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Autore: Pervinca Potter 97    18/08/2013    2 recensioni
Ogni anno per tutta Panem in attesa dei nuovi Giochi vengono trasmessi in televisione i pezzi migliori delle edizioni precedenti.
Finnick Odair e il suo tridente, per intenderci. Willow Buffet e la sua accetta. Enobaria Bell ed i suoi denti.
Ma ci sono edizioni di Hunger Games che mancano all'appello, anno dopo anno.
Gli abitanti di Capitol City sono troppo distratti da quisquilie e quelli dei Distretti troppo assorti nel lavoro o nel dolore per notarlo.
Le edizioni perdute, o edizioni fantasma, stanno andando estinguendosi anche nella mente degli uomini più brillanti. Come Capitol City ha voluto che accadesse.
Abernathy, al cinquantesimo anno degli Hunger Games, con il suo campo di forza.
Lilian, che tradì il proprio distretto per progetti più grandi.
Francis, il bambino del distretto 3 che piangeva troppo.
Benedict, che vinse imbattuto diventando un perdente.
Tutti gli anni fantasma, raccontati passo dopo passo, capitolo per capitolo.
Per non dimenticare.
Genere: Drammatico, Guerra, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Altri tributi, Tributi edizioni passate
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Prima Edizione
Jack nell'arena dei soli





Che i primi Hunger Games abbiano inizio!
Nessuno aveva davvero idea di cosa aspettarsi. Per tutta la settimana precedente all'inizio vero e proprio del gioco si era parlato di corni, di armi ed assassini, ma per tutti i tributi quelle parole non erano significate molto.
Alcuni a dire la verità speravano, in modo molto infantile, di svegliarsi di colpo da tutta quella faccenda, come da un incubo brutto ed irreale.
Altri, già abituati al massacro dalla guerra appena conclusa, avevano dato il meglio di sé nelle interviste e negli allenamenti per sperare di vincere, ignorando di assecondare in questo modo il volere del loro vero nemico.
Altri ancora credevano che Capitol City stesse semplicemente scherzando con i sentimenti della loro gente, e che in realtà sapesse che lo spavento inflitto ai distretti al solo pensiero di un'istituzione tanto disumana sarebbe bastato a calmare una volta per tutte gli animi della ribellione.
Jack Elias, distretto 2, apparteneva a quest'ultima categoria.
Di soli sembravano esserne sorti dieci, la prima mattina della prima arena della Storia.
Nessuno dei ventiquattro tributi, trasportati dall'hovercraft su una piattaforma rotonda d'acciaio, riusciva a vedere al di là della punta del proprio naso senza chiudere almeno tre volte le palpebre, infastidite dall'accecante luminosità.
Presi dall'agitazione e da attacchi di panico, tre tributi scesero dai loro posti prima del tempo, infrangendo così una delle pochissime regole dette loro il primo giorno di allenamento.
La regola dei sessanta secondi. Per calmarsi e cominciare tutti insieme.
Boom, boom, boom.
Le tre esplosioni provocarono non poche grida. Jack Elias sentì la propria gamba sporcarsi del sangue unticcio di quel genio di tributo al suo fianco, che si era precipitato verso terra per primo.
Jack fu costretto a ricredersi in fretta su Capitol City, mentre i tre colpi di cannone dei frettolosi morti riecheggiavano nell'aria, ancora prima del bagno di sangue.
La città non scherzava affatto, quello non sarebbe stato un gioco.
O almeno, non per lui.
Molto, molto tempo dopo la curiosità avrebbe preso il sopravvento su di lui e avrebbe scoperto che a morire per primi, esplodendo con la piattaforma, erano stati la bambina del 7, la ragazza del 12 e il ragazzo del 10.
Una volta dato volto a quei tre sconosciuti non si era più sentito di definirli idioti.
Anzi aveva cominciato ad invidiarli per essere usciti fuori ancora prima che il vero inferno cominciasse.
Perché tutti erano veramente caduti preda di un incubo alla fine. Ma nessuno aveva potuto risvegliarsi.
Il gong suonò ma l'atmosfera ci mise un po' a riscaldarsi. La luce sembrava essere diminuita ma guardarsi attorno con gli occhi spalancati risultava comunque molto difficile.
Jack azzardò un passo verso l'ignoto incappando in un vero e proprio colpo di fortuna: la sua scarpa di gomma infatti calpestò e ruppe una lente di un bel paio di occhiali.
Raccattandoli e intuendo il loro scopo, senza riuscire a trattenere un sorriso di gioia se li mise addosso ed attraverso la lente sana riuscì a prendere consapevolezza di quanto lo circondava.
I venti avversari rimasti ciondolavano tutti a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro, coprendosi il volto con le mani. Sembravano degli zombie con il mal di pancia. Ai loro piedi stavano diversi paia di occhiali come quelli che lui aveva indosso, ma nessun altro per il momento era riuscito a vederli, tantomeno a metterci mano.
Decise di rubarne il più possibile, probabilmente erano contati ed il suo paio scassato poteva essere utile fino ad un certo punto. S'inginocchiò e si costrinse a gattonare, a carponi come un bambino, per quanto la situazione lo umiliasse e si sentisse incerto sul proprio futuro.
Appena afferrato un paio decente, non molto lontano da dove era partito, si tolse i propri occhiali e distrusse con il gomito anche la lente sana. Una scheggia di vetro gli penetrò la pelle, dovette mettersi l'intero pugno in bocca per non gridare.
Si alzò di scatto, la vista che andava annebbiandosi per l'azione fulminea e per il dolore.
Camminò alla cieca per qualche istante, con l'intento di distruggere con le scarpe più occhiali possibili e non scontrarsi con gli altri tributi.
Capitol City intanto si stava annoiando, gli ascolti stavano cominciando gradualmente a calare. Lo show degli zombie era stato simpatico, ma gli abitanti provati dalle sofferenza della guerra volevano di più.
Volevano sangue.
Gli Strateghi cominciarono a sudare freddo, non era previsto che dovessero, per accelerare le cose, lanciare ibridi così presto.
Poi successe.
Jack Elias, ormai già segnalato come colonna portante dei primi giochi e centro di tutte le scommesse, si riprese dallo sbalzo di pressione.
Anche se tutti i danari dei civili ricadevano su di lui, il suo undici alla sessione con gli strateghi e la sua forza bruta, alla gente il tributo del distretto 2 non piaceva.
I distretti uno due e quattro erano stati infatti il volto della guerra da poco conclusa, la rabbia e l'energia che aveva contagiato e permesso una rivolta in tutti gli altri distretti.
Quello stesso ragazzo avrebbe potuto benissimo essere un soldato ammazza bambini solo pochi mesi prima.
Ma davanti alla possibilità di arricchirsi i frivoli cittadini avevano poco da fare i sensibili.
Il Presidente e le persone che in quei giochi contavano davvero si ritrovarono invece con le mani legate, tra il desiderio di distruggere i tributi di quei distretti ma la consapevolezza di deludere in questo modo le aspettative del pubblico.
Intanto Jack Elias si era ripreso.
Un istinto quasi animale, una voglia incontenibile lo spinse a lottare e dare inizio per davvero alla prima edizione degli Hunger Games.
La voglia di ritornare a casa.
Spinto da essa si affrettò verso la Cornucopia, che riusciva a vedere in modo chiaro ed in tutta la sua interezza.
Notò una lunghissima lancia a doppia lama spuntare fuori dalla bocca: era stata progettata per Gerard, la bestia del primo distretto che aveva preso il massimo dei punti alla sessione, ma faceva anche a caso suo.
Si affrettò ad afferrarla e si guardò intorno, domandandosi chi uccidere.
Optò per quelli che avevano preso i punteggi più bassi, un po' per averla vinta facilmente e un po' anche per risparmiare loro qualunque cosa terribile fosse venuta dopo.
Infilzò l'asmatica del 3 e tagliò la gola al quindicenne del 12, caduti a carponi nel tentativo di coprirsi gli occhi. Lanciò l'arma verso una indefinita piccola ombra che tentava di scappare, uccidendo così il maschio del sesto distretto.
Avrebbe continuato il suo massacro personale non fosse stato per il fischio.
Era iniziato infatti a risuonare con il vento un fastidiosissimo rumore di provenienza incerta.
Prese consapevolezza di quanto aveva fatto, e tappandosi le orecchie corse via da lì, tra il dolore e fastidio, mollando a terra la sua preziosa arma.
Alle spalle, mentre correva via verso quella che sembrava una foresta, cominciò a sentire grida e rumori di morte.
Qualcun altro doveva aver trovato il paio di occhiali.
Era quasi giunto all'entrata della foresta quando un urlo più forte lo spinse automaticamente a voltarsi. Non era un urlo di dolore, piuttosto una lunga emissioni di vocali che lo riguardavano. Lo stavano chiamando.
«J A AA AAA A A A A CK! JAAAACK EEELIA AAA AA AS!»
Una ragazza gli stava correndo incontro, la sua lancia in mano: la stava agitando impazzita, a destra e a sinistra come un giocattolo. Jack si nascose terrorizzato dietro ad un grosso albero dai rami frondosi.
Era disarmato, non avrebbe avuto alcuna possibilità di sopravvivenza nello scontro diretto, sebbene la ragazza sembrava non avere evidentemente nessuna dimestichezza con l'arma.
«Non voglio ucciderti! Non ora almeno! Ho una cosa interessante da dirti!» aveva preso a gridare lei, rallentando il passo. Lo aveva perso di vista.
Ora che aveva smesso di correre e la sua voce si era fatta più chiara Jack poté riconoscerla.
I lunghi, lunghissimi capelli neri della ragazza corrispondevano a nome Elena, del distretto 1. Una ragazza estroversa e solare ma molto impacciata nei movimenti. Dubitava che sarebbe riuscita ad ucciderlo al primo colpo.
«Cosa sarebbe questa cosa interessante?» decise di urlare in risposta, per poi cambiare in fretta albero.
Scoprì di avere fatto una mossa abbastanza inutile. Il vento soffiava infatti nell'arena in maniera irregolare ed imprevedibile, impedendo di poter stabilire da dove un suono prendesse origine.
Elena aprì bocca, dopo essersi guardata attorno un paio di volte, ma prima che potesse rispondere Jack gli rivolse un'altra domanda.
«Come mai te ne sei andata dalla Cornucopia? Hai sentito il fischio?»
«Fischio? Quale fischio? Comunque no, avevi perso la tua lancia e appena trovati gli occhiali ho preferito riportatela insieme ad un paio di informazioni interessanti, per chiederti un grosso favore.»
Mentre il presentatore del primo anno di Hunger Games si affrettava a spiegare che il fischio non era stato sentito da Elena perché diretto esclusivamente al troppo frettoloso Jack, quest'ultimo rimuginava su quanto la ragazza gli aveva appena detto. Sembrava sincera, e decise di credergli.
«Che genere di favore?»
«Sono molto brava con i coltelli, è da una vita che sgozzo bestiame, ma pur avendoli cercati non sono riuscita a trovarli alla Cornucopia. Ho come l'impressione che siano dentro al corno. I nostri compagni di distretto hanno preso il largo disarmati una volta che tu hai iniziato ad affettare la gente. Mi chiedevo se con la lancia potessi andare a fare fuori i tributi rimasti lì procurandomi le mie armi. In cambio, ti dirò una cosa abbastanza interessante sull'arena e non ti ucciderò una volta messo mano su quei coltelli.» Elena fece un respiro profondo, soddisfatta di essersi spiegata così bene. «Solo per questa volta.» Si sentì in dovere di aggiungere.
Jack non se lo fece dire due volte, balzò fuori e con uno scatto corse verso di lei, strappandole la lancia dalle mani.
Per un momento gli balenò in mente di ucciderla, ma la curiosità stroncò quel pensiero sul nascere.
Jack Elias era sempre stato un bambino piuttosto curioso.
In pochi minuti era tornato alla Cornucopia, poco prima che i cannoni suonassero e gli hovercraft portassero via i cadaveri di sei tributi. Evidentemente qualcun altro si era messo all'opera.
Metà dei concorrenti eliminata in un giorno, avvenimento che Capitol City avrebbe fatto in modo che non si ripetesse mai più.
Non dovette uccidere nessuno per conquistare i coltelli: presi anche un paio di piccoli zaini e una nuova lancia per sé tornò indietro.
«Togliti gli occhiali, solo per qualche secondo.» fu la prima cosa che disse Elena accarezzando i manici del piccolo e ben fornito set portatole.
Jack lo fece, scoprendo una luce notevolmente diminuita ma ancora insopportabile.
«C'erano ventiquattro soli, al nostro arrivo. Hai sentito i cannoni. Ora ne sono rimasti dodici. Uno per ogni tributo.» gli disse Elena, placida. Jack si sorprese della sua calma.
«Sei molto sveglia.» commentò semplicemente, pensando a come in questo modo Capitol City li spingesse ad uccidere per poterci vedere.
Gli occhiali infatti provocavano alla lunga un forte senso di nausea.
«Grazie. Ti concedo dieci minuti di distacco come bonus.» rispose Elena, d'un tratto acida, voltandosi per inoltrarsi nel bosco.
«Fermati.» le disse inaspettatamente Jack «tu sei brava con i coltelli ed io me la cavo con le lance. Mio nonno mi allena a lanciarle da quando ero bambino, se può bastarti. Che ne dici di allearci per uccidere quanti hanno fatto fuori tutti quei tributi?»
Elena ascoltò interessata, ma parve soppesare quella proposta anche più del dovuto.
Non era sicura che fosse la scelta migliore, ma d'altronde non c'era neppure nessuna regola che lo vietasse. Da sola poi non ce l'avrebbe mai fatta agli inizi, non con così tanti bestioni pronti a spezzarle il collo. Lei giocava di astuzia, avendo un corpo magro e gracilino.
Così il presentatore fu costretto ad improvvisare davanti a tutta Panem, dicendo che certi elementi erano partiti favoriti rispetto ad altri per lo stile di vita tipico del loro distretto (Favoriti li aveva definiti e Favoriti erano rimasti) mentre Jack ed Elena si scambiavano una stretta di mano consacrando così la prima alleanza della storia degli Hunger Games.
Alleanza non prevista, e che il presentatore si affrettò a descrivere come espediente degli Strateghi per rendere gli Hunger Games ancora più cruenti e tenere sempre vivo l'ammonimento contro la guerra, anche a distanza di anni.
Ma non era vero, e lo avevano visto tutti.
Era stata un'iniziativa di Jack Elias.
I due nei giorni seguenti riuscirono insieme ad ammazzare quattro tributi dei distretti periferici, prima che una trappola consistente in una tana di talpe ibrido riuscisse ad afferrare con i denti la gamba di Elena.
Jack tentò addirittura di tagliarla per così liberarla, ma la furia degli animali la portarono dentro il loro buco prima che ci riuscisse.
Pianse tutta la notte, se di notte si poteva parlare, con sette palle di luce sempre accese nel cielo.
Il giorno dopo, la sua furia risuonò da tutte le parti del l'arena, e la sua lancia trafisse da parte a parte anche la testa di Richard, tributo maschio del 4 con lui in cima alle classifiche.
Quando l'hovercraft lo portò a casa, il primo vincitore della storia, tra feste ed interviste Jack scoprì che non esisteva più una famiglia da cui tornare.
Un incendio aveva raso al suolo tutta la zona dove era cresciuto.
Jack Elias perse definitivamente la sua voglia di curiosare, capendo cosa dietro a quelle fiamme si fosse veramente nascosto.
Visse a Capitol City il resto dei suoi giorni, decise di vivere in solitudine in una casa totalmente oscurata: era finito per odiare qualunque fonte di luce.
Solo una volta all'anno era costretto ad uscire, per partecipare ai giochi sotto una veste speciale, cucita apposta per lui.
«Farai il mentore, visto che ti piace così tanto allearti con le persone.»
Usciva solo una volta all'anno. Disperato. Con una benda sugli occhi.



PP Space

E niente, l'ispirazione per questa fan fiction mi è venuta leggendo di Katniss che non si ricorda di aver mai visto in televisione la replica dell'edizione di Haymitch.
Chissà quanti anni di Hunger Games Capitol City ha censurato, perché sapevano troppo di ribellione o perché andavano contro ciò che loro volevano, ossia contro il vero nemico?
Spero di riuscire a soddisfare tutta la vostra curiosità, sana e più che lecita ma che a volte, come ad esempio per Jack, sfocia in sorprese del tutto spiacevoli.
Mi auguro che quanti hanno letto, e che ringrazio calorosamente, abbiano colto il significato del titolo.
L'arena dei soli, le stelle che tanto perseguiteranno Jack in vita, ma anche dei "soli" le persone "sole" che Capitol City voleva ci fossero.
Non fosse stato per Jack, parecchi tributi in futuro senza alleanze avrebbero perso la vita.
Come Peeta Mellark, per esempio.
Se vi è piaciuta, ma soprattutto se non vi è piaciuta non esitare a recensire, ho assolutamente bisogno di pareri per migliorare il mio stile :)
Un caro saluto, a presto!
  
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