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Autore: Pervinca Potter 97    25/08/2013    4 recensioni
Ogni anno per tutta Panem in attesa dei nuovi Giochi vengono trasmessi in televisione i pezzi migliori delle edizioni precedenti.
Finnick Odair e il suo tridente, per intenderci. Willow Buffet e la sua accetta. Enobaria Bell ed i suoi denti.
Ma ci sono edizioni di Hunger Games che mancano all'appello, anno dopo anno.
Gli abitanti di Capitol City sono troppo distratti da quisquilie e quelli dei Distretti troppo assorti nel lavoro o nel dolore per notarlo.
Le edizioni perdute, o edizioni fantasma, stanno andando estinguendosi anche nella mente degli uomini più brillanti. Come Capitol City ha voluto che accadesse.
Abernathy, al cinquantesimo anno degli Hunger Games, con il suo campo di forza.
Lilian, che tradì il proprio distretto per progetti più grandi.
Francis, il bambino del distretto 3 che piangeva troppo.
Benedict, che vinse imbattuto diventando un perdente.
Tutti gli anni fantasma, raccontati passo dopo passo, capitolo per capitolo.
Per non dimenticare.
Genere: Drammatico, Guerra, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Altri tributi, Tributi edizioni passate
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Settima Edizione
Francis nella valle di lacrime





Aveva cominciato a piangere quando quella donna, dalle dita di strega, aveva letto il suo nome sbagliando l'accento.
Non aveva trovato il coraggio di dirle, dopo aver stretto la mano al tributo femmina di tre anni più grande, che lui si chiamava Fràncis, non Francìs.
Le lacrime poi scorrevano così fitte da impedirgli anche solo di aprirla, la bocca.
Così aveva permesso che sbagliassero a chiamarlo tutti, da quel momento.
Non che facesse la differenza. Una volta morto, cosa mai avrebbe significato la pronuncia di quello che una volta era stato il suo nome?
Lui stesso non sarebbe significato nulla. Nulla più.
Allora aveva pianto, dicendo addio a suo padre, che amava più di sé stesso. Aveva pianto per lui, perché sapeva di essere la sola cosa che avesse al mondo. La sola cosa che lo spingesse a vivere. E che Capitol City avrebbe spinto a morire.
Francis aveva pianto sul treno, aveva pianto alla cerimonia di Apertura.
Aveva pianto senza riserve, quasi consumando tutta l'acqua che aveva nel corpo.
Aveva pianto prendendo la propria anima e strizzandola come un panno, spremendola come un arancio.
Ma nessuno, com'era accaduto in precedenza a tributi difficili, gli aveva dato un calmante.
Nessuno, la prima notte al centro di addestramento, era venuto a picchiarlo per i suoi lamenti.
Perché Francis aveva qualcosa, qualcosa che era arrivata a penetrare persino i cuori disattenti del suo frivolo staff di Capitol City.
Francis era bello, ed irresistibilmente tenero.
Biondo, dagli occhi grandi e grigi.
Aveva ciglia lunghissime, trasparenti alla luce del sole. In quei giorni si ritrovava a muoverle spesso, perché erano così sottili da non riuscire a reggere il peso delle sue lacrime.
Ogni volta che le sbatteva, sdraiato su un lettino troppo bianco in una stanza troppo chiara a subire cose troppo strane, un membro dei suoi preparatori si lasciava scappare o un sospiro od un buffo mugolio di pietà.
La stilista dopo lo aveva addirittura riempito di carezze, stringendolo a sé, soffocandolo quasi nel suo grosso seno.
«Mi ricordi coosì tanto mio nipote!»
Fino ad allora nessun tributo proveniente dal distretto 3 aveva vinto, sebbene quasi tutti si fossero contraddistinti in dimostrazioni di grande intelligenza, una volta in arena.
Nemmeno Francis era uno stupido, con tutte le sue A in matematica e in fisica. Nel suo distretto l'istruzione veniva prima di qualsiasi altra cosa, di qualsiasi altro posto.
Intrappolato in quello scomodo abbraccio capì allora che per gli abitanti di Capitol City lo spettacolo era tutto.
Mostrandosi disperato forse avrebbe catturato l'attenzione degli sponsor. Ed ottenuto una minima, piccolissima possibilità per tornare da suo padre.
Restava un solo problema, ed una volta riemerso dal gigantesco corpo dalla stilista sfruttò il conseguente sconforto per un altro pianto.
Francis non avrebbe mai potuto uccidere.
Ed osò, e all'intervista lo disse.
Confessò tra i singhiozzi di aver trascorso le ore di allenamento tra le piante e le trappole, qualche tiro di fionda e centro con l'arco.
Era riuscito a prendere 6 alla sessione di addestramento perché aveva preso con una freccia il fegato del manichino. Ma era stato solo un caso. Ed era sicuro che la sua espressione abbattuta avesse aiutato.
Parlò di suo padre e, allo scadere dei tre minuti, si ritrovò davanti l'intera Capitol City in silenzio.
Persino l'intervistatore sembrava aver perso la voglia di parlare.
Qualche sporadico singhiozzo si unì ai suoi, mentre si allontanava nel suo smoking volutamente troppo grande, contento di aver fatto centro.
Meno contenti erano i vertici del governo: non era bene che gli abitanti di Capitol City si rendessero conto della vera crudeltà che stava dietro ai giochi che tanto li divertivano.
Era meglio averli al proprio cospetto rincitrulliti ma obbedienti, affascinati dai giochi tanto da comprare armi di plastica ai loro figli.
Che i settimi Hunger Games abbiano inizio!
La Cornucopia si trovava al centro di una gigantesca valle a U. Riuscì a realizzare solo questo, durante lo scorrere del minuto più veloce della sua giovane vita.
Poi iniziò a correre, via dal massacro ma anche dalle provviste. Sapeva che non aveva altra scelta ed andava veloce, guardando solo davanti a sé: tutte le tonalità di verde possibili penetravano nei suoi occhi grigi.
Si fermò solo davanti ad una quercia, e decise di tentare di arrampicarsi. Era abbastanza lontano dalla Cornucopia e nessun cannone aveva preannunciato la fine del bagno di sangue.
Studiò con attenzione l'albero prima di salire, vagliando ogni increspatura, ipotizzando il peso dei rami che gli sarebbero serviti.
Solo grazie a quel l'attenzione tipica del suo distretto riuscì a salire in cima, lui che di alberi a casa ne aveva visti al massimo cinque.
Si fece piccolino contro il tronco, ed attese. Al primo cannone cominciò a piangere, e a lanciarsi in una struggente lamentela su quanto gli mancasse il suo papà.
Francis non stava fingendo, e quando vide scontrarsi il paracadute contro l'albero si scoprì tentato di scagliarlo per terra.
Non lo stava facendo per le telecamere, che guardassero il bagno di sangue.
Ma aveva fame e la vista di tanto pane lo commosse. Addentò il primo, senza smettere di piangere.
I primi giorni passarono per lui fin troppo facilmente. I colpi di cannone che ogni tanto lo sorprendevano arrivavano vacui, ovattati da tutti quegli alberi.
Aveva imparato a trovare nutrimento nella terra, e caso mai avesse avuto bisogno di qualcos'altro gli bastava riprendere a lamentarsi e sbattere le ciglia.
Il secondo giorno aveva ricevuto addirittura un coltellino.
Non riusciva a credere nella sua fortuna spacciata, e con il passare delle ore si mise sempre più in allerta.
L'incendio divampò il terzo giorno, svegliandolo e facendolo cadere dall'albero. Sentì il braccio fratturarsi dopo i tre metri di volo, urlò disperato alzandosi a fatica.
Il calore delle fiamme, sempre più vicino, lo costrinsero a correre, spingendolo verso la Cornucopia.
Francis arrancava disperato, inciampava sui propri passi, sentiva il fuoco bruciare le punte dei suoi capelli.
Quando arrivò nei pressi di un lago, l'inferno smise di bruciare. Si buttò nell'acqua completamente vestito, e mille lame di gocce gelide gli trapassarono la pelle, dandogli però un indescrivibile sollievo al braccio rotto.
Fu quando alzò quello sano che si accorse dei buchi nel tessuto della divisa, e dei tagli che l'acqua gli stava facendo sulla pelle.
Uscì e tentò di utilizzare le proprie lacrime e saliva per cicatrizzarli, riuscendo ad ottenere qualche successo.
Si chiese cosa fosse capitato per quell'improvviso cambio di atteggiamento nei suoi confronti, quando vide arrivare il Favorito.
Francis smarrito nella valle non aveva invece perso i conti: in quel momento oltre a lui erano vivi le ragazze del 1 e 5, ed il maschio del 2.
Era quest'ultimo a venirgli incontro, particolarmente ferito; dal modo in cui si trascinava Francis capì che aveva perso un piede.
Una volta che si fu fatto più vicino confermò la sua ipotesi: una lunga ferita sanguinante, rattoppata con garze, copriva resti di caviglia sbrindellata. Il taglio irregolare dei capelli e varie cicatrici sul volto testimoniavano recenti e brutali combattimenti, l'espressione corrucciata, stanca e rabbiosa dei suoi occhi lasciava intendere una fame ancora insaziata.
Francis tremò di paura, pur non essendo ancora stato notato.
Il Favorito sembrava essere più interessato al lago, che Francis si era lasciato indietro di qualche metro. L'altro aveva già immerso la gamba monca nell'acqua, quando un colpo di cannone fece tremare la terra sotto i piedi di entrambi. Francis sobbalzò, il Favorito scoppiò a ridere, e, dopo aver preso un gran respiro, si tuffò nell'acqua.
Dopo qualche minuto Francis vide le prime gocce di sangue risalire in superficie. L'altro sembrava non essersene accorto. Un piano cominciò a farsi strada nella testa del bambino.
Cercò un albero su cui salire ed iniziò a guardarsi intorno, alla ricerca del tributo rimasto. Per sua fortuna, la ragazza del distretto 1 stava correndo verso di loro, spinta da una frana di fango. Capitol City aveva deciso che i giochi stavano per concludersi.
Quell'anno il tributo femmina del primo distretto consisteva in una ragazza grassoccia e brutta, ma letale. Le sue dimostrazioni con tridenti e coltelli durante gli allenamenti erano finite in molti dei suoi incubi, i giorni in arena.
Ma Francis aveva capito anche che era una ragazza abbastanza stupida, incapace di adattarsi a diverse situazioni.
Arrivava verso di lui, urlando come una disperata. Francis, con le poche forze rimaste, la chiamò.
«C'è il ragazzo del distretto 2 in acqua, è ferito gravemente, uccidi prima lui» sussurrò, le lacrime agli occhi, una volta che fu individuato.
Inaspettatamente la ragazza lo ascoltò, evidentemente assetata del sangue di quel particolare tributo.
Frances avrebbe poi scoperto che Dean, così si chiamava quello del 2, aveva ucciso il compagno di distretto di quella ragazza.
Lei si tuffò in acqua, schizzi giganteschi arrivarono agli alberi sciogliendo parte della loro corteccia. Se accadde o no un combattimento o se le lame uccisero i due ragazzi né Panem né Francis riuscì mai a scoprirlo. Quest'ultimo finì per assopirsi, e risvegliarsi su un hovercraft. Vincitore.
Gli abitanti di Capitol City lo accolsero con grande festa, insieme a suo padre finì su diversi canali televisivi, strinse la mano ai suoi generosi sponsor (tutti padri di famiglia) in diverse occasioni.
Poi incontrò il Presidente.
Il Presidente avvelenò lui e suo padre, e fece passare la loro morte per una disgrazia imprevedibile.
Passarono due mesi e i due furono completamente insabbiati dalle memorie di Capitol City, già prese ed eccitate per i nuovi Hunger Games imminenti.
Passarono due anni ed anche i distretti di Francis ricordavano poco.
Avevano dimenticato anche la cosa più importante, quella che il bambino aveva urlato al microfono una volta tornato vittorioso.
«Qual è la cosa più importante che hai imparato da questa esperienza, Francìs?»
«Ho imparato a non sottovalutare nulla di me. Il mio nome è Fràncis, non Francìs. »

PP Space

Francis, il bambino che piangeva troppo. Ma che era intelligente. E che ha usato un'arma dell'arena, senza uccidere nessuno. Al prezzo della vita. E quella di suo padre.
Ci tengo molto a questo capitolo...fatemi sapere cosa ne pensate.
Ho dovuto ripubblicarlo perché da cellulare mi dà dei problemi di visione!
  
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