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Autore: watch me burn    27/08/2013    0 recensioni
St. Gregory Avenue, anno 2017, casa n. 246, famiglia Howard. Ciò che più si temeva è accaduto. Sono arrivati gli Squartatori, a 'richiamare' la figlia di John e Kaily Howard, Ethel. Ella diventerà tutto ciò che non avrebbe mai voluto essere, si innamorerà di uno di loro. Uno di quei mostri. Poi, un giorno, si rese conto che avrebbe potuto fare di meglio, avrebbe potuto redimersi, provare a ripulire se stessa.
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Oh, è la prima storia che scrivo, in assoluto. Spero vi piaccia, vi prego non siate troppo cattivi nei commenti, sono molto sensibile v.v Però commentate, voglio pareri e, magari, consigli per migliorare. Perché devo migliorare ancora tantissimo e mi piacerebbe diventare più brava ! Grazie a tutti _Ellivorg.
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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CAPITOLO 6 – Pioggia

 
Mael mi guardò e quel suo sguardo mi congelò, come tutte le volte.
«Brava» sibilò, guardando fuori dalla finestra della stanza. Era buio e la pioggia battente bagnava i vetri, la luce della luna era l’unica che illuminava la stanza nella quale eravamo io e lui.
«Sei stata un ottimo acquisto», si voltò e con lo sguardo perso nel buio si diresse verso una poltrona sgualcita e consunta, dal colore oramai indefinito.
«E ti stupisci ancora?» esclamai, in un sussurro, mentre ero appoggiata alla parete, con le braccia al petto.
Era passato un anno da quando Deam mi aveva parlato di me, di quello che ero. Esattamente un anno da quando avevo scoperto che mia madre era viva ed era una Cacciatrice.
Era un anno che non vedevo Deam, esattamente da quando io avevo ceduto a Lui la mia anima, spontaneamente.
Già, perché Deam stava dalla parte dei ribelli, stava con i Cacciatori.
La porta alle mie spalle si aprì di colpo e ne entrò un ragazzo, alto e robusto, i capelli erano bagnati e gocciolava da tutte le parti.
«Scusa Mael, ma abbiamo un problema» disse quell’ragazzo, riprendendo fiato.
«Ti sembra il modo di interrompere una conversazione?» sbottai io, fulminandolo con lo sguardo.
«Sicuramente non era qualcosa di importante», non fece in tempo a finire la frase, perché sentimmo Mael alzarsi e camminare verso di noi. Bastò quello per farci zittire entrambi. L’uomo guardò il ragazzo fradicio e, con un gesto della testa, gli diede il permesso di parlare.
«Abbiamo la Lega alle calcagna, questa ha lasciato troppi indizi in giro» spiegò, indicandomi con un movimento della nuca.
«Io non lascio mai indizi, idiota» sbuffai «qualcuno deve esserci stato dopo di me» conclusi, sconcertata.
«Ethel, vedi di aggiustare le cose» mi ordinò Mael ed io, chinando il capo, mi dissolsi scomparendo nell’oscurità della notte.
L’aria fredda e pungente di quella giornata mi fece rinascere, mentre sorvolavo la buia e silenziosa città. Un’ombra coprì la luce della luna per un breve istante, pochi secondi, ma bastò semplicemente cambiare direzione per capire di chi si trattava. Era Jake, il ragazzo fradicio che mi aveva dato dell’incompetente.
La pioggia continuava a scendere copiosa, mentre io riprendevo le mie forme sopra il tetto di una casa silenziosa. Jake si fermò proprio accanto a me e, dissipando le sue ultime nuvole scure, mi guardò: «se tu sapessi fare quello che devi adesso non saremmo qui. Mi chiedo perché Mael ti abbia così a cuore!».
Io mi sporsi leggermente verso di lui, i nostri volti erano separati solo da un soffio d’aria fredda e, sogghignando divertita, dissi: «è proprio perché non so fare il mio lavoro, come dici tu, che mi chiamano la Sanguinaria», alzai un sopracciglio con un gesto quasi meccanico, senza nemmeno accorgermene.
«I telegiornali degli uomini dicono un sacco di scemenze»
«Già» confermai io, «proprio perché parlano di scemenze non ti hanno mai nominato? Smettila di fare il gradasso Jake, perché non sei altro che un nano da giardino per Mael» sostenni divertita, vedendo il suo volto diventare paonazzo dalla rabbia. Notai che strinse il pugno della mano sinistra e, facendo partire un gancio, tentò di beccarmi in pieno viso. Io divenni immediatamente seria e, scansandomi lievemente di lato intercettai il suo pugno con la mano sinistra e lo allontanai dal mio viso.
Perfetto – pensai – guancia libera. Ci vollero solo pochi secondi perché io stringessi il pugno destro e, spostando tutto il peso sulla gamba sinistra e facendo roteare lievemente il bacino e la spalla, scagliassi un diretto affondandolo nel viso del ragazzo. Jake piegò la testa di lato, mugugnando, mentre io gli posavo le mani sulle spalle e spingendogli la schiena verso terra, gli scagliai una ginocchiata diretta alla bocca dello stomaco. Lui non poté fare altro che piegarsi in due, maledicendomi.
«Te l’ho detto, Jake. Sei solo un nano da giardino» gli sussurrai all’orecchio, mentre lui era in ginocchio accanto a me. Il ragazzo non fece nemmeno in tempo ad alzare il viso per rispondermi perché io ero già sparita. Mi stavo allontanando a grande velocità da lui, ridendo.
Bastarono pochi minuti per vedere, finalmente, ciò che stavo cercando.
Entrai da una di quelle finestre che avevo rotto solo qualche ora prima, in una casa a più piani, poco fuori dal centro. Appena fui certa che non ci fosse nessuno in quella stanza, ripresi le mie fattezze umane. Dei frantumi di uno specchio sul pavimento riflettevano la luce della luna ed io, incantata da quel bagliore, ne raccolsi uno e mi guardai.
Gli occhi rossi brillavano di una luce innaturale ed i capelli scuri mi incorniciavano il volto segnato dall’odio, il cappuccio scuro era fradicio. Scagliai il vetro contro la parete, come se fosse colpa di quel frammento se ero diventata così. Scossi la testa ed allontanai tutti i  pensieri non importanti in quel momento, dovevo essere lucida, preparata.
Scesi le scale ed andai nel soggiorno, ancora a soqquadro data la mia visita precedente. Camminavo silenziosamente quando una mano mi coprì la bocca ed un braccio mi strinse la gola in una morsa. Niente panico, ormai lo avevo imparato.
Tirai indietro la testa così violentemente che quella persona non se l’ho aspettava e gli colpii il naso, poi mi dissipai, slegandomi dalla sua morsa e ricomparendo qualche metro più in là.
«Accidenti Eth!» esclamò la figura incappucciata, posandosi una mano sul naso dolorante.
«Deam?» domandai, perplessa, mentre riconoscevo le sue meravigliose fattezze di non – umano.
«No, Lord Voldemort!» disse, massaggiandosi il naso «bhe» sospirò «adesso anche posso assomigliare a Voldemort visto che mi hai pressoché staccato il naso!»
Io non trattenni una fragorosa risata che durò brevi istanti, rimbombando nella stanza semi vuota, ma tornai immediatamente seria, «che ci fai qui?».
«Sei stata tu?» mi chiese lui di rimando.
Io non risposi, «che cosa ti hanno fatto» sussurrò poi il ragazzo, con un tono mortificato.
«Mi hanno liberata, ecco cosa mi hanno fatto!» l’attaccai io, mentre lui mi guardava con gli occhi lucidi.
La luce si accese improvvisamente ed io dovetti strizzare lievemente gli occhi, prima di riuscire ad abituarmi a quella dannata lampadina accesa. Una donna era sulla soglia della porta del soggiorno e ci fissava. Era alta, snella e dei formosi capelli ricci e scuri le cadevano sulla schiena.
«Delizioso quadretto» esordì «peccato che se non sei con noi, Ethel, sarò costretta ad ucciderti»
Io risi, divertita. «Ma dai, davvero? Peccato che non mi abbiano uccisa quella notte, veromamma?» e così detto, mi scagliai verso la finestra della cucina, dietro di me e sparii nella notte più buia.


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Spazio autrice:
ecco a voi il nuovo capitolo, spero vi piaccia! RECENSITE :D

  
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