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Autore: biberon    21/08/2013    2 recensioni
“Abbiamo dovuto farlo.” Disse la madre di Gwen con gli occhi lucidi.
“Ma è una ragazza dolcissima! Gentile, bella, educata, spiritosa! È una mia grande amica!”
“Capiscici, Duncan, ti prego. Lo facciamo per proteggerti!”
“Da cosa?!”
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Duncan era un ragazzo punk, forte, intraprendente, ribelle, ma buono.
Courtney era una ragazza bella, ordinata, intelligente, intraprende e dolce.
Gwen era una ragazza sola.
Lei era diversa, lei era un pericolo …
Ma lei voleva solo qualcuno, qualcuno che l’apprezzasse e l’amasse, qualcuno … lo voleva disperatamente, con tutta se stessa.
Ed era pronta a fare qualsiasi cosa per averlo.
Genere: Horror, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen | Coppie: Duncan/Courtney, Duncan/Gwen
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Contesto generale
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“Ciao amore!” esclamo Duncan schioccando un bacio affettuoso sulla guancia di Courtney.

Lei sorrise.

Era seduta al tavolo della cucina e si stava gustando una tazza di latte e cereali con un frutto.

“Ti ho fatto le uova e il bacon.” Disse, mentre Duncan si stava avventando sul frigo.

“Quanto ti amo …” disse Duncan gioiasamente servendosi.

“Yawwwwn …. Finalmente è estate! Niente università!” esclamò Courtney sbadigliando.

“Quale università?” rise Duncan.

“Dai, non fare il "bad boy" ….” Lo prese in giro Courtney.

Lui si sedette di fronte a lei e iniziò a giocherellare con una ciocca dei suoi capelli color nocciola, mentre con l’altra mano infilzava le fettine di bacon e se le infilava in bocca a due a due.

“Hai messo in ordine la tua stanza?” chiese lei, paziente.

“No, mammina. Non mi punirai, vero?” rispose lui sarcastico, imitando l’espressione dolce e tenera dei bambini.

“Che scemo che sei!” esclamò lei, e lo baciò a stampo.

“Così mi piaci, principessa.” Disse lui facendo il gesto I love you con la mano.

“Ah, tesoro …?”

“Sì?”

“Ti sei accorto che abbiamo dei vicini?”

“Ah, sì, ho visto. Sembra una bella casa. Magari un bel furto potremmo anche farcelo …”

“Smettila di fare il sarcastico …”

“Eddai, ti prendevo solo un po’ in giro …” disse lei abbracciandola da dietro.

Aveva abbandonato il piatto di bacon e uova e le stava baciando affettuosamente la punta dell’orecchio.

“Ti stai facendo romantico, sir.!” Esclamò lei accarezzandogli la nuca, le mani sollevate.

“Non sia mai!” rise lui, e si staccò da lei.

“Vado su a farmi una doccia.” Disse Courtney.

“Io vado a dipingere la nuova staccionata … così marronastra non mi piace.”

“La farai bianca?”

“Mh … solo se mi permetti di dipengere come voglio la cassetta delle lettere.”

“Ahahah, ok, ragazzo ribelle.”

Lo baciò a stampo e salì la scala a chiocciola fischiettando.
Lui corse in camera a cambiarsi, dato che indossava ancora il pigiama a teschietti.
Si diede una rapida occhiata nello specchio e notò che il colore della cresta stava sbiandendo un po’.

“Dovrò tingerli di nuovo.” Pensò mentre scendeva in giardino.

All'entrata del giardino c'era un ripostiglio dal quale estrasse tre barattoli di vernice con annessi pennelli.

La staccionata era alta quasi quanto lui, qualche spanna di meno, con dei grossi buchi tra le doghe di legno.
Intinse il pennello e iniziò a dipingere canticchiando le parole di un motivetto rock che amava.


Qualche minuto dopo notò, tra due sbarre, due occhi che lo fissavano.


Lanciò un urlo e fece un balzo indietro, pensando che si trattasse di un lupo.

“Ciao ciao!” lo salutò la ragazza che spuntò da dietro il cancelletto.

Aveva la pelle chiara, quasi bianca, due grandi occhi neri simili a quelli di Courtney, capelli a caschetto a ciocche verdi petrolio e nere, gli occhi erano molto truccati.
Portava una mini gonna verde petrolio e grigia scuro con degli stivali finoal ginocchioe una clazamaglia scura.
Sopra, un top nero che lasciava vedere una parte di pancia piatta e chiara.

Al colloa veva un collare di cuoi nero liscio.

“Ciao ciao.” Ripetè, e con un balzo che Duncan credeva impossibile a qualsiasi essere umano, sporcandosi di vernice fresca, saltà dentro il giardino della villetta.

“C-chi sei?” balbettò Duncan, ancora sbigottito.
Gwen guardò Duncan in modo strano. Lei era pur sempre Gwen, la Gwen intelligente e seria ... tuttavia quel ragazzo l'attirava, non poteva certo trattersi dal cedere ai suoi istinti ... E quegli istinti le dicevano che Duncan in quel momento era indifeso e lei era incredibilmente affamata. (attenzione: spiegazioni nei prossimi capitoli)
La ragazza gli fu addosso e lo fece cadere per terra.

Stava per baciarlo.

Lui la allontanò in malo modo, temendo che Courtney potesse vederli dalla finestra.

“Ma che diavolo fai!? E chi sei, tu?”

“Scusami, sono caduta. Mi chiamo Gwen.”

“Caduta dalla staccionata?”

“Volevo solo conoscerti. Sono la vostra vicina.”

“Uhm … okay. Piacere, io sono Duncan Nelson.”

Gwen strinse la mano che il ragazzo le porgeva.

“Che bella cresta!” disse lei tuffando la mano nei capelli verdi del ragazzo.

Lui era inizialmente stupito, poi si raddolcì.

“Ti va se ti porto a casa tua? Dimmi la strada e ti accompagno.”

La casa di Gwen era poco distante.

Quando arrivarono la madre di lei era sulla porta con le lacrime agli occhi.

Quando vide Gwen e Duncan, si precipitò da loro.

“Oh, grazie, caro! Grazie di averla ritrovata!” esclamò.

Il padre di Gwen, un uomo con una lunga barba nera, che lo faceva somigliare ad un pirata, la prese malamente per un braccio e la portò in casa sbrigativamente.

“Grazie per averla ritrovata.” Ripetè la donna, abbracciando Duncan.

Lui, imbarazzato, si liberò in fretta dall’abbraccio stritolante della donna e le chiese, riferendosi a Gwen “Per caso … ehm … è una ragazza problematica?”

La madre lo guardò come se fosse una alieno.

Poi parve avere un’illuminazione e annuì.

“Sì. Povera me, cosa ho fatto? Iddio mi deve certo aver punito per qualcosa. Quella ragazza ha bisogno di cure e affetto … ti ha per caso importunato?”

“Oh, no, certo che no.”

“Grazie al cielo. Ora vado, grazie ancora.”

Si voltò senza aspettare riposta e si rintanò in casa.

Duncan fece spallucce e ritornò verso casa sua fischiettando, quando all’improvviso le si parò davanti Gwen.

“Ma tu non eri …” sembrava stupito.

Poi si accorse che lei stava piangendo.

“Cosa succede? Va tutto bene? Vuoi che chiami tua madre?” chiese Duncan con aria apprensiva.

“Mia madre è solo UNA STRONZA!” urlò.

“Calma, calma, shh …”

“Cretino! Non lo vuoi capire?! Io non sono affatto andicappata! Mia madre lo dice solo perché mi odia! Mi mette sempre in punizione per tutto quello che faccio … lei mi considera diversa perché sono una darck, amo il nero e l’arte gotica! Dice che sono una maatta e non vuole che io mi veda con nessuno! Dice a tutti che sono una povera andicappata! Solo perché io sembro innocente, non conosco il mondo … non sono mai uscita da quella dannata casa, se non di notte, con mio padre che mi teneva al guinzaglio! Non ho neanche un amico o un amico, non conosco nessuno all’infuori di loro!”


Duncan ripensò alla sua infanzia triste, nella quale era odiato dai suoi genitori e si sentiva solo.
La capiva, quella povera ragazza.

Si addolcì.

“Ora conosci me.” Disse, e istintivamente le circondò le spalle con le braccia.

“Su, su, non è niente … i genitori sono fatti così …”

Gwen non riusciva a smettere di piangere.

“Ti va di venire  con me a pitturare la staccionata?”

Gwen s’illumino, e smise di singhiozzare.

“Certo … certo … certamente!”

Mentre camminava dietro Duncan, sorrise tra sé e sé.

Tutto stava andando secondo i piani: ben presto quel ragazzo si sarebbe innamorato di lei, e lei l’avrebbe avuto per sempre.
L’aveva conquistato.

Adesso doveva avere la ragazza.

E poi sarebbero stati suoi per sempre.

Per sempre, per sempre, per sempre …. 
   
 
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