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Autore: queen of night    22/02/2008    11 recensioni
Ino ha un grave problema, però non lo vuole ammettere con nessuno. Anzi, fa di tutto per nasconderlo agli altri e a se stessa. Tuttavia, ben presto, la situazione comincia a sfuggirle di mano, sempre di più… Riuscirà chi la ama davvero ad accorgersi della sua malattia? Chi tenterà di aiutarla? Mentre la kunoichi sprofonderà nella tristezza abissale del suo cuore, qualcuno le tenderà una mano per salvarla… [ShikaxIno].
Genere: Generale, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La strada del ritorno

 

 

 

 

Ino camminava silenziosamente. Sembrava assorta nei suoi pensieri, ma in verità non pensava a nulla. Guardava fisso davanti a sé, come se non fosse capace di fare altro.

Un buio denso e nero riempiva prepotente lo spazio circostante.

Non era un sogno. La realtà si era fatta cupa, come l’anima che dentro vi vagava, senza una meta. Un’anima persa, che aveva smarrito qualcosa della sua vita.

Talvolta non ci rendiamo subito conto dei nostri mali: li vediamo di sfuggita, ma preferiamo ignorarli. Vivere è fin troppo complesso, perché sobbarcarsi di altri fardelli e preoccupazioni?

Tuttavia, se sfuggi i tuoi problemi, non pensare di rimanere la stessa persona di sempre.

Cambierai, perché hai preferito chiudere gli occhi.

Ti sei lasciata andare a ciò che sembrava più semplice.

Non hai capito che stavi sbagliando: anche se la tua coscienza ti ha mandato un avvertimento, tu l’ hai percepito come un eco lontano.

Ed ora che il tuo male ti ha raggiunta, dove andrai?

Quale via sceglierai?

 

C’è sempre una scelta.

 

C’è sempre un bivio.

 

Siamo sempre in bilico…

 

 

 

Shikamaru non aveva ancora afferrato molto bene quanto era successo qualche minuto prima.

Stava aspettando l’arrivo di Ino e dei suoi genitori insieme a Tsunade, nell’ufficio di quest’ultima, quando il signor Yamanaka, dopo aver bussato, era entrato nella stanza, da solo. La Godaime, a quella vista, si era un po’ alterata: aveva esplicitamente mandato a chiamare tutti e tre i componenti della famiglia; quindi, per quale dannato motivo si presentava unicamente Inoichi?! Di nuovo il messo era stato mandato a casa di Ino, ma stavolta non per comunicare un messaggio: egli era stato incaricato di prelevare direttamente le due donne e di condurle seduta stante dall’Hokage.

Più tardi, Tsunade si era irritata un’altra volta nel vedere entrare solo la signora Yamanaka: che avessero tutti deciso di farla arrabbiare, quella mattina? Era così difficile capire un suo ordine ed eseguirlo?

Ma subito l’irritazione era sfumata, non appena la madre di Ino era scoppiata in lacrime, tendendo un bigliettino stropicciato al marito.

Questi, dopo averlo letto, era sbiancato all’istante e l’aveva porto alla Godaime.

Quando leggerete saprete già perchè l'ho fatto. Non posso stare qui... non posso sopportare come mi guarderete, cosa penserete di me. Mi vergogno. Sono confusa, non so cosa voglio fare, non so dove voglio andare, ma non posso stare qui. Scusatemi... Vi prego, non arrabbiatevi con me... Scusatemi?! Cosa significa?” aveva poi gridato Tsunade.

Shikamaru, lì al suo fianco, era agghiacciato. Quel biglietto… sembrava un messaggio di commiato.

Ed ora era lì, ad arrovellarsi sull’intera faccenda. Davvero Ino se n’era andata di casa? Non riusciva a crederci. Soprattutto, non voleva ammettere a se stesso che la colpa cadeva in buona parte su di lui.

Lui, che era stato troppo avventato nell’agire, per correre ai ripari.

Lui, che, nonostante la bionda non volesse, era andato a raccontare tutto all’Hokage.

Probabilmente Ino, spaventata dalle possibili conseguenze, era scappata.

Ma dove? E per fare cosa?

Un pensiero tentò di invadere la sua mente, ma Shikamaru lo cacciò, spaventato.

In ogni caso, quello non era il momento di riflettere, ma di agire.

Ogni minuto poteva essere prezioso tempo, che andava perdendosi.

“Vado a cercarla!” dichiarò ad un tratto, facendo trasalire tutti i presenti, che nel frattempo erano rimasti in silenzio, non sapendo cosa pensare.

Shikamaru, quindi, si precipitò fuori dalla stanza, ma la voce dell’Hokage lo bloccò, mentre afferrava la maniglia.

“FERMO DOVE SEI!” gridò lei, battendo le mani sul tavolo.

“Ma…” tentò di replicare il chuunin, impaziente ed angosciato.

“Silenzio! Qui la situazione sta degenerando e bisogna fare tutto con lucidità!” affermò Tsunade, seria.

“Signori Yamanaka, troveremo Ino. Ora, vi prego, calmatevi…” disse, gentilmente, rivolta ai due genitori, che erano impalliditi di colpo, scoprendo la fuga della loro adorata figlia. Inoltre, i poveretti, essendo allo scuro del vero male che tormentava Ino, erano anche nella confusione più completa.

Tsunade, vedendoli in quello stato, li fece accomodare su un divanetto accostato alla parete.

“Se avete un attimo di pazienza, dopo dovrei parlarvi di una questione riguardante vostra figlia.” disse loro, con sguardo terribilmente serio.

I due annuirono mesti dalla loro posizione. Non sapevano nulla del problema della loro bambina: avevano notato che era dimagrita, ma non avevano idea di quanto… anche perché Ino era bravissima a nasconderlo, vestendosi a strati.

I signori Yamanaka ignoravano questo e tutto il resto: ritenevano solo che la loro adorata figlia fosse scappata di casa, per qualche motivo che non conoscevano. Eppure, avevano notato che ultimamente si era fatta più silenziosa, lei che chiacchierava sempre in allegria.

Allora perché nessuno aveva fatto niente?

Perché avevano preferito ignorare il problema?

Perché nessuno gli aveva dato la giusta considerazione?

Dopo aver sistemato i genitori della chuunin scomparsa, la Godaime chiamò Shizune a gran voce.

“Avete bisogno di qualcosa, Tsunade-sama?” chiese la brunetta, quando entrò.

“Sì. Fai chiamare subito un membro del clan Inuzuka e Sakura: devono guidare una squadra di ricerca.” le ordinò perentoria.

“Clan Inuzuka?” ripeté scettico Shikamaru, incrociando le braccia.

“Sì, Nara. Come pensi che troveremo Ino con questo temporale? I cani degli Inuzuka sono i migliori segugi di Konoha. Ci aiuteranno per trovare una pista.” spiegò lei, nascondendo l’irritazione per essere stata rimbrottata.

“Nel frattempo, puoi andare a chiamare Kakashi e farti accompagnare da lui e dai suoi cani ninja: voi sarete la seconda squadra”.

Shikamaru annuì e sfrecciò via.

“Ino, non fare pazzie…” pensò, mentre correva in direzione dell’abitazione del copy ninja.

Dopo che la porta si fu richiusa, Tsunade si volse verso i coniugi Yamanaka, che la guardarono a loro volta.

“Bene. Mentre aspettiamo che la ritrovino, vi metterò al corrente della situazione…” affermò, seria, schiudendo un grosso tomo di medicina che si trovava sulla sua scrivania.

Marito e moglie si alzarono, per vedere.

Il libro era aperto nel punto in cui si passava a trattare le malattie della mente umana.

“Disturbi del comportamento alimentare…?” lessero i due, contemporaneamente.

 

 

 

Ino, dopo un po’ che camminava, decise di fermarsi, ma senza un motivo preciso.

Si guardò attorno per la prima volta e trovò tutto molto strano.

Distrattamente, si riscoprì a chiedersi che posto fosse quello.

Tutto era buio, al di fuori di lei stessa, che sembrava l’unica cosa visibile in quell’oscurità. Come se il suo corpo fosse fatto di luce.

Si accorse che al suolo (se suolo poteva definirsi), dove aveva appena mosso alcuni passi, si erano formate delle onde circolari, che, partendo dai suoi piedi, si propagavano ad anello. Queste, a dispetto di tutto quel nero, erano visibili, perché i bordi erano più chiari rispetto al resto, quasi grigi.

Che fenomeno curioso, pensò.

Ma, subito, perse interesse per quell’avvenimento.

Stava lì, ritta in mezzo al buio, con il corpo niveo e luminoso, coperto solo da un vestitino bianco e corto. I capelli biondi sciolti.

Chissà com’era arrivata lì.

 

 

 

Il piccolo Pakkun, dopo aver annusato un oggetto appartenuto ad Ino, si era precipitato verso le mura che circondavano la città.

Shikamaru e Kakashi gli erano corsi dietro.

“Da quanto è sparita?” chiese il copy ninja, il volto coperto dalla solita maschera e dall’obliquo coprifronte.

“Da due ore circa.” rispose in fretta il chuunin. C’era ansia nella sua voce. Ed era ovvio che ci fosse, dopo quello che gli aveva detto l’Hokage, mentre erano soli!

 

La mente di Ino è stata consumata da una malattia, che falsa la realtà davanti ai suoi occhi. O meglio, è la stessa Ino a vedere le cose in modo distorto ed agisce di conseguenza...

 

In quel momento, inoltre, doveva essere sconvolta: era scappata di casa, spaventata dall’idea che i suoi genitori e i suoi amici venissero a conoscenza del suo problema.

La sua non era semplice paura, ma terrore. Terrore di deludere qualcuno e di perderne l’affetto. Terrore allo stato puro.

Lui non riusciva ancora a capire pienamente il comportamento anomalo di Ino, ma Tsunade-sama gli aveva spiegato alcuni termini fondamentali della situazione, per fargli comprendere il punto di vista dell’amica.

 

La stima, Shikamaru. La stima è la chiave di tutto. Le persone affette da questa patologia perdono la capacità di valutare efficacemente e positivamente le proprie risorse. E sono sempre molto critiche verso se stesse, tendendo a considerarsi inadeguate e sbagliate a tutti i livelli.

Ma il punto focale è questo: per le persone malate come Ino, il corpo finisce per diventare il principale obiettivo di tutto il loro scontento, anche perché, in un primo momento, appare più facile da controllare e modificare di quanto non si possa fare con gli altri aspetti della personalità.

Controllando ossessivamente il proprio corpo ed il proprio aspetto fisico, queste persone cercano disperatamente di ritrovare, o di ricostruire, un’autostima ed una fiducia in se stesse, che non riescono a trovare altrove…

 

Quasi aveva riso, a quella parole. Ma come, come poteva Ino essere una persona con scarsa autostima? Lei che era sempre così spavalda.

Shikamaru si rifiutava di accettare la spiegazione dell’ Hokage, ma in cuor suo sapeva che probabilmente era la verità.

 

Quello che mi preoccupa di più, oltre al fatto che adesso probabilmente si trova in stato confusionale, è il suo fisico denutrito… Ci sono seri rischi che possa avere qualche complicanza cardiaca… o peggio…

 

Aumentò il passo, spinto dall’ansia.

Dovevano trovarla a tutti i costi, prima che accadesse qualcosa di terribile.

Fuori dalle porte di Konoha, si ritrovarono a correre in mezzo alle pozzanghere, formatesi per la pioggia che non accennava a smettere.

Poco dopo, Pakkun si fermò.

Con tutta quell’acqua aveva perso le tracce di Ino.

“Almeno sappiamo che non si trova in qualche piccolo vicolo  della città. In quelle condizioni, non sarà andata lontano…” dichiarò Kakashi, congedando il cane ninja, che ormai non era più in grado di aiutarli.

“Dividiamoci, Kakashi sensei” propose Shikamaru, che cercava di frenare in tutti i modi la propria angoscia. Non doveva farsi prendere dal panico. Doveva stare calmo o non avrebbe combinato nulla di buono.

Il copy ninja annuì e sparì in un secondo.

Shikamaru si massaggiò le tempie.

Dove cercare ora?

Non ne aveva la più pallida idea. Ma sapeva che doveva come minimo schiodarsi da lì: andare in una qualsiasi direzione era meglio che starsene impalati a rimuginare.

Seguì l’istinto e andò a nord.

Forse, il destino gli avrebbe fatto trovare la strada.

 

 

 

“C’è qualcuno?” urlò Ino, chiedendolo al nulla. Ma il nulla non le diede risposta.

La sua voce risuonò a lungo, producendo il fenomeno dell’eco.

Doveva esserci solo lei in quel posto.

Non che la cosa la spaventasse: anche se era tutto buio, il fatto in se le era talmente indifferente che non provava la minima emozione al riguardo.

Si guardò attorno, con fare annoiato.

Decise si riprendere il cammino e scelse una direzione a caso: da qualche parte, sarebbe arrivata. Dove non aveva importanza.

“Credi davvero che sia la scelta migliore?” le chiese d’un tratto una voce profonda, alle sue spalle.

Si voltò di scatto, sorpresa della presenza di qualcuno in quel luogo.

Tuttavia, dietro di se, non vide nessuno.

“C’è qualcuno?” chiese di nuovo.

Anche stavolta nessuno le rispose.

Che avesse avuto una allucinazione? Chissà. Non si soffermò a lungo sulla questione e fece per voltarsi nella direzione presa prima.

Inaspettatamente, si ritrovò di fronte a un viso familiare.

Sussultò per lo spavento, ma poi si tranquillizzò subito, perché nulla la poteva toccare. E poi, conosceva quella persona.

“Sei qui anche tu.” constatò lei, avvicinandosi per guardarlo meglio.

La figura sorrise, cinica.

“In realtà, sono nella tua testa” le rispose.

Ino corrugò la fronte. Non capiva cosa volesse dire.

“Non ti sei ancora resa conto di cosa succede?” le domandò lui, guardandola con i suoi occhi scuri e magnetici.

La ragazza inarcò un sopracciglio.

“Perché, cosa sta accadendo?”.

L’altro non rispose, ma le voltò le spalle e prese a camminare.

D’istinto, Ino lo seguì.

“Sei rimasto un ragazzino…” notò, vedendo che era più basso di lei. Anche i suoi lineamenti delicati e perfetti erano quelli di una volta.

“Non dire sciocchezze. Io sono cresciuto, come te, come tutti voi.” rispose lui, secco.

Di nuovo, Ino si ritrovò a non comprendere.

“Dove stiamo andando?”

Lui si fermò e la fissò.

“Oh, da nessuna parte”. Sembrava divertito per quell’affermazione.

“Ma ci stiamo dirigendo nella direzione in cui io camminavo prima… e tu mi fatto intendere che forse non è la strada giusta…” replicò lei, contrariata.

Non ci stava capendo più nulla e lui sembrava anche prenderla in giro.

Tu stavi andando dalla parte sbagliata… io sono venuto per mostrarti la strada del ritorno.” le spiegò, serio.

“Strada del ritorno? Ma che dici?!” esclamò lei, stizzita. “Perché sei qui?”

“Te l’ ho già detto… vuoi tornare, allora, sì o no?”

“Tornare dove?!” chiese esasperata, chinandosi verso di lui e poggiandogli le bianche mani sulle spalle.

“A casa.” disse lui, semplicemente.

Aveva usato due parole semplici, che non avevano nessun significato particolare, ma Ino, udendole, si era come bloccata.

Gli occhi erano rimasti svuotati della loro scintilla vitale, per qualche secondo.

Tutto perché un pensiero le aveva attraversato la mente, fulmineo.

Ora, aveva capito che c’era qualcosa.

Qualcosa da ricordare.

Un particolare piccolo, ma significativo, sfuggiva alla sua coscienza e la coscienza di Ino, semplicemente, aveva vagato sinora nell’oblio.

 

 

 

Non capì come fu possibile, ma la trovò.

La trovò lui, per primo.

Non chi aveva lo Sharingan e vedeva tutto.

Non un membro del clan Inuzuka, possessore del fiuto più sopraffino.

La vide da lontano, stesa a terra, e corse con foga verso di lei, quasi rischiando di inciampare nel pantano, che c’era al suolo.

Quando le fu vicino, esitò un attimo prima di toccarla: Ino era al centro di una immensa pozza d’acqua, fradicia, con gli occhi aperti che parevano non vedere nulla e una macchia di sangue vicino alla bocca, stemperato dalla pioggia battente.

Per un attimo, credette con orrore di essere arrivato tardi.

Non capiva da dove provenisse il liquido rosso e pensava ad un gesto estremo della ragazza.

Per questo, esitò prima di voltarla supina.

Aveva paura che se l’avesse toccata, avrebbe percepito il cuore non pulsare più e il suo petto non riempirsi d’aria, per poi espirare, nella comune e consueta azione involontaria del respirare.

Fortunatamente, l’alito vitale non aveva ancora abbandonato il suo corpo.

Ma era un palpito tenue e quasi impercettibile…

Shikamaru pose due dita sul suo polso e scoprì che anche il battito era irregolare e al minimo.

Doveva essere in stato di shock. Subito, si tolse la giacca da chuunin e la mise su di lei, per darle maggiore calore possibile.

Fortunatamente, Kakashi gli aveva fornito uno di quegli auricolari, che servivano per comunicare durante le missioni, così fu in grado di avvisarlo che aveva trovato la ragazza.

E che non era in buone condizioni.

Il jonin si fece dire l’esatta posizione in cui si trovavano e gli disse che ci avrebbe pensato lui a guidare fin lì la squadra medica di Sakura.

Presto i soccorsi sarebbero arrivati. Nel frattempo, con tutta la delicatezza possibile, Shikamaru prese Ino in braccio (com’era leggera) e cercò riparo sotto la chioma di un albero lì vicino.

Doveva tenerla al caldo, per evitare che la temperatura corporea scendesse ulteriormente.

Mentre la teneva tra le braccia, fissava il suo volto pallidissimo.

Sembrava che la ferita fosse dentro il suo corpo, in qualche organo, e che lei fosse preda di una emorragia interna. Altamente pericoloso, dato il suo fisico di per sé indebolito.

La Godaime gli aveva accennato a quali gravi conseguenze avrebbe potuto andare incontro Ino…

 

Devi sapere, Shikamaru, che le complicanze mediche dell’anoressia si estendono a diversi organi e apparati, con rischiosità variabili a seconda dello stato della malattia, della durata dei sintomi o della loro gravità, e non sempre i danni sono reversibili…tutto a causa della denutrizione e delle pratiche compensatorie utilizzate per perdere peso… gli organi più danneggiati di solito sono il fegato, i reni e l’esofago…

 

Il suo sguardo rattristato cadde sul viso di lei. Era tutto sporco di fango e sangue. Inconsciamente prese a pulirlo con la manica della maglia, con gesti lenti e precisi.

Cercò di non soffermarsi a lungo sui suoi occhi, perché facevano impressione: semiaperti, con le pupille dilatate, sembravano non vedere nulla. Erano vitrei. Come quelli di un morto…

 

Ti prego, non morire!

 

Ino si fermò, udendo nell’aria sopra di sé una voce bassa e maschile diffondersi in un eco. Rivolse lo sguardo verso il compagno al suo fianco, come per chiedergli spiegazioni. Lui la guardò di rimando, ma nessuna espressione segnava il suo volto perfetto.

“Cosa è stato?” domandò lei allora. Ormai era fermamente convinta che lui avesse una risposta per ogni cosa. Non sembrava essere lì per caso.

“Qualcuno deve averti trovata” rispose il ragazzino, facendo spallucce.

“Mpf, ma che dici?!” rise lei. “Tu sei l’unico ad avermi raggiunto in questo luogo! E poi… io non sto morendo… che stupido scherzo!” dichiarò, riprendendo il cammino.

Però questa volta andò sola: il bambino era rimasto immobile.

“Ne sei sicura, Ino?” le chiese, guardandola con quegli occhi tanto puri quanto profondi.

Lei si bloccò, dandogli le spalle, e a poco a poco, il riso le morì sulle labbra.

Aggrottò le sopracciglia e la sua espressione divenne un misto tra il divertito e l’angosciato… raccapricciante maschera. Sembrava folle.

“Certo.” disse con un filo di voce.

“Sei sicura che non stai morendo?” ripeté quello, più esplicito.

Ino fece per ribattere, ma dalla sua bocca, invece delle parole, uscì un fiotto di sangue rosso rubino. Crollò in ginocchio, scossa dai tremiti.

“C-che mi succede?”.

 

Non puoi lasciare tutto così!

Rimani qui…

Resta con me…

Stai con me!

 

Ino gridò, tappandosi le orecchie con i palmi delle mani. Chiuse gli occhi e si accovacciò su se stessa.

“Come fai a non capire, ancora?” le disse d’un tratto il ragazzino, aprendo le braccia, come per indicarle il buio circostante.

“Tu… chi sei veramente?” gli chiese la ragazza, mentre un rivolo carminio le fuoriusciva dalle labbra, colandole sul mento e macchiandole l’abitino bianco.

 

Dobbiamo prestarle il primo soccorso, presto!

Spostatevi!

Ci penso io, ora…

 

Adesso la voce era cambiata: era femminile. Anche questa familiare, però, così come lo era stata la prima.

“Chi sono…? Sono quello che tu vuoi che io sia.” rispose il bambino, parandosi di fronte a lei.

“… cos…? Io…”. Non ci capiva più nulla! Cosa accadeva? Cos’era quel posto?

Cos’era lui?!

“Non chiederti cosa sono io. Piuttosto chiediti chi sei tu.” disse lui.

Ma si divertiva così tanto a confonderle ancora di più le idee?

Non era per nulla spiritoso!

“Se smettessi di fare la stupida e prestassi davvero ascolto alle mie parole, ora avresti già capito.” le fece notare.

Capire?!

Capire?!

CAPIRE?!

Diamine, non avrebbe mai pensato che lui potesse essere così irritante! Lei voleva capire, ma se quel ragazzino non l’aiutava, dato che sembrava sapere ogni cosa, come poteva riuscirci?

Perché non la piantava con quegli stupidi giochetti di parole e le parlava in modo più conciso?

Esasperata batté i pugni sul suolo.

“Devi dirmi di più… cosa mi sta succedendo?” insisté la biondina, seduta a terra.

 

Fatti forza, Ino!

Resisti!

 

 

“Di chi sono le voci?” continuò a chiedere, implorante di una risposta.

Lui sospirò e poi chiuse gli occhi.

“Ino, devi capirlo da sola. Se te lo rivelassi io, non sarebbe corretto… non sarebbe la via giusta. Devi renderti conto tu di quello che ti circonda.” le disse. “Posso solo dirti che, se ti trovi qui, è perché sei… in bilico

In che senso? In bilico tra cosa…?

La ragazza lo fissò, allibita.

“Non puoi essere più chiaro?”

“Questa condizione non durerà a lungo. Dipende da te e da quello che riuscirai ad accettare di  te stessa. Devi ricordare, ma devi farlo da sola. Io sono solo una guida: posso porti delle domande, per stimolarti a pensare, ma non posso darti le risposte.” le spiegò il bambino, parlando come se stesse scegliendo accuratamente ogni sillaba.

“Lui non ha mai parlato così tanto…” gli fece notare la ragazza, che ora aveva preso a scrutarlo con vivo interesse, come se, facendolo, avrebbe svelato il mistero su quel luogo e sulla sua situazione. In quel momento, la luce emessa dai loro corpi fece brillare la chioma scura di lui d’ un riflesso blu.

“Però gli assomigli”

“Io sono come tu vuoi che io sia.” le rispiegò, in tono paziente.

 “Io… non credo di avere capito… ogni cosa di ciò che hai detto.” sussurrò la ragazza, tramortita dalla stranezza del tutto.

“Dimmi il tuo nome.”

“I-Ino… Ino Yamanaka”.

“Bene. Finché ricorderai il tuo nome, avrai ancora la possibilità di ricordare tutto il resto.” dichiarò il bambino.

“E cosa succede se lo dimentico?” chiese lei, preoccupata.

“Significa che sarà arrivata l’ora…”

L’ora? L’ora di cosa?

“Sto impazzendo… tu mi devi aiutare!”

“E allora fai come ti ho detto. Chieditelo!”

“Cosa?”

“Chi sei tu?”

“I-Ino”

“… e chi è Ino?”

 

Preparate una sala operatoria, presto!

E chiamate Tsunade-sama!

 

Tsunade-sama? Dove aveva già udito un nome simile?

“Chi è Tsunade, Ino?”

“Non lo so…”

“Pensaci!”

Sapeva di conoscere l’identità di quella persona, ma non riusciva a ricordarla. Era come se la risposta fosse annidata da qualche parte nella sua mente, ma fosse ricoperta da un velo, che la celava alla sua coscienza.

E non era così solo per quanto riguardava il nome di quella donna: era così per tutto. L’unico che stranamente ricordava con chiarezza era quel bambino.

Davvero strano.

Ino aveva una gran confusione in testa. Capiva che era inutile chiedere al ragazzino di farle chiarezza: lei stessa conteneva le risposte alle proprio domande. Si trattava solo di tirarle fuori.

“Esatto.” affermò lui, come se le avesse letto nel pensiero.

“Perché non mi ricordo della mia vita e di tutto ciò a cui sono legata? Perché? Almeno dimmi questo!” lo supplicò. Ma lui le diede una risposta ancora più enigmatica.

“Non capisci? Tu hai distrutto te stessa, nel fisico e nella mente. L’ hai fatto da sola, con le tue stesse mani. È colpa tua.”

Ino, scioccata e confusa, scosse più volte la testa in segno di diniego. Non era possibile!

Eppure, dentro di se sentiva che era vero… perché al di là di quel velo che la separava dalla realtà, qualcosa aveva sussultato…

“Basta, smettila di negare!” gridò il bambino, visibilmente irritato dal suo comportamento infantile e negatorio “Non è rifiutando le mie parole che ritroverai la strada. Accetta la realtà e ricomponi te stessa! Hai distrutto il tuo cuore: ora, rimetti insieme i cocci! Non è difficile da capire.”

“Perché avrei dovuto farmi del male?” continuò a protestare lei.

Un ghigno strafottente si dipinse sul volto del ragazzino.

“Bella domanda, Ino. Chissà perché ti sei fatta del male?!” disse, quasi ridendo.

La ragazza aggrottò le sopracciglia, impensierita. Davvero lei sarebbe stata capace di farsi del male?

Perché?

Pose una mano sul proprio cuore ed abbassò lo sguardo. Fu in quel momento che vide di sfuggita delle dita scheletriche sostare sul suo petto.

Fu un secondo.

Si guardò attorno. A parte lei e il bambino, che la stava osservando divertito, non c’era nessuno.

Poi accadde ancora. Questa volta fu come se del fumo bianco si fosse addensato all’improvviso lì, accanto ai suoi piedi. Vide la sagoma di una ragazza che afferrava un oggetto lungo e sottile e se lo cacciava fino in fondo alla gola. Subito la figura veniva scossa da un tremito e si chinava con la faccia su quello che sembrava un lavabo.

L’immagine sparì, così come era venuta.

Inaspettatamente una serie di scene si proiettarono nella sua mente ad una velocità tale che parevano quasi lampi improvvisi di luce. Flash di una memoria.

Un piatto rotto, una bilancia, una stanza vuota, dei visi cari, una tavola apparecchiata, vomito dentro un gabinetto, un chiosco, un prato, il cielo, la fame, una strada polverosa, dei kunai conficcati nel legno, altri volti confusi…

Ino gridò e crollò in ginocchio, premendo forte i palmi delle mani contro le tempie.

Aveva delle fitte lancinanti al capo.

All’improvviso, fu come se qualcuno avesse aperto uno scomparto sigillato nella sua mente. Tutto divenne più chiaro. O quasi.

Di una cosa era assolutamente sicura però: tornare avrebbe significato affrontare qualcosa di terribile, qualcosa da cui lei capiva di essere fuggita.

“Stai cominciando a ricordare.” affermò il ragazzino di fianco a lei “Pare ti stiano salvando, alla fine.” la informò.

Ino titubò per un secondo… non sapeva bene perché, ma la notizia non la rendeva completamente felice.

“Possiamo procedere, se vuoi.”

“Come?”

“Possiamo continuare per questa direzione.” si spiegò meglio lui.

“E-ecco… non so…” balbettò Ino, torcendo un lembo del vestito.

In tutta risposta, quel bambino, arrossendo, la prese per mano, con fare impacciato. “Non avere paura. Molti aspettano il tuo ritorno…” la rinfrancò.

Lei sorrise e si alzò, seguendolo.

Dall’alto, una mano invisibile afferrò quel velo nero che avvolgeva l’intero luogo e lo strappò via, lasciando al suo posto un corridoio bianco e illuminato.

Ino sussultò per la sorpresa.

Erano nell’ospedale di Konoha.

 

 

 

I signori Yamanaka, avvisati qualche minuto prima insieme alla Godaime, sedevano su una panca di legno, fuori dalla sala operatoria. Poco più in là, c’erano un Choji sconvolto e uno Shikamaru smunto e fradicio.

Tutti attendevano il termine dell’operazione e pregavano in un esito positivo di quell’assurda vicenda.

Inoichi e la moglie erano mortalmente pallidi: erano ancora scioccati da quanto la Godaime aveva detto loro circa Ino.

Anoressia nervosa. Probabilmente era quello il nome della malattia della loro adorata figlia: Tsunade supponeva si trattasse di quella, ma prima di formulare una diagnosi, aveva affermato che avrebbe dovuto visitare Ino e sottoporla a delle domande.

Al villaggio della Foglia non succedevano spesso quelle cose; pertanto, entrambi i coniugi Yamanaka ignoravano che tipo di patologia fosse quella… “anoressia nervosa”…

 

L’ anoressia nervosa è una malattia psicopatologica. Vuol dire che interessa la psiche umana, in quanto è un disturbo del comportamento alimentare, Signori Yamanaka. Si verifica quando c’è la presenza contemporanea di alcuni fattori predisponenti, sia di tipo biologico, sia di tipo sociale e famigliare.  La malattia si sviluppa a partire da una dieta ferrea, a cui in genere succede l’ uso di alcuni farmaci o della pesante attività fisica, per sopprimere il senso di appetito…soprattutto, con il progredire della malattia, quando non è più possibile tollerare la fame prolungata, di solito si verificano le prime abbuffate. A questo punto molte persone iniziano ad indursi il vomito con alcune pratiche. Signori Yamanaka, non sono certa che vostra figlia sia arrivata sino a questo punto, ma, da quanto ha dichiarato il giovane Nara, il corpo di Ino è fortemente denutrito. Se sommiamo questo dato ai comportamenti anormali tenuti dalla ragazza…ho modo di pensare che si tratti proprio di anoressia. Se così fosse, dovremmo fare una chiacchierata molto più lunga, Signori Yamanaka…

 

In pratica, l’Hokage li aveva avvisati, in modo implicito, che parte della colpa andava imputata anche a loro.

In quel momento, Tsunade uscì dalla porta a due ante della sala operatoria.

Tutti i presenti si alzarono di scatto e le andarono incontro, turbati.

“Tsunade-sama…”.

La donna non sembrava né compiaciuta né mortificata. Dalla sua espressione non si capiva come fosse andata.

“Ci sono state parecchie complicanze…” cominciò. Aveva gli abiti imbrattati di chiazze di sangue. “Purtroppo il danno era molto grave…”

“Godaime!” urlò la signora Yamanaka, aggrappandosi alla manica della sua veste.

Nei suoi occhi andavano formandosi già molte lacrime.

“L’intervento è comunque riuscito…” disse infine Tsunade, con grande sollievo di tutti “In questo momento, Sakura sta suturando l’incisione all’addome.”

“Cos’è successo esattamente alla mia bambina?” chiese Inoichi, mentre la moglie si stringeva a lui.

“Le pareti di esofago e stomaco erano danneggiate da gravi lesioni ulcerative e questo ha causato la rottura dello stesso stomaco… è stato un vero miracolo che si sia salvata. Probabilmente, dobbiamo tutto al fatto che è stata ritrovata in tempo e che Sakura le ha prestato un primo intervento.” spiegò, sedendosi su una panca.

Choji sorrise e tirò una pacca a Shikamaru, che era rimasto ammutolito.

“Tuttavia… c’è un problema, come vi dicevo prima. Ci sono state delle complicazioni…” disse d’un tratto la Godaime e il silenzio calò di nuovo tra di loro.

“Il corpo di Ino è alquanto indebolito e malconcio. Quindi, ve lo dirò schiettamente, senza giri di parole: potrebbe non sopravvivere. Le è stata fatta una trasfusione di sangue ed ora la sottoporremo a un ciclo di flebo, ma sarà fuori pericolo solo se supera la notte.” decretò, seria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note personali:

 

Scusatemi immensamente per il mio abominevole ritardo, ma dovevo studiare per gli esami >_<

Comunque, eccomi tornata! Purtroppo questo capitolo mi è venuto un po’ maluccio, soprattutto rispetto all’altro, che era molto più d’effetto… che volete che vi dica? Studiare mi avrà esaurita! Come promesso, ho inserito delle informazioni sull’anoressia. Non ho potuto metterci tutto, perché se no veniva una lettura troppo pesante. Cercherò di farcire di dati il prossimo capitolo! Non voletemene XD

Ah, ho creato un angolino, a cui tengo molto, nella mia pagina autore: in pratica, ho cominciato a recensire le fic più belle che ho letto finora! Alle autrici fa comodo perché è una sorta di pubblicità, a me piace farlo e ai lettori può essere utile, se per caso vogliono leggere qualcosa di interessante, ma non sanno cosa.

Chi vuole, può propormi delle fic da recensire^^

A parte questo, volevo dire altre cose, ma al momento non ricordo cosa…

Beh, il prossimo aggiornamento sarà comunque lento, perché l’università mi impegna troppo adesso, mi spiace >.<

Un ringraziamento speciale a Naima e Nali (per cosa, lo sapete voi).

Grazie a chi ha letto e commentato I need a hug

Infine, grazie a tutti quelli che hanno commentato lo scorso capitolo! I vostri commenti sono preziosissimi: mi danno la carica giusta^_-

Pertanto, un grazie immenso a Queen of sharingan, Sakura03, Sakurina, Talpina Pensierosa, Final Alex, Ayumi, Luna123, Kaho_chan, Reika712, Elwerien, Lee, Seasons_girl e kimi!

Scusate se non rispondo, ma ho fretta di aggiornare! Un bacio a tutte voi!

 

  
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