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Autore: lapiramiderossa    26/08/2013    0 recensioni
"La collera e l'ansia mi assalirono, facendomi ribollire il sangue, e la pelle si scaldò diventando rovente. Sentivo uno strano potere, una forza che non avevo mai sentito; forse era l'adrenalina o semplicemente la rabbia ma, qualunque cosa fosse, mi piaceva. Non mi ero mai sentita tanto viva, o forte. E non parlo di una forza fisica, ma di una forza mentale, molto profonda. Qualcosa che nacque dalla mia testa, non dai muscoli. Per un istante, un lungo silenzioso attimo, non sentii niente; tutto il mio essere si congelò,insieme al tempo e allo spazio; i miei occhi guardavano, ma non vedevano; il vento sferzava, ma non mi colpiva, la mia testa non pensava; il mio mondo, all'improvviso, si frantumò.
Non so come feci, ma un secondo prima che riuscissero a lanciarmi sul fondo del bidone, tutti i rifiuti saltarono fuori come se lo stesso contenitore li avesse risputati e, anche se faceva paura ammetterlo, sapevo che ero stata io.
L'avevo sentito. "
"Solo dalla paura può nascere il coraggio" questo Charlie lo impara a sue spese immergendosi in un mondo nuovo, un mondo dove le verità scottano e i segreti feriscono.
Lei non è umana, non interamente.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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North Carolina

 
Lasciai a mia madre un biglietto sul tavolo della cucina :
 
Vado a studiare da Jenna, ci vediamo stasera
 
Jake era appena arrivato e mi aspettava in macchina fuori casa, quindi presi la tracolla e mi avviai verso il cancello chiudendomi la porta alle spalle.
Avevo calcolato il tempo che avremmo dovuto metterci, e se ero fortunata, sarei arrivata in tempo per la cena e mamma non avrebbe sospettato niente; ovviamente c'erano molte probabilità che avrei potuto fare più tardi, ma era meglio non pensarci per il momento.
Era la prima volta che mentivo a mia madre, il che non avrebbe dovuto sorprendermi dopo tutto quello che era successo, ma sentivo lo stesso i sensi di colpa...
Non pensarci, mi dissi continuando a camminare.
La Volvo di Jake era di un colore grigio metallizzato, aveva tre porte e sembrava perfetta per un viaggio di tre ore fino ad Oxford.
Non mi entusiasmava l'idea di stare in auto con lui, per tre ore e così lontano da Littleheart, ma che scelta avevo?
- Spiegami ancora perché dobbiamo andare fino ad Oxford- disse lui, quando salii in macchina.
-Te l'ho detto. Ho letto sul web che questa Natalie Crangon ha il mio stesso problema...
-Ed è chiusa in un manicomio, come fai a sapere che non è davvero fuori di testa?-
-Volevi aiutarmi o no?- dissi, guardandolo spazientita.
Sospirò e mise in moto - Spero solo che non sia un gran buco nell'acqua.
Il viaggiò sembrò non finire mai, ma forse era solo perché ero preoccupata a morte. Non sapevo cosa avrei voluto trovare, o cosa avrei chiesto a Natalie; non sapevo neanche se ci avrebbero permesso di vederla, e forse un po' lo speravo così avrei avuto una scusa per continuare a non credere a quella storia. L'altra parte di me, invece, voleva sapere se io e quella donna avevamo un qualche specie di legame, e avevo bisogno di conoscere la verità sui miei poteri, sperando che lei avrebbe saputo aiutarmi ma, come aveva detto Jake, poteva essere un inutile buco nell'acqua...
- Mettiamo un po' di musica?- Senza aspettare una mia risposta, Jake allungò il braccio e accese lo stereo. Partì una canzone di qualche Band rock che non conoscevo, tutta urli e rumori assordanti.
-Ascolti questa roba?- domandai, abbassando il volume.
- Cos'ha che non va?
- Rompe i timpani.
Lui sorrise, scuotendo la testa; poi allungò una mano e alzò di nuovo la musica.
La riabbassai.
-Oh, Andiamo!- sbottò lui - Che ascolti tu? Musica classica?
-No- incrociai le braccia sul petto, guardando la strada - Se dobbiamo stare qui per altre due ore sarà meglio che la tieni abbassata.
-Sissignora- Rispose ironico e spense la radio. - Allora parliamo.
- Perché?
- Visto che non possiamo ascoltare la radio...
Sbuffai. E di cosa dovremmo parlare?
Avrei potuto chiedergli per l'ennesima volta perché mi stava aiutando, ma ormai sapevo che era del tutto inutile.
- I tuoi poteri-  iniziò lui - quella volta nel parcheggio della scuola, era la prima volta che li usavi?
-Si- risposi - E a proposito di quel giorno, perché eri lì quando è successo?
Quando non lo sentii rispondere mi voltai verso di lui: sembrava a disagio. - E come hai fatto ad aiutarmi?-
- Non ti ho aiutato- rispose serio.
- Guarda che adesso mi ricordo- risposi - tu dicevi "andrà tutto bene" e dopo la testa non mi ha fatto più male... Poi mi sono risvegliata nella mia stanza... sei stato tu a portarmi lì?
-Si - mi lanciò uno sguardo, poi tornò a fissare la strada.
- Ti rendi conto che questo non ha alcun senso?- ripresi forse con troppa foga - Perché non l'hai detto a nessuno? Perché hai deciso di aiutarmi? Perché tutto questo non ti fa paura? E perché sembra che tu sappia già quello che mi sta succedendo?
- Fidati e basta- rispose.
Fidati e basta? E cosa vorrebbe dire?
Come potevo fidarmi di lui se non voleva neanche dirmi la verità?
- Sei un idiota- sbuffai.
Lui rise.
 
L'istituto mentale Giulian si trovava verso la fine della città di Oxford, lontano dal caos e situato tra una notevole distesa di verde. Jake accostò vicino al cancello d'entrata, in uno dei tanti parcheggi vuoti e spense il motore.
-Ancora sicura di volerlo fare?- mi domandò.
-Si- risposi ed aprii la portiera.
Insieme ci avviammo verso il cancello d'ingresso.
Il Giulian era un edificio molto grande; una volta entrati ci si trovava sul viale che conduceva verso la villa a due piani, costeggiata da un grande giardino circolare dove i pazienti vagavano liberamente ma sempre sotto l'occhio vigile di un componente dell'istituto.
Natalie potrebbe essere una di loro, pensai sentendo una specie di brivido. Forse non era una più una buona idea...
All'interno la villa sembrava una sottospecie di albergo, con una vera e propria reception, solo che al posto della sexy segretaria dei film, c'era una ragazza che poteva avere trent'anni, bassa e piuttosto robusta, con un camicie bianco ed i capelli legati.
La donna ci chiese: - Cosa posso fare per voi?
E Jake prese in mano la situazione parlando per primo.
- Dobbiamo vedere nostra zia- disse - si chiama Natalie Crangon
- Non sapevo avesse dei nipoti- rispose l'infermiera con un cipiglio sospettoso.
Jake le sorrise, sporgendosi sul bancone - Ed io non sapevo che ci fossero delle infermiere così belle qui.
Cosa? Si è bevuto il cervello?
La donna dai capelli biondi cercò di non sorridere a quella lusinga, ma era chiaro che le era piaciuta; abbassò lo sguardo, cominciando a rovistare tra i fogli sulla scrivania.
- Vostra zia è nella stanza 27, al piano di sopra - disse, porgendo ad Alex una penna ed un quaderno dove firmare; lui prese la penna, lentamente e guardandola negli occhi mentre le guance della bionda s'infiammavano.
Alzai gli occhi al cielo, spazientita.
Ora gli darà anche il suo numero?
Probabilmente da un altro punto di vista sarebbe stata una scena divertente...
- La ringrazio - Jake posò la penna sul bancone, le sorrise un'ultima volta e si avviò verso le scale.
- "Ed io non sapevo che ci fossero delle infermiere così belle qui" bla bla. Ma che ti è preso?- dissi, raggiungendolo.
- Stava cominciando a fare domande, era l'unica idea che... Per caso sei gelosa? - si voltò verso di me, sorridendo mentre con la mano apriva la porta che conduceva alle scale.
Sbuffai. -Non dire stronzate.
- La mia preferita resti sempre tu- Stavolta mi stava davvero prendendo in giro.
-Zitto e cammina.
 
La camera 27  era l'ultima a destra lungo il corridoio del secondo piano, sulla porta c'era una targhetta metallizzata con inciso il nome della paziente. Jake bussò due volte, ma nessuno rispose.
- Forse sta dormendo- disse.
- Non siamo venuti fin qui per andarcene a mani vuote- gli ricordai, e senza un minimo di buone maniere girai il pomello della porta fino ad aprirla.
La stanza era semibuia, le tende spesse coprivano la luce del sole tanto che solo due o tre spiragli illuminavano lo spazio.
Perché è così buio?
Cominciai a cercare l'interruttore della luce, ma Jake mi bloccò la mano scuotendo la testa.
-Signora Crangon?- chiamò - Natalie?
Nessuna risposta. La stanza era vuota, a parte un letto, una poltrona che dava lo schienale alla porta, ed una vecchia scrivania; non c'erano effetti personali, o una foto di famiglia, o almeno era questo che riuscivo a vedere.
Mossi un passo verso la poltrona, sicura che ci avrei trovato l'anziana donna e Jake mi seguì; dal suo sguardo era sparito ogni segno di buon umore.
Forse anche lui pensa che tutto questo sia abbastanza strano.
- Natalie?- chiamai, raggiungendo la grane poltrona bianca.
Natalie Grangon doveva avere più o meno cinquant'anni, ma il suo aspetto ne dimostrava almeno venti in più. I capelli erano bianchi e spettinati, gli abiti erano vecchi, larghi e pieni di buchi cuciti alla bell'e meglio; La sua pelle era screpolata, rinsecchita ed i suoi occhi erano fissi sulle finestre coperte. Non si mosse, neanche dopo aver sentito la mia voce.
-Mi chiamo Sarah- non so perché le diedi un nome falso - posso farle qualche domanda?-
Passò un secondo molto lungo, poi lo giuro, la vidi sorridere.
- Non è molto educato da parte tua mentire ad una povera signora- la sua voce era rauca, tremante.
- Io non...- Natalie si voltò di scatto; i suoi occhi erano spenti, bianchi come se fosse cieca, il suo fu un movimento fulmineo, mi prese il polso e strinse come se volesse attirarmi verso di lei. Lanciai un urlo di sorpresa e subito Jake mi fu vicino per aiutarmi a liberarmi, ma prima che potesse fare qualcosa la vecchia mi lasciò, mostrando i  denti ingialliti.
Sta ridendo?
- Io so chi sei,bambina - disse - Non puoi mentirmi.
Avevo ancora il fiatone per il gesto di prima; cominciai a rigirarmi il polso strofinandolo con la mano.
-Stai bene?- mi chiese Jake. Annuii.
Non sapevo chi diavolo fosse quella donna, e neanche perché mi aveva presa a quel modo... forse la cosa migliore sarebbe stata andarsene di corsa.
Nomi dissi, Non fare la codarda.
Controllai il respiro e mi avvicinai di nuovo piantandomi di fronte a lei. I suoi occhi restarono fissi, lontano dal mio sguardo.
-Come fa a sapere chi sono?- domandai.
Questi occhi... mi sembra di averli già visti.
- Ti stavo aspettando, Charlie Ross - Guardai Jake alla ricerca di una spiegazione; Come faceva a sapere chi ero?
Ma lui guardava la donna sorpreso quanto me.
- Perché mi stava aspettando?
- Per aiutarti- sussurrò, volgendo lo sguardo su di me.
I suoi occhi erano ciechi ma avevo l'impressione che riuscisse a vedermi. - Hai letto di me, tu sai perché sono qui.
-L'incidente in auto...
-E vuoi sapere come ho fatto  a respingere quel tir e ad ammaccargli la facciata anteriore- sorrise di nuovo - Tu sai già cosa ho fatto. Perché anche tu sei speciale.
-Forse dovremmo andarcene- s'intromise Jake, guardandomi serio.
Natalie rise - Il tuo amico non vuole che tu sappia la verità.
-Ora basta- esclamai, declinando il suggerimento del ragazzo - Mi dica come fa a sapere chi sono!
- Ti ho vista in sogno- ripose la vecchia. Mi stava prendendo in giro? - Ma la tua domanda è un'altra io lo so.
Vuoi che ti dica cosa sei.
- io non sono niente- risposi, sentendo un brivido lungo la schiena. Quella donna forse era davvero pazza.
- Niente? Ah! Niente!- esclamò - Tu sei tutto ragazza, ogni cosa che importi.
- Adesso basta con queste frasi a enigmi, parli chiaro- dissi, spazientita. Non mi andava proprio di perdere tempo in stupidaggini.
- Tu pensi che io abbia le tue capacità- continuò Natalie - Ma non è così. Presto capirai che nessuno può eguagliarti.
Io non sono forte quanto te e tu non immagini neanche cosa sei capace di fare... l'ho sentito quando ti ho toccata.
-Tu sei speciale- disse. Continuavo ad ascoltarla senza capire, cominciando a pensare che fosse fuori di testa sul serio.
- Prima non sapevo perché ti ho sognata, ma adesso lo so- continuò - Tu hai un compito molto importante Charlie Ross, da te dipenderà l'inizio... o la fine-
- E questo cosa vorrebbe dire?
Natalie mi guardò ancora una volta, con angoscia. - Vorrei che avessimo più tempo... ma è cosi che deve andare. Il fato vuole che tu impari da sola tutto ciò che devi sapere.
-Il fato? Ma che diavolo sta dicendo? - Come potevo credere a quelle parole? Era assurdo!
Natalie si alzò di scatto, mi afferrò per un braccio fino a trovarsi con le labbra vicino al mio orecchio.
-Non fidarti di lui- disse, poi mi lasciò, continuando a fissare la finestra senza guardarla davvero come se aspettasse qualcosa...
- Loro stanno arrivando. Devi andartene-
-Loro chi?
Ma Natalie non rispose, continuando a non guardarmi. Ero sul punto di rifarle la domanda, di chiederle se era tutto vero, quando Jake mi prese il braccio; il suo sguardo era agitato - Dobbiamo andare.
-Ma...
-Adesso Charlie!- urlò, ma non arrivammo mai alla porta, perché prima che potessimo muovere un solo passò, ci ritrovammo immersi nelle fiamme.
 
 
  
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