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Autore: Michelle Diamonds    18/08/2013    0 recensioni
"Non saprei dire di preciso come finii lì, ma di sicuro era successo qualcosa di strano, straordinario. Il mio telefonino segnava le 13:10, ma l’orologio della stazione dove mi trovavo sosteneva fossero le 12:10. E comunque, non ricordavo nemmeno di essere andata alla stazione. [ ... ] Intorno a me sentivo parlare solo inglese, britannico per la precisione. Era tutto … diverso." (Dal capitolo 1)
Chiara è una studentessa italiana del nostro secolo che si ritrova improvvisamente catapultata nell'Inghilterra degli anni '60. Un fortunato incontro cambierà interamente il corso della sua avventura inglese, tanto che molte più persone potrebbero risentirne.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Nuovo personaggio, Paul McCartney , Ringo Starr
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non saprei dire di preciso come finii lì, ma di sicuro era successo qualcosa di strano, straordinario. Il mio telefonino segnava le 13:10, ma l’orologio della stazione dove mi trovavo sosteneva fossero le 12:10. E comunque, non ricordavo nemmeno di essere andata alla stazione. Sentivo un po’ di freddo: indossavo una maglietta a maniche corte grigia con sopra una felpa dello stesso colore, un paio di jeans scuri e ai piedi avevo le mie sneakers bianche; eppure ricordavo che ci fosse il sole, non che tirasse il vento; dopotutto, a Maggio a Viterbo è più che normale. Tuttavia, mi resi presto conto di non trovarmi nella mia città. Mi accorsi di avere ancora il mio zaino di scuola in spalla, così controllai di avere tutto a presso a me; dentro non c’era molto, avevamo avuto una giornata piuttosto fiacca: il libro di letteratura inglese, block notes, astuccio, portafogli, specchietto, spazzola, fazzoletti, burro di cacao, mascara, elastici per capelli, ipod, caricatore per cellulare, ombrello e il mio giacchetto impermeabile bianco ripiegato. Stavo giusto tornando a casa quando mi sono ritrovata da un’altra parte. Il bello era che era accaduto all’improvviso. Intorno a me sentivo parlare solo inglese, britannico per la precisione. Era tutto … diverso. Persino la gente, vestiva in modo differente.
     Decisi di muovermi per cercare di capirne di più. Mi diressi verso l’uscita della stazione e vidi appeso in un ufficio un calendario. Strinsi gli occhi per vedere meglio e mi accorsi che era effettivamente il 2 Maggio, ma dell’anno 1964. Sbarrai gli occhi. Effettivamente, tutto intorno a me sembrava assomigliare a quell’epoca: le auto, le strade, il modo di vestire. Uscii, per vedere in che città mi trovavo: così, percorsi pochi metri, trovai la risposta. Liverpool.

     Ero capitata nel bel mezzo degli anni ’60 inglesi. Leggere il nome della città che da tempo sognavo di visitare non poté non portarmi a un’ovvia deduzione, anche se in quel momento quello non era il primo dei miei pensieri. Mentre io avevo trascorso quei pochi minuti a raccapezzarmi, avevo attirato gli sguardi curiosi della gente, che mi guardava come venissi da un altro pianeta. O un’altra epoca.
Decisa ad andare in fondo alla faccenda, rientrai in stazione e chiesi informazioni a un sorvegliante:
- Ci troviamo a Liverpool e sono le 12:17 della mattina, per la precisione.
Mi aspettavo una simile cortesia da un inglese, anche se non poteva nascondere un nota perplessa della sua voce.
- Ecco, sono un po’ smarrita e … Perdoni la domanda, potrebbe dirmi per cortesia se poco fa è successo qualcosa di … strano?
- Strano?  – mi rivolse uno sguardo come a dire “Qui quella strana sei tu” – Mi dispiace, posso solo dirle che tra circa cinque minuti arriveranno i Beatles qui in stazione …
- I Beatles???
     Ecco, quel pensiero che poco prima mi aveva solo sfiorato ora rischiava di farmi andare fuori di testa. I Beatles erano il mio gruppo preferito (insieme ai Green Day) da quando avevo all’incirca cinque anni. Quelle voci mi avevano letteralmente incantato e a volte potevano mettere in seria discussione la mia sanità mentale. Come ora, del resto, dato che avevo ormai appurato di trovarmi proprio nell’anno in cui i Beatles erano già famosissimi e in procinto di rilasciare il loro terzo album, A hard day’s night.
- Sì, però se vuole vederli dovrà correre … Anche se penso che sarà piuttosto inutile, scendono dal treno salgono in un’auto, o viceversa. Succede sempre con loro, hanno sempre una folla di ragazze intorno che assorda le orecchie, tanto sono forti le loro urla …
Risvegliandomi con impeto dall’incanto di quella notizia, ringraziai frettolosamente il sorvegliante e corsi via alla velocità della luce.
- Binario 5!! – sentii la voce dell’uomo in lontananza che gridava verso di me. Riuscii a comprenderlo, ma a me, che avevo già visto il film che i Fab Four avrebbero girato di lì a poco, bastava seguire le fan che correvano in un’unica direzione e che aumentavano a ogni passo che facevo. Il pensiero di poter anche intravvedere i Beatles mi assillava e mi faceva correre sempre più veloce, riuscendo anche a superare l’imbarazzo che mi causavano i jeans in mezzo a così tante gonne.
     Arrivai al binario 5, ma la folla era tale che occupava l’intera banchina per diversi metri. Non era saggio infilarsi lì dentro, perciò cercai di spostarmi verso l’esterno. Capii che la mia intuizione era esatta, anche perché tra le fans cominciavano a serpeggiare intuibili novità. I Beatles erano già arrivati, il treno era arrivato in anticipo, anche se di pochi minuti. Continuai a correre e girai a molte svolte in un disperato tentativo. Tuttavia, avevo capito che ormai c’era poco da fare. Sicuramente erano già in viaggio per chissà dove, Londra magari.
     Nonostante questa quasi piacevole parentesi, la mia intenzione rimaneva la stessa che avevo avuto dall’inizio: tornarmene da dove ero venuta. Il pensiero dei Beatles difficilmente avrebbe potuto fermarmi, anche se erano il sogno irrealizzabile di una vita: mi rendevo benissimo conto che erano introvabili e inavvicinabili, come d’altra parte mi ero sempre immaginata. Eppure trascuravo il fatto che non avevo la minima idea di come andarmene via dagli anni ’60 per tornare nel 2013. In sintesi, mi trovavo in una situazione abbastanza disastrosa.
     All’improvviso, qualcuno decise di svegliarmi di nuovo dai miei pensieri; o meglio, lo volli io, dato che andai a sbattere addosso a uno sconosciuto, e l’urto rischiò quasi di farmi cadere.
- Ehi, tutto bene? – mi chiese.
- Sì sì, mi scusi, avevo la testa tra le nuvole …
In quel momento, alzai gli occhi (non saprei dire se fortunatamente o malauguratamente) e mi trovai davanti un volto conosciuto che mi mozzò le parole in gola.
- P-P-Paul McCartney??
Ero incredula. Penso che una persona normale avrebbe urlato in un simile momento, ma non era mia abitudine; lo stavo solo fissando, ormai convinta che una simile assurdità fosse frutto solo di un sogno, quando vidi gli altri tre che sbucavano da dietro le spalle di Paul.
- Come stai? – mi chiese John.
- B-bene … - balbettai.
-Sembra tu sia una nostra fan! – rise George.
- Sì … E credo proprio di essere diventata pazza … - mormorai.
Paul, John e George si scambiarono un’occhiata perplessa, mentre Ringo probabilmente pensava davvero di telefonare a un manicomio, visto il modo in cui mi fissava.
- Non sei di qui? – mi chiese di nuovo John.
- No, infatti … E’ che … Bah, storia lunga. Sinceramente, non ci capisco niente nemmeno io.
Improvvisamente sentii delle urla in lontananza, che crescevano sempre di più. Riconobbi negli occhi dei quattro quello che speravo non fosse.
- Oh, no! – esclamò Paul.
- Dai muoviti, o non ce la facciamo a prendere il treno! – mi gridò George, prendendomi la mano e fuggendo via al seguito di John.
- Corri, Ringo! – gridò Paul, venendoci dietro.
In un lampo, fummo sul treno tutti e cinque. Nel giro di pochissimo, mi ritrovai seduta sulla poltroncina di un treno che correva verso chissà dove, circondata dai Beatles. Probabilmente trascuravo la mia priorità di tornare a casa, ma, considerato il fatto che non sapessi minimamente dove mettere le mani, quel viaggetto con i miei miti di sempre non poteva certo nuocermi. Guardai fuori e fissai il mio riflesso per un secondo. Nonostante mi rifiutassi di credere in quella assurda situazione, ero quasi al settimo cielo. Forse era proprio quell’assurdità che mi faceva sentire stranamente libera da ogni vincolo, come se in quel momento avessi potuto seguire qualsiasi via avessi scelto.
  
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