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Autore: lelle96meridiesfun    27/08/2013    0 recensioni
Ogni città ha un lato nascosto di cui i dormienti ignorano l'esistenza. Ronnie vive a Boston e la sua vita cambia totalmente in una sola notte, durante un blackout sua sorella viene portata via mentre suo padre scompare. Nel frattempo una serie di misteriosi omicidi comincia a terrorizzare l'America e in men che non si dica il mondo intero. Ronnie sarà catapultata in una feroce lotta, una lotta tra bene e male, una lotta che la riguarda molto da vicino, più di quanto creda...una lotta per la conquista del Mondo Nascosto.
Vi auguro una buona lettura e spero che la storia vi piaccia...lasciate recensioni per farmi sapere cosa ne pensate!
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ronnie si svegliò con il naso gocciolante e rosso quella mattina del 26 Marzo. Il forte profumo dei fiori piantati da Elen, aveva riempito un’intera casa e ovviamente anche la sua stanza. Elen era la sua sorellina più piccola ed ogni momento per lei era buono per piantare un nuovo fiore, per un compleanno, una festa, un bel voto a scuola o anche una promozione al lavoro per William, loro padre, sia in casa che nel giardino e quale miglior occasione come l’arrivo della primavera per piantare un bel fiore? Lo scorso anno Elen aveva preso la passione per le margherite, quest’anno la casa era piena di ciclamini. Non appena alzò la testa dal cuscino,  Ronnie si rese conto che aveva il naso completamente appi lato, non ne usciva un filo d’aria, ma solo…si beh…del muco.- Elen!- esclamò con fermezza e rabbia Ronnie, alzandosi dal letto e buttando letteralmente per aria le coperte. Senza neanche indossare le pantofole uscì nel corridoio, si guardò attorno, era circondata, ciclamini bianchi e rosa dappertutto. Non appena spalancò la porta della stanza di Elen, uno starnuto gli uscì naturale, dopodiché un urlo si elevò in tutta la casa.- Elen!. Ed è proprio da questo feroce urlo che ha inizio la nostra storia.
Elen stava inginocchiata sul tappeto rosso peloso, indossava ancora il pigiama anche se il letto era stato fatto già da un pezzo. Era una bambina dotata di una grande fantasia Elen. Non aveva molti amici, gli piaceva stare da sola, con i suoi fiori e con le sue matite colorate. Il disegno era la sua seconda grande passione dopo i fiori e le piante e già a nove anni faceva dei ritratti molto verosimili. Il ritratto tuttavia non gli piaceva, o meglio non gli piaceva ritrarre gente comune. Amava disegnare soprattutto fantasy, quindi elfi, folletti, fate a volte anche qualche gnomo, ma la cosa bella era che lei diceva di vederli per davvero, ma ovviamente nessuno gli credeva, anche se dopo la morte della madre, William aveva iniziato ad assecondarla. Erano ormai due anni che Marina era morta, lasciando Ronnie ed Elen nelle mani di William. Tutti dicevano che erano una gran bella coppia, stavano insieme dai tempi del liceo e la sera prima del diploma, William chiese a Marina di sposarlo e lei senza rispondergli niente corse subito a casa. Il giorno dopo, alla cerimonia di consegna del diploma, alla fine del discorso di apertura aggiunse- oh…e prima di lasciarvi c’è un’ultima cosa che devo dire- fece un respiro profondo e incrociando lo sguardo di William disse- per ieri sera è . Tutti si guardarono confusi, genitori, professori e preside compreso, solo William con un salto si alzò dalla sedia, salì sul palco e stringendo Marina fra le braccia, la baciò. Si sposarono qualche settimana dopo. Durante le prove dell’abito però Marina si sentì male, corsi all’ospedale, lei e William ricevettero una gran bella sorpresa, Marina portava in grembo Ronnie già da un mese. Due anni dopo esatti, la famiglia si allargò, da tre divennero quattro con l’arrivo della piccola Elen.
-Elen mi sembrava di averti detto di non piantare fiori e tu invece che fai? Trasformi la casa in un giardino botanico. Ronnie prese un attimo di fiato- eppure sai benissimo che tutti questi fiori mi creano fastidio al naso, allora? Non hai niente da dire?
- Sss…- esclamò Elen portandosi il dito davanti la bocca- non urlare, le stai spaventando!
- Ma chi?- domandò stupita Ronnie.
- Ma come chi, le fate- replicò Elen.- Salutale altrimenti si offendono, oggi sono venute  a trovarmi prima- disse sbattendo a destra e a sinistra i capelli raccolti in una coda di cavallo.
- Oh, no…ancora con questa storia? Elen guardami e ascoltami bene, non ci sono fate qui dentro, non ci sono fate in questa stanza, non ci sono fate in questa casa e non ci sono fate in questo mondo- replicò Ronnie spalancando le braccia.
-Bene! – sospirò Elen- pensa quel che vuoi, tanto lo so che non mi credi, sei scettica, questo è il problema. 
-Che cosa? Io sarei scettica? Beh…ti sbagli di grosso!- esclamò Ronnie puntando il dito accusatorio verso la sorella.
Elen rivolse uno sguardo triste alla sorella, quasi di compassione.- Sai, purtroppo la verità è dura da accettare, ma tu sei scettica e non possiamo farci niente.
Ronnie scosse il capo- qui la verità e un’altra e cioè che ti inventi le cose.
-Non è affatto vero, non mi invento niente- disse Elen alzandosi dal tappeto peloso.- Siete tu e papà che non mi credete, ma la mamma mi credeva, anche lei diceva di vederle.
- La mamma era malata-intervenne bruscamente Ronnie- cosa avrebbe dovuto risponderti in punto di morte quando tu le dicevi quelle cose me lo vuoi dire? E…
- Che succede qui? – chiese William spuntando alle spalle di Ronnie.- Stavate litigando?
Ronnie si voltò verso il padre- ma certo che no…
-Si! – la interruppe Elen mentre Ronnie le rivolgeva uno sguardo quasi assassino.
- D’accordo adesso basta – disse William separando le due con un gesto della mano. – Siete sorelle e le sorelle non si comportano così, adesso finitela e scendete in cucina prima che si freddi la colazione!- William si avviò verso le scale quando si fermò di colpo- e vedete di sbrigarvi, devo dirvi una cosa, per cui vi voglio intorno al tavolo fra cinque minuti esatti, massimo dieci.
Ronnie guardava il suo riflesso nello specchio, cercando di scegliere quale camicetta mettere-quella bianca o quella blu- pensava, poi decise- mm…quella bianca è meglio. Si tirò su la minigonna a scacchi, si allacciò le scarpe, si mise la tracolla, si guardò ancora una volta allo specchio e dopo aver sistemato una ciocca fuori posto uscì dalla stanza. Si avviò verso le scale quando sentì –tranquille ve lo porto. Si voltò indietro, la porta della stanza di Elen era aperta.
-Se continuate ad agitarvi così, scordatevi il miele ! – esclamò Elen aprendo con prepotenza il suo album di schizzi. – Tornerò presto non preoccupatevi, il tempo di mandare giù un pancake e sono qui, voi nel frattempo aspettatemi che quando torno vi faccio un altro ritratto, questo è venuto malissimo- disse accartocciando un foglio del suo album per poi gettarlo nel cestino. Mentre guardava quella scena e sentiva quelle cose, Ronnie si sentì lo stomaco stringersi e in quel momento provò un senso di colpa per tutte le cose cattive che qualche minuto prima aveva urlato contro alla sorella. Elen stava per uscire dalla camera, Ronnie corse di fretta verso le scale, piene anche queste di ciclamini, tutti viola questi erano. Così la sua discesa verso il soggiorno fu accompagnata da un concerto di starnuti.
William era già seduto al suo posto intorno al tavolo circolare e la luce che entrava dalla piccola finestra dietro di lui gli creava dei luccichii nei capelli castano scuro. Con una mano sfogliava il giornale, il BOSTON JOURNAL,con l’altra invece reggeva una tazza di caffè che sorseggiava tutte le mattine.
- Non credevo che avessi fatto il caffè- disse Ronnie accomodandosi sulla sedia.- In genere quando prepari il caffè, l’odore invade tutta la cucina, saranno forse i tuoi fiori Elen?- chiese Ronnie ironicamente, mentre versava il latte caldo nella tazza.  
- Sta tranquilla!- sdrammatizzò William. –Non sono i fiori, questo caffè è di ieri sera- aggiunse lui porgendo la bevanda eccitante e fredda a Ronnie.- Ne vuoi un po’?
- No, grazie! – rispose lei sgranocchiando una cucchiaiata di fiocchi di mais.
- Come vuoi!- commentò William piegando il giornale per dirigersi con lo sguardo verso di Elen che si stava letteralmente infilando un intero pancake nella bocca.- Elen!- esclamò William.- Cerca di non strafogarti, se è per quello che ha detto tua sorella sappi che a me il profumo dei tuoi fiori piace tantissimo.
- Ah…a me no!- replicò Ronnie.
-Ehi! Allora si può sapere perché hai tanta fretta di finire la colazione?- chiese William allontanando il piatto con i pancake da Elen.
- A che serve rispondere tanto non mi credereste!- esclamò Elen prima di accorgersi di aver decentrato il bicchiere versando il succo d’arancia sul tavolo.
- Deve portare il miele alle sue amiche fate- disse Ronnie portandosi alla bocca anche gli ultimi fiocchi di mais rimasti nella tazza.- Oh…e poi deve fargli un altro ritratto- aggiunse.
- Basta così, io vado in camera ho delle cose da fare- Elen afferrò di corsa il barattolo con il miele per poi avviarsi verso le scale. Anche Ronnie si alzò dal tavolo, con la borsa a tracollo in direzione della porta però.
- Fermatevi tutte e due- William si alzò di scatto dal tavolo- non andate da nessuna parte c’è una cosa che devo dirvi perciò sedetevi subito.
- Non è una cosa lunga vero?- disse Ronnie andando incontro al padre.- Perché vedi devo correre alla metropolitana, devo incontrarmi con David a Downtown.
David era forse l’unico vero amico di Ronnie, condividevano tutto, avevano la stessa passione per la musica pop, i film dell’orrore e cosa molta importante si conoscevano fin da piccoli. Anche le loro madri si conoscevano fin da piccole, erano state grandi amiche durante e dopo la scuola. Quando Marina morì, David e sua madre cercarono di stare il più possibile accanto a Ronnie, alla piccola Elen e a William. Dopo la morte di Marina, Ronnie e David ebbero ancora più cose in comune, David infatti era cresciuto senza padre. Liam, suo padre, morì poco prima che David nascesse.
-Beh…dì a David che tu non andrai a Downtown oggi!- William si accomodò nuovamente al suo posto seguito subito dopo da Elen, che continuava a tenersi stretto il vasetto del miele.- Ti spiace sederti adesso?
Ronnie si avviò al suo posto, tirando la sedia dal tavolo e gettando la tracolla sul pavimento. -Ecco!-esclamò- sono seduta.
-Quello che devo dirvi è che mancherò per qualche giorno da casa…
-Perché? Dove vai?- lo interruppe Elen con una voce piuttosto agitata.
-No tranquilla niente di grave, dovrò solo andare a New York per qualche giorno, non so esattamente quanto mi fermerò, ma credo tre, quattro giorni al massimo.
-E come mai?- chiese Ronnie.
-Ci stavo arrivando, se non mi fermate in continuazione- replicò William mentre Ronnie rispondeva con uno sbadiglio.- Tempo fa ho mandato il mio curriculum al direttore del New York Times, ebbene ieri ho ricevuto una risposta, un e-mail. Mi ha fissato un appuntamento per domani alle quattro in punto, per cui non posso farne a meno, devo partire il prima possibile- nella voce di William si percepiva una gran gioia, cosa che non provavano Ronnie ed Elen.- Ragazze questa è una grande occasione per noi, New York è una grande città che può aprirvi un sacco di sbocchi.
- A me piace Boston però!- esclamò Elen con grande amarezza.- Non voglio andarmene.
- Sì, neanche io voglio andarmene- rispose di botto Ronnie alzandosi dalla sedia.- Siamo cresciute qui, in questa casa, in questa città, i nostri amici stanno qui, non possiamo mollare tutto e andare a New York.
- Capisco che siate confuse, ma non c’è bisogno di allarmarsi così- cercò di tranquillizzarle William, di certo non si aspettava una simile reazione.- Non c’è niente di certo ancora…
-Oh ma per favore papà- intervenne bruscamente Ronnie.- Non c’è niente di certo ancora? Il direttore vuole incontrarti, è logico che ti assumerà- Ronnie iniziò a fare avanti e indietro per la stanza.
- Non riesco a seguirti, pensavo ti piacesse scrivere per il Boston Journal?- disse Ronnie scostandosi una ciocca di capelli dagli occhi.
- Mi piace infatti – rispose William.- Ma Ronnie, vedi…il New York Times è una grande occasione per me, possibile che pensi solo a te stessa?
- No! – esclamò Ronnie. – Vedi è qui che ti sbagli, io non penso solo a me stessa, io penso ad Elen, penso a te e penso anche alla mamma.
- Cosa c’entra tua madre adesso in tutto questo?
- C’entra e come, perché so benissimo che lei non sarebbe stata d’accordo con tutta questa storia, lasciare Boston per andare a New York, lasciare la sua casa, la vostra casa- Ronnie prese un attimo di fiato- la stessa casa che avete comprato con i vostri risparmi, i risparmi di una vita, fidati! Lei non sarebbe stata affatto d’accordo.
- Va bene adesso basta- disse William interrompendo la discussione.- Ho l’aereo fra poche ore e ancora devo finire di fare la valigia e non ho alcuna voglia di discutere con te adesso, vieni Elen- disse allungando la mano verso la figlia minore- aiutami a mettere posto i vestiti, tu invece di urlare fai qualcosa di utile e metti a posto la tavola, oh…e togliti quella mini gonna - e mentre William ed Elen salivano le scale mano nella mano, Ronnie iniziò a togliere i bicchieri e i piatti dalla tavola depositandoli nel lavandino per poi lavarli. Quando aprì il rubinetto dentro di sé era così piena di rabbia, che se fosse stata in un fumetto l’avrebbero di certo disegnata con del fumo che le usciva dalle orecchie.
 
I piatti e i bicchieri erano asciugati e messi al loro posto, Ronnie stava stesa sul divano nel  soggiorno, quando udì degli scricchiolii provenienti dalle scale. Alzò gli occhi e ciò che vide fu una grossa valigia nera con cerniere grigie. William portava la valigia seguito da Elen che reggeva un cappotto verde scuro. Elen avanzò verso di Ronnie e gli allungò una mano, per poi dirgli- dai su! Vieni a salutarlo.
Il taxi bianco e nero si trovava già davanti casa, era una splendida giornata a Beacon Hill e in tutta Boston. Il sole splendeva alto nel cielo, la primavera si sentiva e come. Quelle poche nuvole bianche che c’erano si riflettevano sulla John Hancock Tower e sugli splendidi grattacieli di vetro e acciaio di Downtown. In quel momento Ronnie si ricordò di non aver chiamato David, per avvertirlo che non si sarebbero incontrati.
-Ehi…- disse William inginocchiandosi per guardare Elen dritta negli occhi.- Mi raccomando fai la brava e fa sempre quello che ti dice tua sorella, io tornerò presto, promesso.
-Promesso?- ripeté Elen.
- Promesso- le rispose William, andando adesso verso di Ronnie.- Mi raccomando state attente.
Ronnie non rispose per qualche secondo poi dalla sua bocca uscirono le parole- mi dispiace. Mi dispiace per prima, non avrei dovuto urlarti contro in quel modo, davanti ad Elen per giunta.
-Ehi, ascoltami- disse William.- Va tutto bene, accetto le tue scuse, ora però è meglio che mi muova se non voglio perdere l’aereo e mi raccomando quando torno non farti trovare con questa minigonna, ok?- disse in tono ironico William avviandosi verso il taxi e voltando le spalle alle sue figlie.
- Papà?- urlò improvvisamente Ronnie, scendendo con attenzione i gradini e correndo verso il padre a braccia aperte.- Ti prego, non accettare- disse stringendolo con tutta la forza che aveva.- Non accettare quel lavoro ti prego- ripeté nuovamente, mentre William le ricambiava l’abbraccio. Nel frattempo Elen li raggiunse, cercando di abbracciarli entrambi con le sue corte braccia. William diede un bacio sulla folta chioma di capelli di Ronnie, poi dopo aver ritirato le braccia le disse- ora devo andare.- dopodiché diede una carezza alla guancia di Elen e salì sul taxi, poggiando la valigia sul posto vuoto affianco a lui.
Ronnie diede un abbraccio alla sorella minore, mentre il taxi si allontanava davanti i loro occhi lungo Commonwealth Avenue. 
  
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