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Autore: Gilden    22/02/2008    0 recensioni
L'interrogatario fatto da Silente ad Hokey l'elfa domestica rinchiusa ad Azkaban.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Visita ad Azkaban

Visita ad Azkaban

 

 

 

Una fredda goccia di pioggia cadde su una lente fatta a mezzaluna di un occhiale elegantemente portato da un’uomo alto e magro, una lunga barba grigia dondolava come un pendolo, su un mantello di stoffa cangiante e di una tonalità verde smeraldo, ricamato con graziosissimi quadrifogli colorati di un verde più chiaro.

Le quattro del pomeriggio di una tetra giornata di luglio, sembravano le quattro del pomeriggio di un mese perlopiù autunnale; oramai erano più di due ore che questo strano individuo camminava su un sentiero formato da ciottoli di tutte le dimensioni; in lontananza si sentiva uno scuotere di onde, come si sente in una passeggiata sul lungomare; il rumore mano a mano che l’uomo si avvicinava diventava sempre più forte, ad un certo punto il sentiero prima formato solo da pietre rese tonde dall’acqua ora si stava mischiando a sabbia finissima, e di un bianco talmente intenso che sembrava neve.

Ora il mare sembrava vicinissimo, un’enorme masso sbarrava il sentiero, l’uomo ci si avvicinò, tese una mano, quasi svogliato, e pronunciò delle parole in una strana lingua, subito l’imponente ostacolo scomparve, lasciando spazio ad un panorama memorabile, mozzafiato.

Una spiaggia cosparsa della stessa bianchissima sabbia del sentiero, un mare violentemente mosso da un burrascoso vento, e in lontananza un isola, che ospitava su di essa un’enorme edificio, come una grossa fortezza. Urla e lamenti si udivano provenire da quell’edificio, nonostante la notevole distanza, l’uomo si incantò per un attimo a quella vista, sembrava attratto dai rumori e dalle urla, poi borbottò qualcosa, questa volta in lingua comprensibile:

-Meno vengo qui ad Azkaban meglio mi sento.-

Non si aspettava che qualcuno ribattesse alla sua affermazione, invece:

-Giorno Albus, come hai detto?- Questa volta a parlare fu un uomo di media altezza decisamente magro, e con indosso una tunica totalmente nera, che lo faceva somigliare ad un boia, tuttavia senza il cappuccio in testa, aveva il volto bianchissimo e la pelle era raggrinzita, rovinata, come se restare in quel posto ne facesse risentire del suo aspetto, come se gli accelerasse l’invecchiamento.

-Oh! Armand, buongiorno, no nulla parlavo tra me e me.- Disse Albus Silente.

-Quali faccende portano la tua imponente presenza qui ad Azkaban?- Domandò Armand.

-Di nuovo qui a cercare di liberare qualche presunto innocente?- Continuò l’uomo.

Albus Silente, lanciò un occhiata penetrante, attraverso le lenti ancora spruzzate di pioggia, causando preoccupazione nel suo interlocutore, dopo una battaglia di sguardi Armand cedette, e disse:

-Albus il Ministro, Caramell è stato qui, e mi ha ordinato di non farti arrivare alla prigione, non vuole che tu metta più in cattiva luce il ministero, facendo rilasciare detenuti per sentenze errate.-

-Dunque Armand tu intendi obbedire al Ministro, ti avverto non sei un imponente ostacolo tra me e Azkaban.- Disse Silente senza preoccupazione, ma facendo risaltare la minaccia.

-D’accordo Albus ti farò passare, ma mi devi spiegare cosa intendi fare nella prigione!-

-Devo solo interrogare un elfo domestico, ma non ti prometto che se riuscirò a dimostrarne l’innocenza non cerchèrò di riscattarne la libertà.- Rispose Silente.

-Molto bene, sai come arrivarci, però devi farmi un favore, non voglio avere grane, quindi schiantami! Almeno mi devi questo.- Disse Armand in tono deciso.

Silente affondò una mano nella manica del vestito, e con un movimento impercettibile da qualsiasi occhio umano, roteò la bacchetta senza parlare, e l’uomo così simile ad un boia cadde a terra privo di sensi.

A grandi passi il mago si avviò verso la spiaggia, con la bacchetta che teneva ancora in mano, fece apparire un ponte di funi e assi di legno, che collegava la terra all’isola; il ponte era immune al vento e rimaneva saldo e immobile, quasi come se le funi fossero congelate e irrigidite.

Attraversò il ponte fino a giungere sull’isola, interamente fatta di scogli, si arrampicò su di essi dimostrando di possedere ancora agilità, fino a giungere ai piedi dell’altissimo edificio, simile ad una torre triangolare; davanti a lui si ergeva un massiccio portone alto e di legno marcio e deteriorato dal sale dell’acqua, mormorò ad esso una formula nella stessa lingua usata per il masso, e questo si aprì, dando spazio ad un corridoio, che portava al centro della torre, che era vuoto, e sempre triangolare, giunto al mezzo dell’edificio, imboccò una scala, un’enorme scala a chiocciola che potava sino in cima alla prigione, in quello spazio centrale figure incappucciate scivolavano a guardia delle celle chiuse solo da pesanti sbarre di ferro. I dissennatori non si preoccuparono della figura che camminava libera, forse sapevano che era un mago molto potente, e che avrebbe potuto spazzarli via con un solo movimento della bacchetta. Albus silente percorse due giri completi della scala a chiocciola, fino ad arrivare più o meno a metà dell’altezza di Azkaban, si fermò davanti ad una cella, sopra di essa c’era scolpito nella pietra cera il numero 562, e appena sotto sempre scolpito c’era scritto Hokey-condannata per aver assassinato Hepzibath Smith

Il mago pronunciò un’altra formula e la cella si aprì, a quel gesto i dissennatori si precipitarono davanti alla cella, Silente levò la bacchetta e pronuncio: -Expecto Patronum-

Il patronus, una fenice, brillava argentea, e diffondeva un aura immensa, che costrinse i dissennatori ad allontanarsi; gli occhi di tutti i detenuti erano puntati su quello spettacolo insolito, ma Silente non se ne preoccupò, entrò nella cella, e si chiuse la porta alle spalle.

La stanza era poco più grande di un armadio delle scope, e una figura, rannicchiata giaceva in un angolo, era così vecchia e magra che incuteva un misto tra compassione e disgusto, aveva grosse orecchie da pipistrello, e uno straccio a mò di tunica, ma molto più sporco e logoro, che copriva per quanto gli era possibile la creatura; l’elfo domestico non provò alcun interesse per il suo visitatore, non parlava e non diede segno di volere farlo. Il mago diede un colpo di tosse, ma non migliorò l’ostinazione della creatura a non voler collaborare; a quel punto Silente disse con tono dolce:

-Hokey, io lo so che non hai ucciso nessuno.-

Nessuna risposta, allora il mago rassegnato levò ancora la bacchetta, la puntò sull’elfo, e pronunciò sonoramente: -Legillimens.-

Subito l’immagine della cella sfocò, e venne come risucchiata nella pupilla dilatata dell’elfo, e Silente entrò nella sua mente:

Si trovò in un salotto, davanti ad una signora vecchia e molto grassa, si stava puntellando le guance con un grosso pennello, mentre controllava la sua immagine in uno specchio tempestato di pietre preziose; poco dopo le fu ordinato di andare ad aprire la porta, lei e la sia immensa padrona aspettavano un ospite; poco dopo tornò accompagnata da un alto giovane, dopo che il giovane porse dei fiori alla padrona, fu ordinato ad Hokey di andare a prendere i due più importanti tesori, di un infinita collezione, tornò con due scatole di pelle; di li a poco Silente li riconobbe, uno era il medaglione di Serpeverde, e una la coppa di Tassorosso. Dopo che i tesori furono mostrati e fatti esaminare dal ragazzo alto, fu ordinato all’elfa di riporli al solito posto, e con i soliti incantesimi di protezione.

Silente interruppe il contatto, aveva ciò che gli serviva, appoggiò la bacchetta sulla fronte della creatura, spaventata e ancora rannicchiata nell’angolo, e ne estrasse un denso filo argentato, che ripose con cura in una bottiglietta con in tappo di sughero; si avviò verso la porta, e prima di uscire fece una promessa che non mantenne, disse: -Farò in modo di liberarti.-

Chiuse la porta della cella, e mormorò un altro incantesimo nella strana lingua per chiuderla magicamente; il suo patronus volava ancora tra i dissennatori, poi si diresse verso il suo proprietario, e lo accompagnò giù dalla scala, sino ad arrivare al corridoio, e poi alla grossa porta di legno marcio; Silente spezzò l’incantesimo e la fenice d’argento svanì.

Uscito dal portone chiuse anche quello con l’incomprensibile lingua, e si avviò verso gli scogli, che superò con scioltezza, pur essendo in discesa, giunto al ponte lo imboccò velocemente, e in pochi minuti fu di nuovo sulla spiaggia di sabbia finissima; Armand era ancora per terra privo di sensi, in una strana posizione, a pancia in giù e a gambe e braccia distese, come una grossa stella.

Albus Silente lo ignorò, voleva mantenere la parola data, e lo lasciò così, di modo che il ministero non attribuisse la colpa ad Armand. Camminò sino al masso che nel frattempo era riapparso, pronunciò l’incantesimo, quello svanì nuovamente, attraversò il punto dove l’incanto fidelius e quello gnaulante esaurivano il loro effetto, e si smaterializzò; una consueta pressione su tutto il corpo, e in un batter d’occh9io si ritrovò nel vicolo della Testa di Porco, e così si avviò verso la scuola di Hogwharts.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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