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Autore: Hi Ban    16/08/2013    1 recensioni
«Sei stato tu?» chiese ad un tratto Shisui, voltandosi repentinamente verso di Hidan.
Stava diventando paranoico per qualcosa che sentiva solo lui.
Paranoico e insopportabile.
Hidan si disse che prima lo sbatteva fuori di lì meglio era.
«A staccarti la testa con la gamba del tavolo? Non ancora» rispose riprendendo il libro in mano e sfogliandolo a caso. Per colpa del deficiente aveva anche perso il segno.
No, la verità era che non aveva mai avuto un segno perché non aveva mai cominciato a leggerlo, ma dare la colpa a lui gratificava il suo animo dilaniato dalla sua presenza.
«No, a fare quel rumore!» specificò quasi infastidito dalla mancanza di serietà dello Hie.
Parlava lui, proprio.
Spense addirittura il gioco sul cellulare su cui stava disputando chissà quale partita improrogabile, il che fece comprendere a Hidan che era davvero serio. Riguardo a cosa non lo sapeva, ma per lui era importante.
Meglio precisare. Per Shisui lo era, per il resto del mondo continuava ad essere una stupidaggine senza senso, ma il punto di vista dell’Uchiha e quello dell’umanità sana di mente non collimavano nemmeno sulla scelta delle mutande da indossare la mattina.
Genere: Comico, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hidan, Shisui Uchiha, Suigetsu
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Piove anche sotto l'ombrello se Shisui non lo apre'
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How they met the granny’s nephew






Hidan iniziò a capire che c’era qualcosa che non andava nella sua misera esistenza quando cominciò a chiedersi se fosse l’appartamento ad essere sfortunato o fosse la presenza di Shisui a renderlo tale.
Era ovvio che era tutta colpa solo dell’Uchiha, ma perfino allo Hie risultava impossibile credere che soltanto la sua esistenza potesse essere, per lui, un’inesauribile fonte di disgrazie.
C’era da dire, però, che Shisui adorava in particolar modo distruggere i momenti di rarissima quiete che si ottenevano sotto quel tetto, impossibile comprendere se lo facesse consapevolmente o meno. Lo Hie non riusciva a capacitarsene e, ogni volta, come da copione, si chiedeva come potesse essere così deficiente.
In una normalissima domenica pomeriggio a caso come quella, quando Hidan aveva deciso di far finta di studiare per l’imminente esame, Shisui era riuscito a trovare qualcosa di idiota per rovinargli l’esistenza.
Era in momenti come quello che Hidan capiva che l’Uchiha era venuto al mondo solo per far agire il suo karma. In una vita precedente, probabilmente, aveva raso al suolo un villaggio. Più di una volta. Cos’altro poteva aver fatto, altrimenti, per meritarsi un ragazzo del genere nella sua vita?
O forse si era finto un maestro per non doversi inchinare all’imperatore ed era stato scoperto. Qualcosa del genere. E comunque Dio lo odiava, a prescindere da quello che aveva fatto in vite precedenti a caso.
«Hai sentito?» chiese ad un tratto la fonte ambulante di demenza, di colpo.
Hidan contò fino a dieci, sperando che ciò potesse aiutarlo a calmarsi e, eventualmente, impedirgli di tirargli una scarpa in mezzo agli occhi.
Uno, due…
«Hai sentito o no?» chiese di nuovo Shisui, rivolto ad Hidan, ignorando il fatto che il ragazzo avesse gli occhi chiusi e avesse un tic anomalo al sopracciglio.
A sua discolpa si poteva dire che era seduto al tavolo, mentre Hidan era sul divano, perciò gli dava le spalle e non poteva vedere l’espressione omicida che si stava delineando sul volto dello Hie.
Probabilmente, comunque, anche in quel caso non vi avrebbe dato molta importanza.
Hidan si disse che ignorarlo sarebbe stata la cosa migliore.
Tre, quattro, cinq-
«No, ma io ho sentito qualcosa» disse ancora l’Uchiha, che questa volta era diventato più serio; la mancata risposta di Hidan non lo aveva frenato dal lasciare la sua scemenza a briglia sciolta e ora aveva anche abbassato il tono, facendo cenno ad un ipotetico pubblico di tacere.
Manie di grandezza.
Hidan espirò con forza e chiuse il libro che stava tentando inutilmente di leggere – l’Uchiha non era certo una persona che rispettava i desideri altrui, se si era intenzionati a fare qualcosa era meglio farla lontano da lui.
No, lo avrebbe ignorato, non gli avrebbe dato corda. Si sarebbe stancato da solo, prima o poi, di infastidire chiunque avesse avuto la sfortuna di stargli di fianco.
In un flash Hidan si rese conto, però, che quando era sulla metro l’Uchiha non rompeva le scatole a chi gli era vicino, ma decise di non indagare oltre sui dettagli di quella che chiaramente era una vendetta divina.
Sei, sette…
Shisui saltò quasi sulla sedia su cui era seduto e prese a guardarsi intorno come se da un momento all’altro sarebbe potuto comparire un cinghiale di discrete dimensioni.
«Hai sentito, Hie?!» sibilò concitatamente, voltandosi finalmente verso di lui. Le due espressioni a confronto erano particolarmente contrastanti.
Hidan aveva lo sguardo di chi era pronto a girare il collo ai polli a mani nude in qualsiasi momento, mentre Shisui era all’erta, teso.
«Perché non mi rispondi? È una cosa seria!» si lamentò l’Uchiha, notando che il ragazzo non era intenzionato a fare altro se non a regalargli il suo peggior sguardo irritato.
Otto-nove-dieci.
Contare non era servito a niente, ovviamente.
«È impossibile sentire qualcosa con tutto il rumore che fai!» sbottò Hidan lanciando il libro sul tavolino davanti a lui, ma la sua irritazione non venne colta dall’altro ragazzo.
«Ssssh!» venne infatti prontamente zittito, cosa che mandò la sua pazienza – o quel che ne era rimasto – completamente a farsi benedire.
«Uchiha» ringhiò Hidan socchiudendo gli occhi con fare minaccioso.
Shisui non parve cogliere minimamente.
«Oh, oh, di nuovo!» disse, alzandosi in piedi e guardandosi intorno. A Hidan quella scena ricordò vagamente quelle di quei film apocalittici in cui il protagonista sfigato di turno cercava ovunque il cataclisma del secolo che avrebbe raso al suolo mezzo mondo quando in realtà era in bella vista. Tsunami o meteoriti, a seconda del tema del film ovviamente.
L’aveva sempre detto lui che doveva fare il regista o lo sceneggiatore di drama.
«Di nuovo cosa?» chiese Hidan rassegnato e scocciato; aveva messo da parte l’irritazione, con l’Uchiha era inutile. Ormai la rabbia era più che altro un riflesso incondizionato che nasceva quando il ragazzo era nelle vicinanze.
«Sono venti minuti che ti chiedo se hai sentito qualcosa e mi chiedi cosa?» borbottò di rimando l’Uchiha, scuotendo la testa.
L’unica cosa a cui pensò Hidan fu che se l’avesse scossa di nuovo l’avrebbe tagliata di netto con la gamba del tavolo e non era nemmeno intenzionato a chiedersi come esattamente. Era l’istinto omicida che contava.
Si limitò a qualche insulto sottovoce, perché meno dava corda a quell’ameba, meno rischiava l’esaurimento nervoso a causa delle idiozie che sparava anche con una certa convinzione.
«Sei stato tu?» chiese ad un tratto Shisui, voltandosi repentinamente verso di Hidan.
Stava diventando paranoico per qualcosa che sentiva solo lui.
Paranoico e insopportabile.
Hidan si disse che prima lo sbatteva fuori di lì meglio era.
«A staccarti la testa con la gamba del tavolo? Non ancora» rispose riprendendo il libro in mano e sfogliandolo a caso. Per colpa del deficiente aveva anche perso il segno.
No, la verità era che non aveva mai avuto un segno perché non aveva mai cominciato a leggerlo, ma dare la colpa a lui gratificava il suo animo dilaniato dalla sua presenza.
«No, a fare quel rumore!» specificò quasi infastidito dalla mancanza di serietà dello Hie.
Parlava lui, proprio.
Spense addirittura il gioco sul cellulare su cui stava disputando chissà quale partita improrogabile, il che fece comprendere a Hidan che era davvero serio. Riguardo a cosa non lo sapeva, ma per lui era importante.
Meglio precisare. Per Shisui lo era, per il resto del mondo continuava ad essere una stupidaggine senza senso, ma il punto di vista dell’Uchiha e quello dell’umanità sana di mente non collimavano nemmeno sulla scelta delle mutande da indossare la mattina.
«Questo, questo!» biascicò ad un tratto, indicando punti a caso perché non sapeva da dove provenisse il fantomatico rumore per cui, dal suo sacro punto di vista, il mondo si sarebbe dovuto fermare per comprendere meglio.
Fortunatamente né la Terra girava intorno a Shisui né lui girava attorno alla Terra.
«Sei stato tu o no?» gli mise fretta l’Uchiha, che evidentemente necessitava di una risposta. Hidan dubitava seriamente che una volta ottenuta avrebbe chiuso quella fogna a cielo aperto che aveva al posto della bocca, ma era sempre meglio tentare.
«Non ho fatto niente, Uchiha» borbottò, ma dallo sguardo di Shisui lo Hie comprese che quella non era la risposta che si aspettava, il che voleva dire che aveva altro da dire per disturbarlo. Non sarebbe stata una giornata tranquilla come del resto non ne vedeva da secoli, perciò tanto valeva abbandonare una volta per tutte il libro che non sarebbe riuscito comunque a leggere.
«Allora c’è qualcosa» convenne sbrigativamente Shisui come se non ci fosse altra risposta plausibile – a cosa Hidan non lo aveva ancora capito, comunque –, per poi avvicinarsi allo Hie, non smettendo per un attimo di guardarsi intorno.
«Il tuo cervello sicuramente no» disse Hidan, osservando lo strano comportamento di Shisui. Sua madre non gli aveva insegnato a comportarsi come le persone normali? All’asilo cosa faceva mentre gli altri bambini ascoltavano le maestre, prendeva a testate il banco? Quello in effetti poteva spiegare perché in quel momento continuasse ad appropinquarsi ad Hidan nemmeno troppo discretamente, guardandosi intorno come se da un momento all’altro potesse crollargli il soffitto in testa.
«Cosa-» sbottò Hidan quando Shisui gli afferrò un braccio.
«C’è qualcuno, Hie» biascicò l’Uchiha senza guardarlo e indicando due o tre punti, giusto per rendere chiara l’ubicazione di quel fantomatico ‘qualcuno’.
Hidan sbuffò, alzando gli occhi al cielo nel tentativo di liberarsi dalla tentazione di alzare l’Uchiha di peso e buttarlo dalla finestra. Non per qualcosa, ma voleva laurearsi prima di finire in galera, niente di personale.
«O qualcosa. No, qualcuno» continuò a borbottare da solo, guardandosi intorno.
«Io non sento niente» sbottò Hidan, che effettivamente non aveva sentito nulla. In un certo senso sperava di essere solo lui o sarebbe stato ancora più grave dover sopportare l’Uchiha se fosse divenuto anche visionario.
«Perché continui a parlare!» lo rimproverò Shisui e lo Hie rimase a dir poco scandalizzato.
Lo aveva… sgridato? L’idiota aveva sgridato lui dicendogli di stare zitto?
In effetti Hidan ammutolì, scandalizzato dall’uscita dell’Uchiha.
Gli aveva detto di stare zitto…
Mentre Hidan boccheggiava oltraggiato – cos’ tanto da non riuscire nemmeno a dare corda al suo istinto omicida –, ammutolito com’era, ebbe finalmente modo anche lui di sentire lo strano rumore che continuava a citare l’ameba.
«Sentito?! Eh? Eheheheheh?» cominciò a chiedere senza sosta Shisui strattonandogli il braccio, per poi appendersi alla spalla e se Hidan non gli avesse risposto in fretta gli avrebbe rotto il collo.
«Sì, l’ho sentito- e ora staccati, imbecille!» gli urlò dietro, spingendolo di lato.
Peccato Shisui fosse un po’ come la colla. Quella super adesiva.
Era ancora attaccato.
Non era stato un rumore così preoccupante, comunque. Qualcosa che sbatteva, probabilmente.
«E vedi? C’è qualcosa. Qualcuno. Qual… mh, non posso nemmeno fondere le parole per formarne una, verrebbe qualcosa di brutto come cosacuno e non esprime bene-»
«Chi è che doveva tacere?» ringhiò letteralmente Hidan, piazzando a due centimetri dalla faccia di Shisui il suo volto con la peggiore espressione indemoniata che l’assillante situazione gli fece mettere su.
Shisui lo stacco dal suo braccio per prendergli il volto tra le mani e restituirgli uno sguardo molto serio.
Hidan rimase sorpreso da quel repentino cambio d’atteggiamento e alzò un sopracciglio, senza comprendere.
L’Uchiha si fece più vicino. Non sbatteva nemmeno le palpebre, lo Hie da qualche parte nella sua mente si chiese anche se si fosse dimenticato di respirare.
Più che altro, quell’espressione così seria, così poco da Shisui… «Hie» disse l’Uchiha ed era davvero vicino, constato Hidan. Sempre da qualche parte nel suo cervello si chiese perché non gli avesse ancora mollato un cazzotto sul naso, ma non vi diede retta.
E fece molto male. Malissimo.
Senza preavviso, infatti, Shisui ci avvicinò ancora di più e gli stampo un bacio sul naso, scoppiando a ridere.
Hidan era esterrefatto, scandalizzato e sul ‘ti uccido squartandoti’ andante. Non esattamente felice, per intenderci. L’Uchiha, dal canto suo, non era certo noto per la sua bravura nel sapere leggere le atmosfere.
«Tranquillo Hidapi, se hai paura di quel che c’è che fa rumore ti difendo io!» commentò con un sorriso a trentadue denti e Hidan provò l’interessante istinto di fargliene saltare almeno trenta con un colpo solo. Aveva abbastanza modestia da non mirare a farglieli cadere tutti insieme. Non era mica così bravo. Beh, però, forse con la rabbia come fattore stimolante si poteva parlare di trentuno.
Si trattenne per un motivo ai più sconosciuto. O forse perché il bacio sul naso non gli era proprio dispiaciuto, ma non lo avrebbe ammesso per mantenere integra la sua dignità.
Ammesso e non concesso che gliene fosse rimasta, da quando viveva con quel fesso. Beh, a prescindere non sarebbe diventato uno di quei tipi tutti lovey-dovey raccapriccianti.
«Uchiha!» ringhiò con la rabbia che traspirava da ogni poro, afferrandolo per le spalle.
L’idea seguente sarebbe potuta essere di sbatterlo ripetutamente contro il muro fino a farlo diventare parte della parete, ma l’Uchiha fu più veloce dei suoi istinti omicidi e gli afferrò di nuovo il volto.
«Vuoi un altro bacino, Hie? Bastava dirl- aaah!» l’Uchiha non terminò la frase e tutto ciò che avvenne dopo accadde in maniera piuttosto veloce, perché Hidan in un attimo, dopo l’urlo di Shisui, se lo ritrovò in braccio, le braccia strette attorno al collo come il peggiore dei boa constrictor.
«L’hai sentito? L’hai sentito?!» chiese come se la sua vita dipendesse da quanto riusciva ad urlare per chiederglielo.
«Non sono sordo! Sì, l’ho sentito, viene da-» non ebbe tempo di trarre le sue conclusioni su quanto udito perché questa volta sentirono qualcosa di un po’ più forte, qualcosa che strisciava, e Shisui si strinse ancora di più al suo collo.
Lo Hie tossì qualche volta, tentando di farlo staccare, ma l’Uchiha era come un peso morto su di lui, perciò non tenendolo più per i fianchi si aggrappò letteralmente al suo collo e per poco non caddero entrambi.
«Cazzo, mi stai- il collo- Uchiha!» biascicò con quel poco di fiato che gli era rimasto e l’Uchiha parve comprendere che ucciderlo non era poi così conveniente.
«Ah, oh, scusa, scusa» borbottò velocemente.
Ovviamente non si stacco da lui né ritornò sui suoi piedi, il massimo che fece fu staccare la faccia dalla spalla di Hidan, allentare un po’ la presa sul collo – di cui, evidentemente, Hidan necessitava abbastanza – e avvolgergli le gambe attorno.
Era tipo un koala e Hidan era il tronco. Romantico.
Pesante. «Pesi, cazzo di imbecille, staccati prima che decida di staccare la testa a te!» sbottò Hidan, l’esasperazione fatta persona.
Come poteva davvero esistere un ventenne del genere nel mondo? Perché non l’avevano soppresso alla nascita? Da qualche parte doveva avere sul corpo una specie di marchio, qualcosa che confermasse la sua natura inumana.
«Non peso tanto, eh. Meno di te» commentò, guardandolo con una certa sincerità e innocenza. Gli stava dicendo che era più magro di lui mentre gli stava appeso al collo come la peggiore delle cozze al più sfortunato degli scogli.
Quella non era una situazione normale.
«Sono più alto» sibilò Hidan, provando a salvare il suo povero orgoglio calpestato da quell’idiota.
«Un centimetro, due, tre se propr- oh cazzo» terminò saggiamente Shisui tornando a stritolare Hidan.
Il qualcosa aveva fatto di nuovo rumore.
«Ma tu non eri quello che doveva difendermi?» borbottò Hidan, benché non riuscisse a trattenere il ghigno si stava dipingendo sulle sue labbra.
«Era per non farti preoccupare, mh» commentò e Hidan trovò leggermente allucinante la capacità dell’Uchiha di passare dal terrorizzato al condiscendente come se nulla fosse.
Bipolare. Bipolare e idiota.
Il che voleva dire che poteva svegliarsi una notte a caso e decidere di ucciderlo.
Hidan fu percorso da un lungo brivido lungo la schiena e scosse la testa. Così non andava proprio.
«Scendi» gli intimò con poca grazia, per poi staccarlo di peso.
Shisui non parve apprezzare, infatti iniziò a lamentarsi, ma non ebbe tempo di dire molto, visto che l’ennesimo rumore lo interruppe.
L’Uchiha fece per arrampicarsi di nuovo sullo Hie, ma quest’ultimo gli schiaffò una mano sulla fronte e lo tenne a debita distanza.
«È un rumore, non ti uccide, smetti di fare il cretino» lo zittì Hidan, sbuffando infastidito dalle proteste dell’idiota.
«Cos’è secondo te?» chiese Shisui, avvicinandosi sempre di più ad Hidan, tanto che tra un po’ gli sarebbe salito sui piedi. Si stava guardando intorno con fare circospetto e lo Hie provò tristezza per le sue scarse capacità mentali. E uditive.
«Dove lo stai cercando il rumore, imbecille? È sopra» e così dicendo indicò con un dito il soffitto.
Shisui guardò prima Hidan, poi il dito e poi il soffitto che stava indicando. Lo fece una seconda volta poi annuì.
Poi spalancò gli occhi, scandalizzato, esattamente come se gli avessero appena detto che…
«Dici che ci sta per cadere in testa?! Ci schiaccia, crepiamo!»
E se Shisui lo avesse fatto da solo, quella prospettiva non era nemmeno poi così tetra per Hidan, che aspettava quel lieto evento praticamente ogni giorno, come la consegna del latte e del giornale.
Quelli arrivavano puntuali, la dipartita di Shisui era in ritardo da quasi un anno.
«Non ci sta cadendo in testa» razza di deficiente, ti sembra che andavo ad abitare in una baracca che non stava nemmeno in piedi?!
«In fondo sei venuto qui perché non avevi soldi nemmeno per la carta igienica e l’affitto è basso» commentò sovrappensiero Shisui, smentendo velocemente le proteste mentali di Hidan, che rimase leggermente interdetto dalla cosa.
In realtà aveva anche la bocca spalancata incredulamente, ma la richiuse in tempo. Era perfettamente serrata istericamente quando Shisui smise di osservare il soffitto, come se avesse potuto leggervi le risposte per salvare il mondo.
«Magari la puzza di ginseng ha corroso le pareti e ora-»
«Ha corroso anche il tuo cervello del cazzo, ammesso e non concesso che ce ne sia mai stato uno» ringhiò Hidan, allontanandolo con uno spintone.
Già non voleva averlo troppo vicino di norma, quando sparava fesserie la cosa era completamente insopportabile.
Quando, per l’ennesima volta, il rumore si fece sentire – e Hidan per un attimo temette davvero che qualcosa potesse crollargli in testa –, lo Hie decise che veicolare la sua rabbia su di esso fosse la cosa più logica da fare.
«Si può sapere che diavolo stanno facendo lassù? Non ho proprio voglia di andare a spaccare qualche culo» sbottò, puntando un dito contro il soffitto e sbattendo un piede per terra.
No, in verità era tutto ciò che chiedeva.
Shisui repentinamente gli afferrò il braccio e prese a scuotere la testa, borbottando una sequela incomprensibile di “no, no, no, no”.
«No!» gridò alla fine, più comprensibilmente.
Hidan inarcò un sopracciglio e piegò di lato la testa.
Shisui la piegò dal lato opposto, osservandolo e, per un attimo, la sua espressione preoccupata lasciò posto a quella intenerita – era adorabile.
Poi si ricompose.
«No, Hie!»
«No, no, no» lo scimmiottò esasperatamente «no cosa?» chiese, infastidito che gli volesse negare anche quel bel passatempo che capitava proprio con un perfect timing.
Shisui, anche lui, era sullo psicopatico andante come Hidan, ma lui lo era perché era spaventato. O almeno era quello che sembrava ad Hidan. Di cosa e perché proprio non riusciva ad immaginarselo.
Shisui lo afferrò per le spalle e scosse la testa.
«No» ripeté soltanto.
Hidan storse la bocca in una smorfia poco convinta: «No?»
«No!» urlò oltraggiato l’Uchiha, spalancando gli occhi e fissandolo come se avesse appena detto una di quelle orribili eresie che non andavano nemmeno lette.
«No che cosa?!» sbraito lo Hie, ormai fuori di sé. Non poteva comunicare come le persone normali l’altro idiota? Cos’era, la fiera del no?
«Non puoi spaccargli il culo» gli proibì categoricamente Shisui, scuotendo anche la testa per dare più enfasi.
Era di una serietà allucinante, ma Hidan non si lasciò ingannare dopo il primo momento di sorpresa per il suo atteggiamento, così poco da lui.
Anche prima, quando aveva iniziato a sentire il rumore si era dimostrato estremamente serio, ma il fatto che Shisui lo fosse non voleva dire che la situazione lo richiedesse davvero.
Un mattino era anche diventato anche molto riflessivo perché il tostapane si era rifiutato di far uscire il suo pane, aveva iniziato anche a parlarci, chiedendogli se volesse tornare nel negozio in cui lo aveva comprato.
«E perché non potrei? Per una volta che voglio picchiare qualcuno che non sei tu dovresti essere contento» commentò con un ghigno Hidan, in una maniera che ispirava ben poca fiducia.
«Tu non puoi, non ci puoi riuscire» disse in maniera criptica l’Uchiha, avvicinandosi sempre di più ad Hidan e abbassando il tono di voce.
«Sapevo fossi deficiente, ma non pensavo fosse una cosa così degenerativa» commentò Hidan, allontanandosi leggermente per poter vedere meglio la faccia da invasato che aveva messo su. Quanto gli mancavano le giornate noiose e vuote prima dell’arrivo di Shisui. Erano così… normali.
«Tu non hai capito, Hie!» sbottò Shisui, lasciando da parte la serietà per usare quel tono lamentoso da bambino piccolo che gli si addiceva decisamente di più. Idiota era, idiota sarebbe rimasto per il resto dei suoi giorni.
«Tu hai capito ancora meno di me» ringhiò Hidan, mentre l’Uchiha scuoteva la testa.
«Tu non puoi, Hie, perché non è… umano» l’ultima parola Shisui praticamente non la disse, mosse solo le labbra e Hidan azzardò potesse aver detto ‘umano’. C’erano anche buone possibilità che avesse detto ‘pagano’, ‘divano’ o ‘asciugamano’. Con queste ultime tre, però, la frase aveva ancora meno senso che con ‘umano’.
«Che cazzo vuol dire che non è umano? Tu non lo sei, sei troppo deficiente per esserlo!» gli fece presente irritatamente.
«È un fantasma! Uno spirito! Un… un… boh, un- ohmmioddio è un onryō!*» Shisui spalancò gli occhi come se gli avessero appena detto che il mondo finiva il giorno seguente e strinse con più forza le spalle di Hidan.
Quest’ultimo fece per dire qualcosa, tipo insultarlo e cose del genere, ma l’Uchiha non era dello stesso avviso.
La gente normale, appena sentiva rumori, in genere pensava fossero ladri o malintenzionati, perché il deficiente lì presente doveva subito arrivare a conclusioni così dannatamente sconclusionate?
«Cos’hai fatto, Hie? Eh? È per questo che l’appartamento puzza di ginseng?» Cosa centrava? Shisui si fece sempre più vicino e per un attimo Hidan ne fu quasi inquietato. Era completamente fuori di testa. «L’hai tradito? Ah! L’hai ucciso strozzandolo con il tè al ginseng e ora è tornato per vendicarsi! No, aspetta, è perché ora stai con me e il fantasma pensa che l’hai dimenticato! Prima ucciderà te e poi me, o il contrario, forse insieme, perché diavolo l’hai tradito?!»
Lo Hie ci mise un attimo a rispondere, anche se era difficile da ammettere quella reazione da parte di Shisui un po’ lo aveva lasciato perplesso. Ok, era stupido forte, ma quando esagerava lo faceva in maniera parecchio vistosa.
«Rispondimi Hie! Dimmi-» strepitò l’Uchiha, che era chiaramente in cerca di risposte.
«Ma tu dormi abbastanza di notte?» fu l’unica che volle chiedergli Hidan, calmo come non mai e per nulla turbato dalla spiegazione che l’Uchiha aveva dato del rumore.
«Cos- ah, sì, il mio metabolismo richiede otto ore e ventinove minuti, mi sveglio automaticamente quand- non cambiare discorso, Hie!» gridò di nuovo l’Uchiha, scuotendolo per le spalle con enfasi.
Quella persona andava rinchiusa da qualche parte il prima possibile, ogni giorno che passava una parte di quel poco di intelligenza che gli era rimasta spariva senza lasciare traccia. Sempre più stupido ogni giorno che passava, Hidan non era del tutto certo di poterlo sopportare a lungo.
Mentre Shisui riprendere a muovere mani e braccia come se la sua vita dipendesse da quanta aria spostava nella stanza, lo Hie sbuffò e decise di tagliar corto con quella scemenza.
«Io non ho tradito nessuno, nessuno è morto, non ci sono fantas-» le intenzioni di Hidan erano del tutto buone, nulla in contrario, ma che Shisui vi volesse dare ascolto era tutta un’altra storia.
Con uno scatto repentino, l’Uchiha si portò ad un palmo dal viso di Hidan e socchiuse gli occhi, con fare cospiratorio.
«C’è qualcuno… in soffitta!» soffiò con serietà, annuendo da solo e facendo cenni piuttosto espliciti con le sopracciglia, come a volergli dire ‘sì, hai capito proprio bene’.
Anche Hidan mosse un sopracciglio, ma quella probabilmente era un tic nervoso dovuto alla disperazione dato dal non poter prendere quella testa di cazzo e appiattirla contro una qualsiasi superficie a portata di mano.
Era così noioso che probabilmente sarebbe tornato davvero in forma di fantasma per allietargli le giornate e se era insopportabile come persona, non c’era speranza di poterlo sopportare come spirito vagante tra i vivi.
Lo Hie si avvicinò ancora di più al viso di Shisui e gli sorrise. No, non sorrise, gli ghignò in faccia con una cattiveria ed un’isteria che l’Uchiha trovò inquietanti.
«No, Uchiha» cominciò con un certo tono leggermente melenso che lo rendeva poco rassicurante. Poi, in tono completamente irato, aggiunse urlando: «Non c’è un cazzo di nessuno in soffitta perché noi non abbiamo una cazzo di soffitta, chiaro?!» chiese anche, poggiando poco delicatamente la mano sul volto del coinquilino e spostandola di lato con forza.
«Troppi ‘cazzo’, capivo anche senza» commentò angelicamente Shisui, prima di fargli la linguaccia, con il chiaro intento di mostrarsi offeso per il pessimo comportamento.
Ah, che buzzurro quello Hie.
«Ah. Non abbiamo una soffitta?» si informò l’attimo seguente, dopo qualche attimo passato ad osservare il soffitto. «No» ringhiò Hidan, gli occhi spalancati anormalmente e una gran voglia di far entrare Shisui di testa nel soffitto per fargli vedere coni suoi occhi cosa c’era al piano di sopra.
«Ah. Ah, ah, ah, va bene, allora niente fantasma» disse come se nulla fosse, dandogli le spalle e prendendo ad osservare il soffitto con l’aria di chi la sapeva lunga.
Quel ragazzo andava oltre la bipolarità. Era completamente pazzo, fuori di testa, un pericolo per la società e chiunque gli stesse vicino, comprese le piante e gli oggetti inanimati.
Anche per se stesso, convenne Hidan, perciò doveva difendersi e liberarsene. Con un gesto fulmineo fece per dargli una gran bella botta in testa, ma l’Uchiha si voltò troppo in fretta per permettergli di portare a termine il suo piano. Abbasso la mano con nonchalance.
«Non sei contento? Niente fantasmi!» dichiarò allegramente, sorridendogli con una certa allegria.
«Che cazzo di logica è ‘niente soffitta, niente fantasmi’?» sbottò Hidan in risposta, mentre Shisui scoppiava a ridere. «I fantasmi stanno in soffitta, dai, è-»
«Un cliché idiota» completò Hidan per lui e l’Uchiha storse la bocca in una smorfia.
Poi tornò a fissare il soffitto. «Beh, se non c’è una soffitta vuol dire che c’è un altro appartamento, perciò…» detto ciò si diresse nell’altra stanza e prese la scopa.
Sorridente, come se avesse appena scoperto il modo per salvare il mondo, la spinse verso l’alto, intenzionato a battere contro il soffitto.
«Cosa» fu la sola cosa che disse Hidan e non era nemmeno una domanda, segno che era completamente sfinito psicologicamente.
«Beh, vediamo se-» risponde, Hidan ipotizzò potesse essere quello il modo in cui voleva terminare la frase, ma prima di poter finire un rumore al piano di sopra piuttosto forte lo anticipò e l’Uchiha lasciò cadere la scopa dopo aver fatto un balzo indietro, spaventato.
Il manico della scopa cadde proprio sulla testa di Hidan, che si trovava dietro Shisui, e gli fece anche piuttosto male.
«Ma sei idiota?!» sbottò Hidan, massaggiandosi la parte dolorante.
«Ah, scusa Hidapi, mi sono spaventato!» commentò l’Uchiha, adocchiando di tanto in tanto il soffitto.
«Tu hai deciso che non è un fottuto fantasma, perché ti sei spaventato?» lo rimproverò Hidan seccato, mentre dava un calcio alla scopa per allontanarla da lui, prima che divenisse fonte di qualche altro incidente.
«Va beh, è stato improvviso! Poi ti sei spaventato anche tu, hai dato un salt-»
«Perché mi è finita la scopa in testa, deficiente!»
Shisui borbottò qualcosa di incomprensibile. Poi un altro rumore di qualcosa che strisciava sul pavimento lo fece sobbalzare di nuovo e quella volta fece che saltare nuovamente addosso ad Hidan, per la gioia di quest’ultimo.
«Staccati. Immediatamente» gli intimò lo Hie, lanciandogli il suo peggior sguardo infastidito. L’Uchiha non se lo fece ripetere due volte. «Dove vai?» chiese poi, precipitandosi verso di Hidan quando lo vide dirigersi verso la porta.
«Secondo te? A spalare merda» commentò sarcasticamente l’albino, ma l’Uchiha non parve cogliere l’umorismo.
«Vengo con te. Non osare mollarmi qui, da solo, con qualcosa- qualcuno- sopra! C’è!» farfugliò, serio come non mai.
«Vado al piano di sopra, imbecille» sbottò Hidan, facendo un altro passo, ma Shisui non era dello stesso avviso.
«Perché? Sopra c’è-» prima che l’Uchiha potesse trovare qualche altra fantasiosa storiella da raccontare, Hidan lo interruppe.
«Sopra non c’è una cazzo di soffitta, perciò c’è un altro appartamento, perciò io vado a spaccare il culo all’idiota che sta facendo tutto questo casino» terminò anche con una certa pacatezza che stonava incredibilmente con le parolacce che aveva detto.
Shisui si morse il labbro inferiore.
«Vengo anche io!»
Hidan alzò un sopracciglio, osservandolo.
«Anzi, no.»
Lo Hie non disse una parola.
«Ma cosa ci devi andare a fare sopra! C’è qualcuno- qualcosa-»
Shisui stava facendo tutto da solo.
«È infestato! La sof-»
Ok, c’era un limite a tutto; Hidan gli prese una guancia e gliela tirò, incurante del fatto che forse un po’ male poteva fare.
«Vieni o no?»
«Ok» fu la veloce risposta dell’Uchiha, che però lo fermò nuovamente, proprio mentre stavano per uscire.
L’occhiata di Hidan diceva qualcosa come ‘cosa, adesso, cosa!’, ma Shisui non vi fece caso.
«In braccio?» chiese eloquente e Hidan non capì. «Mi porti in bracc-» spiegò meglio, ma ottenne solo una porta chiusa in faccia.
Era un no.



«La vecchietta» l’aveva informato con un ghigno Hidan, quando gli aveva chiesto chi ci fosse sopra di loro.
Non era stato molto rassicurante ottenere una risposta del genere, ma l’Uchiha era quasi sicuro che il ragazzo non avrebbe ucciso la nonnetta. Ottantacinque percento sicuro. Quel quindici percento era solo per il libero arbitrio che si sentiva di attribuire allo Hie, neanche fosse stato Dio.
Una volta dinnanzi alla porta, Hidan era già pronto a bussare con tutta la forza che aveva in copro – era inquietante quel sorrisetto che aveva –, ma Shisui lo bloccò.
Dall’interno il rumore che avevano sentito al piano di sotto si sentiva ancora più chiaro e forte e sembrava proprio quello prodotto da qualcosa che strisciava per terra.
«Hidapi, ricorda che è una vecchietta» gli ricordò, osservandolo con preoccupazione. Hidan sbuffò: «Vivo qui da prima di te, lo so già che ha un piede nella fossa» ribatté l’albino con fare annoiato.
Fece per bussare, ma Shisui non gli aveva ancora lasciato il braccio.
«Bussa piano, è vecchia, magari le prende un infarto-»
«Quella vecchiaccia sta meglio, altrimenti come diavolo faceva a fare tutto quel casino?» sbottò digrignando i denti e lanciando uno sguardo eloquente al suo polso, ancora intrappolato nella presa dell’Uchiha.
Quest’ultimo annuì, non potendo dargli torto, ma proprio mentre stava per lasciarlo, strinse la presa: «Prima devi laurearti!» quel quindici percento che si era lasciato di riserva lo preoccupava più del dovuto. Sapeva che Hidan rispettava i vecchi e via dicendo, ma, beh, meglio essere previdenti.
«Prima di fare cosa? Ah, smetti di dire stronzate e lasciami» disse e bussò con forza, la mano di Shisui ancora intorno al suo polso.
Il rumore cessò di colpo e dall’interno non provenne nemmeno più il minimo rumore. Hidan sbuffò spazientito – ok, aveva ottant’anni a un piede e il triplo all’altro, ma quanto ci metteva ad andare ad aprire? –, mentre Shisui prese ad annuire da solo, preoccupato – ecco, l’avevano fatta secca, le era preso un infarto e…
Ad un tratto la porta si aprì.
Shisui rimase con una mano alzata in aria e Hidan con la bocca già aperta per informare l’anziana del fastidio che aveva provocato alle sue regali orecchie sbaraccando metà della mobilia da una parte all’altra della stanza senza un motivo apparente.
Davanti a loro si era presentato un sorridente giovane che a giudicare dall’aspetto doveva avere la loro stessa età, forse più piccolo.
Capelli di un indefinito grigio platino, molto sul bianco in verità, e occhi viola.
Beh, per quanto riguardava l’aspetto Hidan non poteva esprimersi.
«Salve!» li salutò sorridendo, l’allegria personificata.
Hidan aveva la bocca mezza aperta, storta in una smorfia disgustata e di totale disappunto. Quella non era una vecchia e non era già metà di là dal creatore. Avevano forse sbagliato porta?
No, era quella giusta, convenne dopo aver fatto qualche passo indietro per vedere il numero. Era quello della vecchiaccia.
«Piacere» disse con un largo sorriso, mettendo in vista i canini anormalmente appuntiti e sventolando la mano allegro «Io sono Hozuki Suigetsu!»
Si era presentato senza nemmeno che glielo avessero chiesto, come se la cosa avesse potuto rivelarsi d’interesse per qualcuno. Arrogante, il tipo. Questo fu quello che pensò Hidan. L’Uchiha sorrideva come se l’avessero appena informato che quel cantante che tanto gli piaceva, lì, Maka, Taka*, sarebbe venuto a fare un concerto davanti alla sua porta, solo per lui.
«Uchiha Shisui!» disse entusiasta, che evidentemente trovava la situazione interessante.
Lo Hie sbuffò e ignorò totalmente le occhiate di Shisui e dell’Hozuki, che chiaramente aspettava di sapere anche il suo nome.
Notando che lo Hie era più prossimo a buttarsi dal settimo piano che a fargli sapere il suo nome, non ci rimase né male né ne fu colpito. Sorrise semplicemente, in quella maniera inquietante. Dovevano essere i denti appuntiti, si disse Hidan.
«E tu sei…» provò Suigetsu, a cui non interessava veramente saperlo, ma la trovava una persona interessante ed era divertente infastidirlo.
«Non ti serve saperlo» commentò Hidan con fare irritato e annoiato.
«Hie Hidan» lo presentò Shisui, ricevendo un’occhiataccia dall’interessato, ma a cui non diede molto peso.
«Voi dovete essere i due ragazzi del piano di sotto» disse continuando a sorridere, felice di poterlo affermare con sicurezza.
Shisui era già pronto ad annuire e ad essere gentile – come le persone normali, insomma –, ma a Hidan, dopo soli due secondi dall’incontro, quel Suigetsu ispirava antipatia.
«No, siamo gli idraulici del piano di sopra» sbottò con un ghigno.
«Ah. Ma io non vi ho chiamati!» e «Noi non siamo idraulici, Hidapyon!» fu ciò che risposero i due imbecilli all’unisono.
Hidan aveva una gran voglia di sbattere la testa contro il muro per la disperazione. O fracassare le loro una contro l’altra, a seconda.
«Siete qui per il rumore, vero? Scusaaaate» esclamò inchinandosi e ritornando sempre sorridendo.
«Sto spostando un po’ di mobili ma non ho pensato a quanto casino si potesse sentire al piano di sotto! Vi ho infastidito molto?» chiese cortesemente, ma l’espressione che aveva in volta ad Hidan sembrava particolarmente strafottente.
«Oh, no, niente, solo-» cominciò Shisui, ma lo Hie non gli permise di andare avanti con quegli inutili convenevoli.
Poi che voleva dire ‘no’? Sì che aveva dato fastidio! Perché a lui diceva che dava fastidio anche quando sfogliava le pagine e quando l’idiota spostava i mobili e rischiava di far cadere il soffitto era ‘oh, no, niente’?
A Hidan era sconosciuta quella cosa chiamata cortesia, ma era un’altra questione.
«Sì, ci hai infastidito. Un sacco» ringhiò con gli occhi spalancati e in maniera piuttosto eloquente.
«Tanto tanto?» si informò Suigetsu e Hidan se lo sentiva nelle vene che quel mezzo umano con i denti da squalo lo stava prendendo liberamente per il culo.
«Sì, ci hai proprio scassato il-»
Shisui gli schiaffò una mano sulla bocca e sorrise raggiante: «Stava dicendo che non è stato un problema, non stavamo facendo nulla di importante» corresse le parole di Hidan velocemente e quello era un chiaro esempio di libera interpretazione.
Suigetsu scoppiò a ridere, evidentemente divertito.
«Mi sei simpatico, Shisui kun» gli rivelò con entusiasmo, sembrando davvero un bambino che aveva appena trovato un nuovo amico al parco giochi. Quando poi si voltò verso Hidan, era tornato ad essere il tipo arrogante e ambiguo che sorrideva in maniera inquietante.
«Anche tu, Hidan» commentò sardonico.
Ah, lui era Hidan e basta?
“E tu mi stai sul culo, razza di…”
Tacque, per amore della civile convivenza e si limitò ad una semplice scrollata di spalle, che stava a significare che aveva recepito il messaggio, ma non gliene fregava nulla.
«Visto che vi ho infastidito» lo Hie se ne accorse che quell’ameba platinata lo stava prendendo per il culo, dicendo ‘infastidito’ con quel tono, scimmiottando quel che aveva detto prima lui «permettetemi di invitarmi nella mia umile dimora!»
Con fare fintamente austero, poi, si spostò di lato, lasciando intravedere l’interno dell’appartamento. «Prego» li invitò ad accomodarsi, per la gioia dell’Uchiha e il malcontento di Hidan. Avrebbe preferito far accomodare quell’essere sottoterra.
L’interno era fondamentalmente come il loro, la stesa disposizione delle stanze, ma probabilmente era così per così per tutti gli appartamenti presenti.
C’era qualche mobile qua e là spostato, il motivo iniziale che li aveva portati lì. Shisui entrò senza problemi, ricevendo anche una pacca sulla spalla dal presunto padrone di casa, invece Hidan fu bloccato da un braccio che gli si parò davanti e che per poco non gli spaccò il naso.
«Ricordati di levarti le scarpe, Hie, non vorrei doverti uccidere a sangue freddo per avermi sporcato il pavimento» si premurò di fargli saper anche con una certa gentilezza.
Lo aveva anche chiamato Hie! E lo aveva minacciato! Quella persona non era normale, era pazza, malata, insana…
Hidan aveva pane per i suoi denti.
Lo Hie ghignò, togliendosi le scarpe ma senza interrompere il contatto visivo. Due invasati sotto lo stesso tetto, un’accoppiata fantastica.
«In caso lo sporcassi te lo pulirei, tranquillo. Con il tuo sangue come detergente per il pavimento e i capelli come straccio» Suigetsu non sorrise propriamente, era meglio dire che distese le labbra per mettere in bella vista i canini. Osservò ancora un po’ l’albino che aveva davanti, abbassò il braccio e poi scoppiò a ridere, voltandosi verso Shisui.
«Hai detto che il tuo cognome è Uchiha, vero? Conosci per caso Sasuke Uchiha? È un mio amico!» Hidan li lasciò disquisire sullo scoiattolo psicopatico, a lui gliene fregava poco.
Era bipolare, comunque? Un pazzo psicopatico bipolare.
Con Shisui si comportava in maniera gentile e con Hidan era subdolo e discretamente inquietante.
Si poteva dire che quei due si erano riconosciuti subito e si stavano comportando di conseguenza. In genere Hidan non era così scontroso con gli estranei, ma quell’Hozuki proprio non gli stava simpatico e Suigetsu… beh, neanche Suigetsu non nutriva questa grande simpatia per lo Hie. Ed era quasi certo di aver già trovato anche il suo punto debole.
L’Hozuki indicò loro il tavolo, invitandoli a sedersi; poi afferrò Shisui per le spalle e sorridendo allegramente lo spinse verso una sedia.
Hidan era rimasto sulla soglia tra una stanza e l’altra, con l’irritazione che minacciava di fargli mandare a farsi benedire il suo piano di laurearsi prima di finire in galera per omicidio plurimo premeditato.
«Che fai lì, Hidan?» gli chiese l’Hozuki, puntando ripetutamente una sedia attorno al tavolo rettangolare.
Lo Hie prese posto in punta al tavolo, esattamente tra Shisui, che era da un lato, e Suigetsu, che era dall’altro.
«Ancora scusa per il rumore, non era mia intenzione farne così tanto» nell’esatto momento in cui finì la frase, Hidan ricevette un calcio piuttosto forte in uno stinco.
Era stato lo squaletto deficiente.
Notando lo sguardo infuriato e psicopatico di Hidan, l’Hozuki alzò le mani in segno di resa: «Mi stavo stiracchiando» si giustificò senza la minima traccia di costernazione per aver osato mollare un calcio alla sua gamba.
Hidan non sapeva se stare al suo gioco o semplicemente creare un buco nel tavolo a forza di fargli sbattere la testa sulla superficie di legno.
Optò per la prima.
Si fece scivolare sulla sedia in una posizione non esattamente decorosa e prese a dondolarsi sulle due gambe posteriore della sedia. Nel farlo ricambiò il calcio di poco prima, piazzandogliene uno sotto al ginocchio.
L’Hozuki sobbalzò e imprecò silenziosamente tra i denti.
«Vuoi una mano a stiracchiarti? Contro il muro» propose Hidan, con una certa soddisfazione.
«Se mai avessi bisogno te lo farò sapere» commentò serafico.
Si guardarono sorridendo; forse rende di più dire che si stavano digrignando i denti vicendevolmente come due animali.
Shisui scosse la testa. Hidan era sempre Hidan, in fin dei conti, poco importava dove e con chi fosse. In un serto senso era una cosa positiva, era coerente, anche se… non stava un po’ esagerando? Era strano, mh, ma non sapeva dire perché.
Intanto i due albini continuavano a guardarsi e a sorridere in maniera palesemente falsa.
C’era sempre bella gente in quel condominio, non c’era che dire. Simpatica, normale. Hidan già rimpiangeva la vecchietta che, tra l’altro, non si era ancora fatta vedere.
Lo Hie ghignò. «E la nonnetta dov’è? L’hai uccisa e fatta a pezzi, nascondendola da qualche parte? È per quello che spostavi i mobili, per nascondere la carcassa?» chiese con il suo miglior tono angelico, anche se l’espressione da invasato stonava leggermente.
Shisui era allucinato – ci stava se certe cose le diceva a lui, che lo conosceva, ma ad estranei! Sembrava pazzo! –, invece Suigetsu non era rimasto impressionato dalla storia che aveva messo su.
Anzi, la trovava divertente.
Notando che non rispondeva, Hidan continuò: «Sei uno di quei truffatori che fregano i vecchi? Le hai fregato i soldi e l’hai fatta secca. Dove l’hai nascosta?» chiese con fare eloquente e Suigetsu scoppiò a ridere.
«Dove ho nascosto mia nonna intendi? Da nessuna parte, è andata in campagna a trovare delle amiche e mi ha chiesto di tenerle d’occhio l’appartamento in sua assenza. Ha detto che girano elementi poco raccomandabili da queste parti» commentò serafico, per poi aggiungere: «Penso di aver capito a chi si riferiva» detto ciò si prese anche la libertà di fare l’occhiolino a Shisui.
Dall’oggettivo punto di vista dello Hie, l’Hozuki era sulla buona strada per perderli entrambi, quegli stupidi occhi.
«Guardi troppi drama, Hie» lo rimbeccò sorridente Shisui, che non doveva aver fatto troppo caso alla silenziosa zuffa psicologica che stava avvenendo tra i due albini presenti nella stessa stanza.
«Anche a me piacciono un sacco!» si esaltò immediatamente Suigetsu, felice di aver trovato un altro punto in comune su cui basare la discussione.
«Sì, specialmente i thriller psicologici, sanguinolenti e horror» proferì Hidan, come se avesse appena elencato i gusti del gelato mangiato la sera prima. Shisui fece per dire qualcosa, ma Suigetsu fu più veloce.
Si sporse sul tavolo, verso di Hidan: «Quelli in cui il cattivo è veramente cattivo e la vittima muore sempre, con tanto sangue e violenza» chiarì.
«Sì, qualcosa del genere» accennò lo Hie con indifferenza, dondolando sulle due gambe posteriori della sedia.
L’Uchiha non ci comprese praticamente nulla, ma decise di tenersi per sé il fatto che l’ultimo drama che Hidan si era guardato era stato il remake di Hanakimi*, che era tutto fuorché un thriller psicotico.
«E perché stai spostando i mobili?» chiese Shisui, incuriosito dal momento che il ragazzo aveva detto di stare lì solo per una settimana.
Suigetsu si passò una mano tra i capelli e rise un po’ imbarazzato.
«Non mi piaceva com’erano messi, perciò ho pensato di cambiare qualcosina… anche mia nonna dovrebbe apprezzare, un po’ di cambiamento le farà bene!»
Shisui annuì: «Ah, che bravo nipote che sei, tua nonna deve essere fiero di te… perché anche tu non sposti i mobili Hidapyon? Anche da noi servirebbe un po’ di cambiamento!»
«Sei mia nonna per caso?» abbaiò in risposta Hidan, mentre l’Uchiha gli faceva la linguaccia, offeso.
«Se vuoi vengo a spostarteli io i mobili, Shisui kun, ci sto prendendo la mano» scherzò Suigetsu e
«Nessuno sposta un cazzo, i mobili restano dove sono, visto che sono i miei» sbottò Hidan, che non era certo nemmeno lui se era irritato per l’Hozuki che continuava a mettersi in mezzo senza motivo o pe il fatto che stessero parlando così leggermente di spostare la sua mobilia. Era geloso delle sue cose, ovviamente, a chi importava se si trattava di Shisui o di una scarpiera?
Era sempre roba sua.
«Comunque devi proprio far paura a mia nonna, Hidan» commentò Suigetsu «Ha riempito la casa di omamori* e altri affari contro gli spiriti maligni e il Male» disse muovendo le mani, tentando evidentemente di dare una forma al generico ‘Male’.
«Solo io?» si informò, neanche tanto infastidito dall’etichetta di essere pericoloso che la vecchiaccia gli aveva affibbiato. Magari per ringraziarla avrebbe potuto farle qualche regalo in cambio, tipo aspettare che arrivasse all’ascensore per farle chiudere le porte in faccia, bloccandolo, così che fosse costretta a farsi le dieci rampe di scale e schiattava finalmente. L’aveva detto la nonnetta che era cattivo, no?
Almeno le dava un motivo per dirlo a buona ragione. Poi così imparava a non prendere un appartamento al quinto piano, ma Hidan dubitava avesse bisogno di affittarsi una casa dal Creatore.
Lo Hie, mentre immaginava di mettere in atto la sua vendetta – non se l’era presa affatto per come lo aveva definito la vecchiaccia, assolutamente –, non si era minimamente accorto del ghigno malato che si era dipinto sul suo volto.
Shisui lo osservava scandalizzato: e poi Hidan aveva anche il coraggio di dire a lui che era imbarazzante quando parlava con i piccioni alla fermata dell’autobus? Seriamente?
Anche Suigetsu aveva fatto caso all’euforia leggermente insana dello Hie.
«Suppongo che mia nonna non avesse tutti i torti» biascicò, guardando il ragazzo seduto a capotavola, un po’ scettico, ma anche un po’ divertito.
Era un tipo interessante; si divertiva a stuzzicarlo, era da un po’ che non trovava qualcuno del genere. In più lo Hie stesso sembrava averlo preso in antipatia, perciò cascava con ancora più facilità nei suoi giochetti e rispondeva a tono.
Ah, nonnina, non sai quanto ti sono grato! Ti ridipingo anche le pareti!
«Hidan? Mi lusinga sapere che fai pensieri poco casti sulla mia bellissima persona, ma sono felicemente etero» disse con un sorriso malandrino e Shisui fece passare freneticamente lo sguardo da uno all’altro.
Si era perso qualcosa?
Chi faceva cosa?
Chi era cosa?
Ma Shisui non capiva mai una mazza, meglio lasciarlo da parte.
Hidan ritornò in sé e digrignò i denti, borbottando qualcosa di incomprensibile, mentre la rabbia prendeva piede a grande velocità.
Quel bastardo, si divertiva davvero così tanto?
Una risposta interessante sarebbe stata ‘stavo pensando a come sopprimere la cazzo di vecchia, non a te,
«Bellissima persona? Il metro di confronto è il cesso della stazione?» si informò tentando di rimanere più o meno calmo, giusto perché stava tentando di mantenersi fedele alla linea di pensiero per cui se si arrabbiava aveva perso.
Non doveva dargliela vinta. Poi lui continuava a prendersi gioco di lui con una certa calma, se perdeva il controllo quella triglia con i denti da squalo otteneva quel che voleva.
«Devono essere cessi pulitissimi allora, io sono bello, devi ammetterlo anche tu!» ribatté allegramente, poggiando il mente sulle mani congiunte.
«Il tuo cadavere probabilmente è bellissimo, puoi farmelo vedere ora, coperto di sangue, sventrato e a pezzi?» propose disinteressatamente.
«Beh, hai ragione, tu non sembri uno che ne capisce qualcosa di stile. Altrimenti non ti conceresti così i capelli!»
Hidan era basito.
No, quello era troppo, tutto ma i capelli no. Ok, perdeva, non gliene fregava niente, non era mai stato bravo a mantenere la rabbia.
A scuola una volta nel tentativo di trattenersi per non farsi espellere di nuovo aveva rotto una gamba al banco – la dinamica era ancora oscura a chiunque fosse presente –, perciò era inutile.
E perché diavolo quell’idiota di Shisui stava ridendo? «Tu, brutto cazzo di idiota!» quando era arrabbiato Hidan smetteva di fare caso al senso di quel che diceva, l’importante era che ci fosse qualcosa di scurrile in mezzo. «I capelli» espirò con forza ed inspirò «vanno benissimo così, chiaro, tonno?»
Possibile che se ne fosse davvero solo uscito con qualcosa del genere? Solo?
«Uh. Questo era un insulto, eh. Pesante, proprio. Come posso chiamarti io allora? Furetto? No, troppo carino-»
«Bastardo!»
«Non stavamo parlando di animali?»
«Non stavamo parlando di deficienti?»
«Non dovresti essere così maleducato nella casa di qualcun altro, lo sai?»
«Non sono maleducato, quando ti dico che sei un coglione sono onesto.»
«Oh, ho capito cosa sei, Hidan. Una blatta!»
«Tu puoi essere qualsiasi animale, l’importante è la condizione vitale. Morto
«Una blatta che minaccia di morte un- cos’ero? Un tonno, già! Patetico, posso permettermi?»
«Inutile escremento umano, posso permettermi?»
«Senza cervello, posso permettermi?»
«Senza palle, posso permettermi?»
«Senza-»
«Posso permettermi?» si intromise l’Uchiha, interrompendoli. Era piuttosto allegro, lui. Ma alla fine l’unico a non essere divertito era Hidan, Suigetsu stava rivalutando vent’anni della sua vita per poter affermare che quel pomeriggio era il più esilarante di tutti.
Shisui non aveva seguito nemmeno un quarto del battibecco tra i due, la sua attenzione si era concentrata su altro. Infatti, quando parlò, risultò talmente tanto fuori luogo che la lite tra i due passò in secondo piano.
«Ma siete parenti voi due?» chiese, osservandoli con fare indagatorio. Si avvicinò prima a Hidan poi a Suigetsu, annuendo di tanto in tanto. «Vi assomigliate!»
Come poteva chiedere una cosa del genere quando, a momenti, si staccavano la testa a vicenda?
«Dove, esattamente, Uchiha, assomiglierei a questo animale geneticamente modificato?» si informò con irritazione Hidan, che non riusciva a capacitarsi di quello che aveva appena sentito. Tutto il Giappone più tre quarti della Corea erano a conoscenza della scemenza di Shisui, ma era scandaloso come ogni volta riuscisse a trovare qualcosa di più idiota da dire.
Era un guinness vivente.
Andava soppresso. Ormai, comunque, insultava Suigetsu senza riserve; ammesso e non concesso che mai ci fosse stata una fase di discrezione, beh, l’aveva saltata piè pari. Lo faceva anche l’Hozuki, solo che lo squaletto lo faceva in maniera più subdola e pacata.
«Animale geneticamente modificato? Siamo in due» all’occhiataccia di Hidan l’altro albino aggiunse: «Io devo essere l’esperimento riuscito» prima che Hidan potesse prendere la sedia e fracassargli il cranio senza pietà, Shisui riprese la parola per placare gli animi.
«Mh… avete i capelli bianchi» commentò con ovvietà, con quegli occhi che sembravano dire ‘non basta?’.
Suigetsu scoppiò a ridere e Hidan proprio non capiva che diavolo ci fosse da ridere.
«Allora dovremo essere parenti con tutti i nonnetti del mondo, Shisui kun» gli fece presente divertito.
«E gli occhi! Ce li avete tutti e due di un colore strano, un po’ inquietante» aggiunse Shisui, che si affrettò ad aggiungere: «Senza offesa, Suigetsu kun!»
L’altro, mentre ancora rideva, mosse la mano, come a voler dire che non dava importanza alla cosa.
Hidan, invece, gliene diede. Molta.
«Senza offesa a lui? E io cosa sono, un pezzo di merda?» sbottò, anche un po’ offeso.
Shisui sorrise e a Hidan tutta quella contentezza che lo circondava stava dando sempre di più sui nervi. Doveva uccidere qualcuno per portare un po’ di serietà in quel cacchio di appartamento?
Aveva anche una vittima a portata di mano, convenne guardando di sottecchi Suigetsu.
«Ah, ah, poi siete carini tutti e due, pure questo!»
Lo Hie era orripilato, l’Hozuki invece fece un mezzo inchino scherzoso e lo ringraziò pure. Uchiha era un deficiente morto, fu tutto ciò che si sentì di pensare Hidan in un momento del genere.
… come faceva a trovare carino uno come Suigetsu? Era brutto, fine.
Che poi lo sapevano tutti che carino era come dire bello*, solo un po’ più discreto, perciò voleva dire che lo trovava bello e, oltre a trovarlo carino ovvero bello, aveva detto che lo erano entrambi, perciò lui, Hie Hidan, era carino – bello – come Hozuki Suigetsu.
Hidan si era perso nel suo stesso ragionamento.
«Nah, grazie al cielo non siamo parenti, Shisui kun» smentì l’altro ragazzo, con le mani dietro al testa ed un’espressione sollevata.
Come sei qualcuno qui volesse essere imparentato con uno come te, cretino, pensò lo Hie, giusto perché non era una persona che andava per il sottile.
«Fai sparire quel kun se non vuoi che qualcos’altro di tuo a sparire» gli consigliò gentilmente Hidan, esattamente con lo stesso tono che avrebbe usato un serial killer per far presente alla vittima che più collaborava meglio era.
«Uh, spaventoso.»
«Imbecille.»
«Ah!» esclamò ad un tratto Shisui, puntando un dito contro Suigetsu, che lo guardò interrogativo. «Io e te abbiamo anche un kanji uguale!»*
Hidan si chiese quanti Kami ci fossero nell’alto dei cieli che lo odiavano così tanto da avergli fatto incontrare qualcuno così deficiente da dover sopportare per il resto dei suoi giorni.
«Oh. È vero!» ribatté Hozuki, trovando anche lui la cosa parecchio bella e interessante.
«Deve essere emozionante avere dell’acqua nel nome» commentò con sarcasmo, mentre Suigetsu prontamente ribatteva con un sommesso: «Meglio di una torre, mh.»
«Abbiamo già qualcosa in comune!» si rivolse poi a Shisui, ignorando l’aura omicida che si stava espandendo da sinistra. In effetti, comunque, era una cosa carina, peccato che dal punto di vista di Hidan fosse solo una scemenza.
«Avete in comune anche il numero di neuroni che vi girano in testa.»
Suigetsu gli rifilò uno di quei sorrisi un po’ infidi che Hidan trovava leggermente inquietante e poi si alzò.
«Visto che siete venuti a farmi visita» Hidan Avrebbe tanto voluto fargli sapere che il piano originale prevedeva spaccargli il culo in due per il rumore, ma tacque. «Mi sembra il minimo offrirvi qualcosa di buono!»
Con fare un po’ più confidenziale si riavvicinò al tavolo e, abbassando la voce, aggiunse: «Qualcosa di sorprendentemente buono» quelle parole attecchirono sia su Shisui – ovviamente – sia su Hidan.
Che diavolo voleva rifilargli?
Il rene del postino che era passato prima per lasciargli una diffida del tribunale? Il cuore di un passante a caso che non gli era stato particolarmente simpatico? Il cervello di-
«Niente organi» gli disse sorridente, neanche gli avesse letto nel pensiero.
Hidan, senza nemmeno accorgersene, si spostò un po’ più lontano.
Suigetsu si diresse verso il frigorifero, dove prese a cercare qualcosa dando la schiena ai due ospiti. Borbottò qualcosa e poi esclamò un ‘ah!’ pieno di soddisfazione. Un attimo dopo, sul tavolo troneggiava una grande anguria.
«Un’anguria» constatò Hidan, che era emozionato esattamente come lo sarebbe stato se avesse pestato una merda sul marciapiede, andando all’università.
Suigetsu era la quintessenza della felicità.
«Niente di così speciale» commentò disinteressato Hidan, sia perché davvero non ci trovava nulla di interessante in quell’affare enorme, sia perché non si sarebbe mai trovato d’accordo con la triglia, nemmeno per sbaglio.
«Oh, non ti piace?» chiese, costernato per la bellezza di cinque secondi, poi tornò a sorridere: «Fa niente, di più per me e Shisui kun!»
«Ho detto che non è nulla di speciale, non che non la mangio» precisò Hidan, che per andargli contro di quel passo si sarebbe anche appeso al lampadario a testa in giù. L’odio reciproco a prima vista era una gran brutta bestia, specialmente quando il motivo non era stato chiarito da nessuno dei due.
«Ah! Beh, io la adoro, me ne sono portate tre, non potevo vivere senza e sapevo che mia nonna non ne avrebbe avuta nemmeno una» confidò, con una mano sopra l’anguria, quasi avesse paura potesse scappare. Corse a prendere il coltello per tagliarla, mentre lo Hie esprimeva di nuovo il suo simpatico ed amichevole parere.
«Stai qui una settimana, non vent’anni» gli fece presente piccato, non comprendendo proprio l’amore espresso per il frutto.
Suigetsu si grattò la testa con quello che doveva essere imbarazzo, probabilmente, ma sorrise mettendo in mostra i canini e sembrava più incline a far fuori chiunque si fosse permesso di fare altri commenti sulla sua anguria. Era una persona strana. Inquietante. Da tenere d’occhio, sicuramente.
Non sorrideva un po’ troppo mentre teneva in mano il coltello?
Hidan tenne d’occhio il ragazzo mentre quest’ultimo tagliava sorridente le fette d’anguria.
«Hidapi, guarda tu sei quello che ha comprato sei confezioni di bagnoschiuma quando il konbini qua dietro chiudeva per una settimana!» fece presente Shisui, facendo irritare maggiormente Hidan.
«Yah! Vuoi anche fargli sapere di che colore sono le mie fottute mutande oggi?!»
«Nere!» rispose velocemente Shisui, sbattendo la mano sul tavolo, neanche avesse dovuto rispondere ad un quiz a premi.
Hidan ringhiò, sembrando più un animale che una persona, chiedendosi se non ci fosse proprio nulla al mondo che potesse tappare quella bocca larga ed imbarazzante.
E comunque erano state cinque confezioni.
Si trattenne dall’ucciderlo brutalmente a mani nude e si limitò ad afferrare una fetta di anguria e ad infilargliela velocemente e con forza in bocca.
Se tutto andava bene si ci strozzava ed era un cretino in meno.
«Ehi!» sbottò Shisui, sputando qua e là un po’ di anguria e sporgendosi per mollare un calcio sotto al tavolo a Hidan.
«Tieni quel piede a posto, Uchiha, se non vuoi trovarti sventrato e sotterrato in quello schifo di aiuola» gli intimò e l’Uchiha si ritrasse lentamente, ingoiando lentamente anguria e semi insieme.
«Anche tu sei una persona violenta, Hidan?» chiese sorridente Suigetsu, giocherellando con il coltello.
«Anche tu?» ribatté Hidan, mentre Shisui recepiva solo un quarto del messaggio ed assicurava all’Hozuki che «Nah, gli piace solo premeditare morti dolorose per chi non gli va a genio, ma non li mette mai in atto!»
Suigetsu, nonostante avesse posto la domanda ad Hidan, non gli prestò attenzione e prese a parlare con Shisui.
Lo Hie si chiese davvero perché diavolo non avesse semplicemente dato due colpi di scopa contro il soffitto, rimanendosene tranquillamente nel suo appartamento, senza dover incontrare elementi del genere. E dire che non avendo trovato la vecchia, per un momento aveva pensato davvero di poter spaccare qualche culo.
Poi esattamente che cosa aveva da lamentarsi la nonnetta ‘degli inquilini del piano di sotto’ se aveva un nipote che sembrava figlio di un serial killer e di Buddha? Sembrava una persona estremamente pacifica e allegra, ma che poteva diventare sadica e pazza da un momento all’altro.
Questa era l’impressione che aveva dato ad Hidan e lo Hie non sbagliava mai. Shisui, ad esempio, la prima volta che lo aveva visto aveva capito che era un idiota.
Non c’era stato neanche ancora un giorno in cui l’Uchiha avesse smentito il suo giudizio.
L’Uchiha si era emozionato da solo quando si era reso conto che il quinto piano era più alto del quarto e si era trasferito di peso sulla mensola della finestra, per guardare di sotto: «Ma è più alto qui!»
«Ci sono probabilità in più che crepi se cadi di sotto» parlando, Hidan non aveva staccato gli occhi di dosso all’Hozuki.
Sentendosi chiamato in causa, Suigetsu si puntò un dito contro, fintamente sorpreso.
«Nah, non c’è pericolo che io cada di sotto, non ti preoccupare per me, Hidan» disse con un sorriso furbo.
Quell’atteggiamento da finto innocente… Hidan avrebbe potuto uccidere per farla sparire, era insopportabile.
«Nessuno ha detto che cadi da solo, se vuoi ti do una mano» si offrì davvero molto gentilmente lo Hie. Chi era poi che non faceva volontariato e servizi per la comunità?
«Che premuroso… Come mai mi vuoi così bene, Hidan?» chiese con sarcasmo Suigetsu, divorando un’altra fetta di anguria.
«Provò grande affetto per gli imbecilli» rimase al gioco, ghignando.
Suigetsu scoppiò a ridere ed andò a prendersi una bottiglia d’acqua e in quel momento Hidan notò che c’erano un sacco di bottiglie.
«Ma tu roba solida non ne mangi?» sbottò Hidan, che nel frattempo comunque aveva divorato indecentemente la sua fetta di anguria.
Shisui si era dato alla nobile arte dello sputare i semi dalla finestra; sarebbero nate milioni e milioni di angurie nella dannata aiuola che Hidan calpestava con tutti i mezzi possibili ed immaginabili. Una sera, ubriaco, ci si era anche rotolato dentro.
Almeno Hozuki sarebbe stato contento. Per le angurie, non per Hidan che si rotolava ubriaco.
«Mh, sono un tipo che ha bisogno di liquidi» disse con quel suo sorriso ambiguo e finendo la bottiglietta aperta neanche cinque minuti prima.
Forse quel condominio era un centro per individui anomali e Hidan ci era capitato per sbaglio; sicuramente Shisui e Suigetsu erano nel posto giusto.
«Sei davvero un pesce allora. Tu non sei umano, vero?» si informò lo Hie, giusto per sapere se ci potessero essere problemi nell’ucciderlo.
«Non meno di te» commentò piccato.
«Attento a non fartela addosso, marmocchio» lo derise lo Hie, passandosi una mano tra i capelli.
«Non sono tanto più piccolo di te, ma se preferisci così… jiji» ribatté sorridente Suigetsu.
Shisui sputava ancora semi dalla finestra – quanti diavolo di semi aveva la sua fetta?!
«Poi magari a Shisui kun piacciono i ragazzi più giovani» aggiunse Hozuki, che aveva subito capito cosa desse fastidio ad Hidan e quali fossero i modi migliori per infastidirlo.
Infatti, il più grande appena sentì quelle parole socchiuse gli occhi e mentalmente gli affibbiò tutti gli insulti possibili ed immaginabili.
Se li avesse detti ad alta voce, nemmeno un bagno completo nell’acqua santa avrebbe potuto redimere la sua anima dannata.
Era per quello che si era votato a Jashin, almeno con lui, per quanto riguardava quel genere di cose, era a posto.
«Io non ho cent’anni, stronzo, e poi nessuno ha chiesto il tuo parere» ringhiò ferocemente, con la malsana – ma giusta – voglia di prendere il padrone di casa e farlo entrare di testa nell’anguria.
Hidan non era tanto bravo con le parole, se la cavava meglio con i gesti. Gesti violenti per la precisione.
«Possiamo sempre chiedergl-» cominciò Suigetsu, sempre più divertito, ma non ebbe tempo per terminare la frase perché Hidan afferrò una fetta di anguria e gliela infilò in bocca a tradimento.
«Taci, triglia, noi ce ne andiamo» poi rivolto ad un confuso Shisui aggiunse: «Muovi il culo, Uchiha, la visita di cortesia al coglione qui è finita, i semi puoi sputarli anche nel cesso.»
«Eh? Perché?» chiese Shisui, che non capiva perché Hidan fosse sul piede di guerra e Suigetsu si stesse strozzando nel tentativo di ridere con mezzo chilo di anguria in bocca.
Quando fu in grado di parlare, sputacchiando qualche pezzo di frutto, l’Hozuki provò a spiegare: «Hidan ha paura che-»
«Ho paura che non riesca a schiattare da solo, perciò volevo dargli una mano» lo anticipò Hidan, che poi prese una fetta di anguria e vi diede un morso enorme.
«Grazie per l’ospitalità, non sarà ricambiata, perciò stattene in questo piano e non scendere a quello di sotto» lo avvisò, anche lui sputacchiando pezzetti rossi e qualche semino.
Lo fece più o meno volontariamente, infatti Suigetsu si guadagnò una doccia gratis.
«E se devo uscire dal condominio?»
«Salta il quarto piano.»
«E come-»
«Buttati dalla finestra e crepa» chiuse la discussione Hidan, mentre si dirigeva verso la porta.
Lui i deficienti non li sopportava. I deficienti che lo prendevano pure per il culo meritavano di schiattare in maniera atroce.
«Hidapi cos-»
Hidan non era intenzionato a far finire di parlare nessuno, nemmeno se si trattava di Shisui, che era certo di essersi perso qualcosa per strada. Probabilmente quando si era messo alla finestra a sputare i semi, mh.
«Taci, esci, taci ed esci mentre taci. Fuori!»
Uscirono mentre Suigetsu era piegato in due dalle risate e Hidan, anche a distanza di molto tempo, si chiese che diavolo lo trattenne dal tornare indietro e mollargli un calcio nelle palle, così da essere lui il motivo per cui era piegato.
Shisui aveva voglia di anguria.



«È simpatico Suigetsu!» disse Shisui, una volta tornati nel loro appartamento. Era da due rampe di scale più su che continuava a ripeterglielo, Hidan era quasi certo di aver afferrato il concetto ed era ancora più sicuro che non gliene importasse nulla. Evidentemente l’idiota aveva scambiato l’odio reciproco dei due per una strana forma di amore manifestato in maniera altrettanto inconsueta.
«Smetti di nominare quel pesce» ringhiò Hidan, manifestato il suo interesse per il nipote della nonna che ora sopportava ancora meno di prima.
L’Uchiha ci pensò un attimo: «In effetti tu sei stato un po’ scortese» commentò annuendo da solo.
Sherlock Holmes aveva parlato, un giro di applausi prego.
«Non sono gentile con gli imbecilli, dovresti essertene accorto» ribatté in maniera eloquente, ma l’Uchiha non gli prestava ascolto e continuava il suo discorso per i fatti suoi.
«Gli hai chiesto se aveva seccato la sua stessa nonna! E non volevi nemmeno presentarti!» per Hidan quelle erano tutte chiacchiere senza importanza, ma Shisui si bloccò all’improvviso.
«Ah, già, già! Cos’è che gli avevi detto?»
Hidan si impegnò davvero tanto per ignorarlo.
«Oh, sì! E tu saresti… non ti serve saperlo» lo scimmiottò Shisui, «Seriamente! Ah, cosa sei, un agente speciale in incognito? Non ti serve saperlo, uuuuh» e scoppiò di nuovo a ridere, mentre Hidan digrignava i denti al limite della sopportazione.
«Ne hai ancora per tanto, idiota?»
«… non ti serve saperlo» disse in un tono che avrebbe dovuto farlo sembrare serio e misterioso. Poi si piegò in due ridendo rumorosamente. Aveva anche le lacrime agli occhi, il cretino.
«Piantala, Uchiha.»
«Ok. Ok, ok. No, ma… Non ti serve saperlo, pfff» rideva di nuovo.
«Uchiha» lo ammonì. Risate soffocate. «Shisui» ultimo avvertimento.
«Aspetta, aspetta, poi c’era anche… no, ma non ti serve saper
«Basta!»
Poi, come di sempre, ci fu il rumore di mobilia schiantata e qualche grido. Tutto nella norma.
E Suigetsu si mise a ridere, finendo l’ultimo pezzo di anguria, comprendendo quello che voleva dire sua nonna quando parlava di ‘mostri al piano di sotto! Il demonio, nipote, il demonio, fa attenzione!’.




*Onryō: tipo di fantasma del folklore giapponese che ritorna nel mondo dei vivi per ottenere vendetta per la sofferenza ricevuta in vita. [Wikipedia]
*Il riferimento è al capitolo 9 della raccolta ‘Neko no kubi ni suzu wo tsukeru’.
*È un drama giapponese; è del 2011, ma facciamo finta che l’abbiano ripassato in televisione due anni dopo .___. È il primo abbastanza fluffoso e poco sanguinolento che mi è venuto in mente.
*Omamori: amuleti giapponesi che servono da protezione.
*Ho preso questo pezzo del ‘carino è come dire bello’ da un drama, ‘Flower Boy Next Door’, che ho guardato da poco e mi è rimasta in mente e si prestava bene ad un possibile sclero di Hidan XD
*Sia Shisui che Suigetsu hanno il kanji di acqua水, sui, nel nome. Quello di Hidan, invece, ha come primo kanji 飛, hi, che simboleggia la torre nello shogi.



Ah, soddisfazione XD Questa volta mi sono annotata le cose che dovevo dire direttamente mentre scrivevo, così da non dimenticarmi nulla dopo XD Mi sento intelligente, ma in realtà è solo una cosa ovvia da fare, perciò taglio corto sulla mia mancanza di furbizia.
Sono sicura al novanta percento che non ha senso, ma dettagli XD Ma capitemi, è stata una cosa travagliata scrivere questa shot .___. Non so, non riuscivo a farla andare avanti, ho scritto pezzi sparsi qua e là e ad ogni pezzo mi sembrava arenarsi sempre di più, poi magicamente si è conclusa. Sì, diciamo pure che l’ha fatto da sola, così mi tolgo un po’ di responsabilità per questo obbrobrio XD
Suigetsu credo sia ooc, ma come personaggio non lo conosco un granché; non ci ho mai scritto sopra né ho mai letto molto su di lui, perciò sono andata un po’ ad occhio.
… Non chiedetemi perché come nipote ho scelto proprio lui, non lo so davvero x) ero combattuta tra Suigetsu e Omoi, ma credo che prima o poi ci farò entrare anche lui da qualche parte, anche se solo per fare la parte del tipo che consegna il latte al mattino XD
Non so esattamente in base a cosa scelgo chi sta dentro e chi sta fuori dalla raccolta, ma questa ho deciso di metterla fuori. Nel senso, prima mi sono chiesta dove diavolo dovesse stare, prima ho deciso dentro, poi fuori. Alla fine ho disturbato gente oltremare per cose così deficienti e mi è stato detto ‘fuori’ perciò ho seguito il consiglio, così da non aver rotto le scatole invano a gente che delle mie fanfiction se ne poteva bellamente fregare al momento *Fessa chan, sì, ciao, parlo con te, ciao cara, ciao* Comunque, è fuori. Diciamo che nella raccolta stanno le one shot ‘normali’ fuori metto quelle che arricchiscono un po’ il quadro generale, perciò visto che ho introdotto il personaggio di Suigetsu deve stare fuori.
… No, l’ho messa fuori perché me l’hanno detto o sarei ancora qui a chiedermi chi-cosa-quando-perché XD
Vorrei poter dire qualcosa sul titolo, ma oltre a ‘fa schifo’ non mi esce niente di intelligente XD e pensare che ultimamente mi vengono in mente prima i titoli, ma a quanto pare non è una cosa di cui posso andare fiera .___. La nonnetta non compare veramente, ho come l’impressione che, per un motivo o per un altro, rimarrà sempre un’entità poco definibile e sfuggente XD
E bon, è spiegato tutto sopra, non ho altro da aggiungere. Prima o poi dovrei anche darmi una mossa a scrivere la one shot su Jashin, ma ultimamente faccio tutto al rallentatore, perciò se già in genere sono lenta ora, beh, per il duemilaventiboh forse faccio quadrare tutto XD Me ne vado, a momenti sono più lunghe le note che la shot, shame on me X’D
  
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