DOLCE AMICA MIA
Stoccolma, 23 luglio 1789
Sibili di vento nella sera
troppo fredda fanno tremare le imposte dell’ antico palazzo.
In una stanza, un uomo ascolta
seduto in poltrona con i capelli in disordine e la vestaglia semi aperta, i
sinistri scricchiolii davanti al fuoco che brucia le ultime braci nel camino,
ma non cancella i brividi violenti che gli attraversano le membra; brucia come
il liquore ambrato nel bicchiere di prezioso cristallo che si porta alle
labbra, e scalda le viscere in questa notte da lupi svedese.
La solitudine si fa più cupa in
certe ore particolari della sera, quando la luce scema e lascia il posto all’
oscurità che dolcemente avanza.
Un vecchio cameriere è appena
andato via. Era venuto a portare le ultime notizie dalla Francia, una lettera
dell’alto comando che lui attende ogni settimana, firmata dal generale Bouille
in persona.
Il conte ha paura ogni volta, ma
insiste quasi in modo ossessivo, sollecitando i corrieri per essere mantenuto
informato.
Di solito, l’ansia lo tormenta
per quasi tutto il tempo dell’attesa, quindi lo abbandona per ritornare dopo
qualche giorno. Ma questa volta il contenuto della missiva lo fa tremare di
spavento, bloccandogli il respiro.
Cattive notizie.
D’ insurrezione e di morte.
La Bastiglia è caduta.
Il carcere di Parigi assaltato
dai cittadini.
-
Ma che significa?
-
Cosa sta accadendo?
Sono solo domante che si
affacciano alla mente, rapide e confuse.
Viene da lontano un vento
nefasto, messaggero di morte; ha il suono di un sibilo sinistro che raggela il
cuore.
Quel nome... Ha letto nero su bianco, ma il
cuore dubita che sia reale.
Non vorrebbe credere.
Eppure sa molto bene che non c’è
nulla di più ineluttabile.
-
Oscar…
-
Cosa ci facevate lì davanti?
-
Contro chi combattevi? Da chi ti stavi difendendo?
-
Chi dovevi difendere? O cosa?
L’ immagine di un volto
sorprendentemente fiero, incorniciato da capelli biondi che si muovono
nell’aria, gli invade la memoria. Il sorriso schietto, la voce di donna dalla
calda sfumatura sensuale è un’ eco che risuona nella mente.
Improvviso, sente il peso della
tristezza abbattersi sul cuore; pare schiantare nel petto.
-
Mia dolce amica…
-
Te ne sei andata come hai vissuto. Sei sempre stata
fuoco pronto a divampare.
È un pensiero singolare quello
che lo riporta a lei e altri affetti lo legano alla terra di Francia.
C’era già stato un addio fra
loro solo qualche anno prima: fu doloroso, di una tristezza che non saprebbe
dire a parole, quella pena inconsolabile che si prova solo per un bene perduto
per sempre.
E anche allora c’era un vento
gelido come quello di stasera e l’animo martoriato pareva attraversato da un
punteruolo di ghiaccio. Fa quasi paura ascoltare quel sibilo cupo; è come se
provenisse da una terra lontana e portasse con sé il pianto di un’anima.
Quante distanze, quanti addii
fra loro.
L’ultima volta, fu in un vicolo
scuro di uno squallido quartiere di Parigi, regno solo di mendicanti affamati e
furiosi.
Non dimenticherà mai quella
notte, l’ultima che incontrò i suoi occhi celesti, e forse, per la prima volta,
la sua paura.
L’inferno aveva aperto le porte,
quella sera, e aveva vomitato i suoi demoni.
Urla, panico confuso con l’odio
sono istanti che si accendono nella memoria, come lampi nel buio.
E in quel buio, solo la sua voce
è chiara e forte, e vibra di terrore.
Gli occhi di Oscar, quella
notte.
Le sue parole.
Quel nome urlato con
disperazione.
Ricorda di essersi sentito
davvero in imbarazzo di fronte a quegli occhi.
Come un idiota.
Eppure ci sono tante altre notti
e circostanze che resteranno impresse nella sua memoria come impronte profonde
e incancellabili. Sogni svaniti al mattino. Una bella misteriosa sconosciuta
che danza tra le sue braccia.
Due occhi tristi e feriti di una
donna che lo osserva sgomenta, prima di fuggire via in una notte piena di
stelle.
Ma nulla è uguale all’attimo
presente che vive adesso: non sa se sia più la malinconia o il rimpianto a
straziare l’anima. Forse è un miscuglio confuso di entrambe le cose. Forse è
l’angoscia per un futuro oscuro e spaventoso che fa paura. Forse quel vento
gelido non si placherà tanto presto. Forse si gonfierà maggiormente e diventerà
una bufera.
-
Io cosa faccio qui?
-
Dovrei tornare laggiù…
-
Oscar, vorrei tanto avere il tuo coraggio…
Velocemente ingoia l’ultimo
sorso di liquore, brucia come fuoco nella gola e per un momento stordisce i
sensi.
Ma il passato, felice o amaro
che sia, non annega in un bicchiere di cristallo.
I ricordi di una vita lo
assalgono in ordine sparso, senza logica: piovono addosso come una cascata,
evadono dalle stanze della memoria che non riesce più a serrare le porte che li
custodivano, lo inseguono come fantasmi, custodi silenziosi del rimorso che da
troppo tempo gli fa compagnia.
È in momenti simili a questo,
che si ripercorre tutto a ritroso; dettagli, frasi sfuggite e mai ascoltate,
silenzi saturi di segreti rimasti nascosti; allora, la memoria va al primo
incontro dove si incrociò il loro destino.
Tornano le immagini quasi
surreali di una sera lontana a Parigi tra le luci e i coriandoli di una festa
in maschera.
Aveva diciotto anni, era un
ragazzo tanto sfrontato da corteggiare una perfetta sconosciuta, un giovane
arrogante troppo sicuro di sé e senza timore di nulla.
La luce di quel primo sguardo,
furioso, pieno di sfida, era così diverso da quello che imparò a conoscere
dopo.
Il ricordo è talmente vivido che
gli sembra di averla davanti agli occhi; un giovanotto imberbe, sfrontato e
impudente, che senza la minima esitazione, quasi lo aggredisce con l’elsa della
spada, frapponendosi tra lui e la misteriosa fanciulla che stava corteggiando.
Gli sembra ancora di sentire il tono autoritario che quasi lo paralizzò. Ne fu
così impressionato.
Credeva di avere davanti
qualcuno che fosse come lui. Un rivale magari.
-
Oscar…
-
Non eri come me.
-
Non sei mai stata come me.
Non seppe mai capire chi era.
Una fanciulla di una bellezza
così straordinaria, da fare invidia alle signore più avvenenti di Versailles;
le ricordava le dame di corte subirne il fascino, invaghite del colonnello che
camminava altero e ignaro per i corridoi della reggia, spezzando cuori. Ricordava
le fanciulle sospirare per un solo sguardo di quegli occhi turchesi come il
cielo d’estate. E lui che ne rideva, divertito.
Ricorda lo strano giorno che
tornò reduce dall’America.
Cavalcava attraverso la compagna
francese, da ore in solitudine, gustandosi il silenzio, i profumi, il vento che
scompigliava le chiome, osservando il paesaggio autunnale attorno a sé, i suoi
colori accesi nell’ultimo grido di vita che va spegnendosi verso l’inverno,
come da tempo non gli era capitato di fare.
Sette anni di guerra gli
pesavano sulle spalle più curve e stanche.
Quando ha avvertito i primi
spari lontani, i riflessi del soldato lo hanno fatto reagire con circospezione:
le abitudini di anni sono dure a morire. Ha imbracciato il suo fucile pronto
all’ennesima lotta.
Poi ha superato il pendio della
collina che lo divideva dagli spari.
Che sorpresa fu trovare lei e
Andrè: lui lanciava bottiglie vuote contro il cielo, lei mirava e colpiva
infallibilmente.
Si sentì travolgere da un’
emozione inaspettata che lo ammutolì. Era rimasto svariati minuti a osservarli
senza palesare la sua presenza; era affascinato e non voleva rompere quello
strano momento, quella concentrazione, quello strano linguaggio che c’era tra i
loro corpi che si muovevano sulla pianura sotto di lui.
Quel ricordo lontano adesso
emerge alla sua mente dalle sabbie del tempo, ma guardandolo da questa
distanza, mentre osserva il liquido scuro che balla nel suo bicchiere, e alle
orecchie arriva lo scoppiettio del legno che brucia, ha l’impressione che ci
sia qualcosa di diverso nell’immagine che balza alla memoria.
È come se ora il suo cervello
rielaborasse quell’immagine e mettesse in evidenza dettagli, sfumature confuse
che erano rimaste sullo sfondo, in secondo piano, come elementi cui alla prima
occhiata non si presti attenzione.
Il ricordo nella memoria si
frantuma e si ricompone come uno strano puzzle, si arricchisce di colore e
magari esalta dei particolari e ne cancella altri meno importanti. Ora, di
quell’istante catturato dalla mente, gli sovviene la sua insolita immagine di
donna e la scopre per la prima volta.
E all’improvviso, comprende e
coglie l’ intimità di quel momento tra lei e Andrè.
Momento che lui venne a
interrompere bruscamente, con invadenza, come un fantasma che torna dal
passato.
Rammenta la sua serenità senza
peso, la gioia che traspariva dai movimenti dei loro corpi, l’allegria delle
risate, le voci che si rincorrevano, le esclamazioni di giubilo.
Non l’ aveva mai vista così, in
tanti anni che la conosceva; mai una volta quella stessa gioia si era
manifestata con tanto impeto al suo cospetto. Era felice mentre il vento le
scompigliava i capelli, mentre parlava e rideva con Andrè con quella complicità
solo loro, come se fosse un segreto da proteggere e custodire, ma in
quell’istante non lo comprese. Si sentì solo meravigliato.
-
Guardavo, ma non vedevo davvero.
-
Ora invece, che è troppo tardi…
-
Ora mi pare di comprendere.
Il sentimento che li legava è un’immagine
che si svela, delicata e potente.
Che strane forme che assume
l’amore, misteriose e incomprensibili.
E che strani risvolti dà alle
nostre vite.
Per presunzione volle credere a
un’ amicizia impossibile.
Incredulo un giorno, ha dovuto
capire; è bastata quella sera terribile a Sant Antoine, rivelatrice di molte
cose, per entrambi. Quell’ ultimo giorno che l’ha incontrata, lei ha capito chi
aveva davvero nel cuore. Forse non era troppo tardi.
-
Spero tu abbia amato.
-
Spero ti sia lasciata amare.
-
Lo hai fatto, Oscar?
-
Dammi un segno.
-
Tu eri fuoco Oscar, tu eri passione pronta a
divampare.
-
Io non ho potuto cogliere il fiore che mi porgevi.
-
Quel fiore non era destinato a me.
Ora è sicuro che era amore
quello che ha visto quel giorno, su quella collina investita dal vento leggero
di fine autunno.
Un uomo, servo in casa sua, un
fratello dall’infanzia, un compagno da una vita, un amico che l’ amava più di
quanto potesse, più di quanto apparisse agli occhi estranei di chi li
incontrava.
Lui era l’unico che potesse dar
pace al suo cuore.
Lui sapeva far cantare la sua
anima, la faceva vibrare. Non è cosa da tutti.
-
Dimmi che hai avuto il coraggio di viverlo fino in
fondo.
-
Non hai più ragione di aver paura, Oscar.
-
Io invece, sono ancora terrorizzato.
-
Temo che mi attenda una sorte peggiore della tua.
-
Peggio della morte, c’è solo la vita senza colei
che amo.
-
Ma tu no, Oscar.
-
Tu no…
-
Tu ti sei salvata in tempo, dalla più atroce delle
solitudini.
Il conte si alza dalla poltrona
e abbandona la sala.
Il fuoco continua a bruciare nel
camino mentre lui si allontana verso l’esterno.
Fuori la pioggia batte
incessante, densa e fitta come il sentimento che gli opprime il cuore. Pensa
che tutta quell’acqua potrebbe lavare la sua anima, alleggerirla e farla galleggiare
in una bolla di pace.
Ma sa che non c’è né lontano da
chi si ama.
Si ferma sotto la pioggia che lo
investe, l’uomo allarga le braccia come a voler accogliere le gocce e alza la
testa verso il cielo scuro per rivolgere la sua preghiera; la camicia fradicia
gli si incolla addosso, i capelli sul viso pallido scivolano appiccicati alla
fronte.
- Oscar, dolce amica mia, vorrei tanto avere il tuo coraggio, la forza d’animo che hai sempre dimostrato nei momenti difficili. Ne ho tanto bisogno in questo momento…
Lontano a ovest contro l’oscurità della notte, il temporale
infuria e la luce impetuosa dei fulmini disegna di bianco gli strani orli delle
nuvole. Il conte abbassa le braccia e osserva il cielo illuminato a giorno in
quella direzione; uno strano brivido di eccitazione gli percorre la schiena
quando tra i profili sfrangiati delle nubi, gli pare di intuire un affilato profilo di donna con i capelli mossi dal vento.
Fine.
Mi dispiace se da molto sono assente
sul sito, e manco di aggiornare la storia di “Spirito inquieto”, che forse
qualcuna di voi ancora ricorda, ma negli ultimi mesi voglia e ispirazione sono
mancati. Purtroppo non so di preciso quando riuscirò ad aggiornare la long fic,
così ho pensato di regalarvi questa piccola one – shot che viaggiava nei
meandri oscuri del mio pc come una vecchia clandestina.
Non è una gran cosa ed è molto
triste, ma spero lo stesso che avrete voglia di leggerla. Il titolo si ispira al testo originale giapponese di una frase che il conte di Fersen pronuncia nell' ultima puntata dell'anime, mentre ricorda Oscar.
Come sempre vi ringrazio di cuore
per il sostegno che mi avete dato e per quello che vorrete ancora darmi.
Un saluto a tutte. Ninfea Blu