non sono bravissima... 
Vabbè ora vado, a presto!
Un bacione <3
  
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