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Autore: tonksnape    03/03/2008    13 recensioni
Quello che potrebbe esserci scritto, secondo me, tra il capitolo 36 e il capitolo 37 de "I doni della morte". Piccola one-shot principalmente per Harry e Ginny.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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HP e DDM – pagine mancanti…

Harry si girò e uscì dalla stanza del Preside. Stringeva ancora le due bacchette tra le mani. Domani avrebbe riportato al suo proprietario l’Antica Bacchetta e avrebbe cercato di dimenticarla il più velocemente possibile. Aveva davvero avuto guai sufficienti ad un’intera vita e non intendeva portarli ulteriormente con sé. Si ritrovò a scendere le scale a chiocciola, prima di chiedersi se Ron e Hermione fossero con lui. Si fermò e sentì i loro passi. Si girò a guardare entrambi una volta raggiunto il corridoio della scuola. Non c’era nessuno altro in giro. Vide riflessa sui loro volti, esausti, tutta la sua stanchezza.

"Devo arrivare a letto senza vedere nessuno, a parte Kreacher con un panino," disse loro. Era una chiara richiesta di aiuto. Ron annuì, comprensivo. Hermione si limitò a sorridere.

"Il mantello. Mettitelo," gli suggerì l’amica.

"E voi?" chiese. Se lui era al centro dell’attenzione, loro ne erano poco distanti.

"Se qualcuno ci ferma, ci baciamo. Così rimangono senza parole e non chiedono altro," disse Ron serenamente, alzando le spalle. Hermione lo guardò spalancando gli occhi e arrossendo leggermente. Harry iniziò a ridere, troppo stanco per controllarsi, appoggiando le mani sulle gambe e piegandosi in due. Non vide la reazione di Hermione, ma sentì lo schiaffo sul braccio di Ron e Ron esclamare, divertito e stizzito allo stesso tempo, "Beh, con lui ha funzionato, no?"

"Stupido!" esclamò Hermione. Ma stava trattenendo chiaramente una risatina.

Harry, asciugandosi una lacrima con il dorso della mano, si rialzò, si fece scivolare addosso il mantello e si incamminò al loro fianco.

I corridoi erano ancora stranamente deserti. I segni della battaglia erano ovunque: pezzi di pietra, detriti, schegge di legno, muri bruciati, armature spezzate, vetri rotti sul pavimento. I quadri rimasti erano senza proprietari, a parte quale sparuto personaggio che vagava, incerto, nella tela desolata. Passando vicino alle scale che portavano al dormitorio dei Tassorosso sentirono un gruppo di voci entusiaste commentare la battaglia. Non si fermarono ad ascoltare, nessuno di loro desiderava qualcosa di diverso da un letto.

Quando però si trovarono davanti al ritratto della Signora Grassa, ancora disabitato, Harry sentì che non era poi così pronto ad essere lasciato solo.

Non appena varcata la soglia della Sala Comune, buia e silenziosa, chiamò l’amica.

"Hermione…" Si tolse anche il mantello.

"Sì?" chiese lei girandosi. Solo allora Harry vide che la sua mano era intrecciata a quella di Ron. Li guardò sorridendo. Quel gesto rendeva così vera e concreta la possibilità di ricominciare ad amare che sentì tutto il peso della sua solitudine. E il peso dell’assenza di Ginny.

"Se vedi Ginny, dopo…" si fermò incerto. Non sapeva cosa chiedere. Voleva vederla, ma era stravolto dalla stanchezza. Desiderava solo vederla e sapere che stava bene. Ma forse non era il momento di toglierla alla sua famiglia. Si accorse che Hermione lo guardava sorridendo e Ron ghignava apertamente.

"Le dico di passare da te per salutarti," gli disse Hermione.

"Potrei non essere sveglio," si scusò Harry con una smorfia.

"Non credo che per lei sia importante, sai?" gli rispose Ron con un tono quasi dolce. "Vorrà solo vederti, la conosco."

Harry annuì. Anche lui aveva solo bisogno di vederla. E quel commento di Ron, con lo sguardo diretto che si lanciarono, senza parole, era una chiara autorizzazione a riprendere i rapporti con Ginny.

"Se dormo… e voi le parlate… ditele che domani cercherò di stare con lei il più possibile. Ok?" E con un sorriso e un cenno della mano li lasciò soli. Si sentiva un po’ imbarazzato pensando a come si sarebbero lasciati quei due per la notte. Sempre che si lasciassero, disse a se stesso con divertimento e con un leggero terrore per l’immagine che quasi gli si stava formando in testa sul modo in cui avrebbero potuto passare la notte.

La camerata dei Griffondoro aveva risentito, come tutta la scuola, della battaglia. C’erano parecchi calcinacci sul pavimento, anche se nessun buco era visibile sul soffitto o nelle pareti. Si distinguevano diverse crepe lungo i muri. Harry si chiese per un attimo se fosse poi così sicuro stare lì. Con un sospiro sfoderò la sua bacchetta e lanciò un generico "Reparo" alla stanza. La maggior parte delle crepe, le più piccole, sparirono quasi del tutto.

Era troppo stanco. Con voce assonnata chiamò Kreacher e lui si materializzò. Ascoltò con attenzione le richieste di Harry che fece preparare per sé panini e burrobirra e lo invitò a prendere le richieste anche di Ron e Hermione nella Sala Comune.

Non appena l’elfo sparì, servizievole come l’aveva lasciato a Grimmauld Place, si svestì per poi ricordarsi che non aveva pigiama o magliette da indossare. Si guardò attorno e, scusandosi mentalmente con il proprietario, afferrò una delle magliette di Seamus dal suo baule.

Con addosso mutande e maglietta, senza nessun pensiero rivolto ad una doccia, si infilò nel letto stranamente già fatto, lasciando il resto dei vestiti appoggiato disordinatamente sul fondo. L’Antica Bacchetta di Sambuco venne ben nascosta sotto il cuscino, a portata di mano.

In pochi minuti Kreacher fu di ritorno con la cena. Gli affidò i vestiti abbandonati perché li lavasse. Cominciava a sentirsi un po’ in colpa per tutto quel lavoro, ma l’elfo sembrava ringiovanito e rinvigorito dalla situazione. Sorrideva e annuiva senza sosta. Scoprì che era stato lui a preparare il suo letto e quello di Ron e Hermione, non appena aveva terminato di festeggiare con gli altri elfi in cucina. Finalmente solo, Harry divorò il cibo quasi senza sentirlo, solo per il gusto di avere qualcosa di morbido e saporito.

Si sentiva annebbiato. Non riusciva a concludere nessun ragionamento. Quando cercava di concentrarsi sul futuro, fosse solo il mattino successivo, si ritrovava a rivivere i momenti più duri di quella giornata, oppure i momenti meno comprensibili, oppure i momenti di terrore e di dolore. E ogni pensiero ritornava a Ginny, ai suoi capelli, ai suoi occhi e al suo corpo. Una volta disteso sotto le coperte si rigirò più volte nel letto, eppure la stanchezza fisica e mentale non gli permettevano di addormentarsi. Gli occhi si chiudevano, ma il corpo era dolorante e la testa non smetteva di ricordare e ricordare e ricordare. Si sentiva impotente e frustrato, invece che eccitato e felice. Aveva appoggiato gli occhiali sul comodino e teneva gli occhi ostinatamente chiusi. Non sentì la porta aprirsi, ma solo la sua voce.

"Harry…" sussurrò esitante.

Era così sorpreso che non riuscì a rispondere.

"Har…"

"Ginny!" esclamò, tentando con fatica di alzarsi, sostenendosi con i gomiti.

"Ti ho svegliato?" Sentiva la voce avvicinarsi, ma il buio era completo nella stanza, dato che aveva chiuso ogni possibile fonte di luce, per eliminare il sole che all’esterno illuminava quel nuovo giorno.

"Non riesco ad addormentarmi…" le rispose. Percepì anche lui il tono quasi capriccioso della sua voce.

Poi sentì il suo profumo, quello dei suoi capelli e il letto cedere sotto il suo peso. E nel buio riuscì a cogliere il contorno del suo corpo, seduto al suo fianco, con le gambe raccolte e il sorriso sul volto.

"Ciao…" gli disse.

"Ginny…" sussurrò quasi come una domanda. Non sapeva cosa altro dire. La testa gli turbinava.

"Se vuoi rimango con te fino a quando non ti addormenti," si offri, sottovoce.

"Sì… sì." Harry si sdraiò nuovamente, senza riuscire a pensare ad altro da dirle. Desiderava solo sapere che lei era lì. Ginny intrecciò una mano con la sua e con l’altra gli accarezzò, leggera, il volto e i capelli. Era un movimento lento e ipnotico. Harry chiuse gli occhi e si lasciò consolare da quel gesto.

Senza quasi accorgersene si addormentò.

Poco dopo si svegliò.

Gli fu necessario qualche secondo per prendere coscienza di dove si trovava, dei contorni del suo letto ad Hogwarts. Ron stava russando. E anche qualcun altro stava dormendo nella stanza. Si sollevò a sedere sul letto, prese gli occhiali e si guardò attorno.

Erano stati tolti gli incantesimi alle finestre e si vedevano le stelle ai lati delle tende che coprivano i vetri. Era notte, allora. Non era passato poco tempo. Doveva essere a letto da più di dodici ore. La testa era ancora intontita e il corpo dolorante. Girando lo sguardo riuscì a scorgere Ron nel suo letto, Neville, Dean e Seamus nei loro. Erano di nuovo tutti lì.

Poi un pensiero improvviso.

Ginny.

L’aveva sognata?

Si guardò attorno per cogliere qualche segno del suo passaggio. Non vide nulla nel letto o sul comodino. Non sentiva neppure il suo profumo nella stanza. E poi lentamente tutti gli altri ricordi. La battaglia. Gli amici morti. Lo scontro finale. Il dialogo con Silente. Tutto gli passò velocemente davanti agli occhi. Si lasciò cadere contro il cuscino. Sentiva ancora il bisogno di dormire, ma forse era necessaria ancora Ginny. O almeno il suo ricordo. Tolse gli occhiali e li appoggiò a casaccio sul comodino, chiuse gli occhi e si fece trasportare nel passato con lei.

Dopo poco sentì che qualcuno lo chiamava.

"Harry, svegliati. È ora."

Cercando di controllare il movimento degli occhi, li aprì quasi del tutto, scorgendo, sopra di sé, il volto del signor Weasley. Lentamente prese contatto con la realtà, con la luce del sole che entrava dalla finestra ancora protetta dalle tende, con i contorni molto più nitidi dei letti e della stanza, con Neville, Seamus e Dean affaccendati a sistemare le loro cose. Con gli sbadigli sonori e ripetuti di Ron.

"Buongiorno, signor Weasley," biascicò. Si sentiva la gola come fosse di carta vetrata. Afferrati gli occhiali si guardò intorno e fece un cenno di saluto a tutti gli altri.

"Ciao, Harry. Sono venuto a chiamarvi almeno per il pranzo." Il signor Weasley aveva il volto scavato e l’espressione triste, anche se stava sorridendo.

Harry annuì, cercando di rispondere al sorriso del signor Weasley, ma non gli riuscì molto bene. Lo osservò camminare fino al letto di Ron e abbracciare il figlio. Il ricordo della morte di Fred lo colpì in pieno petto, svegliandolo del tutto.

"Che giorno siamo?" chiese genericamente alla camera.

"Lo hai sconfitto ieri mattina, Harry," rispose il signor Wealsey, guardandolo. "Tu e Ron avete dormito fino ad ora."

Harry si limitò ad annuire. Osservò nuovamente la stanza, quasi a cercare di rassicurarsi che era veramente lì, seguì gli altri ragazzi che sistemavano i bauli per la partenza e si chiese dove sarebbe potuto andare lui. Sapeva che nessuno lo avrebbe costretto a lasciare Hogwarts, ma adesso poteva pensare al futuro e una casa era un punto di partenza molto determinante. Si rese conto che non sapeva in quali condizioni fosse Grimmauld Place e se poteva considerarla ancora parte dell’eredità di Sirius per lui. Titubante pensò di chiederlo al signor Weasley.

"Signor Weasley…" esitò un attimo. Si schiarì la voce. "Sa qualcosa di Grimmauld Place? Se posso tornare a vivere lì?" Il signor Weasley aveva ancora un braccio attorno alle spalle di Ron.

"Verrai alla Tana per un po’, Harry. Non credo sia il momento per prendere decisioni questo. O di stare soli. Almeno per te."

Harry annuì di nuovo. Si sentiva meravigliosamente all’idea che qualcun altro decidesse per lui, in quel momento. Lentamente uscì dal letto e si trascinò verso il bagno. Passando accanto al letto di Ron, si chiese se Hermione avesse visto Ginny.

Entrando in Sala Comune venne accolto da un’ovazione di complimenti da parte dei presenti. Non solo studenti a quanto sembrava. Neville stava parlano con la nonna e lo chiamò per presentargliela. La signora gli fece i complimenti e poi lodò senza sosta il nipote. Neville guardò l’amico con aria di scusarsi, ma Harry scosse leggermente le spalle come a dirgli che andava bene così. Intanto il suo sguardo vagava per la stanza alla ricerca di Ginny. Sentendo dei passi scendere dal dormitorio femminile salutò velocemente la signora e si avvicinò alle scale.

Hermione lo abbracciò. "Ciao, Harry. Anche tu hai dormito fino ad ora?"

Harry annuì. "Anche Ron. Arriverà tra poco. Hai visto Ginny?"

"Scende anche lei adesso con Charlie. Ci ha risistemato qualche crepa della stanza."

Hermione aveva l’aria stanca, ma sorrideva ed era molto più carina e rilassata di come la ricordava. Sorridendo a se stesso si chiese quanto incideva una buona dormita e quanto il nuovo rapporto con Ron.

"Vieni alla Tana domani?" le chiese.

"Sì," rispose, mentre gli occhi diventavano lucidi. "Per il funerale di Fred."

Harry chiuse gli occhi per un attimo.

"Kingsley ha mandato qualcuno a prendere i miei genitori. Arriveranno questa sera. Gli hanno tolto l’incantesimo." Sorrise ancora con gli occhi pieni di lacrime.

"Sono felice, Hermione, davvero," le sorrise abbracciandola.

All’improvviso, dietro di lei, vide scendere Ginny. Lasciò l’amica quasi bruscamente. Sentì la mano di Hermione stringerli dolcemente la spalla e vide il sorriso che le Ginny le rivolgeva, per poi riportare lo sguardo su di lui.

"Eri proprio tu ieri sera?" le chiese immediatamente, per accertarsi di non averla solo sognata.

Ginny annuì.

"Grazie, Ginny…" le disse, un po’ impacciato. Non sapeva cosa dire. Non sapeva cosa lei pensasse, come aveva vissuto quei mesi. Tutto era rimasto al bacio per il suo compleanno. Poi c’era stato solo il suo immenso desiderio di lei. Qualche sguardo. Ginny gli si avvicinò e senza dire una parola lo baciò sulle labbra. Il tocco di una piuma, pensò Harry.

"La prossima volta prendi tu l’iniziativa, ok?" la sentì sussurrare al suo orecchio. Il cuore di Harry ruggì come un anno prima. Rimase a guardarla con un sorriso un po’ stranito, cercando le parole per dirle quanto l’avesse desiderata in quei mesi, ma non le trovava. Allora allungò una mano e le accarezzò i capelli proprio dietro all’orecchio, stringendone una ciocca tra le dita. Harry non riusciva a spiegarle nulla in quel momento. Riuscì solo ad avvicinarsi a lei, annusando l’odore dei suoi capelli e appoggiandole le labbra sulla tempia. Poi si staccò e vide il dubbio nello sguardo di Ginny.

"Harry… cosa c’è?"

Negò con un cenno della testa.

"Cosa…?" chiese con voce ancora più incerta.

"Non riesco a dirti tutto adesso." Le accarezzò la guancia cercando di essere rassicurante. "Ci sono tante cose che voglio raccontarti…" Sospirò. "Tante cose che voglio raccontarti, ma sono così stanco che…" Sospirò di nuovo frustrato. Non era quello il discorso che voleva farle, non c’era nessuna dichiarazione d’amore in quei gesti. Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. "Non ho ancora finito tutto quello che devo fare. Verresti con me dopo pranzo? Non sarà piacevole…"

Non c’era nulla di romantico nel profanare nuovamente la tomba di Silente per riconsegnargli l’Antica Bacchetta, ma aveva bisogno di saperla a fianco. Adesso poteva averla a fianco.

Ginny annuì e sorrise. Allora qualcosa si sciolse dentro di lui tanto da fargli uscire, senza pensarci, le parole per esprimere esattamente il suo pensiero. "Mi sei mancata così tanto in questi mesi, Ginny. Anche se ti volevo a casa con i tuoi al sicuro. Ti ho sognato così tanto che quasi non riesco a capire che adesso sei vera." Gli occhi di Ginny si illuminarono. Harry pensò che tutto attorno a lei risplendeva della sua luce.

"Mi sei mancato anche tu."

Rimasero a guardarsi, sulle scale, le mani intrecciate, mentre dalla Sala Comune Ron urlava il nome di Harry, ricordandogli che dovevano ancora mangiare, era ora di pranzo e avevano saltato la colazione perché dormivano.

"Non lo sopporto," brontolò Ginny, senza staccare gli occhi da quelli di Harry.

Lui le sorrise. "Aspetta che intervenga Hermione…"

"Me l’ha raccontato!" esclamò Ginny, ridendo e afferrandogli un braccio. "Si sono baciati davanti a te?"

Harry annuì, sconsolato. "Credo che Ron l’abbia sconvolta con la storia degli elfi. E comunque avevano cominciato a cercarsi già dal primo giorno!" Harry la prese per mano e, scendendo dalla Sala Comune, le raccontò della loro prima notte lontano dalla Tana.

Durante il pranzo chiese a Ron e Hermione di seguirlo insieme a Ginny verso la tomba di Silente per restituire l’Antica Bacchetta. La teneva dentro la tasca dei jeans insieme alla sua, nascosta dalla maglietta. Non chiese a nessuno di loro di avvicinarsi con lui alla tomba tanto da poter far scendere l’Antica Bacchetta tra le mani di Silente, ma quando rialzò lo sguardo se li vide accanto, le mani di Hermione intrecciate a quelle di Ron e una mano di Ginny sorprendentemente stretta alla sua.

"Mi aiuti, Ron?" chiese all’amico indicando con un cenno della testa al marmo divelto da Voldemort. Insieme sguainarono le loro bacchette e insieme fecero ritornare la pietra nel punto esatto in cui si trovava, eliminando ogni traccia dello scempio fatto.

Poi rimasero in silenzio davanti alla tomba.

Il giorno dopo ci sarebbe stata la prova più difficile per tutti. Il corpo di Fred sarebbe stato portato alla Tana per essere sepolto in cima ad una collina a fianco della casa di famiglia. Harry sapeva che Ron stava pensando a quello e non al Preside mentre le lacrime gli scendevano sul volto arrossato e stringeva le labbra per trattenere quello che Harry pensò essere un grido di dolore. Strinse la mano di Ginny e allungò l’altro braccio per metterlo attorno alle spalle di Ron. Ron allungò il suo per metterlo attorno alle spalle di Harry.

Per un attimo Harry si chiese chi dei due stava sostenendo e proteggendo l’altro.

Al rientro al castello Harry venne fermato in fondo alla scalinata d’ingresso dal signor Weasley.

"Il Ministro chiede di te, Harry. È arrivato poco fa."

"Kinglsey è qui?" disse, sorpreso.

Il signor Wealsey rispose con un cenno della testa e gli fece cenno di seguirlo. Harry, guardando gli amici, salì le scale dietro a lui. Arrivato in cima di girò nuovamente e li vide tutti e tre ancora nell’atrio. Fece un cenno con la mano per farsi raggiungere. Ron si grattò la testa, perplesso, ma fu il primo a mettersi in movimento. Harry li attese fuori della porta dell’ufficio della professoressa McGrannit. Quando furono nuovamente insieme si decise a bussare.

"Avanti!"

Kingsley era al centro della stanza e teneva in mano alcuni libri, il primo dei quali, aperto circa a metà, produceva degli sbuffi di fumo argenteo.

"Harry!" esclamò Kingsley, lasciando i libri su una sedia e abbracciandolo. Harry ricambiò con affetto il gesto.

"Grazie," gli disse per prima cosa il Ministro, appoggiando le mani sulle sue spalle. "Grazie a te e grazie a voi," continuò guardando, oltre le sue spalle, Ron e Hermione. "Siete stati la migliore arma possibile."

Harry non rispose. Non avrebbe saputo cosa rispondere e preferì starsene in silenzio e arrossire leggermente.

Kingsley si avvicinò a Ron e Hermione e abbracciò anche loro. Sorrise a Ginny, stringendole con gentilezza un braccio e fece un cenno di saluto ad Arthur.

"Sono contento che abbiano nominato te," commentò Harry con un sorriso.

"Come si sta così in alto?" chiese Ron con curiosità.

"Si tende a perdere l’equilibrio se non si fa attenzione," ridacchiò Kingsley.

Harry ripensò a Silente e al suo timore per il potere. Anche Silente avrebbe approvato la sua nomina.

"Come è la situazione?" chiese Hermione.

"Lentamente sta migliorando, nel complesso. Abbiamo preso parecchi Mangiamorte, se non tutti, forse, in queste ore. Stiamo cercando di identificare i seguaci senza confonderli con coloro che agivano per paura." Kinglsey le sorrise. "I tuoi genitori sono già in viaggio, Hermione."

Harry si girò a guardarla e la vide sorridere e piangere nello stesso momento. Ron le accarezzò i capelli con dolcezza. Harry scambiò uno sguardo divertito con Kingsley. Ron intravide quello scambio e li fulminò con un’occhiataccia.

"Bene," esclamò Kingsley diventando serio. "So che i tuoi rapporti con il Ministero sono stati molto tesi, Harry, in passato."

Harry annuì deciso.

"Arthur e Molly mi hanno raccontato dell’eredità di Silente e di quello che è accaduto l’anno scorso. Adesso spero che le cose cambino e che possiamo collaborare."
"Lo voglio anch’io," disse Harry. "Non mi sono rifiutato di collaborare. Mi sono rifiutato di fare quello che voleva il Ministero."

"Già, immagino come ti siano state fatte alcune richieste. Io al momento ho solo delle domande. Hai portato a termine la missione di Silente?"

Chiedendoglielo lo guardò dritto negli occhi e Harry vide tutta la determinazione e la forza della sua personalità.

"Sì, ogni cosa," disse Harry ripensando a quello che aveva fatto nella foresta e alla tomba di Silente.

"Durante il duello hai parlato della bacchetta di Silente…" cominciò Kinglsey.

"L’ho appena riconsegnata a lui e abbiamo sistemato la tomba," spiegò Harry. "La bacchetta doveva tornare a lui."

"Bene, approvo la scelta." Kingsley si guardò intorno e fece arrivare vicino a loro delle sedie, facendo cenno a tutti di accomodarsi.

"Adesso Harry, ho bisogno di sapere cosa avete fatto in questi mesi. Non tutto," aggiunse vedendo lo sguardo irritato di Harry, "solo quello che ritieni importante dirmi. Anzi, per essere esatti quello che mi è utile sapere per affrontare la ripresa e i processi dei Mangiamorte."

Harry ascoltò con attenzione e annuì.

"Non sarà l’unica conversazione tra di noi su quanto è accaduto in questi mesi, Harry. Andando avanti con il mandato che ho ricevuto dovrò fare delle scelte per le quali mi saranno necessarie anche le informazioni che tu puoi darmi. Chiedo la tua collaborazione." Aveva parlato lentamente, sempre guardando Harry negli occhi.

"Sì, va bene."

"Oltre ad Arthur e a me, c’è qualcun altro che è importante che conosca i fatti?"

Harry si girò a guardare Ron e Hermione che restituirono lo sguardo, perplessi.

"La professoressa McGrannit, Harry," suggerì Hermione. "Per Piton…"

"Sì, direi di sì. Parlerà lei con sua moglie, signor Weasley?" chiese Harry ad Arthur che annuì quasi impercettibilmente. Sentiva che a loro, più che ad altri, era dovuta una spiegazione. Non solo per il coinvolgimento di Ron o per la morte di Fred, ma soprattutto perché erano sempre stati al suo fianco, rappresentavano tutto quello che lui considerava una famiglia. Anche se non ci fosse stata Ginny a rendere quella sua sensazione una realtà possibile.

"Allora direi solo la professoressa."

Kingsley inviò immediatamente un Patronus e pochi minuti dopo sentirono bussare alla porta.

"Minerva!" esclamò Kingsley, aprendo la porta con un gesto della mano. "Siamo a casa tua, non bussare!"

"Sei pur sempre un mio superiore, mio caro," rispose serafica la donna, entrando nella stanza con determinazione. Si mise seduta di fianco a lui.

"Ho chiesto ad Harry di raccontarci quello che ritiene opportuno e ha chiesto di chiamare anche te."

La McGrannit annuì.

"Lo abbiamo scelto insieme," precisò Harry. "In tutto questo Silente mi ha sempre chiesto di stare insieme a Ron e Hermione," cominciò guardando gli amici. Guardò per un attimo Ginny, seduta di fianco a lui. "Credo di dover cominciare dal professor Piton. Anzi dai ricordi del professore. Erano in una ampolla da qualche parte nello studio di Silente, professoressa. Adesso sono ancora nel Pensatoio. Vorrei che venissero custoditi con attenzione," le chiese Harry guardandola. E lentamente, cercando di raccogliere le idee, iniziò a parlare del ricordo più recente di Piton e della profezia.

Parlò oltre due ore per raccontare quello che Silente aveva immaginato riguardo agli Horcrux e quello che loro avevano scoperto. Tralasciò completamente i tre Doni della Morte, limitandosi a ricondurre tutto alla somiglianza tra la sua bacchetta e quella di Voldemort. Tralasciò anche quello che era accaduto dal momento in cui era stato colpito dalla maledizione di Voldemort al suo risveglio. Voleva prima condividerlo con Ron, Hermione e Ginny e ascoltare il loro parere.

Sentendo parlare degli Horcrux e della divisione dell’anima di Voldemort, Kingsley e Arthur si scambiarono sguardi di forte preoccupazione e Minerva sospirò più volte. Quando Harry accennò al ruolo del diario e quindi di Ginny, il signor Weasley abbracciò la figlia che aveva a fianco, quasi per accertarsi che fosse davvero lì con loro.

"Questo è quello che riesco a ricostruire adesso, Kingsley," terminò Harry, stremato, guardandolo. "Ci sono sicuramente altre cose, ma questa è la trama principale."

Ron e Hermione erano intervenuti più volte nel racconto, aggiungendo particolari o raccontando parte della storia. Rimasero tutti e tre in silenzio. Si sentivano stanchi quasi quanto il giorno prima. Rivivere gli ultimi mesi, anche solo con il ricordo, ma con la piena consapevolezza di tutto quello che era accaduto, li aveva svuotati di ogni energia.

"Sapete quello che avete rischiato?" chiese la McGrannit, con tono di forte preoccupazione. "Come ha potuto Albus chiedervi questo?!" esclamò alzandosi in piedi. Harry non si ricordava di averla mai vista così sconvolta. "Come ha potuto chiederti di fare tutto questo!" Camminò per la stanza con le mani sui fianchi, respirando in fretta. Era chiaramente arrabbiata con il suo predecessore.

"Professoressa McGrannit," sussurrò Harry per avere la sua attenzione.

"Dimmi," sbottò lei fermandosi a guardarlo.

"Silente mi ha raccontato in parte i motivi della sua scelta. Gliene parlerò in un altro momento." Non aveva intenzione di escludere nessuno, ma erano i ricordi più intimi di un’altra persona e non riteneva corretto parlarne a chiunque. Sperò che Kingsley e il signor Weasley comprendessero.

"Credo che ognuno debba fare delle scelte nella vita che anche gli amici più vicini non approvano, Minerva," disse infatti Arthur, lanciando uno sguardo di comprensione a Harry. "Ehm…" aggiunse con tono più incerto. "Racconterò a Molly tutto questo, ma non adesso." Guardò i figli e poi Harry. "Non voglio sconvolgerla più di quanto non lo sia ora."

Ron, Ginny e Harry annuirono.

"Bene," concluse Kingsley. "Grazie per tutte le informazioni, Harry. Non le userò se non per contrastare quanto diranno i seguaci di Voldemort. Anche se credo che dovremmo dare spiegazioni chiare e sincere a tutto il mondo magico. Comincerò a pensare quali di queste informazioni dare e in che modo, per non sollevare panico o ulteriore paura." Si alzò in piedi, imitato dagli altri. Sul tavolino davanti a loro c’erano i resti del te e dei biscotti che avevano mangiato nel pomeriggio.

"Ci sarà la cena tra poco, ragazzi," disse la profesoressa. "Cercate di stare un po’ senza fare nulla, per ora." Fece loro cenno di uscire all’aperto.

Arthur, scendendo, disse che avrebbe raggiunto la moglie. Ginny e Ron vollero unirsi a lui. Harry e Hermione si guardarono, incerti su cosa fare. Invece fu Arthur ad invitarli a rimanere con loro. Trovarono parte della famiglia Weasley nella Sala Comune dei Griffondoro. Charlie e Percy erano nella stanza dove era stato portato il corpo di Fred e lo stavano vegliando, mentre Molly e Fleur chiacchieravano sottovoce sul divano, bevendo il te. Vedendo entrare il marito, Molly si alzò per abbracciarlo.

"Bill e George non hanno voluto che mi occupassi con loro delle cose di Fred," disse con un mesto sorriso. "Sono alla Tana a sistemare la stanza." Accarezzò la guancia del marito con una dolcezza e una tristezza tali che Harry fu costretto a distogliere lo sguardo.

"Vado con loro," disse Ron. Diede un bacio alla madre e sorrise ad entrambi i genitori. Baciò Hermione con dolcezza davanti a tutti e poi corse fuori del castello per Smaterializzarsi.

Hermione, arrossendo, si mise seduta sul divano con Fleur e Ginny. La signora Weasley, con espressione sorpresa e compiaciuta, anche se tra le lacrime, le si mise accanto, facendo spostare la figlia. Parlarono a lungo della battaglia e ricordarono Fred, ridendo a tratti con tale divertimento che, pensò Harry, Fred lo avrebbe sicuramente apprezzato.

Al momento della cena tutta la famiglia Weasley era nuovamente insieme. I genitori avevano trascorso l’ultima ora vegliando il corpo del figlio, poi Madama Sprite li aveva sostituiti per far sì che mangiassero insieme agli altri.

Il clima era mesto. Andromeda Tonks era arrivata per chiedere che i corpi della figlia e del genero trovassero riposo nel cimitero di Hogwarts. La McGrannit aveva fatto preparare la cerimonia per il giorno successivo, al mattino presto, per lasciare poi che i Weasley raggiungessero la Tana con Fred.

Harry vedeva quella sera, per la prima volta, Teddy. Andromeda era seduta di fianco a lui e gli aveva appena dato il bambino in braccio. Harry si sentiva rigido e imbranato come mai prima. Teddy era sveglio e stava guardandosi attorno, muovendo braccia e gambe come se volesse spiccare il volo senza scopa. Harry lo teneva con entrambe le mani, guardandolo meravigliato di tutta quella vitalità. I capelli erano azzurri in quel momento, ma Andromeda stava raccontando di come cambiassero senza tregua anche una volta al giorno, proprio come Ninfadora. Aveva gli occhi colmi di lacrime trattenute. Attorno a lei Ginny, Hermione, Fleur e Molly osservavano il bambino e chiedevano notizie alla nonna di tutte quelle piccole cose che le riempivano la vita: quanto dormiva, quanto mangiava, se riusciva a trovare tutto il necessario per lui, se aveva già preparato la sua cameretta. Harry trovava tutte quelle domande un po’ assurde. Era un bambino che aveva appena perso i genitori. Gli sembrava l’unica cosa importante, eppure attorno a lui erano tutti presi dalla vitalità di quell’esserino che si dimenava, cercando di sfuggirgli dalle mani. Cominciava a sentire un leggero indolenzimento alle braccia.

"Certo che sei un po’ scarso come padrino," gli disse Ron arrivandogli alle spalle. "Posso?" gli chiese indicando il bimbo.

Harry fece segno di sì e allungò le braccia verso di lui, sollevato. Con sorprendente naturalezza Ron lo prese con un solo braccio, appoggiandolo sul gomito e iniziò a fargli smorfie e a solleticarlo con l’altra mano. Il bambino si fermò immediatamente, attratto da quello spettacolo. Harry guardò Ron con la bocca leggermente aperta per la sorpresa, come se avesse cominciato a recitare a memoria brani di "Storia di Hogwarts": sembrava che non avesse fatto altro che tenere neonati tra le braccia.

Ron ricambiò lo sguardo dicendo semplicemente, "Orde di cugini," continuando a coccolare Teddy.

"Credo che questo sia decisamente compito tuo, Harry," disse poco dopo con una smorfia. "Cambio di pannolino."

"Eh?!" sbottò Harry. "Assolutamente no!"

Andromeda si aprì in un sorriso e prese il bambino dalle braccia di Ron per andare a cambiarlo. Ron e Harry si avviarono a cena.

"Certo che sei bravo con i bambini," disse Harry sedendosi a fianco dell’amico.

"Ne ho sempre visti per casa," minimizzò Ron afferrando una coscia di pollo e buttandola nel piatto. Poi posò la forchetta e sospirò. Solo allora Harry si ricordò di dove era stato.

"Come è andata?" gli chiese gentilmente, riempiendo il proprio piatto di puré e passandolo a Ron che si limitò ad una piccola porzione.

"Sai," sospirò mettendone un po’ nel piatto di Hermione, vicino al suo, dato che lei era con Andromeda e passando poi tutto a Percy, "pensavo che sarebbe stato difficile vedere tutte le cose di Fred, ma il peggio è vedere George piangere. È straziante."

Harry sospirò e guardò il piatto davanti a sé. Gli stava passando la fame.

"Ride pensando a Fred e poi piange. E io mi ritrovo a fare come lui." Sospirò. "In realtà abbiamo anche riso parecchio sistemando le sue cose. Si sarebbe divertito anche lui." Con la forchetta cominciò a sminuzzare il pezzo di pollo, mangiandone alcuni spizzichi.

L’arrivo di Hermione e Ginny prese dal raccontare quanto bello fosse vedere Teddy mentre veniva cambiato dalla nonna, fece cambiare decisamente l’argomento di conversazione.

Dopo la cena si ritirarono velocemente tutti nelle Sale Comuni. C’erano molti funerali ai quali assistere il giorno dopo e negli altri giorni a venire. Dopo il racconto di Harry, la McGrannit aveva disposto che il corpo del professor Piton venisse portato nella scuola per avere degna sepoltura nel cimitero, vicino a Silente. Harry le aveva chiesto di aspettare un giorno in più per permettergli di essere presente.

Nella Sala Comune dei Griffondoro c’era quasi solo la famiglia Weasley. Dean e Seamus erano tornati a casa e così la maggior parte degli altri studenti. Molly e Arthur erano ancora con Fred. George si era addormentato dopo cena con la promessa di Charlie di chiamarlo per dare loro il cambio.

Ron e Hermione erano seduti sul divano davanti a Harry. Gli faceva ancora uno strano effetto vederli abbracciati, vedere gli sguardi teneri che si scambiavano, i baci e le carezze quasi furtive di Ron e la forza del desiderio di Hermione. Ogni minimo battibecco gli restituiva un senso di normalità. Lui era seduto a terra con la schiena contro una poltrona. Desiderava avere Ginny vicino, ma lei aveva scelto di stare un po’ con i genitori.

Harry sospirò. Sentiva la mancanza di Ginny quasi fisicamente adesso che sapeva di poterla avere vicino a sé. Ogni tanto pensava a come affrontare l’argomento della loro relazione, quella che quasi non c’era stata, ma non aveva ancora trovato una strategia. E non poteva chiedere consiglio a Ron, perché era suo fratello né a Hermione che si sarebbe limitata a dirgli di buttarsi, che Ginny non aspettava altro. Distrattamente si sfregò la fronte. Hermione e Ron, che pure si stavano guardando, si girarono immediatamente verso di lui.

"Harry?" chiese Ron, preoccupato.

Harry alzò lo sguardo verso di lui, continuando a passarsi la mano sulla faccia.

"Cosa c’è?" gli chiese vedendo l’espressione dell’amico.

"La cicatrice…" accennò Ron.

"Oh?" Harry tolse la mano dalla faccia. "No, non c’entra nulla. Stavo solo pensando. Non mi sono accorto di cosa facevo."

Entrambi sospirarono e si rilassarono. Harry si mise una mano sotto il mento per sorreggere la testa. Non sapeva da dove cominciare.

"Ciao."

Era leggera come una piuma. Non l’aveva sentita avvicinarsi neppure questa volta.

"Come stanno?" chiese Ron.

Ginny gli fece un mezzo sorriso e alzò le spalle. "Come il solito. Ma parlano tanto tra loro," gli rispose con tono rassicurante. Ron annuì e le sorrise. Ginny gli si avvicinò e, con uno sguardo di scusa verso Hermione, abbracciò il fratello. Poi si mise seduta vicino a Harry.

"Ciao," le disse lui, guardandola.

"Ciao," rispose Ginny.

Harry allungò un braccio sopra la poltrona, oltre le spalle di Ginny e si girò verso di lei. Tanto valeva essere sincero.

"Sto cercando le parole migliori per dirti quello che vorrei, ma non riesco a metterle in fila."

Ginny gli accarezzò una mano, ma rimase in silenzio. Harry capì che doveva sforzarsi. Non poteva farla aspettare ancora. Voleva riuscire a spiegarle quanto importante era per lui, quanto sentisse il bisogno di averla vicino a sé.

"Vorrei riuscire a spiegarti quanto… quanto sei importante per me. Anche se ho dovuto stare lontano da te." La guardò negli occhi, cercando di scrutare le sue reazioni. Lei continuò ad accarezzargli la mano, in silenzio. Con un profondo respiro Harry si lanciò.

"Adesso posso chiederti di starmi vicino senza paura di farti del male…"

"Non mi hai mai fatto del male standomi vicino. È starti lontano che mi spaventa. Lo so," gli disse, fermando con una mano la sua protesta, "ho capito questo pomeriggio perché lo hai fatto e non lo discuto. Avrei voluto esserti vicino, ma capisco perché non potevo."

Harry trovò all’improvviso le parole esatte per spiegarsi. Per dirle quanto invece gli era stata vicino.

"Sai, nella foresta, mentre andavo da Voldemort… sapevo che dovevo morire…" Ginny sussultò e Harry le accarezzò una guancia con un dito. "Il mio ultimo pensiero, prima di essere colpito, sei stata tu, il tuo sguardo, i tuoi baci… era tutto quello che volevo avere con me."

Ginny lo guardò con la bocca leggermente aperta per la sorpresa.

"Harry…"

Lui chiuse gli occhi cercando di ricordare quel momento. Li riaprì cercando i suoi.

"Non è stato un ricordo che ho cercato. Mi è arrivato così, come la cosa più importante da ricordare. Il ricordo da portare con me."

"Harry…" Lo disse in tono sommesso, come un ringraziamento. Aveva gli occhi lucidi.

"Riesci a capirmi?" le chiese.

Ginny annuì. Le sorrise. Sapeva di aver detto una minima parte di quello che voleva e di averla detta male, ma avrebbe cercato altre parole in altri momenti per dirle quanto l’amava.

Fece scivolare le braccia attorno al suo corpo, la strinse contro di sé e la baciò, come avevano iniziato a fare nella sua camera alla Tana, senza preoccuparsi della presenza di Ron e Hermione. I quali erano comunque troppo impegnati per potersi accorgere di quello che accadeva attorno a loro.

Ancora una volta dimenticò ogni cosa, lasciando che il tempo perdesse di significato, concentrando tutti i suoi pensieri, le emozioni, i sentimenti sul calore del corpo di Ginny e sulla sua bocca. Quando si separarono e si guardarono, la forza dirompente della vittoria lo attraversò come una scossa, dandogli finalmente la sensazione di aver realizzato i suoi sogni.

  
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