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Autore: annies    29/08/2013    2 recensioni
La sua vita era così: fatta di birra, venerdì sera in discoteca con i soliti idioti e tante ma tante sigarette. Niente di allucinante insomma, la solita vita da diciannovenne standard; c'era una cosa però, che quasi ogni notte gli si insinuava nel cervello e non gli permetteva di dormire benissimo.
«Ma porca troia, ti vuoi rendere conto che l'ho sognata di nuovo?» il riccio si lasciò cadere sul divano, distrutto e stanchissimo.
~
E se il sogno diventasse realtà?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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I came in like a
wrecking ball

 
Anne Cox non avrebbe mai perso quello sguardo furbo che aveva sin da quando era giovane. Des lo sapeva benissimo, che quando aveva su quell'espressione non ci si poteva aspettare niente di buono; dopotutto era stato proprio lui il fesso che si era innamorato perdutamente di lei tanto da sposarla dopo qualche mese. E anche in quel momento, in cui sentiva di odiarla ma di amarla allo stesso tempo, riusciva a distinguere il lampo di furbizia che le aveva passato l'iride. 
«Sono a casa mia, non c'è niente che non va.» disse la bruna, camminando nervosamente in mezzo alla stanza di Harry e guardando con un'espressione disgustata la roba che con il tempo si era accumulata negli angoli più impensabili. 
«Cosa hai intenzione di fare? Hai avuto uno dei tuoi soliti attacchi di pazzia?» disse l'uomo, lasciando la maniglia della porta - che avrebbe spaccato volentieri - e avvicinandosi ad Harry, che nel frattempo guardava la scena con sguardo assente, come se non stesse capendo assolutamente nulla. Harry non vedeva sua madre da quando era davvero molto piccolo, e probabilmente quello non era proprio un momento facile per lui. Lo vide stringere i pugni lungo i fianchi e pensò ancora una volta a quanto gli assomigliasse. 
«Fino a prova contraria questa casa è anche mia da quando l'abbiamo comprata. Non ho il diritto di tornare quando mi pare e piace?» domandò Anne con presunzione, come se ci fosse stata sempre, come se niente fosse cambiato.
«Era casa tua fino a quando non hai deciso di abbandonare me e i tuoi figli.» rispose, piatto.
«Non ho mai abbandonato i miei figli.»
«Dov'è allora Matilde? E perché io non ricordavo neanche la tua faccia, mamma?» Harry era leggermente pallido, la mascella contratta e  con addosso tanta voglia di spaccare il mondo. Si era ripromesso che non avrebbe mai tentato di contattare sua madre né di avere qualcosa a che fare con lei, aveva fatto troppo male a un sacco di persone, Noel compresa, anche se indirettamente, e adesso cosa faceva lei? Ritornava nella loro casa pretendendo rispetto.
«Non mi pare che sia stata io ad auto cacciarmi da casa mia...» sbottò Anne, cominciando a prendere le magliette di Harry e a piegarle una ad una sul letto, fingendo di avere cura di suo figlio.
«Hai rovinato due famiglie, mamma, non so come tu abbia avuto il coraggio di presentarti, oggi» cominciò il riccio «ti rendi conto che sei una delusione vivente?».
Non ragionava più. Gli pizzicavano gli occhi e aveva un gran desiderio di piangere, di prendere a pugni qualcosa o di sfondarsi di birra con Niall in uno dei pub infrattati di Manchester. Aveva voglia di abbracciare Noel e di dormire con lei, di sentirla respirare e di farsi toccare i capelli come solo lei sapeva fare. Non voleva stare lì, non voleva avere né sua madre né suo padre davanti e soprattutto voleva sparire dalla sua camera. 
Si tastò le tasche in cerca del pacchetto ammaccatto di sigarette e ne estrasse una Lucky Strike, davanti agli occhi di entrambi i genitori. Non gli importava più di tanto di ciò che potesse pensare Anne. 

«Des! Quando gli hai permesso di fumare in casa?» sbraitò la donna, gesticolando vorticosamente contro l'ex marito, esasperato dal tono prepotente di Anne. 
«Da quando ha preso a fumare come una ciminiera...» sussurrò, già stanco di discutere con quella donna.
«E da quando ha preso a fumare come una ciminiera?» 
«Ti prego, mamma, smettila! Non mi hai visto crescere, non c'eri quando avevo l'apparecchio, non c'eri quando mi sono rotto il braccio in secondo superiore e non c'eri quando ho iniziato a fumare come una ciminiera. Non ti riguarda più, la mia vita, vuoi capirlo o no?!» Harry aveva dato sfogo alla sua rabbia e aveva cominciato ad urlare come da un sacco di tempo non faceva. Più o meno da quando aveva spaccato il naso di quel giocatore di football - gli pareva si chiamasse Nick, o qualcosa del genere - che aveva tentato di fare discussioni con Niall.
«Harold, come puoi parlarmi in questo modo?» domandò stupita Anne, dopo esser stata un paio di secondi in silenzio.
Tutto si poteva dire di lei, ma l'aggettivo "intelligente" non rientrava nell'elenco delle sue qualità. Era una donna davvero bella, brillante a tratti e forse anche simpatica, ma era frivola come poche e con un quoziente intellettivo davvero molto basso.

«Posso parlarti in questo modo perché se la mia vita è una merda è anche grazie a te, mamma. Mi hai lasciato a vivere con un padre che non mi parla. Mi ritiro da scuola stanco e devo lavare i piatti, perché papà non alza il culo da quel divano del cazzo. Passo la mia vita a cercare di non morire di fame, e questo solo ed esclusivamente per colpa tua e di una tua stupidaggine. Grazie.» Harry ancora urlava, preso dalla rabbia, e in quel momento non c'era più niente. C'era soltanto lui a urlare contro il suo passato devastato, contro un presente che era buono per prenderlo e buttarlo nella spazzatura e contro tutto quello che la vita gli aveva riservato. 
Harry non era un depresso, dopotutto non poteva dire che la sua vita, fuori da quella maledetta casa, fosse brutta. Harry aveva Noel, e bisognava credergli quando diceva che ormai questa lo rendeva felice. 
Sbuffò una nuvola di fumo davanti a sé e sospirò: fino a qualche ora prima si sarebbe potuto dire un ragazzo felice, senza particolari pensieri per la testa - a parte i soliti impicci con suo padre - e adesso tutto, come al solito, si era ribaltato. La felicità era momentanea, l'aveva letto dappertutto, pareva essere una delle frasi più condivise su Facebook e una delle poche - forse - vere.

«Harry, forse è meglio che tu vada. Ho bisogno di parlare con tua madre» disse Des, rompendo il silenzio «da soli, se è possibile».
Le parole di suo padre lo costrinsero ad indietreggiare di un paio di passi: stava difendendo Anne? La stessa donna che l'aveva tradito e umiliato? Harry non credeva ai suoi occhi. Spense la sigaretta che nel frattempo aveva fumato avidamente, sul legno consumato del comodino lì vicino e si avvicinò verso suo padre.

«Non voglio avere lei in casa. Non voglio più vederla, papà, ti è chiaro?» Harry parlava come un cinquantenne intrappolato in un corpo di un diciannovenne un po' stanco e apatico, e Des non faceva che incupirsi di più, a vederlo in quello stato.
«Vai.» disse soltanto, facendogli un cenno con la mano verso la porta e guardandosi la punta consumata delle sue scarpe di cuoio. 

Tutto si era fatto confuso. Anzi, tutto era confuso, ma ad Harry ormai non importava più. Appena era uscito da casa aveva cominciato a correre per tutta Manchester, senza curarsi delle persone che urtava, senza chiedere scusa ai bambini a cui pesatava i piedi e senza degnare di uno sguardo le macchine che avrebbero potuto investirlo da un momento all'altro; voleva raggiungere il suo posto segreto in pochi minuti, solo lì avrebbe potuto chiamare Noel senza essere ascoltato da nessuno. Non era pronto per andare da lei, baciarla e farsi ascoltare, probabilmente si sarebbe lasciato andare e avrebbe pianto come un bambino e Harry non poteva permetterlo. Non davanti alla ragazza di cui era innamorato. Aveva pur sempre una dignità.
Riconobbe immediatamente le frasche non potate - quel posto era più simile ad una jungla che ad un giardino pubblico - e si addentrò nel suo "giardino" personale nella periferia della città, estrasse un'ennesima sigaretta dal pacchetto e si sedette sull'erba, accendendola e tirando fuori dalla tasca - prima di sedercisi sopra - il cellulare per chiamare Noel. 

«Harry?» rispose quasi subito, e gli parse quasi di stare immediatamente meglio.
«Ciao...» riuscì a mormorare, con la voce di almeno un ottava più bassa del solito. 
«Hai deciso di provare a fare il tenore? Che è sta voce?» chiese sarcastica, ed Harry quasi la immaginava sdraiata sul letto o davanti al libro di letteratura, con uno chignon malmesso e gli occhiali da vista - erano il suo segreto più grande - sul naso.
«Diciamo che non sto bene, fiorellino» cominciò «sono dovuto scappare da casa mia.»
«Harry, ma sei ubriaco?» domandò Noel, trattenendo una risata. Le faceva ridere quel tono di voce così basso e il modo di parlare che Harry aveva assunto. 
«No, è tornata mia madre.»
Si zittirono entrambi, nessuno dei due riusciva più a dire qualcosa. Noel non sapeva se essere contenta per Harry, indignata o assolutamente indifferente. Quella donna aveva rovinato anche la sua di famiglia, e non avrebbe voluto vederla per nessuna ragione al mondo, non l'avrebbe mai vista di buon occhio, neanche dopo delle eventuali rassicurazioni di Harry - al quale al momento voleva un gran bene.

«Come sarebbe a dire? Stai scherzando?» chiese, quasi ridendo.
«No, purtroppo non sto scherzando.» ed era la verità. Purtroppo Harry non stava scherzando, purtroppo ora avrebbe dovuto combattere con i sentimenti contrastanti che la presenza di sua madre scaturiva. Non gli piaceva sua madre, più che altro perché lo aveva deluso nel profondo ma era pur sempre sua madre, ed Harry aveva sempre sentito la sua mancanza, in fin dei conti.
«E tuo padre non l'ha ancora cacciata?» Noel aveva riso, Harry l'aveva sentita sbuffare sommessamente, quasi con cattiveria. Sapeva benissimo perché stava reagendo in questo modo, sapeva che se avesse potuto, avrebbe volentieri staccato i capelli di sua madre uno ad uno ma questo non era un buon motivo per non confessarle i suoi sentimenti,
«Noel, per favore.» disse, serio.
«Sai che tua madre non mi sta proprio simpatica, Harry» rispose la bionda, guardandosi le unghie smangiucchiate e rovinate da uno dei suoi smalti random. Come Harry aveva previsto, si trovava a casa sua, davanti al libro di letteratura - doveva anche fare i compiti aggiuntivi assegnati da Louis - e la sua giornata non avrebbe potuto andare peggio.
«E questo vuol dire che non mi vuoi neanche ascoltare?» domandò, indignato.
«Ma che dici?!» Noel neanche si rendeva conto dell'aiuto che stava negando ad Harry, una delle persone che più contavano nella sua vita, implicitamente.
«Appena ho detto il nome di mia madre, ti sei alterata e non mi hai fatto più parlare» si sistemò meglio per terra ed estrasse le decima (o undicesima?) sigaretta dalla tesca, portandosela alle labbra e accendendola dopo pochi secondi. Aveva i nervi a fior di pelle.
«Sai che puoi sfogarti con me, Harry, lo sai benissimo.» Noel con una mano a sostegno della sua testa, si passò l'altra sulla fronte, trattenendo un sospiro.
«Non me lo stai dimostrando.» disse piatto, emettendo un'ennesima nuvola di fumo davanti a sé.
«Scusa» si arrese la bionda, prendendo a torturarsi una ciocca di capelli ormai rovinati dal colore.
Non le piaceva quando Harry faceva così, ma in fondo sapeva che si trovava in una brutta situazione, col cuore tormentato e la testa piena di pensieri, se non lo aiutava lei, chi avrebbe dovuto farlo?

«Fa nulla, fiorellino, scusami tu.» rispose il riccio, chiudendo gli occhi e assaporando gli ultimi tiri della sua Lucky Strike, una delle poche cose in grado di distendergli i nervi «Com'è andata la tua giornata?»
«Quell'idiota del mio tutor mi ha dato dei compiti in più tipo una settimana fa, e ho inziato a farli solo adesso, ti giuro sono un sacco e la mia testa esplode!» esclamò Noel, mettendo su una faccia scoraggiata e pensando a quanto volesse Harry in quel momento.
«Scema» scherzò Harry, sorridendo flebilmente. Avrebbero parlato di sua madre quando entrambi sarebbero stati più calmi.
«Vorrei vedere te, a leggere questi libri pallosi!» esclamò, ridendo.
Aveva una gran voglia di abbracciarlo e di vederlo, non stavano insieme da appena un giorno e già Noel fremeva dalla voglia di averlo accanto, anche se non gliel'avrebbe mai detto.

«Esistono i film, fiorellino!» disse questi, come se fosse la cosa più normale al mondo.
Noel rise,
«raccontaglielo tu a Mrs White, che ho visto il film e non ho letto il libro».
«Beh, io sono sicuramente più furbo di te» Harry spense il mozzicone non molto lontano da lui, sull'erba e si alzò, stiracchiandosi poi, una volta in piedi.
«Oh cazzo, c'è papà. Se mi vede parlare al telefono con te ti viene a cercare con un'ascia in mano, meglio sentirci dopo, okay?» disse Noel, trattenendo per l'ennesima volta una risata.
«Ciao, fiorellino, ti...» cominciò «voglio tanto bene».
Non poteva dirglielo al telefono, sarebbe stato abbastanza squallido.

«Anch'io Harry, anch'io.»
 

Buongiorno a tutte :) scusate il tremendo ritardo ma sono stata in vacanza, a Berlino, e sebbene io abbia scritto qualcosa, non ho avuto la voglia - e l'ispirazione - per postare un nuovo capitolo di questa storia. Beh, spero che Anne non vi risulti troppo ... come dire.. neanche io me l'immagino così (io l'adoro), ma capitemi .. è necessario. 
Ci aggiorniamo con il prossimo capitolo, che dovrei postare entro la settimana prossima, compiti delle vacanze permettendo.
Un bacio,
Ari
ps. non trovo gif decenti di Miley, tumblr è invaso da quelle dei VMAs, perdono.

 
 
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