Fanfic su attori > Orlando Bloom
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Autore: Sundance    22/02/2008    6 recensioni
... I miei occhi risalirono il suo braccio fino al torace, proseguirono sul collo e si fermarono sulle labbra. Notai che sembrava giovane, cosa che si ricollegava bene alla voce, e che si era fatto la barba evidentemente. Poi in un impeto di coraggio estremo alzai di scatto gli occhi e li puntai nei suoi.
E mi sciolsi.
E capii perchè conoscevo quella voce.
Perchè la sentivo risuonare nella mia testa nei momenti più impensabili, perchè aveva pronunciato frasi che avrei sempre ricordato, perchè un "Depends on the one day" assume tutt'altra forma e sensazione quando è quella voce che lo dice.
E compresi anche che se mai avessi potuto sperare di incontrarlo, non sarebbe mai, MAI stato con il trucco sbavato da lappate di cane, i pantaloni sporchi per la caduta e l'espressione di una che sta per collassare.
Completata (sorpresa: capitolo 39 più epilogo)
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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How do I get through one night without you
If I had to live without you
What kind of life would that be
Oh I, I need you in my arms
Need you to hold
You're my world, my heart, my soul
[LeeAnn Rimes - How do I live without you]



Sento profumo di cioccolata. Apro gli occhi e sbircio tra le dita, scostando le mani dal viso. Dom mi tende un bicchiere di plastica marrone, ricolmo della bevanda ancora calda. Alzo lo sguardo e lo prendo, accennando un sorriso. Lui lo ricambia, dandomi un buffetto sulla guancia, e si siede accanto a me.
"Billy arriverà al più tardi domattina. Gli ho impedito di mettersi in viaggio stanotte, ma è stata dura riuscirci. E' rimasto sconvolto."
"Mh-mh."
Restiamo in silenzio un poco. Non abbiamo mai parlato a voce alta da quando siamo qui. Solo sussurri. Mi schiarisco la gola e riprendo:
"Non deve lasciare famiglia e affari per venire fin qua. Neppure tu dovresti."
"Innanzitutto è una mia decisione, Luna. E comunque, se anche avessi in ballo chissà che... tutto va in ultimo piano, se si tratta di un amico. Specie se è OB."
Gli trema la voce dicendolo. Piego appena le labbra, lui aggiunge:
"E inoltre... nessuno di noi vuole lasciarti sola qui. Perchè immagino che non ti schioderai da quella sedia, vero?"
Scuoto appena il capo.
"Solo quando me ne porteranno un'altra accanto al suo letto."
Sospira profondamente. Mi sento in colpa anche per questo, ora.
"Dom, questa è la mia decisione, non sei obbligato a condividerla. Dovresti..."
"Luna, se cominciamo a fare a gara a chi è il più tenace, rischiamo di mandare ai matti l'intero reparto. Lascia stare. Nessuno dei due convincerà l'altro."
"... Lo so. Ma Dom", lo guardo seria, "promettimi che andrai a riposare, appena sentirai di non resistere. Io ce la faccio anche da sola, sul serio."
"No, Luna. Tu ce la fai perchè ti obblighi, ma crollerai. Ascolta, non intendo, non vogliamo costringerti ad andare a casa, ma se ti ostini a rimanere, accetta almeno che ci diamo il cambio a farti compagnia. Ok?"
Lo guardo e leggo la stessa mia determinazione nei suoi occhi; ma c'è anche sincero affetto. Che tesoro. Dovevo saperlo da tempo, ormai: Orlando è un angelo, i suoi amici non sono da meno. Annuisco, sentendo le lacrime premere agli angoli degli occhi.
"Grazie."
Mi prende la mano e me la stringe forte, poi lascia ch'io finisca il cioccolato intanto che lui appoggia la testa al muro, sospirando. Restiamo così, in perfetto silenzio, molto a lungo. Io non seguo i miei pensieri nè mi concentro sui miei sentimenti. Soprattutto, mi impongo di non ricordare alcunché. Ma ad ogni respiro una frase, un tono di voce mi trafiggono, uscendo dalla mia memoria assieme alla luce calda dei suoi occhi scuri.
"E... la Stampa?" sussurro piano.
Dom non risponde. Forse non ha capito, e gli lancio un'occhiata nel riformulare la frase. Ma mi blocco. Si è addormentato. Il suo petto si alza e si abbassa regolarmente, le palpebre sono serrate. Sposto gli occhi dal suo viso all'orologio che tiene al polso e leggo l'ora: mezzanotte meno cinque. Alzo di nuovo lo sguardo e lo osservo. Povero ragazzo, è distrutto. Mi tolgo la giacca e gliela poso delicatamente sulle gambe: non si muove neppure. Io sto bene così, a livello fisico. L'interno dell'ospedale è caldo, posso fare a meno del cappotto. E' questo gelo interno, che non riesco a sconfiggere. Respiro profondamente e il fiato mi si spezza, quando vedo aprirsi le porte di una sala; due infermieri spingono una barella dietro la quale sopraggiunge il dottore che conosciamo. Lui viene verso di me mentre loro si dirigono all'ascensore. Mi alzo di scatto in piedi, un leggero formicolio alle gambe, e seguo con lo sguardo la figura distesa nel letto mobile. Sento incrinarsi l'anima e gelare il cuore. Dom con un sussulto si risveglia, e cogliendo l'immagine si alza immediatamente, affiancandomi e passando un braccio dietro la mia schiena nel vedermi impallidire violentemente. Le porte dell'ascensore si chiudono, e torno a guardare il medico.
"Come... che... ci sono novità?" domando flebilmente. Lui scuote il capo:
"No, Miss, mi dispiace. Abbiamo deciso di spostarlo in terapia intensiva, in una stanza allestita appositamente per la cura. Potete stare con lui, naturalmente, invece che qui in corridoio... ammesso che non abbiate cambiato idea, sul fatto di restare?" domanda appena, ma dalle nostre espressioni si capisce chiaramente che siamo irremovibili. Sospira mortificato e ci posa una mano sulle spalle.
"Vi avverto in tutta onestà... che potrebbe volerci tempo. Molto tempo. Mi dispiace di non poter fare nulla per voi."
"Dottore... è già tanto che ci abbia permesso di stare qui senza orario... sa, per le visite... anzi non so come... come ringraziarla" balbetto io, e lui stringe appena la presa sul mio braccio, annuendo bonariamente.
"Si figuri, Miss. Io farei la stessa identica cosa" esclama sorridendomi dolcemente, ed io ricambio, anche se non sono certa di riuscirci appieno.
"Posso far aggiungere un letto alla stanza, se crede, ma non so quanto sia possibile..." aggiunge, ma scuoto il capo.
"No, non si preoccupi, mi basta una sedia, io... grazie. Grazie, per la sua disponibilità. Le sono davvero grata."
Lui annuisce appena e guarda Dom con occhio critico:
"Dovreste riposare entrambi. Ma se volete potete vederlo, prima."
Inutile dire che nè io nè Dom diamo segno di volercene andare. Il dottore china lo sguardo, impotente, e ci dà indicazioni su dove trovarlo.

Entro nella stanza e mi sembra di camminare verso la sedia elettrica. Ogni passo dieci anni in più mi gravano addosso. Ognuno senza di lui. L'infermiera gli sta sistemando dei tubi che neppure voglio guardare, e cerco di non fare caso agli aghi delle flebo e ai vari strumenti. Ho occhi soltanto per il suo viso addormentato, i suoi capelli sparsi sul cuscino, le palpebre premute contro le guance lievemente pallide. Sentendoci arrivare, l'infermiera si volta e mi sorride appena, dolcemente.
"Le ho portato la poltrona accanto al letto: il dottor Lewis mi ha detto che poteva servirle, Miss."
"Oh. Io... grazie, signora..." mormoro, incerta, ma a lei sta bene così, perchè mi sorride. Neppure avevo fatto caso al nome del medico, con tutto quel che è successo. La poltrona è in pratica una sedia dallo schienale alto, con cuscino e braccioli morbidi, bianca, di materiale soffice. E' leggermente piegata all'indietro anche, così potrò stendermi e fingere di dormire. Perchè di farlo davvero non se ne parla.
Devo vegliarlo. Devo trasmettergli ogni energia. Torno a guardare il suo volto. Il bip delle macchine che gli misurano i battiti del cuore mi stordisce. Dom mi prende per mano, tenendola stretta. Lo guardo, ed i suoi occhi lucidi non mi aiutano.
"Stia pure tutto il tempo che vuole, Miss. Il dottore ha proibito a chicchessia di allontanarla. Signore, lì c'è un'altra sedia, se vuole."
Guardo l'infermiera a bocca aperta. Questo dottore è un santo. O ha capito che dovrebbero portarmi fuori con la forza, e continuerei a gironzolare intorno all'ospedale comunque, perciò tanto vale che stia al caldo. Mi esce un "Grazie" appena sussurrato, e mi appoggio alla poltrona. L'infermiera ci lascia soli, e noi affondiamo nel silenzio.
Bip. Bip.
"Cristo, OB..." mormora Dom, ma la frase si spezza in pianto. Gli lascio la mano buttandogli le braccia al collo e stringendolo forte contro di me, e liscio piano la sua schiena con affetto, a piccole carezze. Lui posa il viso sulla mia spalla e lasciando cadere a terra le giacche ricambia l'abbraccio, singhiozzando senza tregua, aggrappandosi in cerca di un sostegno che, nonostante io lo desideri con tutta l'anima, non so dargli. Restiamo così diverso tempo, due amici stretti in un conforto introvabile, la quiete scandita dai continui suoni degli apparecchi. Poi lentamente Dom mi lascia andare, ed io allento la mia stretta. Non lo guardo, per evitargli un disagio, e abbasso il capo. Lui si china, asciugandosi il viso e raccogliendo le giacche da terra; mi tende la mia mormorando:
"Scusa, non volevo farla cadere. E grazie. Per... avermela prestata, prima."
Io scuoto il capo in risposta, tentando un sorriso, poi appendo il cappotto al sostegno sul muro.
"Vai a riposare, Dom." Lo dico col tono più delicato che trovo.
"No, sto bene. Davvero. E' passata" risponde, insinuando tra le parole una gratitudine che non merito affatto.
Annuisco, rinunciando a convincerlo e sedendomi sulla poltrona, mentre lui recupera l'altra sedia e la accosta al letto, dal lato opposto. Non capisco che cosa costringa entrambi i nostri occhi a fissare il suo viso, se la speranza di vederlo muoversi o la preghiera perchè accada, ma da questo momento nessuno dei due riesce a distogliere lo sguardo dal volto di Orlando. E quando il cielo fuori dalla finestra comincia a schiarirsi, mi rendo conto che ancora non mi sono mossa. Faccio violenza su di me per posare gli occhi altrove; Dom, non so quando nel corso della nottata, ha incrociato le braccia sul letto e ci ha posato sopra la testa, addormentandosi. Mi alzo senza fare il minimo rumore, e dalla spalliera della mia poltrona prendo la prima giacca che mi capita e gliela poso sulle spalle, poi torno a sedermi e ad accarezzare la mano del mio angelo. E' l'unica cosa che sono conscia d'aver fatto per tutte queste ore. Tenergli la mano, e sfiorarla.

Dom si sveglia gemendo e mi volto preoccupata verso di lui. Si allunga stirandosi la schiena con espressione sofferente.
"Dom, stai bene?" domando in fretta. Lui apre gli occhi e mi guarda incerto, poi passa dalla confusione alla dolorosa cosapevolezza. Annuisce.
"Sì... mi ero dimenticato di dove siamo, e stavo chiedendomi perchè ho la schiena a pezzi."
Lancia un'occhiata a Orlando ed il suo viso si contorce in una smorfia amara.
"Vorrei davvero fosse stato un incubo. Accetterei di farne così tutte le notti, pur di rendere questo uno scherzo."
"Lo so" sussurro. Mi alzo con lentezza perchè la testa mi gira, ma dopotutto non ho mai dormito; lui se ne accorge:
"Sembri un fantasma, Luna. Dove vai?"
"A prendere qualcosa per fare colazione. Ieri sera non hai mangiato niente, avrai fame. Cappuccino e brioche?" domando, tentando un sorriso e una grinta che non sento. Lui sorride appena, assumendo un'ombra della consueta espressione scanzonata, riuscendo a rallegrarmi.
"Non fare la superiore, ragazzina: neanche tu hai cenato, e sei stata sveglia tutta la notte. L'ho capito sai, non mi freghi. Ma sì, cappuccino e brioche dovrebbero andare bene" aggiunse sorridendo. Io ricambio in pieno, finalmente capace di farlo, ed esco dalla stanza infilandomi il giaccone. Passando accanto al banco delle informazioni al piano terra, l'infermiera della notte prima mi sorride ed io la imito, ora che ci riesco, poi mi dirigo verso il bar accanto all'ospedale e faccio una vera e propria spesa, affrettandomi il più possibile. Al mio ritorno mi accorgo d'avere il cervello in stand-by. Non sto ancora pensando a niente. Nè sto provando qualcosa.
Sento solo vuoto.
"... quella ragazza là, guardi."
L'ultima frase dell'infermiera mi riscuote e mi volto in tempo per vedere Billy correre verso di me, l'espressione tesa e angosciata.
"Luna!" chiama, prima di abbracciarmi forte e lasciarmi il tempo di procedere al rallentatore ed elaborare la sua presenza.
"Billy..." sussurro, ricambiando la stretta e avvertendo incrinarsi quella effimera capacità di sorridere che avevo riacquistato. Anche io stavo dimenticandomi di dove sono. Del perchè soprattutto. Si stacca e mi fissa in volto con aria ansiosa.
"Dio, Luna, non sembri più tu..." sussurra. Gli si inumidiscono gli occhi e di nuovo mi stringe con forza, cullandomi quasi. Poso il mento sulla sua spalla e respiro piano, perchè se tentassi di farlo profondamente mi spezzerei in singhiozzi.
"Come sta?" domanda appena. Io scuoto il capo.
"Sta solo... lì. Non si sveglia. Non si sveglia, Billy" ripeto, mordendomi le labbra. Lui mi accarezza la schiena.
"Andrà tutto bene, piccola. Andrà tutto bene."
Annuisco appena, e mi separo, cercando di ricordarmi come si fa a sorridere. Lui fa lo stesso e mi segue su per le scale.
"Allora Dom è qui?" chiede.
"Come lo sai?" faccio io vagamente sorpresa, e lui indica il giaccone che indosso. E' di Dom. Ho dato a lui il mio la notte scorsa. Annuisco nuovamente.
"E' con Orlando. Io sono andata a prendere qualcosa da mangiare. Vieni" aggiungo, entrando nella stanza. Sussulto senza prevviso quando lo rivedo steso nel letto, incosciente. Ma mi riprendo abbastanza in fretta da non preoccupare nè Billy nè Dom, che si è alzato per salutare l'amico. Poso sul tavolino vicino al letto la busta di plastica con il cibo, e torno a sedermi.
"Dom, mangia qualcosa e vai a dormire, sei a pezzi. Luna, anche tu, resto io qui..."
Scuoto il capo seccamente, e Dom fa lo stesso.
"Lascia perdere, non lo farà."
Billy annuisce sospirando appena e si siede sulla sedia lasciata libera da Dom, che si appoggia al davanzale della finestra. Mangiamo in silenzio, finchè Billy non esclama:
"Metà mondo già lo sa, e l'altra metà lo saprà stamattina."
Lo guardiamo perplessi, poi attoniti. Lui annuisce, cupo:
"Sono le otto e mezza di mattina, e già da ieri notte la notizia circolava. Le edicole saranno prese d'assalto. Mentre ero in macchina, mi hanno chiamato Viggo ed Elij: lo avevano già saputo. D'altronde per loro è successo di primo pomeriggio, non di sera. Mi sono messo in contatto con l'agente di OB, ha detto che ci avrebbe provato lei ad evitare... ma purtroppo le foto sono foto."
"Che bastardi. Non aspettano che l'occasione di vendere, se ne fregano di tutto e tutti!" esclama rabbioso Dom, stringendo i pugni. Io taccio. Mi riesce difficile ingoiare il boccone. Billy mi guarda preoccupato.
"Sei così pallida, piccola."
"Sto bene."
Che bugiarda. Abbasso il sandwich e torno a guardare Orlando. Dom borbotta:
"Almeno, non sanno dove è stato portato. Anzi... vado a dire ai capisala di tacere, sarà meglio."
Si stira scrollando le spalle e massaggiandosi la fronte: "Non mi reggerò in piedi ancora a lungo."
Io sussurro: "Dom, vai a dormire. Sto bene. Ho da mangiare e da bere. Vai da Sam, così ti dà le chiavi di riserva e puoi andare a casa quando vuoi, invece che in ostello. Orlando sarebbe d'accordo, lo sai. Se c'è qualcosa ti chiamo, promesso."
Mi guarda desolato: "Non mi va di lasciarti sola."
Billy sorride appena: "E io chi sono, uno spettro?".
Dom sorride e mi si avvicina baciandomi sulla testa con delicatezza, poi fa un cenno a Billy ed esce. Silenzio. Bip.
"Mi dispiace che tu abbia..." comincio, ma Billy mi ferma alzando una mano.
"Non pensarci. Cerca di rimetterti in sesto, invece. Più tardi farò il possibile per contattare tutti gli addetti stampa con cui abbiamo buoni rapporti, in modo da limitare questa cosa."
"Grazie. Scommetto che te ne sarà grato."
Mi guarda confuso ed io aggiungo: "Orlando. Quando si sveglierà."
Mi lancia un'occhiata indefinibile, ma annuisce, seriamente.
"Sì. Sì, hai ragione. Si sveglierà."

Trascorrono le ore, una dietro l'altra. Billy, Dom, Sam, Sonia, i loro volti prendono a vorticare intorno a me, unico punto fisso di questo strano universo lugubre.
Quando arrivano e quando se ne vanno, le due donne mi abbracciano; gli uomini invece mi sfiorano le guance o i capelli con un bacio, e si avvicinano o si allontanano, a turno. Io non mi muovo. Io resto qui. Sam mi ha portato una borsa in cui ha raccolto alcuni miei indumenti ed il necessario per cambiarmi e lavarmi. L'ho guardata così intensamente quando me l'ha data, che lei mi ha stretto forte la mano, sorridendo attraverso gli occhi lucidi. Nella stanza c'è un bagno, anche se piccolo. Mi allontano solo per cambiarmi e rinfrescarmi, e poi riprendo posto nella poltrona. In un certo momento, vedendomi tamponare i capelli umidi con un asciugamano, Sonia me lo ha chiesto:
"Tesoro, perchè non vai a casa? Ti riposi un paio d'ore, ti distrai... Puoi prendere la macchina, così non ti riconosce nessuno."
Le foto hanno fatto il giro del web. Ma francamente non mi tange. Io sono chiusa in una bolla di sapone molto fragile.
Ho scosso il capo, declinando la gentile offerta.
"No, signora, ma la ringrazio dell'offerta. Però non posso. Gliel'ho promesso."
Mi ha guardata senza capire, ed io ho aggiunto:
"Gli avevo promesso che sarei rimasta al suo fianco. Che mi sarei presa cura di lui. Non posso fare altro, adesso, che stare qui."
Sam mi ha guardata mordendosi il labbro e stringendomi le spalle, Sonia si è asciugata gli occhi tentando un sorriso, annuendo.
Le ore si trascinano senza ostacoli. Mattino, giorno, sera, notte. Alba, tramonto, stelle. Ma non c'è la luna. Si è nascosta a piangere, anche lei.
Solo l'imbrunire e lo schiarirsi del cielo alla finestra mi fa capire quanto tempo effettivamente passi. Un giorno. Due giorni. Nessun cambiamento. Nessuna novità.
Linda mi manda messaggi su messaggi per sapere come sto, allarmata dal mio stato quasi catatonico quando rispondo alle chiamate che lei e i miei mi fanno. A poco a poco vedo crollare la speranza sui volti di chi mi circonda. Medici, infermiere, amici, famigliari. Solo io mantengo il guizzo che mi fa alzare gli occhi in attesa trepidante, quando si avvicinano al letto per leggere le analisi. Ma la mia fiducia comincia a vacillare, quando scuotono il capo impotenti. In due giorni ho dormito su una poltrona per forse tre ore a notte. E solo a intervalli. Ho paura di perdermi un suo sospiro. Un suo cenno. Di non rispondere, se mi chiama. E di non dargli abbastanza energia e forza vitale.

"Dov'è la stanza di Orlando Bloom?"
"Lei è una famigliare di qualche paziente, Miss?"
"Sono un'amica, una collega... mi dica dov'è, per favore. Lo so che è ricoverato qui, siete l'unico ospedale cui non l'ho chiesto!"
"Spiacente, Miss, non mi è permesso divulgare notizie vere o false su..."
Ho riconosciuto la voce, che ha penetrato il mio stand-by. L'avevo riconosciuta prima ancora che chiedesse della stanza in cui vivo da tre giorni interi. Alzo la testa e mi avvicino.
"Lasci, Mrs Hill. La signorina è un'amica."
L'infermiera anziana con cui ormai sono in confidenza mi sorride comprensiva e annuisce. Io ricambio appena e mi volto a fissare la ragazza dai lunghi capelli bruni e gli occhi castani, che mi rivolge un'occhiata preoccupata. Sposto la busta di plastica dalla destra alla sinistra e le tendo la mano:
"Ciao, Keira. Io mi chiamo Luna."
Strano come in certi frangenti tutto sembri naturale. Chiamare per nome qualcuno che non credevi neppure di poter mai incontrare. Niente battiti, niente entusiasmo. Solo due persone che senza saperlo si conoscono e condividono lo stesso pensiero, la stessa ansia.
Keira infatti mi riconosce, lo vedo dal suo sguardo, e subito mi stringe la mano con calore, l'aria tesa e nervosa:
"Tu sei...?"
"Sì. Vieni. E' al secondo piano."
Non sonono proprio le parole che credevo di poterle rivolgere, un giorno. Ma tutto l'ultimo atto della mia vita non ha niente di verosimile.
Ci avviamo verso l'ascensore e sento dei passi risuonare dietro di noi. Mi volto e noto un ragazzo alto e dalla carnagione chiara, gli occhi blu ed i capelli scuri, che ricambia il mio sguardo, con espressione gentile. Keira esclama, intimidita:
"Perdonami, lui è Rupert. Mi ha accompagnata qui."
"Oh. Sì, è vero: Rupert. Scusami. Sono Luna" faccio io, tendendogli la mano, che lui stringe amichevolmente, trattenendola un poco. Un'amante di Jane Austen che si ritrova davanti Elizabeth Bennet e Mr Wickham. E non riesco a provare niente. Sono uno zombie.
"Non preoccuparti affatto, Luna. Perdonami tu, piuttosto. Vorrei dirti che è un piacere, ma..." diventa serio, chinando lo sguardo. Gli sorrido appena:
"Grazie. Anche per me, comunque sia."
Lui ricambia il mio tentativo con un sorriso dolce, e poi guarda Keira:
"Ti aspetto qui, così evitiamo di dare nell'occhio."
Lei annuisce ed entriamo nell'ascensore. Premo il bottone e prima che le porte si chiudano faccio in tempo a salutare Rupert con la mano, e lui ricambia. Keira mi guarda, avvilita:
"Ti ho riconosciuta dalle foto. Mi dispiace conoscerti così... non starò molto, non voglio infastidirti..."
"No, stai scherzando? Mi fa piacere, invece. Resta quanto vuoi. E sono contenta di vederti. Sono una tua ammiratrice, tra l'altro."
Sorride rasserenandosi, ma l'espressione torna subito tormentata.
"Come sta?"
Mi sforzo di rispondere, ma a lei basta un'occhiata al mio viso. China il suo, impotente:
"E' stato un vero colpo, quando... Non ci credevo. Oh, Dio, io... Mi dispiace, non... tu stai vivendo la situazione con un rapporto ben diverso, ed io qui invado solo un dolore privato."
La guardo e mi sblocco, uscendo dalla catatonia per la prima volta in tre giorni. Questa ragazza non è stata obbligata da nessuno a venire qui. Orlando è suo amico. Lo ha fatto perchè è preoccupata quanto noi.
"Keira... lasciami ricominciare, ti prego, perchè devo chiederti scusa."
Mi guarda confusa, interrogativamente. Io riprendo, frenando il groppo che ho in gola.
"Io conosco il tuo nome, com'è ovvio che sia per una che adora Pride and Prejudice e Atonement. Ho visto ogni tuo singolo film, al cinema o in dvd. Ma non ti ho neppure chiesto se ti va bene farti chiamare con confidenza da una che neanche conosci. E tu invece hai cercato in ogni ospedale di Londra di trovare Orlando e sapere come sta."
Ricaccio indietro lacrime e singhiozzi, non ce la faccio a fissarla perchè temo di scoppiare a piangere.
"Perciò, per favore, fai finta di ignorare la mia maleducazione e le mie frasi sconnesse. La verità è che sono a malapena cosciente di quello che mi accade, ma ho ancora abbastanza lucidità per dirti che no, non devi scusarti di niente, che sì, devi restare finchè vuoi. E no, non invadi nulla di privato, perchè se gli vuoi bene, questo posto è aperto per te quanto per me. E se sei passata da un ospedale all'altro solo per vederlo, vuol dire che gliene vuoi. E a me personalmente non occorre altro."
Le sorrido, tormentando i muscoli del mio viso per farlo:
"Sono davvero, davvero contenta che tu sia venuta. E' solo... che non riesco a dimostrarlo."
Keira mi guarda con gli occhi lucidissimi, e annuisce sorridendomi tristemente, mentre con un braccio mi cinge la schiena e posa l'altra mano sulla mia spalla, con affetto e premura, che posso quasi toccare. Restiamo in silenzio finchè le porte non si aprono; mi avvio verso la stanza seguita dalla ragazza che non smette di sostenermi con il braccio. Devo seriamente avere un'aria spettrale e fragile.
"E' qui" mormoro piano, entrando. Keira si morde il labbro inferiore facendo capolino nella stanza e avanzando di qualche passo. La temperatura è calda, mi tolgo il giaccone e lo poso accanto a quello di Dom, mettendo la busta sul tavolino. Mi volto verso Keira, che con aria smarrita e affranta fissa Orlando dormire. Mi lancia un'occhiata implorante, come se potessi fare qualcosa solo schioccando le dita.
"Siediti pure" le indico la poltrona. In quel momento Dom esce dal bagno asciugandosi il viso. Ha gli occhi rossi e gonfi di stanchezza e lacrime trattenute. Mi sorride tuttavia coraggiosamente, vedendomi, e notando una terza presenza, la scruta prima di riconoscerla, sorpreso.
"Keira, Dominic. Dom, lei è Keira."
I due si stringono la mano sorridendo appena, cordialmente, ed io mi perdo nuovamente nei miei pensieri. Stacco la mente come ho imparato a fare da tre lugubri giorni. Stand-by completo. Ogni tanto qualche frase mi raggiunge, mentre fisso il volto del mio angelo.
"... Sì, la notizia è corsa ovunque. Geoffrey non ci voleva credere. Gli si è affezionato sul set di Ned Kelly, tanto da proporlo lui stesso a Gore per Will Turner..."
"... Anche Viggo e Elij chiamano appena possono, io e Billy fortunatamente siamo qui, ma gli altri non..."
Mi rifugio in un ricordo assolato e fragrante d'ottobre, nel suono del vento tra le foglie, il latrato d'un cane, una voce angelica che mi chiedeva se stavo bene. La sua mano attorno alla mia, i suoi occhi fissi nei miei, quello splendido colore caldo e dolce che di notte ardeva d'amore e passione nell'avermi, sua. Io, totalmente sua...
"... Preoccupati e tremendamente in ansia. Ma i medici, che cosa sanno dire a proposito?"
"Niente. Solo che c'è da sperare che si svegli presto da solo. Più tempo passa, meno... meno..." a Dom si spezza la voce. Il volto di Keira si pietrifica.
"Vorrei poter fare qualcosa. Qualsiasi cosa" sussurra turbata.
Dom annuisce. Io respiro appena: tornare da un viaggio nei ricordi così fiabeschi in un presente così raccapricciante mi ha spezzata. Keira mi si avvicina tendendomi un biglietto rettangolare su cui a mano sono stati scritti dei numeri.
"Luna, questo... questo numero lo hanno solo poche persone, ma vorrei che lo avessi tu. Per... per avvertirmi, sai... se dovessero esserci novità..."
Mormora appena, come se stesse scusandosi di questo gesto che invece è così gentile. Mi guarda con dolcezza e amarezza assieme:
"Se posso fare qualche cosa, esserti di aiuto in ogni modo, per favore, ci tengo a saperlo... perciò ecco, chiamami, anche a qualsiasi ora, va bene? Davvero."
Io prendo il biglietto e le sorrido con tutta la gratitudine che riesco a racimolare, e di nuovo sento un groppo in gola più raschiante, più crudele dell'altro.
"Io... grazie, Keira. Grazie davvero. E da parte mia, ringrazia anche Rupert. Appena si sveglia, dirò a Orlando che sei passata a trovarlo: sarà contento di saperlo."
Dom si volta verso la finestra appoggiando le braccia tese al davanzale, e abbassando il capo per nascondere il viso. Le sue spalle sussultano. Keira mi fissa negli occhi, finchè le lacrime che li colmano non cominciano a rigarle il viso chiaro. Mi abbraccia forte, più forte, e mi tiene stretta a lungo, singhiozzando silenziosamente.
E in quel momento mi ricordo che anche lei è una ragazza come me. Semplice, tranquilla, non è diversa da Leah e Cynthia.
Che proprio come me è innamorata. E che soffre anche per me, oltre che per il suo amico, disteso incosciente su quel letto, perchè comprende fino in fondo il mio abisso di dolore. Mi lascio andare poco a poco, e sento gocce calde scivolarmi lungo il viso freddo. Tre giorni. Sono trascorsi tre giorni. 72 ore di silenzio. Ed ogni ora che passa trascina il mio amore via con sè. E con esso, la mia vita, a frammenti e schegge infrante.







Eccomi qui.
Sì, praticamente posto i capitoli peggiori tutti di fila, così fanno meno male.
Non è vero. Mi sbranerei per ciò che ho scritto.
Mi detesto. Perchè stavolta vi ho colpite in modo diverso, e mi dispiace tantissimo.
Ma abbiate fede...
< scorre la listona >
Cecy: bentornataaaa!!! Che gioia sentirti su msn, finalmente!!! E che bello rileggerti!!! Non vedevo l'ora, giuro. Carissima bimba. Ti sei letta 16 capitoli di fila impiegando sette ore preziose del tuo tempo. Penso che non potrei mai ringraziarti abbastanza. No, penso che neppure potrei anche solo provare a credere di farlo. E' semplicemente troppo. Io... grazie. Grazie di cuore.
Mihi: tu hai un sacco di talento, gioia mia. Ma tanto proprio. Non ne hai un'idea. Solo che non ne sei convinta. Ma in assoluto non penso proprio di poterti insegnare qualcosa. E grazie, grazie, mille volte grazie dei complimenti, di essere sempre pronta a leggere e elogiare la mia storia. ç.ç Sono commossa, ma già lo sai. T'attendo a Londra, ma anche questo già lo sai. Prenotiamo un bus tutto per noi XD Grazie, grazie davvero. Mi ripeto, sono noiossima XD
Sarè: conta che mi sono sentita in colpa due ore di fila sapendolo. Per questo corro a postare, così avvicino la fine e tu ti rassereni. Piccola fantastica Sarè. Sempre pronta a sostenermi e incoraggiarmi, sempre lì, sempre attenta. Oh, fammi sapere se ti serve Sidi, domani. O se ti servo io: sono una bestia molto più cattiva XD
Lety: *.* *.* sono... commossa... all'infinito. No, di più. Carissima. Tu mi apri il cuore con queste parole. Certo, certo che puoi farlo... anzi, io sono onoratissima del pensiero, ma davvero, non so esprimermi... sono completamente muta. Grazie. Grazie di cuore, tesoro. Di tutto quanto.
Chiara: ehilà bimba!!! L'avevo promesso, perdonami se è giunto tardi! Problemi al pc <.< Farò il possibile per l'happy ending, I swear. Grazie di ogni singola cosa, a partire dalle mail per finire alle chattate su msn! Grazie!!!
Stelly: Oddio, ma ho causato una strage con questi due capitoli ç.ç Non posso far piangere le mie bimbe così. Mi sento un ammasso di perfidia. Carissima, scusami per le lacrime, e grazie, grazie infinite di tutto quanto, soprattutto di avercele versate. Ogni lacrima vale una gemma, tesoro. Grazie di avermela donata.
Bebe: faccio il possibile cara!!! Ma anche la fanfic attraversa la convalescenza. Però oggi son stata brava, dopotutto, tre capitoli in 24 ore vanno bene, no? No? Di più? Ok: domattina ne posto un altro. Più bello. Più buono. Promesso. Grazie, cara, grazie sul serio.
Elena: accetto la stecca di cioccolata alla faccia dei chili!!! Lancia lancia, la afferro! Grazie, grazie cara! *.*
Claudia: tesoro, ma grazie a te di essertela scorsa tutta così! O.o Grazie, grazie davvero, è importante per me, non sai quanto! Giuro! Sono felicissima che ti piaccia, seriamente, sono contenta e onorata ed esultante!!! Grazie infinite!!! *.* Me commossa!
Krisma: ricambio abbraccio e bacio, mandandotene a sacchi pieni, e ringrazio infinitamente di tutti i complimenti, carissima! Sono veramente colpita e contenta, nonché euforica, per il fatto che ti piaccia! *.* Grazie!!!!!!!!!
Jenny: Ci sono i fotografi, ci sono, sono sempre in giro a fotografare invece di aiutare la gente, paparazzi infami XD Grazie del commento! ^.^

La verità è che senza di voi non esisterebbe niente di quello che scrivo, come ho detto a Cecy oggi.
Francamente se vi do qualcosa è perchè voi mi restituite il triplo senza nemmeno saperlo.
Avessi una sacrosanta bacchetta magica...
Un bacione assonnatissimo e onorato all'ennesima potenza, tesori miei.
GRAZIE.
  
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