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Autore: dahbanana    18/08/2013    5 recensioni
Aria Stewart era esattamente il tipo di ragazza che pensava fosse meglio non creare delle aspettative su nulla e poi sorprendersi, invece che crearne per poi rimanere delusa.
Aveva anche una sorellina minore alla quale era molto legata, Emma Stewart, una bambina solare ed iperattiva, il cui sorriso sarebbe stato capace di far cessare una guerra.
~
“C'era stato un tempo, in cui gli Stewart erano considerati la famiglia perfetta.
La tipica famiglia che si vedeva nelle pubblicità della mulino bianco: felice, armoniosa ed unita.
E da un giorno all'altro, quella felicità e quell'armonia erano scomparse, lasciando spazio ad un dolore immenso e ad una paura ancora più grande.
Quando quel pomeriggio, Amanda Stewart aveva deciso di portare Emma all'ospedale, non sapeva a cosa sarebbe andata incontro. Non immaginava nemmeno che il risultato della diagnosi sarebbe stato quello. La loro vita era troppo perfetta e la loro famiglia troppo felice perché succedesse proprio a loro. Non riusciva a capacitarsene, eppure era così: Emma aveva la leucemia."
* Alcuni dialoghi della storia, sono stati ispirati al film di Nick Cassavetes "La custode di mia sorella" *
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 3

 


Aria camminava per le vie di Londra, stringendosi maggiormente nel suo cappotto verde bosco mentre una leggera pioggerellina prendeva a cadere sulla città.
Accelerò il passo, dopo aver alzato lo sguardo verso un cielo che non prometteva davvero niente di buono, cominciando a sperare di riuscire a raggiungere la biblioteca prima che arrivasse il vero e proprio temporale.
Doveva vedersi con Dean, Gwen e Jack, tre suoi compagni di corso, per fare un compito che il professor Lewis aveva espressamente chiesto fosse svolto in gruppo.
Aria non amava particolarmente i lavori di gruppo, preferiva di gran lunga non dover dipendere da nessuno e fare le cose da sola, a modo suo, ma quella volta non aveva avuto scelta e dopotutto doveva ammettere che non le fosse nemmeno andata tanto male, anzi.
Dean Butler, un simpatico ragazzo dalla battuta sempre pronta e un quoziente intellettivo parecchio elevato, era uno dei pochi con cui era riuscita a stringere una specie di rapporto da quando era entrata alla facoltà di medicina.
Gwen Cox, nata a San Francisco e trasferitasi a dodici anni in Inghilterra, era una ragazza decisamente strana, e forse era per quello che ad Aria era stata simpatica fin dal primo momento, e forse anche il motivo per cui quando si erano conosciute al liceo, erano diventate migliori amiche, decidendo poi di frequentare anche la stessa Università. Con i suoi capelli tinti rosso fuoco, il suo abbigliamento eccentrico, la sua iperattività e il suo carattere esplosivo era addirittura riuscita a convincerla, dopo essersi ubriacate per la prima volta assieme quando avevano sedici anni alla festa di Luke Hill, il ragazzo più bello e popolare della scuola, a farsi un tatuaggio uguale che avrebbe voluto rappresentare la loro eterna amicizia.
Inutile dire che al risveglio, la mattina seguente, Aria avesse dato in escandescenza. Come sarebbe riuscita a spiegarlo a sua madre?
Le aveva tenuto il muso per due giorni e sei ore, ma Gwen alla fine, come sempre del resto, era riuscita a farsi perdonare. Dopotutto l'americana, oltre ad averla sempre cacciata nei guai più grandi della sua vita, era anche una delle poche persone ad esserle rimasta di fianco quando la notizia della malattia di Emma era sopraggiunta nella sua vita, incasinandola e facendo si che Aria si chiudesse in se stessa.
Jack Harvey invece, conosciuto per la sua fama da don giovanni e la sua bellezza incomune, non era esattamente il tipo di persona che Aria amava frequentare, ma dopotutto non poteva certo essere tutto perfetto.
Finalmente, proprio mentre la pioggia cominciava a farsi sempre più forte, raggiunse la British Library. Aprì le pesanti porte in legno, rabbrividendo per il contrasto con il leggero tepore dell'interno e prendendo a guardarsi intorno, alla ricerca dei suoi compagni di studio.
Al centro dell'enorme sala colma di alti scaffali pieni di libri, riuscì a scorgere la chioma rosso fuoco di Gwen, la quale sembrava essere nel bel mezzo di un'animata discussione con un Dean particolarmente infastidito. Alla vista di quella scena, Aria non riuscì a fare a meno di alzare gli occhi al cielo sorridendo divertita, mentre li raggiungeva al tavolo su cui erano seduti.
Era incredibile come quei due bisticciassero sempre. Sembravano proprio due bambini.
La cosa ancora più assurda però, era che da quando aveva conosciuto Dean, Aria l'aveva da subito catalogato come un ragazzo estremamente equilibrato e pacato, che prima di parlare ci pensava almeno cento volte e difficilmente si arrabbiava con qualcuno. Eppure in presenza della rossa sembrava diventare un'altra persona, altamente irritabile.
«Sta zitto!» esclamò Gwen fulminando Dean con lo sguardo, mentre la mora prendeva posto al tavolo salutando tutti, incluso Jack che completamente indifferente a ciò che lo circondava, continuava a mandare messaggi con il suo cellulare di ultima generazione.
Dean rivolse alla rossa un'occhiata decisamente irritata, prima di voltarsi verso la sua amica salutandola. «Finalmente sei arrivata, non ce l'avrei fatta a reggere nemmeno un altro secondo insieme a questa qua.» borbottò riferendosi a Gwen, che per tutta risposta gli tirò un calcio da sotto il tavolo, facendogli emettere un urlo strozzato.
La bibliotecaria, che cominciava seriamente ad arrabbiarsi, gli intimò per la millesima volta di stare in silenzio, con la minaccia che se non avessero smesso li avrebbe cacciati.
Aria quindi, trattenendosi dallo scoppiare a ridere, cercò di ristabilire la quiete per poter cominciare a svolgere il compito di immunologia che avrebbero dovuto consegnare la settimana seguente.

 

***

 

Verso il pomeriggio tardi di quella stessa fredda giornata, Harry Styles si recò al Royal Marsden Hospital a fare visita ad Emma, ma quando ebbe raggiunto la sua camera, il lettino era disfatto e la stanza vuota. Nessuna traccia della bambina.
Il cantante allora si diresse verso la stanza dov'erano riuniti i giocattoli e dove i bambini ricoverati, spesso andavano a svagarsi.
Anche lì però, nessuna traccia di Emma.
Stava per chiedere aiuto ad una vecchia infermiera, quando scorse dei boccoli biondi dalla finestra.
Aveva smesso di piovere da qualche ora, e lei se ne stava seduta in terrazza, ad osservare il cielo, con indosso solamente il suo camice bianco candido.
I capelli non erano ancora cominciati a caderle, anche se ben presto sarebbe successo.
Il ragazzo uscì dalla porta finestra, raggiungendola.
Si tolse la giacca e gliel'appoggiò sulle spalle, facendola sussultare.
Quando si accorse di chi fosse però, Emma sorrise.
«Ciao piccolina.» la salutò il riccio sorridendole di rimando «Fa freddo, come mai sei qui fuori tutta sola?» le chiese, accostando una sedia a quella della bambina e sedendosi.
Emma si strinse nelle piccole spalle «Harry tu sei già stato dappertutto?» gli chiese con quell'innocenza tipica dei bambini, deviando la domanda e voltandosi verso di lui «Intendo, in ogni posto del mondo?»
Harry scosse il capo, facendo muovere i suoi capelli ricci, un po' troppo lunghi. «No.» le rispose «Non proprio tutto, ma sono già stato in tanti posti» sorrise.
Emma annuì impercettibilmente, voltando lo sguardo verso un punto lontano nell'orizzonte.
Il cielo quel pomeriggio tardi, dopo essersi liberato dei nuvoloni che lo oscuravano, si era colorato di un azzurro scuro, ma allo stesso tempo vivace. Dove stava tramontando il sole però, attraverso una schiera di palazzi ed edifici commerciali, diventava simile al magenta e tutto lo spazio intorno, si colorava di arancione. Arancione come le arance che crescevano nel frutteto vicino alla casa della nonna di Emma ed Aria. E poi c'erano le nuvole, che a seconda che si trovassero dov'era blu o dov'era rosa, erano rispettivamente più chiare e di un viola scuro.
«C'è un posto che ti piacerebbe conoscere?» gli chiese poi la bambina, continuando ad ammirare quel cielo, e quelle nuvole.
Harry si strinse nelle spalle, storcendo le labbra, pensieroso. «Penso il Brasile... ho sempre voluto visitare Rio de Janeiro, dicono che sia uno dei posti più belli del mondo.» le confidò alla fine. «Tu?» le domandò, voltandosi ad ammirare il suo profilo delicato e puerile.
I boccoli di un biondo vivo, quasi brillante, le ricadevano morbidi sulle spalle. Gli occhietti verdi, puntati su un punto indefinito, erano i più vivaci ed espressivi che avesse mai visto in tutta la sua vita. E pensare che lui di occhi, ne aveva visti a migliaia con tutte le persone che aveva incontrato, specialmente da quando era diventato uno dei membri dei One Direction. Eppure come quelli di Emma non ne aveva mai visti, nemmeno di simili. Sembrava quasi che con uno sguardo, Emma, fosse capace di raccontare delle storie, o meglio, una storia. La sua storia.
«A me piacerebbe andare in un paesino sperduto del Giappone, in primavera, per vedere se é vero che esistono certi colori nel mondo, e se è vero che i ciliegi lì son così belli come dicono.» rispose mentre gli occhi cominciavano a brillarle.
Nel sentire la risposta di Emma, Harry rimase incantato da tanta profondità nelle parole di una bambina di soli sette anni e allo stesso tempo, lo fece sentire come se la sua di risposta fosse stata incredibilmente stupida ed insignificante rispetto alla sua.

 

***

 

«Ok, credo che per oggi possa bastare.» sospirò Dean, appoggiandosi allo schienale e passandosi una mano fra i capelli biondo cenere spettinandoli, mentre Jack che stranamente si era dimostrato utile, lasciando da parte il cellulare e collaborando nelle ricerche di informazioni per la formulazione della tesi di immunologia, si stiracchiava facendo tendere leggermente la camicia a quadri che indossava, mettendo in evidenza il suo corpo muscoloso.
Gwen si stravaccò sul tavolo, appoggiando la faccia su alcuni libri e sbuffò stravolta, chiudendo gli occhi. «Finalmente. Non vedo l'ora di sdraiarmi sul mio letto e dormire per un minimo di dodici ore.» borbottò, facendo ridacchiare Aria e alzare gli occhi al cielo a Dean. «Esagerata» tossicchiò, facendole alzare la testa di scatto «Rompi palle» tossicchiò a sua volta, imitandolo e rivolgendogli un'occhiata di sfida, ma prima che ricominciassero a litigare Aria si alzò, attirando la loro attenzione. «Ragazzi io devo andare, ci vediamo giovedì alla stessa ora?» domandò mentre infilava gli ultimi libri in borsa, ricevendo risposte affermative.
Dunque salutò tutti, prima di dirigersi verso l'uscita della biblioteca. Stava scendendo la scalinata, pronta a raggiungere la metro che l'avrebbe condotta direttamente in ospedale dove avrebbe fatto una visita ad Emma, quando si sentì chiamare.
Si fermò, voltandosi ed incontrando due iridi grigie.
«Jack? Che succede?» gli chiese riprendendo a camminare quando il ragazzo l'ebbe raggiunta.
Il moro si strinse nelle spalle muscolose, spettinandosi leggermente i capelli con una mano ed infilando l'altra in tasca. «Dove vai?» le chiese a sua volta, voltandosi ad osservarla. Doveva ammettere che Aria Stewart era proprio una bella ragazza, con quei capelli scuri e lucenti che le ricadevano morbidi sulle spalle, la pelle diafana e due occhi azzurri come il cielo belli da togliere il fiato si sorprese di non averla mai notata prima di allora.
«Al Royal Marsden Hospital» rispose asciutta, continuando a camminare a passo svelto.
Erano le sette e mezza di sera e se non si fosse sbrigata avrebbe trovato Emma addormentata.
«Wow, é davvero lontano» constatò il ragazzo.
Aria si strinse nelle spalle «Non ci vado a piedi, Jack.»
«No, infatti. Ti do un passaggio io, tanto devo vedermi con degli amici in un locale che si trova da quelle parti.»
A quelle parole la mora si bloccò in mezzo alla strada, presa completamente alla sprovvista. Jack Harvey le aveva appena offerto un passaggio? Da quando erano passati dal parlarsi a mala pena all'offrirsi dei passaggi in auto?
«Non serve, davvero. A meno di due isolati c'è la metro che mi porta direttamente davanti all'ospedale, non c'è bisogno che ti disturbi.»
«La mia macchina invece é parcheggiata dall'altra parte della strada, e non sei di alcun disturbo quindi é deciso, ti accompagno.» sentenziò prima di sorpassarla, attraversando la strada.
Aria rimase interdetta ed indecisa sul da farsi. Con la metro ci avrebbe messo sicuramente troppo tempo e rischiava di non riuscire a vedere Emma, mentre se avesse accettato il passaggio sarebbe arrivata in una ventina di minuti al massimo.
«Allora? Hai intenzione di rimanere lì ferma o ti decidi a venire?» le chiese Jack, voltandosi nella sua direzione mentre apriva lo sportello della sua Mercedes decapottabile.
La mora tentennò ancora un attimo, ma alla fine cedette, raggiungendolo di corsa, prima che il semaforo diventasse rosso.
«Grazie» esordì Aria non appena ebbero raggiunto l'ospedale, mentre si slacciava la cintura.
Avevano trascorso tutto il viaggio in silenzio, tranne per qualche occhiata curiosa di sottecchi che si erano rivolti quando l'altro era rigorosamente impegnato a guardare altrove.
«Figurati» Jack le rivolse un mezzo sorriso affascinante che avrebbe di certo fatto perdere la testa alla maggior parte delle ragazze, ma non ad Aria.
La mora fece per scendere dall'auto, venendo però bloccata dal ragazzo per un polso. Gli rivolse un'occhiata interrogativa e lui si affrettò a spiegarsi. «Una mia amica da una festa questo sabato, ci sarà anche gente famosa, se ti va di venire...»
«Grazie dell'invito Jack, ma non credo che verrò, le feste non fanno per me.» lo interruppe prima che potesse finire, rivolgendogli un sorriso di scuse.
Il ragazzo le mollò il polso delicatamente, inarcando un sopracciglio e piegando le labbra in un'espressione fra il sorpreso e il divertito. Quella ragazza era proprio strana. Non gli era mai capitato che qualcuna rifiutasse un suo qualsiasi tipo di invito e quello non fece che accrescere la sua curiosità nei confronti della mora.
Annuì, facendo ripartire il motore. «Ti mando un messaggio con indirizzo e orario, in caso cambiassi idea.»

 

***

 

Il cantante aveva riaccompagnato Emma nel sua camera, proprio mentre Amanda Stewart tornava da una commissione che proprio non era riuscita a rimandare né tanto meno annullare, la quale lo ringraziò per essersene preso cura. Aveva lasciato Emma insieme a Louise, una vecchia infermiera del reparto che le aveva assicurato che l'avrebbe tenuta d'occhio, ma a quanto pare doveva ringraziare che Harry fosse venuto a farle visita, se no la sua bambina sarebbe molto probabilmente rimasta sola. Si sarebbe sicuramente ricordata di non fidarsi più di quell'infermiera.
Il riccio diede un'occhiata all'ora che segnava il suo cellulare, accorgendosi di essere in ritardo per la cena con i ragazzi. Rivolse educatamente un saluto alla signora Stewart, e lasciò un bacio delicato sulla fronte della bambina promettendole con un sorriso dolce che sarebbe tornato presto a visitarla.
Emma sorrise a sua volta felice e Harry le accarezzò una guancia, prima di salutare un'ultima volta ed uscire dalla camera, dirigendosi all'uscita dell'ospedale, verso il parcheggio.
Non appena fu uscito, l'aria fredda lo investì prepotente e il cantante si strinse maggiormente nel cappotto, prima di infilarsi un berretto di lana in testa, quando la figura di una ragazza intenta ad uscire da una Mercedes decapottabile alla cui guida stava un ragazzo, attirò la sua attenzione.
Ci mise circa diciassette secondi a riconoscerla, per poi sorridere sardonico, muovendo dei passi in sua direzione mentre l'auto ripartiva velocemente.
«Ehi Becky» la salutò sbagliandone il nome propositalmente.
Nel riconoscere quella voce la mora alzò gli occhi al cielo, voltandosi poi verso il suo proprietario.
«Mi chiamo Aria» lo corresse seccata, facendolo ridere divertito.
La ragazza sbuffò infastidita. «Cosa ci fai qui?»
«Sono venuto a visitare Emma.» il riccio si strinse nelle spalle, recuperando subito dopo il suo sorriso beffardo «Tu invece? Ti sei fatta accompagnare dal fidanzatino dopo una cenetta romantica?» la canzonò con aria divertita.
«Fidanzatino? Ti sembra che abbia otto anni?» ribatté alzando gli occhi al cielo «E comunque no, nessuna cenetta romantica e nessun fidanzato. Jack è un mio compagno di Università, stavamo studiando insieme e poi si è gentilmente offerto di accompagnarmi.»
Harry inarcò un sopracciglio cercando in tutti i modi di trattenersi dallo scoppiare a ridere senza contegno «Ah già, studiare...» marcò con tono ironico l'ultima parola «Si chiama così adesso» ammiccò malizioso e senza più riuscire a trattenersi, cominciò a sghignazzare.
«Sei proprio un'idiota!» ringhiò Aria tirandogli una sberla sul braccio ed arrossendo per l'allusione davvero poco velata del ragazzo.
«Ahia!» esclamò lui prendendo a massaggiarsi la parte lesa «Che caratterino, Becky» asserì poi scuotendo la testa divertito.
La mora strinse i pugni in risposta, cercando di placare la rabbia che la stava assalendo. Era chiaro che Harry Styles stesse facendo apposta a sbagliare il suo nome per vederla irritata, ma lei non gli avrebbe dato quella soddisfazione.
«E non hai ancora visto nulla.» rispose allora, prima di cominciare a camminare in direzione dell'ospedale.
«Ehi, dove scappi tigre?» esclamò il riccio ridendo.
«A fare una visita alla vecchia signora della 302, dove se no? Sai poveretta da quando non ha più i suoi ventordici gatti con cui parlare si sente sola.» rispose ironica senza nemmeno voltarsi, dopo aver alzato gli occhi al cielo.
E per la millesima volta, la fregorosa risata del cantante rieccheggiò nella notte.


 



~
  


*Spazio Autrice*


SBEEEEM! Sì, sono tornata, credeteci AHAHAHA ;) 
Lo so che dovrei scusarmi per il ritardo, ma preferisco essere sincera e dirvi che in realtà NON mi dispiace e sapete perché?
Beh, punto uno: sto vivendo una fase della mia vita così piena e bella che alle volte il tempo per scrivere non lo trovo nemmeno.
Punto due: in questi mesi sono passata da momenti di ispirazione massima in cui però avevo così tante idee che non riuscivo a scrivere un capitolo intero che già mi si formava in mente la trama di un'altra storia.
Punto tre: ho avuto dei blocchi assurdi, in cui la fantasia e le idee per scrivere me li potevo sognare.
Per concludere quindi, ho preferito scrivere quando ero certa di poter scrivere qualcosa che potesse soddisfarmi e che potesse quanto meno piacervi, per questo non mi dispiace aver aggiornato prima, perché se lo avessi fatto sarebbe andata a finire che avrei scritto le prime cavolate che mi venivano in mente.
Comuuunque, non disperatevi (certo, come se qualcuna l'avesse mai fatto per una mia storia hahahaha) la trama l'ho tutta in mente dall'inizio, ed anche alcuni pezzi sparsi della storia, ciò significa che cercherò di aggiornare più spesso da ora in poi, promesso.
A questo punto non mi resta che aspettare per sapere le vostre opinioni, perché sapete quanto sono importanti per me e mi farebbe davvero piacere che le condivideste con me :)
Grazie di cuore a tutte quelle che mi stanno seguendo nonostante i vergognosi ritardi e anche a tutte quelle che hanno messo la storia fra le seguite/ricordate/preferite! Siete troppo tenere ♡
A presto, bacioni.

-S


 

  
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