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Autore: Bea_chan    02/03/2008    2 recensioni
Il Natale è qualcosa di magico, senza alcun dubbio. In un modo o nell'altro, si è sempre spinti a compiere qualcosa di speciale, in occasione di questa festa... Si è più ottimisti, più speranzosi, più inclini a credere in quello che si fa. Quindi, quale migliore occasione se non questa per mettere in atto il P.C.C. ? Gabriele si ritroverà invischiato fino al collo nella bizzarra scommessa che gli è stata proposta ed ha tempo fino alla notte di Natale per portarla a termine. Riuscirà in questa titanica impresa ? Certo che tra quei matti dei suoi migliori amici, la Reginetta della Scuola, un fratello insopportabile e solo cinque giorni di tempo, l'impresa sembra davvero essere disperata...
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Saluti a Tru, Sake e Kiss !
Gioie, un bacio e mille grazie per aver commentato :D
Ecco per voi il nuovo capitolo !

***


La famiglia di Gabriele era composta da quattro elementi, compreso lui.
La madre, Cinzia, insegnante di matematica in una scuola media, il padre, Stefano, odontoiatra, detto dai più “Il Dentista”, e un fratello maggiore, di diciotto anni appena compiuti, Edoardo. Aveva anche una gatta grigia, Lola, l’unica che lo capisse in quella famiglia.
Infatti, appena varcò la porta di casa alle 14.24 circa, una figura lo accolse amorevolmente, piantato sulla soglia a gambe larghe e un sorrisetto soddisfatto sul volto
- Sei in ritardo, Gabry… - Edoardo sapeva quanto odiasse quello sciocco nomignolo – La mamma stava per chiamare la Protezione Animali. -
Gabriele lasciò cadere malamente la cartella sul pavimento dell’ingresso, levandosi il giubbotto e le scarpe, ignorando volutamente il fratello. Ci mancava solo questo, si disse.
- Lele, sei tornato? -
La voce preoccupata di Cinzia arrivò dalla cucina. Il moretto alzò gli occhi al cielo, sconsolato. Ecco, l’altro soprannome che non sopportava… Lo facevano sentire come una caramellina, rosa e zuccherosa.
No, peggio, una femminuccia…
Ma si sa, per l’amore delle madri si sopporta questo ed altro.
Si recò in cucina, da dove era giunta la voce della donna. La vide seduta al tavolo, tamburellava le dite sulla tovaglia, davanti a lei un piatto intatto e, ovviamente, freddo. Il giovane la fissò in volto, non riuscendo ad identificare le numerose espressioni che lo attraversavano.
- Gabriele, dove sei stato fin’ora? - sbottò Cinzia, facendolo sobbalzare.
Perfetto, la rabbia è quella che va per la maggiore.
- Emh…ciao ma'. - salutò, titubante, evitando di voltarsi verso la fonte di quelle fastidiose risatine. Probabilmente, Edoardo si era appoggiato allo stipite delle porta, com’era solito fare durante le liti tra Gabriele e la madre, anche se, per la maggior parte delle volte, era la madre che urlava. Gabriele si limitava ad incassare le prediche.
- Niente, “ciao ma'”, mi dici che cos’hai fatto? Ero in pensiero, sai che devi avvertirmi quando fai tardi… -
- Eddai, ho perso l’autobus e c’ho messo di più! -
- Non è una scusa valida... -
- Non lo vuole essere, infatti. - concluse, freddo. Poi si morse la lingua.
Ahia, qua scatta la punizione… si disse.
La donna lo fissò, gli occhi castani erano…offesi
- Non mi piace quando mi parli con quel tono insolente…Sono tua madre, decido io cos’è meglio per te. - concluse Cinzia, moderando tuttavia i toni.
Gabriele annuì con il capo, sedendosi a tavola
- Scusa… - disse semplicemente, cominciando a mangiare la pasta fredda. La madre sospirò, sedendosi davanti a lui, sorridendo appena.
- Che non succeda più, mi raccomando. -
Edoardo decise che il suo contributo, in quella situazione, era necessario.
- Ma come, già finito? - chiese, ironico, sedendosi di fianco a Gabriele – Che noia… -
Questo gli rivolse uno sguardo a metà tra il furioso e l’impertinente, masticando con gusto la forchettata di pasta che si era appena ficcato in bocca.
- Piuttosto, ha chiamato Laura, circa un quarto d’ora fa. - intervenne la madre, che nel frattempo si era alzata e stava lavando i piatti. Edo sembrò interessato e si raddrizzò sulla sedia.
- E che ha detto? Perché non me l’hai passata? -
Gabriele sbuffò, una risatina nasale che lo costrinse a bere un abbondante sorso d’acqua per non soffocare, beccandosi un’occhiata ammonitrice di Edoardo.
Suo fratello si era sempre dimostrato parecchio interessato alla sua migliore amica, quasi eccessivamente geloso dei battibecchi tra lei e Luca.
- Voleva passare qua questo pomeriggio. – Cinzia continuò a parlare, strofinando la pentola sporca di sugo – Diceva qualcosa riguardo a degli appunti… Spero che intendesse confrontarli con te, non altro. – la voce della donna era decisamente sarcastica, mentre Bobo teneva lo sguardo fisso sul piatto.
Sperò ardentemente che Edoardo non volesse dare nuovamente il suo contributo alla discussione, ma a quanto pare il fratello era concentrato su altro, al momento.
Sulla visita pomeridiana di Laura, per esempio.
- Ha detto quando passa? No, perché io avrei gli allenamenti di pallavolo alle quattro, non vorrei che… - il trillo del citofono interruppe le macchinazioni del ragazzo, che sorrise fino alle orecchie.
- Vado io! -
Gabriele non fece nemmeno in tempo ad alzarsi che Edo era già corso fuori dalla cucina, così rapidamente che si chiese se, per caso, non avesse imparato la smolecolarizzazione. Anche se non capiva molto di scienze… Preferiva di gran lunga italiano, questo sì.
Sospirò, finendo in una forchettata la pasta rimasta, cercando di ignorare la sempre più crescente sensazione di poter avere Laura come cognata.
Cinzia sciacquò gli ultimi piatti, chiudendo il rubinetto dell’acqua e facendo per togliersi i guanti, dando una rapida occhiata all’orologio appeso alla parete della cucina – Finisci tu i piatti, Lele? Io devo passare in lavanderia e devo comprare qualcosa per questa sera… -
- Perché? – chiese il ragazzo, perplesso, mentre Edoardo, di là in Salotto, si affannava ad aprire la porta dell’appartamento: a quanto pare, Laura aveva scelto di fare le scale, come al solito. – Cosa c’è sta sera? -
- Non ti ricordi? – lo sguardo della donna era a metà tra il rimprovero e il divertimento – Abbiamo i nonni a cena. -
Gabriele fece una smorfia che era tutto un programma.
- Oh. -
- Già, e vedi di comportarti bene… - ammonì Cinzia, ignorando le chiacchiere con intento chiaramente seducente di Edoardo, che accoglieva la ragazza appena arrivata.
Dovresti dirlo anche ad Edo, pensò il giovane tra sé e sé, masticando imprecazioni all’indirizzo del fratello, attentatore della virtù della sua amica.
La succitata fanciulla comparve di lì a poco sulla porta della cucina, l’espressione vagamente assassina nei confronti del fratello di Gabriele, che continuava a ciarlare senza posa, seguendola passo passo.
- Dico sul serio, se vuoi qualche volta possiamo andare da qualche parte… -
Il tono di Edo voleva essere piacente e il fratello notò che era piuttosto nervoso, dato che continuava a passarsi la mano sul collo, a disagio. Represse un sorrisetto strafottente, mentre la madre accoglieva Laura.
- Sei autorizzata a dare una lezione a mio figlio, Laura, se ti da fastidio. – ridacchiò Cinzia, piegando il grembiule e guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Edoardo.
La giovane sorrise, un luccichio divertito negli occhioni scuri.
- Oh, non si preoccupi signora… - minimizzò, guardando appena il ragazzo più grande, che rifuggì l’occhiata – Edoardo è fatto così… Non c’è problema. – concluse, posando poi lo sguardo su Gabriele, ancora seduto al tavolo.
Quest’ultimo sussultò appena, inarcando un sopracciglio, perplesso dall’espressione dell’amica. Questa sembrò riprendersi, scotendo il capo e distogliendo l’attenzione verso la finestra.
Le parole di Cinzia interruppero il silenzio nella mente del ragazzo.
- Ragazzi, meglio che vada… Edo, se mi accompagni adesso ti do un passaggio diretto in palestra. -
- Vengo ma’… - mugugnò scocciato Edoardo, trascinandosi fuori dalla cucina, sconfitto. Per il momento, ovviamente, sarebbe tornato all’attacco.
Gabriele sbuffò, a metà tra il divertito e l’esasperato, alzandosi da tavola.
- Lau, guarda che puoi tirare tutte i centroni che vuoi a mio fratello. – cominciò in tono leggero – Giuro che se non ci tenessi al quieto vivere in casa, lo farei io per primo… -
- Ma figurati. – borbottò quella, scotendo appena la mano – Non mi da fastidio. Almeno, qualcuno si accorge della sottoscritta… -
Lui la guardò, dubbioso dal suo tono abbattuto.
- E di Matteo che mi dici? -
- Oh, lui… - Laura distolse evitò ancora lo sguardo di Gabriele – Già, me n’ero dimenticata. –


***


- Non se ne parla proprio. -
- Oh dai Lau, per favore… -
- Ho detto di no. -
Ma io non sono Luca!, avrebbe voluto farle presente, ma forse era meglio trattenersi.
- Neanche una pagina piccola piccola? -
- Te lo scordi Bobo. Dovrai passare sul mio cadavere, prima. -
Quel tono funereo dai seri propositi assassini fece desistere Gabriele dall’accorata supplica che stava rivolgendo all’amica, miseramente sdraiato supino sul parquet della camera. Non aveva nemmeno la forza di alzarsi…
Laura, seduta a gambe incrociate sul letto del ragazzo, carezzava Lola, la tigre del salotto, che esprimeva il suo compiacimento facendo le fusa in grembo alla fanciulla.
Il padrone del medesimo felino, guardando la scena da sotto in su, fece una smorfia scocciata.
- Traditrice… -
Lola, in tutta risposta, continuò a fare le fusa, socchiudendo gli occhi soddisfatta dai grattini di Laura.
Gabriele sbuffò, tornando a fissare il soffitto.
- Neanche la mia gatta mi rispetta… - piagnucolò con aria teatrale – La mia migliore amica non mi da gli appunti, il mio migliore amico pianifica il mio suicidio sociale, Cecilia mi considera poco meno di un sassolino nella scarpa… - si portò un braccio sugli occhi, afflitto – Com’è ingiusto il mondo. -
Laura schioccò la lingua, infastidita.
- Non parlarmi di quel cretino… -
Gabriele tornò a guardarla da sotto in su.
- Chi? -
- Lui. IL Cretino. -
Aveva cominciato ad insultare Luca. Decisamente, era un buon segno: dalla fase di “Ti Evito Perché Non Ti Sopporto” si era passati, in neanche tanto tempo, alla fase del “Ti Insulto Così Che Tu Sappia Perché Sono Arrabbiata”. Gabriele sorrise appena tra sé e sé: di questo passo, pomeriggio tardi si sarebbe risolto tutto.
Come al solito, del resto.
Si alzò, sistemandosi a gambe incrociate sul tappeto, guardando la ragazza con fare comprensivo. O, per lo meno, ci provò…
- Non può sempre trattarmi in quel modo… - borbottò la ragazza, cominciando la sua tirata, passando le dita nel folto pelo grigio fumo della micia. – Insomma, c’è modo e modo di chiedere le cose… -
- Già. -
- E poi, potrebbe anche fare la fatica di prenderseli da solo quei dannati appunti. -
- Infatti. -
- Come se a me interessasse veramente di quel filosofo come-si-chiama. -
- Certo. -
Laura s’interruppe, trafiggendo Bobo con uno sguardo decisamente minaccioso. Quest’ultimo sussultò appena, mordendosi la lingua. A quanto pare “Certo” non era la risposta giusta…
Evidentemente, quel giorno la strategia del Sorrido&Annuisco non funzionava a dovere.
- Non mi stai ascoltando, vero? -
- No! -
Laura divenne ancora più cupa, affondando le unghie nella cute di Lola, che miagolò di disappunto e balzò giù dal letto, sgusciando in salotto dalla porta socchiusa.
- Cioè, nel senso… Non è vero, ti sto ascoltando… - cercò di giustificarsi Bobo, invano.
Fortunatamente, prima che Laura potesse dare corpo agli incipienti propositi omicidi, il suono del telefono giunse come un segno celestiale dall’ingresso.
- Vado a rispondere! – esclamò sollevato il ragazzo, alzandosi e fuggendo dalla camera, tentando di non farlo troppo spaventato.
Giunto al mobile dell’ingresso, alzò la cornetta del cordless, prendendo fiato.
- Pronto? -
- Indovina un po’! -
La voce squillante di Luca gli ferì il timpano destro, talmente forte che dubitò che i vicino non avessero sentito.
- Ciao Lu… -
- Non perdere tempo in ridicoli convenevoli, devo darti la notizia del secolo! -
- Adesso? – chiese lui prudentemente, dando un’occhiata di sfuggita alla testolina rossa di Laura, appena sbucata dalla porta della camera, che mimava col labiale le parole “Chi è?”.
- Certo scemo, in questo preciso momento! Sono da te tra dieci minuti, il tempo di arrivare. -
- Ma non… -
- C’è Lau, per caso? -
Il tono di Luca era volutamente indifferente, ma Gabriele scorse una vena di qualcosa che assomigliava vagamente a senso di colpa. Forse…
Lo sguardo verde di Bobo saettò rapido al volto di Laura, rispondendo senza neanche pensarci.
- No. -
- Oh. Va bè, arrivo. -
- Quan… -
Neanche il tempo di finire la frase che il segnale del telefono libero interruppe le sue parole.
Sospirando ripose il telefono, ritornando da Laura, che lo attendeva a braccia incrociate sulla soglia.
- Chi era? -
Pensa Bo, chi era?
La mente del ragazzo frugò nei meandri del cervello alla disperata ricerca di una balla plausibile.
- Il… Il meccanico. -
Lau inarcò perplessa un sopracciglio, che sparì sotto il lungo ciuffo ramato.
- Il meccanico? -
- Già, doveva… Doveva dire a mia madre che la macchina è pronta. -
- La macchina. -
- Sì. -
La ragazza tamburellò le dita della mano destra sulle braccia incrociate, con un sorrisetto saccente e scettico allo stesso tempo.
- Perché, ovviamente, la macchina con cui tua mamma è andata via prima era quella di tuo papà. -
- Ovviamente. -
Gabriele cominciò a sudare, e non per il caldo, visto e considerato il periodo dell’anno. Reggere una conversazione del genere con Laura, la miglior Fiuta Balle che avesse mai conosciuto, era sfiancante.
- Quindi, tuo padre oggi è andato allo Studio a piedi. -
- Esatto. -
- 15 Kilometri? -
Il tono si era fatto decisamente pericoloso. Forse era meglio confessare...
Sospirò di nuovo, con aria sottomessa; poco mancava che sventolasse bandiera bianca.
- Ok, era Luca. Ha detto che arriva tra… -
- Addio. -
Laura aveva già marciato verso l’ingresso, facendo per rimettersi giacca e scarpe e andarsene.
Gabriele la rincorse, placcandola nella più degna imitazione di un giocatore di rugby professionista. L’afferrò per le braccia, impedendole i movimenti elementari, soprattutto impedendole di tirare ceffoni vari.
- Dai Lau, non fare la bambina! Ha detto che ha una notizia bomba… -
- Non m’interessa. -
- E invece sì che t’interessa… - ridacchiò con fare arrogante – E’ solo che hai paura di affrontare Luca, vero? -
- Assolutamente no. – mugugnò quella, tentando di divincolarsi – Ora, gradirei che mi levassi queste tenaglie dalle braccia, sento che mi si sta fermando la circolazione… -
Il ragazzo schioccò la lingua, dispettoso.
- Non ci penso nemmeno. Anzi… -
Ridacchiando, l’afferrò per la vita e se la caricò direttamente sulla spalla sinistra, mentre questa scalciava e strillava, indignata.
- Bo, mettimi giù!! Subito! -
- Non ci penso neanche! Anche se, cavolo Lau… - se la sistemò meglio sulla spalla, facendola leggermente saltellare – Sei più pesante di quello che sembri… Ahi! -
La suddetta giovane decise di esprimere il suo disappunto prendendo a pugni la schiena di Gabriele.
- Laura, mi stai… Ahi! Facendo male… Ahia! -
- Mettimi giù e la pianto! – esclamò quella, scalciando come un mulo.
Gabriele dovette ammettere che il panorama, se girava appena la testa a sinistra, era uno spettacolo niente male… Ma ebbe la netta sensazione che se avesse fatto notare anche questo, sarebbe stata la Fine.
Il suono del campanello interruppe la lotta serrata.
Gabriele, sbuffando affaticato, perché tenere ferma quella belva non era affatto semplice, si diresse alla porta, pensando che Luca, probabilmente, si era accampato nelle vicinanze.
Non era umanamente possibile che fosse già lì. Preferì non indagare oltre…
- Gabriele, dannazione, lasciami! – Laura continuava ad urlare rasentando l’isteria, ovviamente, mentre Bo girava la chiave nella toppa, impresa ardua con uno pseudo pappagallo gigante tarantolato sulla spalla che si agitava – Non sono psicologicamente pronta, non lo voglio vedere, perché non ha suonato il citofono?! -
- Ho trovato il portone aperto. -
La voce strascicata e irriverente di Luca, tipica dei suoi momenti di “Sono arrabbiato con Laura”, serrò la bocca alla ragazza, che fortunatamente non poteva guardarlo in faccia.
Gabriele si disse che, probabilmente, gli avrebbe sputato in un occhio o giù di lì.
- Ciao Bo… Hai catturato un elefante? A giudicare dalla stazza direi di sì. – considerò il biondino in un sogghigno lascivo, fissando il lato b di Laura ben in vista, fasciato da un paio di jeans neri.
- Ti sei mai guardato allo specchio? – la voce della ragazza giunse da dietro la schiena di Bobo, che si teneva prudentemente in silenzio.
- Parecchie volte e sono molto meglio di te. -
L’occhiolino di tacito apprezzamento che rivolse al moretto esprimeva tutto il contrario…
Gabriele sorrise, risistemandosi la ragazza sulla spalla, dato che stava scivolando, anche se aveva momentaneamente smesso di agitarsi. Buon segno.
- Ciao Lu. -
- Sei un bugiardo. -
- Ho un bravo maestro… -
I due amici si sorrisero, per poi battere pugno con pugno, in un cenno d’intesa.
Gabriele mise giù Laura, che si risistemò la lunga chioma rossa, tutta arruffata, evitando di guardare Luca negli occhi. Borbottava qualcosa di non ben identificato, insulti probabilmente.
- Allora, cos’è questa notizia bomba? -
Il biondo si sfregò le mani, impaziente.
- Non è il caso di parlarne qua… Ci potrebbe sentire qualcuno. – considerò con aria da cospiratore, lanciando un’occhiata a Lola, che dormiva acciambellata sulla spalliera del divano.
Gabriele evitò di spiegare l’ovvio, ma Laura, come sempre, sentì il dovere morale di farglielo notare.
- Dobbiamo chiamare il reparto di psichiatria infantile, se credi che una gatta possa capire quello che diciamo. – osservò, caustica.
Luca non si prese nemmeno la briga di risponderle, limitandosi a prendere il cordless di Gabriele e passarle a fianco, concedendole un sorrisetto enigmatico.
- Vieni Bo, dobbiamo fare una telefonata. -
Questo lo seguì perplesso, subito seguito da Laura, in cucina.
- Una telefonata? -
Il moretto seguì i movimenti di Luca, che poggiò il telefono al centro del tavolo e si diresse alla dispensa, frugandovi dentro senza alcun ritegno. Ne emerse con un pacco di biscotti, uno di essi già in bocca, e annuì deciso.
- Già, e indovina a chi. – gongolò, pescando l’ennesimo biscotto e porgendolo, con non chalànce, a Laura. Questa, sbattendo le palpebre perplessa, lo prese con delicatezza, abbozzando un sorrisetto stupito, ricambiato da Luca senza che neanche la guardasse.
Quel biscotto significava Scusa, probabilmente.
Ma Gabriele non aveva tempo di complimentarsi con loro, dato che quel telefono incombeva preoccupante sul tavolo non ancora sparecchiato.
Corrugò le sopracciglia, dubbioso.
- Al Papa? -
- No. -
- A Bin Laden? -
- Sarebbe un passo avanti rispetto alle ricerche americane ma no, non a lui. -
- Agli alieni? -
- Perché usi sempre un sostantivo maschile, dico io… -
Dal sorrise decisamente sadico di Luca, Gabriele realizzò l’unica, inquietante verità.
Sbarrò gli occhi, terrorizzato.
- No, mi rifiuto! -
- Ma dai Bo, è l’unico modo! Mia sorella ha detto che le ha detto che la cugina della sorella di una sua amica va allo stesso corso di Musica di Cecilia. -
- E non voglio contattare la fonte di queste preziose informazioni, grazie. – rispose, piccato – Già non capisco come tua sorella possa conoscerla. -
Laura prese un altro biscotto, poggiata con i fianchi accanto a Luca, contro il mobile della cucina, e fissò la pila di piatti sporchi.
- Bobo, non dovevi lavare i piatti… ? -
- Già, infatti, quindi non… -
- Ha detto che sarà discreta. E che non chiederà nulla in cambio… -
Il moretto si fermò alle parole di Luca. Forse poteva funzionare, forse era davvero l’unico modo… Estremo, ma l’unico.
Fissò attentamente gli occhi grigi dell’amico, stranamente seri.
- Sei assolutamente sicuro? -
Il biondino sogghignò, stringendosi nelle spalle.
- No, ma è la tua unica strategia per infiltrarti nell’ambiente che frequenta la tua bella. E non ti ci puoi avventurare impreparato, no? -
- E se lei mentisse? Se non fosse vero? -
- Allora non sarebbe lei. -
Laura, intenta a rimpinzarsi di biscotti, cominciava a non capirci più niente.
- Scusate ma… Lei chi? -
Luca prese il cordless con aria teatrale, compose un numero e lo tese a Gabriele.
- La migliore sulla piazza, più informata del KGB ma discreta quanto Novella 2000. -
La ragazza fissò il disperato Gabriele, mentre prendeva la cornetta, chiedendo delucidazioni.
- Elisabetta. – rispose rassegnato il giovane – Stiamo chiamando Elisabetta. -


…to be continued…

  
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