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Autore: Kylu    18/08/2013    4 recensioni
Sul fatto che Kathleen Aster fosse una babbana, non c'erano dubbi.
Vita normalissima (per i quanto i suoi continui sogni ad occhi aperti permettessero), famiglia che si distingueva unicamente per la sua eccessiva severità, e nessun aneddoto magico della sua infanzia o prima adolescenza da raccontare. Scuola babbana, vestiti babbani, casa babbana, e – la cosa le provocava un'inimmaginabile repulsione verso se stessa – cervello babbano.
Eppure, c’era qualcosa che distingueva Kathleen Aster da tutti i suoi simili.
Lei credeva.
Le credeva e, in fondo, quel mondo magico di cui tanto si parlava nei libri lo sentiva anche un po' suo.
Era la differenza, si diceva, tra essere trascinati a forza in una bataglia mortale e entrare nell'arena a testa alta. In molti avrebbero pensato che la scelta personale in fondo non c'entrasse nulla, e che non ci fosse poi questa grande differenza, ma lei sapeva -allo stesso identico modo per cui lo aveva saputo Harry Potter, con pensieri quasi identici a questi, tanto tempo prima- che c'era tuttala differenza del mondo.
Perchè "sono le nostre scelte che mostrano chi siamo realmente, molto più delle nostre abilità".
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Kathleen rimase ferma nel corridoio ormai quasi vuoto per diversi lunghi istanti, il bagaglio e la gabbia appoggiati per terra ai suoi piedi, fissando estasiata il panorama che scorreva sempre più veloce fuori dai finestrini. Era in viaggio, era davvero in viaggio verso Hogwarts!
Si riscosse, ricordandosi che avrebbe dovuto raggiungere la carrozza che le era stata indicata.
Impaziente di conoscere la nuova generazione Potter e Weasley, afferrò il manico del baule, sollevò la gabbia con l’altra mano, ed iniziò ad arrancare verso il fondo del treno.
Dopo qualche decina di metri incrociò un gruppetto di ragazzi. Dovevano avere più o meno la sua stessa età. Ciò che per prima cosa la colpì furono le loro risate fredde, in qualche modo spaventose.
Kathleen si guardò attorno, sorpresa. Gli studenti che ancora si attardavano nel corridoio alla loro vista sfrecciavano a chiudersi negli scompartimenti più vicini, un’espressione tra il timoroso e il reverenziale dipinta sul volto. Eppure quei ragazzi proseguivano nelle loro chiacchiere e battute, senza accorgersi, o forse senza curarsi della reazione che procuravano agli altri.
Anzi, più la gente si mostrava impaurita, più loro sembravano divertirsi.
Uno dei ragazzi in fondo al gruppo attirò l’attenzione di Kathleen. Era parecchio alto, magro, dal fisico nervoso e scattante, i tratti del viso affilati eppure perfetti nel loro pallore lunare che ne esaltava la proporzione e le linee impeccabili. Aveva un paio di stupendi occhi grigi, grandi e profondi, che sembravano scrutare il mondo a raggi X. Il ciuffo di capelli sulla fronte, d’un biondo chiarissimo, era stato sistemato ordinatamente in una pettinatura rigida e composta, ma alcuni ciuffi ribelli erano sfuggiti a quel lavoro minuzioso ed erano scesi ad incorniciare il volto del ragazzo.
La ragazza continuò a fissarlo incuriosita. Stava leggermente appartato rispetto agli altri, e nonostante ridesse alle loro battute e addirittura partecipasse alla conversazione, Kathleen notò un ché di meccanico in quel gesto, come un voler nascondere il reale scarso interesse verso la compagnia degli altri o i loro discorsi.
Le sembrava di doverlo riconoscere, come un vecchio amico che si incontra dopo tanti anni. Eppure non le veniva in mente nessun nome a cui abbinare quel viso incredibilmente bello.
Persa nei suoi pensieri per qualche secondo più del dovuto, non si accorse che i ragazzi avevano ripreso a muoversi e venivano nella sua direzione. Kathleen cercò di appiattirsi al muro tra uno scompartimento e l’altro in modo da non ostruire il passaggio. Le passarono accanto, chi ignorandola e chi squadrandola con disprezzo, fino a che uno dei ragazzi, passando, le riservò uno sguardo al cianuro e con un calcio fece ribaltare il suo vecchio baule.
Le chiusure arrugginite cedettero e parte del contenuto – tutti i libri che aveva acquistato negli ultimi giorni, accatastati alla meglio sopra i vestiti – si riversò lungo il corridoio. Qualche studente allarmato dal rumore si affacciò dal proprio scompartimento per accertarsi che fosse tutto a posto.
Kathleen gemette, buttandosi per terra e iniziando a raccogliere i libri dalle pagine stropicciate.
Avrebbe voluto scomparire. Era sul treno da nemmeno un quarto d’ora, e già si era fatta riconoscere…
Sentì qualcuno alle sue spalle e si girò di scatto, pronta a dirne quattro a quell’idiota che le aveva rotto il baule. Ma poi rimase di sasso. Non era lui.
Era il ragazzo biondo che aveva notato pochi istanti prima, e a quella seconda vista finalmente un nome le salì alla mente.
Scorpius Malfoy.
E lei l’aveva giudicato… come? Bello, dal viso perfetto, con quegli occhi stupendi…? Un Malfoy?
“Aspetta, ti do una mano. E’ quell’idiota di Nott che si diverte a fare il figo” disse con voce appena roca il ragazzo, chinandosi e iniziando a passare libri alla ragazza.
“Malfoy, per Salazar, che stai facendo?” lo richiamò la voce di una ragazza una decina di metri più avanti.
“Niente” rispose subito lui, scattando in piedi, come rendendosi conto solo in quel momento di ciò che effettivamente stava facendo.
“Stavi aiutando quella là? Ma sei fuori?” rimarcò questa volta la voce di un ragazzo, fuori dal campo visivo di Kathleen che, ancora inginocchiata e di spalle rispetto al ragazzo, non osava muoversi.
“Ma ti pare? Non so neanche di che Casa sia, sarà una sfigata del Tassorosso… Volevo solo accertarmi che non si fosse fatta troppo male o Nott andava nei casini. Beh, tira su tutta questa roba prima di darci nuovamente fastidio” le disse lui tirandole malamente in grembo i libri che ancora stringeva tra le mani.
Lo vide ghignare nella sua direzione, e di nuovo ritrovò quella nota stonata, un’espressione di fondo che non si addiceva al ruolo che sembrava recitare di fronte ai suoi amici.
“E fai in fretta… stupida babbana” concluse Malfoy, per poi allungare una gamba come per preparare un calcio.
Kathleen si riparò con le braccia, aspettando il dolore… ma il piede del ragazzo si arrestò a pochi centimetri dal suo fianco. Un pensiero le attraversò la mente in una frazione di secondo: da quella angolazione, i suoi amici non avrebbero potuto vedere che non l’aveva realmente colpita. Ma perché quello strano ragazzo recitava in quella maniera? Soffriva di una sorta di bipolarismo o cosa?
La ragazza si piegò in due, fingendo di incassare il colpo con un gemito soffocato, mentre la banda si allontanava. Dopo qualche secondo si rialzò e ricominciò a raccattare tutti i suoi libri sparsi in giro.
“Kathleen! Ti ha fatto male? Quegli emeriti stronzi… mai a prendersela con qualcuno che possa tenere loro testa, mai… ma aspetta che li becco da qualche parte da soli, non me ne frega di beccarmi l’ennesima punizione, io ti giuro che gli uccido…”
 
La ragazza alzò la testa: James Potter era comparso all’improvviso davanti a lei. Gli sorrise, grata, poi infilò gli ultimi tomi nel baule e lo richiuse con un gesto secco.
“Ti sono venuto a cercare quando non ti abbiamo visto arrivare… Rose era già convinta che fosse successo qualcosa e si stava preoccupando, vabbè che lei si preoccupa per tutto…”. Le prese la valigia e la gabbia dalle mani e la condusse lungo il corridoio.
“No, io… sto bene. Grazie. Ero solo un po’ in mezzo alle scatole e passando mi hanno urtato il baule che si è aperto” minimizzò lei. Vide James guardarla di sottecchi, per niente convinto.
Si fermarono di fronte ad uno scompartimento con le tende tirate. Il ragazzo aprì la porta, e fu subito accolto da un vociare indistinto e da una serie di esclamazioni.
“Vieni, Kathleen… no, Rose, tutto a posto, solo una banda di idioti Serpeverde che se la sono presa con lei, i soliti vigliacchi decerebrati… Siediti lì” le disse indicando l’unico posto libero, spingendo poi il baule sotto il sedile e appoggiando la gabbia con la civetta sulla retina porta bagagli.
“Conosci tutti più o meno, no? Eviterei le presentazioni imbarazzanti… comunque, loro sono Rose e Hugo, non gli avevi ancora visti…”
La ragazza abbassò gli occhi e accennò un saluto, rossa in viso, prendendo posto accanto al finestrino, vicino ad Albus. “Ti abbiamo lasciato quel posto lì pensando che ti sarebbe piaciuto guardare fuori…" le disse il ragazzo. "Il primo viaggio ad Hogwarts non si scorda mai!”.
Kathleen gli sorrise, riconoscente.
 
                                                                                  ***
 
Oltre cinque ore dopo, l’Espresso per Hogwarts filava tra le campagne al nord d’Inghilterra, procedendo spedito sotto una pioggerellina fine che aveva iniziato a battere sui vetri fin dalla prima ora di viaggio.
I sedili e il pavimento erano ora ricoperti delle carte colorate di qualunque dolce offrisse il famoso Carrello – James e Hugo l’avevano costretta ad assaggiare tutto, dalle cioccorane alle gelatine TuttiIGustiPiù1.
Ora, con la pancia piena e l’espressione divertita e serena, Kathleen era impegnata in un’animata conversazione sul Quidditch con Lily e Albus. Nonostante la sua provenienza babbana, dello sport magico per eccellenza la sapeva lunga, ed era un piacere poter discutere delle regole, dei giocatori o delle squadre più famose e delle vittorie o sconfitte più eclatanti della storia con qualcuno che non la considerava né pazza né infantile, come succedeva ogni volta che da bambina aveva provato a buttare lì un discorso del genere con i parenti.
Provenienza babbana… quelle parole risvegliarono in lei i pensieri che non avevano smesso di tormentarla per più di dieci minuti di fila da quando erano partiti.
“E fai in fretta… stupida babbana”.
Le parole di Malfoy continuavano a risuonarle in mente. Non tanto perché si sentisse offesa o quant’altro – era stata lei stessa a definirsi in quel modo per oltre dieci anni – ma perché non poteva essere possibile, non era neanche minimamente contemplabile la possibilità che quel ragazzo sapesse… che fosse a conoscenza…
O forse si?
Forse suo padre aveva degli informatori all’interno del San Mungo? O l’avevano spiata al Paiolo Magico? O…
Kathleen sospirò. Si stava facendo solamente tante storie mentali. Molto probabilmente – anzi, sicuramente – era solo un insulto che rivolgeva alla gente che considerava inferiore a lui, e lei l’aveva semplicemente interpretato erroneamente come un’accusa personale.
“Kathleen, vuoi fare una partita a Sparaschiocco?” le chiese Hugo, interrompendo i suoi pensieri.
La ragazza sorrise, annuendo. Quei cinque ragazzi erano tutti così meravigliosamente magici, così simpatici, tutti bellissimi nella loro versione di capelli rossi lisci alla Weasley, corvini spettinati alla Potter o castani e mossi alla Granger. Ed era così incredibile, così fantastico essere lì…
“No, aspetta” intervenne Rose, staccando finalmente gli occhi dalle pagine del libro in cui si era tuffata non appena il viaggio aveva preso a scorrere tranquillo. “Volevo chiederti una cosa… Qualche sera fa ho sentito dire a mio padre che Olivander ti ha dato una bacchetta e che quindi in teoria un po’ Strega dovresti esserlo…” disse rivolgendosi alla ragazza.
Kathleen la fissò, un sopracciglio sarcasticamente alzato, iniziando a comprendere dove volesse andare a parare.
Non ci poteva fare niente, ma quella ragazza in perfetto stile so-tutto-io in realtà non riusciva a digerirla del tutto. Era simpatica e carina quanto gli altri, vero, ma c’era qualcosa in lei che la rendeva insopportabile. Si era detta che era stato così anche tra Harry, Ron ed Hermione al loro primo anno, e per questo aveva deciso di studiarla per un po’ senza giungere a conclusioni affrettate e senza fermarsi all’apparenza.
“Suppongo tu non abbia ancora provato ad usarla per via della Traccia” continuò lei, ora con l’attenzione di tutti puntata addosso. “Ma sul treno di Hogwarts non hai quel problema lì, quindi… che ne dici di provare, tipo, ora?”.
Kathleen si irrigidì.
Si era già abituata a portare la bacchetta nascosta in una manica della veste o in una tasca interna, ma non aveva mai provato a farci nulla, nonostante la voglia fosse tanta: aveva troppa paura di ricevere una delusione non vedendo accadere niente.
Eppure... Olivander aveva detto che un giorno avrebbe compiuto grandi gesta con quella bacchetta…
“Va bene” disse, stupendo gli altri e soprattutto se stessa. Recuperò velocemente la bacchetta e la impugnò delicatamente nella mano destra. “Sinceramente però non so che effetti potrà avere” ammise poi con voce sussurrata.
“Beh, se devi far esplodere la testa a qualcuno prendi Albus, almeno faresti un favore all’umanità, forse non ti denuncerebbero neppure… Sicuro che la Dunat ti farebbe avere una medaglia al merito per servizi resi alla scuola o qualcosa del genere, considerata l’incredibile incapacità di mio fratello in Trasfigurazione…” sdrammatizzò James.
“Ma per Merlino, la smetti di sparare cavolate? Non vado male in Trasfigurazione, sei solo tu che…”
“Non vai male, a parte il fatto che una volta si e l’altra pure trasfiguri la testa del tuo vicino in qualche uccello esotico…”
“E’ successo solo una volta, e poi Jennifer McClagen aveva rotto sul serio, nessuno ha rimpianto un paio di settimane senza…”
“Oppure far esplodere topi e rospi invece di trasfigurarli in innocenti tazze di the…”
“Ma dopo li ho ricomposti e li ho trasfigurati praticamente senza errori…”
“A parte il fatto che il tuo non fosse the ma un bricco intero di Whisky Incendiario e che Stephen Steward abbia passato la giornata nel bagno del terzo piano a vomitare l’anima per esserselo scolato tutto” fece notare James ridendo.
“Non è colpa mia se quella testa di Nargillo ha bevuto tutto mentre mi andavo a procurare un altro topo per riprovare…”
“BASTA! Smettetela di fare i bambini, una volta per tutte!” urlò Lily, in quel momento incredibilmente simile alla nonna – la signora Weasley, la madre di Ron.
“Allora… provi?” chiese Albus titubante, lanciando un’ultima occhiataccia al fratello maggiore e rivolgendosi di nuovo a Kathleen..
Lei sospirò.
Puntò la bacchetta contro un buco nella stoffa del suo sedile.
Reparo!”.

Tutti trattennero il respiro.
Passò un secondo.
Due.
Non successe niente.
“Ehi, non abbatterti, alla prima volta non funziona mai a nessuno, e non hai scelto nemmeno l’incantesimo più facile…” tentò di consolarla Lily.
La ragazza scosse la testa. Era solo la conferma di quello che era, un promemoria che nonostante fosse lì, il suo cervello rimaneva irrimediabilmente babbano.
“Riprova” disse James. Era strano, davvero raro vederlo serio com’era in quel momento.
Kathleen ricacciò indietro le lacrime che premevano per uscire e annuì. Poi si sforzò di concentrarsi solo su quel buco nella stoffa.
Ti prego, ti prego. Non ti costa niente ripararti, no? Mentre per me vorrebbe dire tanto…
“Reparo!”.
Niente.
La stoffa rimaneva lì, lacerata, come un occhio spalancato che osservava maligno il fallimento della ragazza.
“Reparo, reparo… reparo!”
Kathleen stava uscendo di testa. E all’improvviso un nuovo sentimento la sorprese, imponendosi su tutti gli altri: non si sentiva più sconfitta, insulsa o inutile, non si sentiva più umiliata e ridicola.
No, lei era semplicemente arrabbiata.
Perché l’avevano illusa, le avevano detto che avrebbe fatto grandi cose, le avevano detto che sarebbe potuta diventare una Strega vera e propria. E ora quel fottutissimo buco sarebbe dovuto andare al diavolo, per Merlino, quello stupido buco schifoso che…
“REPARO!”
Quasi urlò, sfogando quella rabbia repressa.
Fu un attimo, una scarica elettrica, come se avesse preso una scossa. Per il brevissimo tempo di un battito cardiaco, Kathleen si sentì colma di un potere che andava oltre ogni sua più fervida immaginazione; se ne sentì riempita, era davvero troppo per poter essere contenuto, avrebbe potuto esplodere da un momento all’altro come una stella, espandersi fino a formare un nuovo universo, era qualcosa di semplicemente incontenibile, e tutta quella forza le scorreva nelle vene, inondandola con una carica di adrenalina e potere assoluto…
Fu un attimo e poi, così com’era cominciato, tutto finì, lasciandola stremata e vuota.
Il buco nella stoffa del sedile era scomparso.
 
                                                                       ***
 
“Guardate, da qui si vede già il lago nonostante la bufera… abbiamo fatto bene a cambiarci già” osservò Rose, seduta tranquillamente, sempre con il suo tomo da millecinquecento pagine appoggiato in grembo.
Hugo, Albus e James erano impegnati nell’ennesima partita a Gobbiglie e schiamazzavano e strillavano come bambini davanti ad un giocattolo nuovo.
Lily, invece, era intenta a fissare Kathleen, persa nella contemplazione del panorama fuori dal finestrino, la guancia poggiata ad una mano.
“Kathleen, sei in quella posizione da tre ore e non hai rivolto parola a nessuno. Capisco che quello che ti è successo ti abbia sconvolto, ma ti abbiamo già ripetuto un milione di volte che appena arrivati ad Hogwarts, o al massimo domani, potrai parlare alla McGrannit. Lei saprà di sicuro darti una spiegazione. E poi vedila così: almeno abbiamo appurato il fatto che tu, di magia, ne hai eccome. E’ solo bloccata da qualche parte dentro di te. Ma è lì, e devi soltanto imparare a tirarla fuori”.
Kathleen non si dette neanche la pena di annuire.
Sapeva perfettamente che le parole della ragazza erano verissime, ma faceva fatica ad essere positiva in quel momento. E poi l’attacco di magia, così l’aveva soprannominato tra sé e sé, l’aveva lasciata stanchissima ed affamata come non mai.
Lily sospirò. Si conoscevano da pochissimo, eppure sentiva di essere già affezionata a quella ragazzina così particolare. Allungò una mano e cercò quella della nuova amica, stringendola forte per farle sentire che in quella storia non era da sola.
A quel tocco Kathleen si riscosse e finalmente alzò la testa, un piccolo sorriso sul viso.
In quel momento il treno curvò, sbaragliando tutte le biglie dei ragazzi giu dal tavolo da gioco e in giro per tutto lo scompartimento.
E in quel momento Kathleen ebbe per la prima volta la visione che aspettava con ansia da giorni e che sognava da una vita.
Le finestre erano tutte illuminate, migliaia di piccole luci che si stagliavano sul nero della pietra. Le torrette si innalzavano maestose ed aggraziate, sfidando il cielo plumbeo. Gli alberi della Foresta Proibita si dibattevano sotto il vento e la pioggia scrosciante, i prati davanti al portone d’ingresso del castello resi lucidi dalle gocce d’acqua.
Era a Hogwarts.
E, per la prima volta nella sua vita, così come tanti altri prima di lei, si sentì veramente a casa.
 
 
 


ANGOLO AUTRICE
Buonasera lettori! Ho ritardato di un giorno l’aggiornamento, chiedo perdono, ma mi era venuta un’illuminazione su una fanfiction completamente diversa. Che dire… con questo luuungo capitolo ho cercato di farmi perdonare il quasi vuoto totale dell’ultimo...
Finalmente vediamo comparire un altro dei più importanti personaggi della storia: Scorpius Malfoy.
Il prossimo capitolo sarà ambientato, finalmente, ad Hogwarts. Ho preferito dilungarmi per un intero capitolo su questo lunghissimo viaggio in treno piuttosto che velocizzare troppo i tempi. E comunque di cose ne sono successe, e nuovi interrogativi vanno ad aggiungersi a quelli lasciati in sospeso nel capitolo precedente: perché Malfoy ha un comportamento così, per usare un eufemismo, a dir poco bizzarro? Perché Nicholas non è lì ad aiutare Kathleen ad ambientarsi o semplicemente a stare con lei come ci saremmo aspettati? E cosa succede, per Merlino, ai poteri – o non poteri – della nostra Kathleen?
Grazie ancora una volta a Chocolate_pudding per le ottime recensioni e un grazie anche a tutti i lettori che hanno messo la storia tra le seguite, le preferite o le ricordate.
A presto!
Kylu
  
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