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Autore: Marge    25/08/2013    1 recensioni
La vera storia di Oma e Shu, i primi due dominatori della Terra di cui si narra nell'episodio 2x02 "La Grotta dei Due Amanti". Come si sono incontrati, com'è sbocciato il loro amore e com'è tragicamente finito, oltre la nascita della città di Omashu, in una breve long che ho amato tantissimo scrivere #amore smisurato per i personaggi secondari che sono così pieni di potenzialità!
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II


All’unisono, Oma e Shu alzarono le mani, saltarono in aria e caddero con il piede destro dinanzi. Al movimento delle braccia in avanti seguì il rumore di un crollo. “È fatta!” esclamò lei, e fece una giravolta di felicità. Shu la osservò di sottecchi con un sorriso: era bella, pur impolverata e sporca dei calcinacci che spostavano da ore, e la luce del tunnel ormai aperto la inondava come una cascata.
“Ora sarà tutto più semplice” continuò lei, e gli volò tra le braccia. Shu la strinse ed affondò il viso tra i lunghi capelli neri, raccolti in una treccia spettinata.
“Torniamo dentro” disse ancora lei, e nei suoi occhi brillava una luce maliziosa.
Anche ora che la loro grande opera era terminata, Shu continuava a chiedersi come fossero giunti a quel punto. Mentre Oma lo strattonava per incitarlo ad andar più veloce, muovendosi in quei cunicoli bui senza alcun dubbio, Shu cercava di capire quando avevano oltrepassato il confine invisibile.
Forse fin dal loro primo incontro, quando lei voleva essere uccisa, ed invece lui l’aveva aiutata a dar fuoco a quel ramoscello carico di boccioli rossi; non sarebbero dovuti essere lì, nessuno dei due.
E non vi erano tornati, infatti, a lungo. Non era saggio incontrare nuovamente quella ragazza del villaggio nemico: e se avesse fatto la spia? Se ad attenderlo avesse trovato un manipolo di guerrieri?
La prima volta che vi era tornato l’aveva fatto in maniera guardinga, mettendo in atto le tecniche che gli venivano insegnate, e che tanto odiava. Sull’altura vi era solo il vento, e così anche nei giorni successivi: Shu aveva ripreso ad andarvi ogni qual volta voleva fuggire dalla sua vita, ed ogni volta osservava quelle ceneri chiare, poco distanti dall’alberello, e si chiedeva che fine avesse fatto la ragazza di nome Oma. Suo padre si era davvero arrabbiato tanto? Forse ormai era già moglie di qualcuno che lei non amava.
Ma un giorno era apparsa: sembrava avesse corso, e Shu non aveva fatto altro che spalancare le braccia.
“Sei sposata?” le aveva chiesto, prima di ogni altra cosa. Lei aveva scosso il capo, stretta al suo petto. Poi, quasi si fosse scottata, si era ritratta di scatto.
Non avrebbe dovuto stringerla a sé, quella volta. Forse quello era il confine invalicabile: toccare la fanciulla dell’altro villaggio. Ma non era successo altro, per mesi: si erano solo incontrati, ed avevano parlato, tanto, delle rispettive tribù, delle usanze, di quelle odiose ma anche di quelle belle. I balli, aveva detto lei. L’artigianato, aveva risposto lui. E poi lei aveva insistito per danzare assieme, anche se non c’era musica ma solo il vento, attorno a loro, e per la seconda volta si erano trovati così vicini che lui poteva soffiare sui capelli di lei e vederli fremere.
Era stato quello, il confine?
Abbassare il volto e sentire la sua pelle salata sotto le labbra, le rughe della fronte corrucciata, le sopracciglia folte, scendete fino alla punta del naso. Forse quello era stato sbagliato, ma in quel momento non vi aveva certo pensato. Gli era sembrato di avere un mondo da scoprire, di fronte a sé, ed Oma lo guardava quasi a sfidarlo, con le labbra impudenti ad ipnotizzarlo.
Una volta avevano anche discusso. “Lo fai solo per far impazzire tuo padre!” le aveva detto lui. Oma, colpita ma anche molto offesa, aveva ribattuto qualcosa sull’essere uomini, sull’essere donna e sulla libertà. Shu non aveva capito del tutto, eppure poco dopo si stavano strappando i vestiti di dosso, ed Oma subito dopo l’amplesso si era messa a piangere e si era stretta a lui, biascicando che avrebbero dovuto essere dello stesso villaggio, così lei non avrebbe dovuto bruciare alcun ramoscello, ma solo aspettare pazientemente che lui andasse a chiederla in sposa.
Lei aveva detto una cosa del genere. E Shu aveva capito che quel confine era dietro le spalle, ormai da tempo.


L’idea di Oma era stata quella di cospargere il soffitto di cristalli; in quel modo di sarebbero trovati senza utilizzare alcuna torcia, sarebbero stati più al sicuro. Alla luce tenue che emanavano la pelle di Oma sembrava quasi trasparente.
Shu scostò la veste e gli apparvero i fianchi larghi di lei, la vita morbida. Vi affondò i polpastrelli, stringendo con forza la sua carne. Lei mugolò.
Il desiderio si mescolava sempre alla rabbia, per esser costretti a nascondersi a quella maniera, ed alla paura di essere scoperti. Consumavano amplessi veloci, senza neanche spogliarsi, all’ombra di qualche cespuglio, avvinghiati come animali.
“Shu, aspetta” disse lei. Gli prese le mani e ne baciò i palmi ruvidi. “Qui non può trovarci nessuno.”
Lui si fermò, confuso. Oma sembrava sempre saperne una più di lui, e lo faceva impazzire di gelosia.
Lentamente, si alzò in ginocchio davanti a lui, lasciando cadere a terra del tutto la veste. Cominciò a baciarlo sul petto, scostando con il naso la stoffa della maglia, come un tassotalpa fa con la terra.
“Abbiamo tempo” sussurrò ancora Oma. “Tutto il tempo del mondo…”
Se Shu chiudeva gli occhi, poteva sentire solo le sue mani accarezzarlo, così lentamente da farlo uscire di testa.
“Da oggi in poi tutto sarà diverso.”
Lei lo privò di qualsiasi cosa avesse indosso; Shu quasi si vergognò, nonostante la tenue luce verde, ma un momento dopo lei era tra le sue braccia, ed aderiva a lui completamente.
“È come se fosse tutto nuovamente da scoprire” mormorò ancora lei, e Shu decise di non preoccuparsi affatto dei confini, della guerra tra i villaggi, dei suoi doveri come guerriero, e men che meno di quelle strane abilità che avevano recentemente imparato dai tassitalpa. Davanti a lui c’era Oma, un mondo da esplorare con tutto il tempo necessario.
  
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