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Autore: Doila483    29/08/2013    3 recensioni
Alex, una ragazzina di quindici anni, con un sogno, che condivideva col resto del mondo.
Il suo sogno aveva un nome: Justin Bieber. Il suo idolo. Nonostante non l'avesse mai incontrato, mai visto, credeva nel Never Say Never. Sapeva che sarebbe arrivato il suo momento... e non si sbagliava.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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...E quella era stata l'esperienza più bella della sua vita.
Mai era stata così bene. Mai si era divertita così tanto.
Anzi, a dire la verità, non si era mai divertita. Qualche risata con Sonny, certo, ma non si trattava di quel tipo di divertimento.
Quella era stata un'ora e mezza particolare, che Alex non avrebbe mai dimenticato. Aveva vissuto per davvero.
Sapeva quanto fosse spettacolare Justin, ma quella sera era rimasta senza parole.
Aveva adorato ogni singolo istante, amato ogni suo sguardo, ogni suo sorriso. Ed era ufficiale: quello era tutto ciò per il quale avrebbe vissuto. Era la sua ragione di vita, il suo obbiettivo, il sogno che avrebbe realizzato ancora tante volte, andando contro tutto e tutti se necessario.
Ora non poteva starsene con le mani in mano, ora conosceva la potenza di Justin. Dal vivo era tutt'altra cosa, erano emozioni completamente diverse seppur simili per certi versi. Ora aveva assistito a quel concerto, ora ne dipendeva completamente.
Mai più si sarebbe persa tutto quello, non avrebbe mai più permesso a niente e nessuno di privarla di quella gioia.
Quando Alex era uscita dall'arena insieme a Sonny Mila era fuori dalla macchina ad aspettarle. Le era subito nato un sorriso quando aveva visto sua figlia con gli occhi gonfi, le guance umide, i capelli un po' disordinati, ma un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Era felice, aveva realizzato il suo sogno e Mila non poteva che essere al settimo cielo, e aveva una voglia assurda di buttarsi tra le braccia della figlia e chiederle ogni minimo particolare. Ma Alex non era riuscita a parlare. Quella era una sensazione nuova e allo stesso tempo familiare, avrebbe voluto riprovarla altre mille volte. Magari col tempo sarebbe riuscita a raccontare ogni cosa, magari sarebbe stata in grado di spiegare come si era sentita quella sera. Per il momento era più che sicura di non esserne capace.

Erano passati alcuni giorni e l'assenza di Justin quasi le toglieva il respiro.
Era rimasta a casa ogni giorno, usciva solo per andare a scuola e a lavorare. Per il resto passava le giornate chiusa in camera sua immersa nello studio, nella musica, e nel suo amore per quel ragazzo. Non era riuscita a smettere di pensare a quella serata, a quell'incontro. Gli sguardi di Justin, i suoi sorrisi, il suo tocco, erano ricordi ancora freschi, vivi, come se li avesse vissuti solo un attimo prima.
Quel “Lascia che io ti stia accanto”, oppure il suo “Ci sentiamo presto”. Forse non doveva fissarsi poi così tanto, ma quel 'ci sentiamo' aveva un peso che lei non riusciva a reggere. 
'Sentiamo'. Perché 'sentiamo' e non 'vediamo'? Justin si sarebbe fatto sentire? Lei non aveva neanche Twitter, come avrebbero fatto a tenersi in contatto? E quando si sarebbero dovuti sentire? Lui ormai era partito, stava facendo il giro del continente e ben presto avrebbe lasciato anche quella parte del mondo. Sarebbero stati più lontani che mai. Non avrebbero visto la luce del Sole nello stesso momento, non avrebbero seguito lo stesso orario, sarebbe stato tutto al contrario, e odiava quella sensazione. Sapeva che Justin era già stato dall'altra parte del mondo, ma ora era diverso perché lei l'aveva vissuto, l'aveva incontrato e si sentiva più vicina.
Si chiedeva come potesse sentirsi 'vicina', quando lui era lontano chilometri e chilometri; quando ben presto ci sarebbe stato l'oceano a dividerli; quando lui seguiva uno stile di vita completamente sconosciuto ad Alex ed era impossibile che avesse contatti con delle persone comuni come... lei. Forse si stava solo illudendo, ne era consapevole, ma amava quella sensazione, non l'aveva mai provata prima d'allora, e mai vi avrebbe rinunciato.
In quel momento Justin era ancora in California, a Oakland, e quella sera si sarebbe dovuto esibire, mentre Alex sarebbe stata a lavoro fino all'ora di cena. Si sentiva sola, era Sabato e doveva lavorare. Inoltre aveva una stranissima sensazione, che non sapeva spiegarsi. Forse erano i lavaggi del cervello che si era fatta nel pensare e ripensare a quello che Justin le aveva detto, ma quella sensazione aveva a che fare proprio con lui. Non sapeva dire di cosa si trattasse, era solo agitata, ma nulla di negativo in questo. A volte era così spaventata dalle sue sensazioni perché -belle o brutte che fossero- si avveravano sempre, aveva questo 'dono'. Cosa sarebbe successo? Sapeva che qualcosa sarebbe accaduto, e l'agitazione si faceva sempre più spazio dentro Alex.

« Alex, per favore, pulisci a terra »

I pensieri di Alex, unicamente concentrati su Justin, svanirono a quella frase. 
Si sentiva una cretina: pensava a lui, si chiedeva dove fosse, le batteva forte il cuore, sognava a occhi aperti di stare tra le sue braccia, e poi qualcuno le diceva di passare lo straccio a terra. Il distacco dalla fantasia -che era l'unica cosa che la salvava- era violento, e Alex sospirava tristemente quando tornava alla realtà. Sospirava tristemente quando si rendeva conto che quella era la sua vita, che lei era costretta a pulire tavoli, a passare lo straccio per terra, a pulire anche la cucina a volte, mentre lui era chissà dove a tenere concerti, singing session, Meet and Greet, interviste, servizi fotografici e quant'altro. 
Si rattristava quando si rendeva conto di quale stile di vita avesse Justin: uno completamente diverso dal suo, per non dire opposto. E si sentiva una vera cretina, perché lei era lì a pulire per terra, in quel momento come in tanti altri, e lui mai l'avrebbe guardata veramente per questo. Lui era diverso da lei, e non ci sarebbe mai stato niente, per questo motivo. 
Non che un rapporto tra loro fosse la cosa più importante -perché sapeva che mai ci sarebbe stato, si era messa l'anima in pace ormai-, la musica era ciò che più le importava, la salute di Justin, il suo umore, erano le cose che più le interessavano, ma lei non poteva farci niente: lo amava. Lo amava, sentiva che era così, anche se non lo conosceva, era una sensazione strana e che non aveva mai provato prima, con nessuno. Era forte, e giurava a sé stessa e a Dio che era vera e unica.
Lo amava e non poteva che desiderare di stare con lui. Sentiva di potergli dare così tanto, anche se era così piccola e inesperta. Ma il cuore gliel'avrebbe dato volentieri. Lui aveva soldi, macchine, aveva tutto, e lei non aveva niente. Eppure sentiva che avrebbe potuto dargli più di quanto già avesse.
Ma dove l'avrebbero portata quei pensieri? Che importanza avrebbero avuto quei sentimenti? In quel momento aveva uno straccio da passare a terra. Le cose non sarebbero cambiate, non così tanto, e non poté che sentirsi male al sol pensiero.
Sospirò senza farsi sentire e andò a prendere lo straccio. 



*



A Oakland, nel frattempo, le cose non andavano esattamente come Alex credeva dovessero andare.
Sì, era il 6 Ottobre e Justin sarebbe dovuto andare in scena quella sera, all'Oracle Arena, ma i suoi pensieri in quel momento non si stavano focalizzando tanto sul suo lavoro.
Quello era senz'altro uno dei periodi più strani che Justin avesse mai vissuto. Non sarebbe stato capace di spiegarlo a parole a qualcuno, a Ryan magari, o a Scooter, o a sua madre -neanche a sé stesso, a dirla tutta-, ma aveva bisogno di aiuto. Si sentiva strano, e sapeva il perché ormai. Conosceva il motivo, aveva anche un nome.
Alex.
Lei non era il suo pensiero fisso: era un cantante, aveva molte cose per la testa. Ma quando aveva un attimo per sé -no, anzi, a volte anche nel bel mezzo di un incontro con i suoi fans- il suo pensiero andava a lei. Si chiedeva se stesse bene, se continuasse ad avere problemi a scuola, a socializzare. Si chiedeva cosa facesse. Era arrivato persino a chiedersi a che ora si svegliasse. 
Lui era solo curioso, e cominciava a capire come si sentissero i fans nei suoi confronti. Cominciava a capire perché erano così interessati alla sua vita -certo, molti esageravano violando completamente la sua privacy, ma capiva-.
Era lontano da lei, lo era ogni giorno di più e non per sua volontà, ma cercava di farsi sentire. Non sapeva se potesse permettersi certe cose, non sapeva se potesse dedicarsi in questo modo a una fan, ma dopotutto non le aveva mica detto 'ti amo', giusto? Non era la prima volta che cercava di aiutare una fan. L'ultima era stata proprio Avalanna, le pagava le cure mediche e tanto altro!
Ora voleva stare accanto ad Alex.
Certo, magari non voleva esserci solo perché lei ne aveva bisogno.. magari voleva semplicemente sentirla lui accanto a sé. Magari era un piccolo pretesto per sentirla e vederla, perché lei aveva fatto la sua bella figura anche se non lo sapeva.
Ma non gli sembrava una cosa tanto sbagliata. Dopotutto stava salvando entrambi in quel modo, no?
Non era minimamente pentito di quel poco che aveva fatto per lei; non si era pentito di averle detto quella frase. Non era pentito di niente, anzi, avrebbe continuato all'infinito, avrebbe continuato a sorprenderla, a farla sorridere, a farla rimanere senza parole dalla felicità. Il fatto è che non era così facile come desiderava, non lo era per niente. Aveva dei mezzi unicamente suoi, ma aveva un tour davanti a sé, aveva il mondo da visitare, e si chiedeva quando avrebbe potuto rivedere Alex. 
Qualche idea aveva già fatto capolino nella sua mente -una persino la sera del concerto a Los Angeles quando aveva la ragazza davanti a sé, e quell'idea, infatti, l'aveva già realizzata, e si chiedeva come avrebbe reagito Alex-, ma ad ogni modo non bastava quel che faceva. Doveva fare di più, voleva fare di più. Era solo questione di tempo, avrebbe messo le cose a posto. 
Non voleva continuare a porsi delle domande senza conscerne le risposte. Voleva porle a lei quelle domande, e sentire dalla sua voce come si stavano evolvendo le cose nella sua vita -se stavano realmente evolvendosi-.
Non voleva più dubbi, non voleva più incertezze, e non voleva più sentirsi solo. In quel momento avrebbe voluto prendersi a schiaffi per quel pensiero, ma non poté che desiderare di averla al suo fianco -letteralmente- per sentire i loro due cuori battere all'unisono. 
Forse non aveva mai fatto certi pensieri in vita sua, nonostante avesse già avuto delle ragazze. Forse non aveva mai pensato così tanto a una sua fan, ma il fatto era che lui non la vedeva come una sua fan, così come -ne era convinto- lei non vedeva un cantante in lui.
Voleva godersi il tour, e se lo sarebbe goduto, questo era sicuro. Si sarebbe divertito, avrebbe visitato tante città, incontrato tante persone, conosciuto tante tradizioni, usanze diverse dalle sue -qualora ne avesse avuto il tempo-. Ma non sarebbe finito tutto là. In quei mesi avrebbe fatto qualcosa per sé e per un'altra persona, levando di mezzo per un attimo quella dannata solitudine che da un po' di tempo aveva deciso di impossessarsi di loro.
Sapeva che dipendeva tutto da lui. E questa volta non avrebbe lasciato che la sua carriera facesse da scudo alla sua vita. Stavolta avrebbe fatto da solo, avrebbe tirato fuori gli artigli.
Dopotutto, era così che faceva con le cose che desiderava davvero: lottava.
Il suo cuore, da qualche minuto, aveva preso a battere un po' più veloce, e il suo stomaco aveva cominciato a fare mille capriole, chissà per quale motivo.
Ormai, sapeva che i suoi tentativi di auto convincersi con la frase 'probabilmente ho fame' non funzionavano più -e forse non avevano mai realmente funzionato-. Ormai sapeva da cosa dipendeva tutto quello, o meglio da chi dipendeva.
Un sorriso cominciava ad allargarsi prepotentemente sul suo viso, senza che lui se ne accorgesse, mentre guardava distrattamente un punto indefinito del pavimento.

« Perché sorridi? » si sentì chiedere da una voce familiare. Si girò e scorse la figura di Scooter. 

Cercò di mascherare quel sorriso che, da un po' di tempo, riservava solo ad Alex, anche se nessuno lo sapeva.
« Hey » rispose il cantante, ignorando di proposito quella domanda.
« Perché stavi sorridendo? » chiese ancora il manager. Oh, lui sì che si interessava alla vita di Justin. Non eccessivamente come molti suoi fan, ma si interessava perché gli stava a cuore il benessere di quel ragazzo, e vederlo sorridere era qualcosa di gratificante, soprattutto se si pensava a cosa Justin stava sopportando nell'essere la star del momento -'momento' che esisteva da due anni ormai, e non dava cenno di dissolvenza-.
Justin abbassò lo sguardo, cominciando a sentirsi in imbarazzo. Non sapeva perché, gli veniva da sorridere e allo stesso tempo tentava di mascherare quella lieve forma di felicità che si impossessava di lui. Non si vergognava mai davanti a Scooter, lui era importante, era un grande amico. Ma quando si trattava di Alex.. non lo sapeva. Forse perché era una situazione particolare, che non si aspettava di poter vivere. Forse perché era quasi geloso di lei e voleva che restasse una cosa privata. 
Ma d'altro canto, si disse, aveva bisogno d'aiuto: era sulla giusta via per la pazzia.
« Pensavo » rispose evasivo.
Scooter lo guardava quasi come se volesse entrargli nella testa e osservare i suoi pensieri. In effetti sembrò riuscirci.
« Pensavi.. a chi? »
Non a cosa. A chi.
Eccolo, Scooter.
« ..Ad Alex » ammise il cantante con leggero imbarazzo, avendo anche un po' paura di cosa mai avrebbe potuto dire il suo manager. Dopotutto era una situazione scomoda la sua, non poteva permettersi di pensare così intensamente a una fan, non lo avrebbe minimamente aiutato in niente.
Scooter non si sorprese più di tanto, in fondo se lo aspettava. Lui le aveva regalato dei biglietti per il concerto, ricordava quando glieli aveva dati; lui le aveva regalato i pass, e ricordava anche questo. Ricordava lo sguardo di Justin mentre gli chiedeva di cercare Alex fuori dallo Staples Center, e ricordava il suo sguardo quando la ragazza era davanti ai suoi occhi. Ricordava il suo sorriso, soprattutto.
L'aveva già capito, non voleva solo aiutarla in quanto fan, o persona. Ma in quanto Alex. E beh, era così chiaro.
Il manager si trovò ad annuire e a restare zitto.
« Non dici niente? » chiese, infatti, Justin. Conosceva Scooter. Lui gli aveva sempre consigliato di non legare così tanto con una fan, di non dare il suo numero, di non lasciarsi trasportare.
« Non c'è bisogno che io dica niente, Justin » rispose Scooter « Sei un cantante, è vero, e anche di una certa importanza. Sono del pensiero che tu non possa permetterti certe cose. Ma d'altronde hai diciotto anni, tra poco ne compirai diciannove. Non hai più quindici anni, quando ancora dovevi capire come funzionavano le cose in questo mondo. Sai come vanno le cose, e sai a cosa vai incontro. Sei Justin Bieber, sento di dovertelo ricordare. Sei nel mirino dei Media, dei paparazzi. Sei in ogni rivista, in ogni canale televisivo. Sei sulla bocca di tutti, e questo fatto, questa.. Alex, potrebbe solo renderti la vita più impossibile di quanto già non sia. Sai già cosa succederebbe, ma nonostante questo vai avanti, le fai sorprese, la pensi, e deduco che.. la tua carriera non ti fermerà, e neanch'io »
Il cantante era rimasto piacevolmente sorpreso da quelle parole. Non pensava che Scooter sarebbe arrivato a dire qualcosa del genere. O magari sì, ma una volta compiuti i suoi trent'anni magari, quando avrebbe avuto ormai il sacrosanto diritto di formare una famiglia, tutta sua.
Sentirlo parlare in quel modo e in quel momento, quando lui aveva solo diciotto anni, ed era ancora Justin Bieber, lo lasciava sorpreso.
L'aveva capito persino Scooter quanto stesse cominciando a valere Alex per Justin.
« Io ti voglio bene, e so che tutto quello che fai e che dici è solo per me, per il mio bene, e io non posso che ringraziarti, Scooter, davvero. Ma è successo tutto velocemente. Non sono innamorato di lei, non la amo né niente del genere. Non dico neanche che mi piace, dico solo che.. mi prende. Mi prende in una maniera particolare, ed è nato tutto da uno sguardo, capisci? Credo che questo conti qualcosa » rispose Justin.
« Justin, credo che la tua sia solo una cosa del momento, ma anche se sono il tuo manager, fuori da queste vesti io non sono nessuno per dirti chi devi pensare e chi no. Sono cose che si provano con l'adolescenza, tu sei un ragazzo, e hai visto molte ragazze fino a oggi. Ne vedrai tante altre, e credo che sia piuttosto normale che tu ti trovi in una situazione simile, specie se hai solo diciotto anni. Io desidero solo che tu non perda troppo tempo dietro a tutto questo. Desidero solo che non ti ci immerga troppo, perché non so quanto ti convenga »
Justin abbassò lo sguardo e rifletté su quelle parole. Sapeva che Scooter aveva ragione, se lo ripeteva in continuazione da quando aveva cominciato a sentirsi in quel modo, da quando aveva cominciato a pensarla. Ma le cose stavano andando avanti senza che lui se ne rendesse conto.
« Hai ragione, ma non lo riesco a controllare. Cerco di tenere questi pensieri il più lontano possibile, credimi, perché so ogni cosa. So che non posso permettermelo, e non voglio neanche trascinare Alex in questo mondo. Ma mi prende, è una cosa strana. Io mi sento strano, tutto questo mi fa sentire diverso. Sono sincero, credevo che queste cose accadessero nei film. Credevo che c'avrei messo più tempo per farmi prendere da qualcuno. Ma non lo posso controllare, Scooter, mi fa uno strano effetto, e quando non è con me desidero solo guardarla negli occhi per provare ancora quella sensazione. Mi sento tanto stupido, davvero, e so che di questo passo le cose si ingigantiranno sempre di più, ma.. per quanto possa sembrarti strano, non dipende da me, e devi credermi »
« Ti credo, Justin. Sono più grande di te, io ci sono passato. C'è passata anche tua madre, ci passiamo tutti. Ed è per questo che io non ti ho detto niente quando mi hai fatto il suo nome, poco fa. Non voglio dirti niente, perché anche se non sono completamente d'accordo, io capisco. Sappi solo che se hai bisogno, io ci sono, okay? »
Justin sorrise felice a quelle parole. Era una delle cose più belle che potesse sentirsi dire. Era bello sapere di poter contare su qualcuno, anche su una sola persona, per esempio. Era bello essere accettati, ed era per questo che non voleva lasciare da sola Alex.
Il cantante abbracciò il suo manager e lo ringraziò di cuore.
« Grazie, Scooter »
L'uomo ricambiò il caloroso abbraccio e sorrise.
« Di cosa, Justin. Basta che tu stia bene. E che continui a farmi fare soldi... » concluse scherzando.
Justin rise di gusto, si staccò e gli tirò un pugno sul braccio, contagiando il manager con la sua risata.
Nel frattempo, fuori dall'arena, si sentivano le urla incessanti delle sue Beliebers che chiedevano a Justin di uscire.
« Li senti, Justin? Preparati » disse Scooter, alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso la porta « Possibilmente entro dieci minuti massimo, se devi aggiustarti i capelli »
« Va bene, tra cinque minuti sono fuori » rispose il cantante.
Scooter fece un cenno con la testa e uscì fuori dalla stanza.
I fans erano ancora presi dall'euforia e non smettevano di urlare il nome del cantante:
“Vogliamo Justin! Vogliamo Justin! Vogliamo Justin!”
Questo sorrise e si preparò per quella serata. 
La gente voleva Justin Bieber? E Justin Bieber avrebbe avuto, in tutto il suo talento.



*



« A domani, Ruth! » disse ad alta voce Alex, mentre usciva dal bar.
« A domani, Alex! » rispose la donna, sorridendo gentilmente alla ragazzina.
Questa lasciò la porta chiudersi alle sue spalle, lasciando dietro di sé anche tutto lo stress. In quel momento voleva solo mangiare e andare a dormire, sentiva il suo letto chiamarla a gran voce da casa sua.
Si infilò gli auricolari e partì una musica, una voce. L'unica che riusciva a rilassarla completamente.
Il tragitto, fortunatamente, non le sembrò tanto lungo. Forse era Justin, ancora una volta, a renderlo corto con la sua compagnia, con le sue parole. O forse era solo Alex che, presa da tanti altri pensieri, non ci badò tanto.
Le giornate cominciavano ad accorciarsi sempre di più, e Alex se ne accorgeva ogni giorno. In quel momento era quasi spaventata, perché cominciava a farsi buio ed era ora di cena. Lei era un tipo piuttosto pauroso, temeva tutto, anche quando non ne aveva motivo, quindi decise di far finta di niente e cercò di tranquillizzarsi. E ci riuscì perfettamente, perché in quel momento stava ascoltando 'Never Let You Go', e si sentiva incredibilmente piena.
 
“Cause baby when you're with me it's like an angel came by and took me to heaven”

Oh sì, ogni volta che aveva Justin con sé sentiva di trovarsi in Paradiso, o qualcosa del genere. Era una sensazione così piacevole che non pensava di poterla mai provare un giorno. Non credeva che una persona potesse arrivare a sentirsi in quel modo.
 
“Cause when I stare in your eyes it couldn't be better”

Già, i suoi occhi. Ne vogliamo parlare? Era così strano guardarlo. 
Alex non conosceva chissà quante persone, ma era abbastanza sicura di non aver mai visto occhi come quelli. Ed era la prima volta che riusciva a leggere qualcuno nell'anima. Gli occhi di Justin parlavano.
La prima volta in cui aveva incrociato il suo sguardo si era sentita strana. Le era sembrato di vederci il mondo in quelle iridi. Justin non aveva gli occhi celesti, azzurri come quelli di Alex. Non erano neanche verdi, o tendenti al grigio. Una persona superficiale avrebbe detto che il colore degli occhi di Justin era abbastanza comune, ma Alex era pronta a negarlo. Non era 'comune', era unico. Se fosse stata una cosa banale, Alex avrebbe paragonato quel colore al caramello fuso, ma non era questo, e non se la sentiva di fare un simile paragone, perché non si avvicinava minimamente a una cosa così povera. Quel colore era molto di più. 
Alex avrebbe potuto vedere tanti altri occhi ma mai ne avrebbe visti di simili.
Non si trattava solo del loro colore, si trattava -soprattutto- di ciò che essi trasmettevano.
Justin era capace di placare la rabbia e la paura, era capace di cancellare ogni singolo pensiero negativo che dava il tormento, era capace di tante cose. Ti dava una bella sensazione, la sensazione di essere a casa.
Alex semplicemente impazziva per tutto quello.
La canzone scorreva e una frase colpì la ragazza nel profondo.
 
Don't be scared, girl, I'm here

Quelle parole la convinsero che doveva stare tranquilla, che lui era davvero lì con lei. Non fisicamente, magari, ma c'era col pensiero. Dopotutto, anche se era una cosa abbastanza strana e teoricamente impossibile, era stato lui a chiederle di starle accanto, giusto? Lui c'era. Un giorno ci sarebbe stato anche fisicamente, e questo lo sapeva. Justin era un bravo ragazzo, se voleva aiutare qualcuno lo aiutava, sempre. E Alex si sentiva onorata e contava i giorni, le ore, i minuti, per rivedere il ragazzo che tanto l'aveva stregata. Si sentiva male solo al pensiero. Quando l'avrebbe dovuto rivedere? L'avrebbe sentito nel frattempo? Il suo cuore cedeva ogni giorno di più. Che ce l'aveva a fare un cuore se non doveva correre freneticamente per la presenza di Justin?
E in quel momento Alex cercava di stare al passo col proprio cuore. Cercava di contare i battiti, mettendosi una mano sul petto. Il ritmo non era del tutto regolare, perché stava pensando a lui, mentre la sua voce le drogava l'anima.
Trenta, trentuno, trentadue, trentatré battiti... trentatré battiti in pochi secondi. Mai le era sembrato così piacevole contare. Era bello contare i battiti del proprio cuore, se esso batteva per un'altra persona. Almeno così pensò Alex. 
Mentre sorrideva a quei pensieri, si avvicinava sempre più a casa sua. Solo la villa dei vicini la separava dal suo giardino.
Eh, oh, parlavamo di cuore?
Alex aveva appena perso un battito. Non dall'emozione, e non per Justin.
Chi era quello nel suo giardino?
I suoi occhi si sgranarono, si tolse gli auricolari e si avvicinò lentamente, cercando di passare inosservata e tentando di capire chi fosse quell'uomo, e cosa ci facesse davanti casa sua.
Poteva giurare di non averlo mai visto in vita sua. Forse un quarantenne, o poco più grande, con i capelli scuri, probabilmente neri. Le parve di notare dei normali pantaloni e un giubotto.
Alex aveva una paura fottuta. Ecco perché era un tipo pauroso, faceva bene. Era più che sicura di non inventarsi le cose, sapeva come funzionava il mondo, sapeva cosa erano capaci di fare le persone. E in quel momento niente e nessuno sarebbe stato capace di tranquillizzarla.
Alex si fermò quando vide che l'uomo cominciava ad allontanarsi. Il punto interrogativo però ancora non svaniva. Chi era? Cosa ci faceva lì? E non era passato di lì per caso, di questo era sicura. Lui era lì, fermo, nel suo giardino. Per quale motivo? 
In quel momento era ormai più lontano, se ne stava andando. Alex aspettò prima di avvicinarsi alla sua casa. 
Il cuore non smetteva di batterle furiosamente in petto. Temeva che di lì a poco si sarebbe fermato, causando un arresto cardiaco. La paura, specialmente ad Alex, faceva brutti scherzi.
Quando l'uomo sparì completamente dalla vista della ragazza, questa si avvicinò velocemente a casa, bussando forte alla porta.
Dopo non molti secondi, la porta si aprì e Mila sembrò notare subito lo sguardo quasi terrorizzato di Alex.
« Alex, che c'è? » chiese la donna preoccupata.
La ragazzina entrò velocemente in casa e chiuse la porta.
« Ho visto un tizio, fuori, nel nostro giardino. Non so perché, ma ho avuto una strana sensazione, mi ha spaventata. Non l'avevo mai visto in giro prima d'oggi »
Mila sgranò leggermente gli occhi a quelle parole. Aggrottò le sopracciglia e aprì nuovamente la porta, gettando un'occhiata fuori.
« L'hai visto andare via? » chiese la donna a sua figlia.
« Sì, ho aspettato che andasse via prima di avvicinarmi alla porta.. » rispose Alex, con un'aria preoccupata. Si stava spaventando sempre di più, anche se forse non ce n'era motivo, ma il lavaggio del cervello che le avevano fatto tutti quei telegiornali cominciava a farsi vivo.
« Ma chi era? Cioè, che tipo era? Com'era vestito? » chiese la donna, con una punta di preoccupazione nella sua voce che Alex colse subito.
« Non lo so.. Credo avesse dei jeans e un normale giubotto, io- non ho badato molto ai suoi vestiti. Ma credo avesse avuto quarant'anni o poco più. Aveva i capelli neri, credo.. beh, comunque d'un colore scuro »
Mentre Alex parlava, Mila cercava di far chiarezza nella sua mente. Magari era qualcuno che lei conosceva, uno del lavoro che la cercava e che Alex non aveva mai visto prima d'allora. Ma non le veniva nessuno in mente, anche perché purtroppo -o per fortuna- non conoscevano tante persone.
« E non hai visto cosa stava facendo? »
« Quando sono arrivata se ne stava già andando, era vicino alla cassetta della posta e già se ne stava andando, non so cosa stesse facendo »
« ...Alex, non è che hai visto il postino? » chiese Mila con aria da 'ma sei scema o cosa?'
« No! Mamma, lo saprei se fosse il postino! Non l'ho mai visto prima d'oggi, non aveva neanche la borsa, ed era a piedi! E poi, a quest'ora gironzolano i postini? E solo a casa nostra? »
La donna ammutolì, a corto di idee e parole. Non sapeva proprio chi potesse essere. Che fosse un ladro? Magari qualcuno che stava studiando bene la loro casa? Dio, già non avevano niente, perché qualcuno avrebbe voluto portar via quel poco che avevano? Quel poco che non soddisferebbe nessuno, perché dopotutto non era granché, quindi che senso aveva?
« Aspetta qui » disse Mila mettendo un piede fuori di casa, quando Alex la chiamò: « Mamma ma che fai? Non uscire! » le disse spaventata. 
« Voglio controllare, Alex, rilassati, e resta dentro, okay? »
No, non era okay, ma Alex non riuscì neanche a dirlo perché sua madre era già fuori, e si era socchiusa la porta alle spalle. Ma anche se Mila avesse sentito Alex, non l'avrebbe ascoltata, doveva capire di che cosa stesse parlando sua figlia. Chi c'era nel loro giardino, o meglio, chi c'era stato?
Alex aveva il cuore a mille, non voleva che sua madre uscisse fuori. Si mise davanti alla porta e spiò. Era già incredibilmente buio là fuori e non le piaceva che sua madre fosse sola nel loro giardino, dove poco prima c'era un estraneo.
Non riusciva a vedere con chiarezza i suoi movimenti, ma era abbastanza sicura che sua madre fosse ferma davanti a qualcosa, probabilmente la loro cassetta della posta, e si stava guardando intorno.
Alex aveva il cuore in gola dalla paura, non riusciva a calmarsi. Voleva uscire e stare con sua madre, ma lei le aveva ordinato di stare dentro casa. Ma dopo alcuni secondi la vide chiaramente tornare indietro. 
Mila entrò dentro casa con un piccolo sorriso, che quasi sapeva d'eccitazione. Aveva lasciato fuori di casa la sua preoccupazione che solo pochi attimi prima la pervadeva. E stringeva un pacco tra le mani.
« Mamma? » la chiamò Alex, aggrottando un po' le sopracciglia « Cos'è? Perché sorridi? Chi era quell'uomo? »
In quel momento Mila non parlò, ma continuò a sorridere. Abbassò lo sguardo sul pacco e se lo rigirò ancora tra le mani prima di dire..
« Non lo so.. » disse « Ma questo è per te » 
Alex sgranò gli occhi. In quel preciso istante non capiva granché: perché un uomo l'avrebbe cercata? Perché mai avrebbe dovuto lasciarle un pacco?
E poi.. solo una cosa le venne in mente. Solo una parola, solo una persona, solo un nome.
Justin.
Perché proprio Justin? Non lo sapeva di preciso. Forse perché Justin era il suo pensiero fisso, e lo ritrovava in ogni cosa? Forse perché ci sperava? Forse perché era la sensazione che l'aveva tormentata tutta la mattinata? 
...Forse perché era l'unico che la cercava? 
Forse perché era una scena che aveva già vissuto, quando lui le aveva mandato i pass?
Alex, con mani tremanti, prese il pacco che sua madre le stava porgendo con una felicità che a stento riusciva a contenere. 
Quando la figlia ebbe tra le sue mani quel pacco sentì il suo cuore dare un colpo piuttosto forte, più di tutti gli altri, e aveva una strana sensazione al centro dello stomaco. Quella fame che aveva le era già passata, ora non avrebbe più toccato cibo per l'emozione.
Lesse solo una cosa sulla busta, una parola composta da quattro lettere. 
Alex.
Di nuovo. Di nuovo il suo nome.
La scena si ripeteva: aveva tra le mani una cosa unicamente per lei, non c'era il suo cognome, ma solo il suo nome. Non c'era l'indirizzo, non c'era niente, c'era scritto solo Alex e con la stessa grafia della busta che aveva ricevuto appena una settimana prima.
Quella sensazione che aveva avuto per tutto il giorno, quella sensazione direttamente legata a Justin, quell'ansia che l'aveva assillata per quelle lunghe, interminabili, ore. Non poteva credere ai suoi occhi, anche se non era ancora a conoscenza di ciò che il pacco conteneva.
« Beh? Non apri? » chiese Mila mentre il sorriso le si allargava sempre di più. Le sembrava di vivere la scena in prima persona, sembrava che ci fosse lei al posto di Alex.
Questa si girò, dirigendosi in cucina, e appoggiò il pacco sul tavolo, spostando di poco i bicchieri e i piatti che sua madre aveva messo per cenare, facendo spazio. Mila, dietro di lei, si avvicinò e si mise al suo fianco.
Alex cominciò a scartare il pacco, facendo attenzione a non strappare la carta, specialmente l'angolo in cui c'era scritto il suo nome.

“Ti prego, fa' che sia lui.. ti prego

Oh, dire che sperava che fosse Justin è poco. Ci sperava in un modo più che disperato. Aveva bisogno di sentirlo accanto a sé. Lui.. lui le aveva detto che voleva starle accanto e per tre giorni si era sentita così sola, lontana da lui, senza sapere cosa avesse fatto Justin in quel piccolo lasso di tempo, senza lei. Non poteva averle chiesto di far parte della sua vita per poi sparire. Non poteva. Per questo, adesso, doveva essere lui a cercarla. Per questo doveva essere da parte sua quel pacco. Doveva essere così. Chi poteva cercarla se non lui? 
Le sembrava tutto così strano.
Poche settimane prima avrebbe pensato che chiunque avrebbe potuto cercarla, tranne lui. Ora era convinta del contrario.
La spaventava il modo in cui le cose potevano cambiare radicalmente in così poco tempo. Non bisogna mai dire mai, sul serio. Bisogna sempre crederci, e mai convincersi che qualcosa è impossibile, perché niente lo è.
Riuscì a scartare tutto senza strappare niente -o quasi-, e quello che le si presentò davanti le fece perdere mille e più battiti dall'emozione, dalla felicità.. da un misto di cose, sensazioni, che solo lui poteva darle.
I suoi occhi si erano subito inumiditi, aveva alzato lo sguardo al cielo cercando di non scoppiare a piangere, ma sentiva ormai che c'era così vicina..
Aveva dato solo un'occhiata e poi aveva cominciato a liberare una, due, tre lacrime. Aveva solo visto la foto di lei e Justin al Meet and Greet. C'era dell'altro, ma Alex non aveva fatto in tempo a vedere il resto: aveva portato una mano alla sua bocca, e si era seduta, cercando di realizzare.
Mila vide cosa ci fosse in quel pacco, a occhi sgranati, e capì a pieno la reazione di Alex, che ora si era seduta e stava cominciando a piangere silenziosamente. 
Sua madre non poteva crederci. Prese tra le sue mani la foto che ritraeva sua figlia e il suo fidanz- il suo idolo.
Un piccolo sorriso le dipinse il volto. Quel sorriso racchiudeva tutta la tenerezza che Mila sentiva di provare nei confronti di Justin. Era un ragazzo incredibile. Nella foto c'era lui che sorrideva mentre Alex era visibilmente emozionata, paralizzata dalla felicità che nascondeva come fosse un qualcosa di segreto da non poter mostrare a tutti.
Girò la foto e lesse una frase che dovette rileggere più volte prima di realizzare.
« Alex.. » la chiamò Mila « Tesoro, devi vedere »
La ragazzina, che aveva chinato il capo alcuni istanti prima, alzò il viso che si rivelò rosso e già incredibilmente bagnato. Da una parte odiava essere così fragile e sensibile, odiava il fatto che le bastasse poco per farla piangere, ma dall'altra era contenta perché almeno così poteva sfogarsi e tirar fuori tutte le sue emozioni. In quel caso, era abbastanza ovvio che le lacrime racchiudevano tanti sorrisi che a volte non riusciva a sfoderare. Quei sorrisi che desiderava venissero visti da Justin, perché erano unicamente per lui. Quei sorrisi che non si era potuta permettere per molto tempo, e che ora lui le stava regalando in un modo così semplice da sembrare surreale.
Alex tremava da capo a piedi, era più forte di lei. Voleva calmarsi, sul serio, era curiosa di sapere cosa contenesse quel pacco, ma non ci riusciva. Era troppo per lei. Quella foto era più che abbastanza, non si sarebbe aspettata qualcosa in più. Forse non era in grado di farcela, non come sperava almeno. Sentiva che se avesse visto cos'altro Justin le aveva dato sarebbe crollata per davvero.
Prese un profondo respiro, cercando di calmarsi, anche se con scarsi risultati: le sue mani, il suo cuore.. non ne volevano sapere di fermarsi. 
Alzò gli occhi verso la madre e vide che teneva in mano la foto di lei e Justin. Il viso di Alex si contrasse di nuovo in una smorfia, come se dovesse scoppiare a piangere. 
Prese la foto in mano e a quel contatto si sentì morire. Quella foto gliel'aveva mandata Justin. Non era una foto autografata o cosa, non era un'immagine di lui e basta. Erano loro due, ed era decisamente più bello così. Il loro abbraccio, la sua mano sul suo fianco, il suo sorriso, i suoi occhi che avevano una luce particolare, una luce che Alex non aveva mai visto in nessun altro. Dio, non c'erano assolutamente parole per descrivere il tutto.

« Girala » le disse la madre con uno strano tono, quasi come avesse paura che Alex scoppiasse a piangere per davvero -e aveva tutta la ragione del mondo a credere che sarebbe successo-.

Il cuore di Alex andò più veloce. Perché doveva girarla? Cosa c'era dietro? Aveva paura di scoprirlo. Ma la curiosità la divorava allo stesso tempo.
Con un lento movimento girò la foto tra le sue mani e vi lesse una frase che le fece accapponare la pelle.

Lascia che io ti stia accanto.”

Alex pianse di nuovo, lasciando che un singhiozzo le scappasse. Era più forte di lei.
Quella era la frase più bella che avesse mai sentito -e ora, anche letto-. Era una frase che non avrebbe mai dimenticato. Era la frase. Ormai era tatuata nella sua mente e, cosa ben più importante, nel suo cuore, e mai e poi mai si sarebbe sbiadita. Nessuno l'avrebbe mai cancellata, neanche lo stesso Justin. 
Era la sua frase.
Non credeva che Justin facesse sul serio e che fosse capace di ciò. Non credeva che potesse davvero starle accanto. Sapeva che era sempre sincero e che quel che diceva faceva, ma ci credeva fino a un certo punto, perché per il resto le sembrava ancora fottutamente impossibile. Probabilmente le sarebbe sembrato impossibile anche a distanza di anni. Non c'avrebbe creduto neanche se si fosse sposata con Justin e c'avesse fatto dei figli, perché Dio solo sapeva quanto diamine aveva sofferto, e quanto aveva desiderato qualcosa di simile. Dio solo sapeva per quanto tempo aveva desiderato essere qualcosa, qualcuno per Justin. E non che fosse convinta di essere importante per lui, ma riceveva comunque sue attenzioni e ciò la riempiva più di qualsiasi altra cosa. 
Justin era la sua anima.
Le lacrime continuavano a scorrere veloci sulle sue guance, rendendole lucide e ancora più lisce. I suoi occhi colmi di qualsiasi cosa ormai si posarono su ciò che il pacco ancora conteneva: un indumento.
Si alzò dalla sedia, con le gambe che le tremavano come foglie e la minacciavano di farla cadere, e si avvicinò un po' di più al tavolo per capire di cosa si trattasse.
Prese tra le mani l'indumento e lo spiegò osservandolo, notando quale bella felpa grigia stesse stringendo tra le mani. 
Era un gesto bellissimo, ma non capiva. Justin le aveva comprato una felpa?
La sua domanda venne automaticamente scacciata da un profumo che riconobbe subito. Quella felpa era da uomo e sapeva di Justin. Ne era certa, perché quello era lo stesso profumo che Justin aveva all'incontro nello Staples Center. Non credeva che sarebbe riuscita a ricordarlo, è difficile ricordare un profumo, ma quello di Justin lo riconobbe all'istante. E probabilmente, da quel momento in poi, non lo avrebbe mai dimenticato.
Non aveva ancora smesso di piangere. Le lacrime avevano continuato a rigarle il viso, specialmente quando Alex aveva avuto la brillante idea di stringere a sé la felpa, immaginando che fosse Justin e chiedendosi quante volte l'avesse indossata, e perché le avesse dato proprio quella.
Mila sfoggiava un sorriso intenerito, era emozionata tanto quanto sua figlia. Era ciò che Alex meritava di ricevere, era la felicità che per anni non aveva provato. Ora era sua, apparteneva solo a lei, ed era giusto che continuasse a provarla ancora e ancora. Ma era sicura che, con Justin al suo fianco, Alex sarebbe stata felice per tanto tempo ancora. Justin non l'avrebbe delusa, mai. Non ne era capace. Si stava rendendo così disponibile, era così dolce, che ora non era possibile ricevere una delusione da parte sua.
Alex, tra tutte quelle lacrime, trovò la forza di sorridere, mentre quel profumo le inebriava l'anima.
Aveva con sé qualcosa di Justin, che gli era appertenuto per non sapeva quanto tempo, ma era una cosa sua e che aveva dato a lei, senza volere niente in cambio, se non il suo affetto, forse.
Alex credette che mai come in quel momento aveva sentito di amare Justin. Non in quel modo, almeno. Adesso sentiva fortemente che il suo amore aveva oltrepassato l'infinito già da un bel po'. Mai nessun altro l'avrebbe fatta sentire in quel modo; mai nessun altro avrebbe avuto il suo cuore; mai nessun altro sarebbe stato capace di darle quel che Justin le dava; mai nessun altro le sarebbe entrato dentro in quel modo. Mai, mai nessuno oltre Justin. Lui era l'unico, e anche ora ne aveva la conferma.
Le sue lacrime sulle sue guance le dicevano che era tutto vero, non era un sogno, e che l'indomani si sarebbe svegliata con la consapevolezza che non era sola, e la felpa sarebbe stata ancora lì davanti ai suoi occhi, mentre quella frase che Justin le aveva dedicato avrebbe continuato a esplorarle l'anima.
Era tutto così bello, e in quel momento più che mai desiderò di avere Justin davanti a sé per guardarlo, per vivere di lui, per sfiorare la sua pelle, per sprofondare nel suo sguardo, per sentire il suo respiro, per dirgli che il suo amore era immenso e andava contro ogni singola cosa.

“Amore mio. 
Ti ringrazio. 
Mi regali tanta felicità come se fossi nato per fare questo. 
Non so se un giorno sarò in grado di ringraziarti come meriti, ma comincio col dedicarti la mia intera esistenza.”



CIAO RAGAZZE :)
SPERO CHE IL CAPITOLO VI SIA PIACIUTO. NON C'HO MESSO NULLA DI CHE PERCHE' AL MOMENTO NON HO TANTE IDEE MA VOGLIO CHE LA STORIA RIMANGA ATTIVA.
PROMETTO CHE DARO' UNA SVOLTA.
INTANTO VI SAREI ETERNAMENTE GRATA SE LASCIASTE UNA RECENSIONE.
SE LA MIA STORIA VI PIACE POTREBBE USCIRNE QUALCOSA DI BUONO. A BUON INTENDITOR POCHE PAROLE.
BACIO!
  
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