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Autore: I Fiori del Male    25/08/2013    3 recensioni
Di tutte le cose create dall'uomo capaci di scuotere l'anima forse la più efficace è la musica. Attraverso essa nascono sentimenti, pensieri, azioni. Eppure spesso avviene il processo contrario, e dalla gamma di sentimenti, pensieri, azioni che ciascuno è in grado di essere può nascere una melodia. Oscar e André e tanti altri che noi conosciamo, immersi in un mondo fatto di note. Questo è quel che leggerete.
AVVISO: al momento, la storia è a rating verde e priva di particolari note, ma dato che non si sa mai dove può andare a parare un autore, sappiate che potrei decidere di cambiare entrambe le cose, in base a dove mi porterà la storia. :)
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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D’AMORE E DI MUSICA
-3-

Il professor De Bourguignonne era un tipo alquanto severo, o forse era solo la disciplina che insegnava, la scherma, a farlo apparire tale. A volte lanciava sguardi talmente truci da far rabbrividire anche a metri e metri di distanza, sguardi che non toccavano mai ne ad Oscar ne ad André, entrambi eccezionali nel combattimento con la spada.

- Insomma! Non voglio più vedere porcherie come quelle che mi avete propinato ieri, chiaro? Io devo prepararvi a superare le selezioni della guardia reale, avete capito? -

- Si, signore ...- risposero tutti in coro, obbedienti.

- Bene. Ora faremo una dimostrazione di un ottimo combattimento di scherma. Per questo potete andar bene solo voi, Grandier e Jarjayes. -

Entrambi alzarono lo sguardo verso il professore, attoniti; specie André, che di puntare la spada su Oscar proprio non ne aveva l’intenzione. Si avvicinarono però allo spiazzo scelto per l’incontro senza protestare. Con Bourguignonne non c’era niente da fare.

- A voi le spade! - esclamò, porgendo loro due lame affilatissime, dallo scintillio mortale, rette da else dorate e incise minuziosamente con motivi di foglie e fiori. Quasi all’unisono, Oscar e André tesero la mano verso la propria spada, per poi puntare gli occhi l’uno nell’altro.

Fu un attimo. Qualcosa brillò intenso negli occhi di Oscar, una scintilla che solo in battaglia era concesso vedere. Il lampo di un sorriso beffardo le illuminò il volto e lui fu stregato, ammaliato, sottomesso dall’improvvisa meraviglia della sua bocca. Era la Oscar combattiva, che per rifarsi della pessima figura del giorno prima sembrava avere tutta l’intenzione di batterlo; nient’altro che una delle tante Oscar che André aveva imparato ad amare.

La prima stoccata venne da lei, verso il fianco sinistro di André. Era così rapida nei movimenti che fece appena in tempo a schivarla, rimettendoci comunque un sottile lembo di camicia. Di nuovo, lei attaccò, stavolta a destra, ma non lo prese: aveva capito il gioco e non stava mai fermo ne scoperto. Le lame si incrociavano, strillando e rilucendo come fossero attratte da un richiamo. Cominciò la prova di forza, Oscar spinse con tutte le sue forze contro André, che malgrado tutto era più robusto e respinse il suo assalto con una torsione del polso che le fece volare di mano la spada, subito ripresa al volo con sorprendente maestria. Ricominciarono. Stavolta fu Oscar a rischiare qualche taglio, all’altezza del petto, si scostò appena in tempo e André si morse il labbro, pensando a cosa stava per fare.

Bastò quell’attimo di distrazione per far si che Oscar si introdusse nella sua guardia con facilità, puntandogli l’estremità della spada sotto il mento. Lui finì a terra e lei, beffarda, si inginocchiò davanti a lui con la spada puntata: il gioco era finito. André la fissò a un tempo estasiato e spaventato dalla possibilità di soccombere del tutto, ma poi le porse la mano, che lei non prese. Si rialzò da sola, scuotendosi un po’ di terra dai vestiti, e restituì la spada al professore, che sorrise soddisfatto.

- Non mi deludete mai, voi due ... visto? È così, che si combatte! -

Oscar sorrise, fiera di se stessa, al commento del professore, ma il suo volto tornò ad essere freddo come il ghiaccio, quando i suoi occhi si volsero su André e sullo stupido ghigno che aveva stampato in faccia senza accorgersene. Quell’improvviso cambio d’umore lo sorprese e lo rattristò, perché gli parve quasi lui la causa del perenne malumore di Oscar. Avrebbe voluto parlare con lei del giorno prima, chiarire una volta per tutte. Avrebbe voluto chiederle un sacco di cose, ma quando finì la lezione lei sparì nel nulla, come fumo nel vento. Lui la cercò dappertutto, nella folla di studenti diretti alle varie lezioni, salì la prima scalinata e, quando il suo sguardo si volse per un attimo ad una delle finestre la vide: seduta sotto uno degli alberi più vicini, stropicciava fili d’erba con le dita, assorta nei suoi pensieri.

Scese di nuovo, André, ma trovò il modo di aggirarla, perché non voleva farsi vedere, solo spiarla come ormai era abituato a fare, perché solo così riusciva a vederla per quel che era davvero.

Dalla finestra non se n’era reso conto, ma stava cantando. Non aveva la voce di un usignolo, Oscar, piuttosto era una di quelle persone mediamente intonate, ma c’era qualcosa di incantevole, di affascinante in quell’atmosfera in cui era compresa anche quella voce perfettamente nella norma. Come sempre, sarebbe potuto stare a guardarla per ore intere, senza mai annoiarsi.

Ad un tratto però, sporgendosi un poco, André mosse un passo che finì proprio su un rametto. Oscar si voltò di scatto in direzione dello scricchiolio e lui non fece in tempo a nascondersi. La scena dell’aula di musica sembrò volersi ripetere, ma lei restò li a fissarlo, senza parlare per un po’, fin quando non si decise a chiedergli:

- Perché mi osservi così, di nascosto? Lo facevi anche ieri. -

Alle sue orecchie sembrò spavalda, se non addirittura sfacciata, la domanda di Oscar. Se solo lui avesse sapto quale gigantesco sforzo stesse infondendo in quelle poche, semplici parole ...

E lui non sapeva che risponderle. Cosa avrebbe dovuto dire? “ti osservo perché mi sono innamorato”? o magari “continuo a chiedermi come saresti in abito da sera”, o “lo faccio perché altrimenti non riuscirei mai a vederti ridere e poi piangere insieme e cambiare continuamente espressione, e perché mi piacciono i riflessi dei tuoi occhi e dei tuoi capelli al sole”?  Tutte queste cose erano vere, ma nessuna poteva esser rivelata. Non in quel momento, non così.  Lo sentiva, da qualche parte, che quello non era il momento giusto, eppure avrebbe tanto voluto poter posare le labbra sulle sue, lì dove nessuno li avrebbe visti perché erano tutti impegnati con le lezioni ...

- Non lo so, è che sei ... particolare.- Rispose invece, cercando di fare il disinvolto mentre si sedeva accanto a lei. In fondo entrambi sapevano del suo segreto, ma nessuno di loro, forse, ne avrebbe fatto cenno.

- Che vuoi dire, scusa? - sembrò sfuggirle una risata. Si voltò a guardarla in viso e in effetti stava ridendo, la schiena leggermente piegata, gli occhi socchiusi, le dita ancora intrecciate ad alcuni ciuffi d’erba.

- Non lo so. Ti ricordi quando ci siamo visti al cancello? Ecco, è da allora che lo penso. -

- Scusa, quando? - chiese lei, fingendo di non ricordare. In realtà, la memoria di quel giorno era vivida nella sua mente tanto quanto in quella di lui. Ricordava di avergli lanciato uno sguardo truce e di essersene subito pentita, perché non dava l’impressione di meritarselo, ma lo aveva fatto per abitudine. La gente la scrutava, stretta in quegli abiti da uomo, senza nemmeno sospettare che fosse donna, che stesse recitando una parte non sua e che fosse pertanto costantemente a disagio. Quella forse era la ragione per cui non riusciva a socializzare molto con la gente, ma in fondo che importava? Nessuno avrebbe mai capito. Almeno così aveva creduto, fin quando lui non l’aveva guardata e le aveva sorriso in un modo diverso dagli altri, come se sapesse.

- Non ricordi, eh? All’inizio dell’anno. Ma fa niente. Comunque siamo in classe insieme, quindi dovresti ricordarti di me. Sai, quello che prima hai quasi ucciso con la spada, hai presente? - cercò di prenderla in giro.

- Ah, vuoi dire quel perdente che ha lasciato all’improvviso la guardia scoperta, pensando a chissà che cosa? - . stavolta fu lei a prenderlo in giro, con un’audacia che sorprese lui e sorprese lei stessa. Era incredibile come si trovasse bene a parlare con lui, malgrado non avessero mai parlato davvero prima.

- Non credevo fossi tipo da battute come queste. Sei divertente! Non parli mai, in classe, forse è per questo che non me ne sono mai accorto? -

Lei fece spallucce. - Non so ... può essere. Ma non dovresti essere a lezione? -

- Senti chi parla! - esclamò lui, ridendo. - Cos’è, mi stai cacciando? Se ti do fastidio dillo, vado via ... - disse, un po’ meno allegro adesso. Lei parve rendersene conto, perché per la prima volta lo guardò.

- Scusa se ti ho offeso, comunque ... non è che devi andare via per forza. - Disse. Lui sorrise.

- Non mi sono offeso. Te l’ho detto, lo so che sei particolare ... -

- Ancora con questa storia ... non potresti spiegarmi che intendi con un po’ più di precisione? -

Per un attimo cadde il silenzio. Poi André si voltò di nuovo verso di lei, puntando gli occhi nei suoi.

- Voglio dire, che so che sei una ragazza. -

Lei sobbalzò, i ciuffi d’erba le caddero dalle mani. - Ma che dici, devi essere proprio scemo... -

- Smettila, è inutile negarlo. Lo so. Si vede. -

Lei tacque, riprendendo qualche ciuffetto da terra. - E adesso? - chiese poi.

- Adesso che cosa? -

- Adesso vorresti sbandierarlo ai quattro venti, così, giusto per rendermi lo zimbello dell’intera scuola? Perché è solo questo che potresti fare, visto che il rettore è a conoscenza della situazione. -
Osservò lei, la voce più dura. - Solo che, non so se l’hai notato, ma già non sono un granché nei rapporti sociali, ci manca solo che tu faccia questo. -

Lui scoppiò a ridere. Lei lo guardò sconcertata.

- Perché ridi, adesso? -

- Rido perché hai pensato che io volessi prenderti in giro! Ah, se sapessi ... - si lasciò sfuggire, ma subito tacque, abbassando di nuovo gli occhi a terra. Oscar però non era tipo da ignorare nulla.

- Se sapessi ...? -

- Niente, lascia stare.- Tagliò corto lui, poi decise di cambiare discorso. - Ma Oscar è il tuo vero nome? O lo usi solo qui a scuola? -

Un sorrisetto increspò il volto della ragazza. - No no, è proprio il mio nome. Lo ha scelto mio padre. So cosa stai per dire, non è proprio un nome da ragazza, ma che vuoi farci? La mia è una famiglia di tradizione militare, e mio padre, dopo aver visto nascere cinque figlie femmine, ha deciso che almeno la sesta venisse allevata come un maschio, tutto qui. -

- Ah, ecco perché sei così forte. - Osservò André, un po’ sorpreso da quanto Oscar gli aveva detto. -Ma non ti piacerebbe vivere come tutte le altre ragazze? -

A quella domanda il volto di Oscar si oscurò. Lui non poteva saperlo, ma lei si è posta tante volte quella domanda, senza mai arrivare a una risposta.Aveva visto le sue sorelle crescere e andare in spose a ragazzi che non avevano mai visto e che avevano in comune, tutti, solo una cosa: il titolo nobiliare, il prestigio, perché il loro padre aveva sempre scelto con grande cura. Per qualche ragione l’idea di sposarsi a quel modo, per quanto fosse conscia della normalità della cosa nell'aristocrazia di cui faceva parte, la ripugnava. Era convinta, lo era sempre stata, che per sposarsi fosse necessario conoscersi e amarsi. Poi aveva conosciuto lui, André, e questo non aveva fatto altro che rafforzare le sue convinzioni. Se fosse stata come tutte le altre, prima o poi sarebbe dovuta andare in sposa a qualcuno, e il solo pensiero di dover smettere di pensare a lui e sposare uno sconosciuto le metteva i brividi.

- Scusa , ti ho fatto una domanda stupida ...- disse lui, non appena intravvide il suo cambiamento d’umore. Poi volse la testa dall’altra parte, dicendo a bassa voce: - Eppure, sei così bella ... -

Il suo cuore prese a battere all’impazzata. Quasi temeva di vederselo uscire dal petto e solo lei riusciva a fargli quell’effetto. Tutto si scoloriva, perdeva forma, consistenza, importanza in sua presenza. Riusciva a vedere solo lei, e ad ascoltare solo la sua voce e percepire solo il suo profumo e il suo calore. Nient’altro contava, nient’altro era necessario esistesse.

- Cosa hai detto? Scusa, ma non ti ho sentito ... - disse lei. E allora lui, come posseduto da una forza oscura, la mente ottenebrata da quel desiderio che, fino a quell’istante, non lo aveva mai abbandonato, si volta verso di lei, le posò una mano sulla spalla, spingendola contro il tronco dell’albero, e la baciò.

 
   
 
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