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Autore: lumieredujour    30/08/2013    0 recensioni
E se Sirius fosse innamorato quando fu messo in carcere? E se questo amore lo avesse aspettato per dodici anni? Ecco come ho immaginato il loro incontro. Ma sappiamo tutti cos'è successo a Sirius. E se Harry non fosse stato l'unico ad aver perso una parte di sè appena ritrovata?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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BITTER COLD

 
Buio. Disperazione. Terrore.
Era quasi estate e allora perché stavo tremando? Aprii gli occhi e quello che vidi mi sorprese: quel soffitto mi era familiare. Cos’era successo? Perché ero in camera di Sirius e lui non c’era? Com’ero arrivata in camera sua?
Mi toccai la fronte e feci una smorfia di dolore causata dal mal di testa più brutto che abbia mai colpito un essere vivente. Mi sentivo come se avessi aperto una galleria in una montagna col solo ausilio della mia testa. Spostai le lenzuola e misi i piedi a terra. Freddo. Istintivamente gridai appena, un grido che in tutto quel silenzio riecheggiò per la casa.
Presi la bacchetta da sotto il cuscino e la puntai verso la porta di cui, nella penombra causata dalle spesse tende alla finestra, vedevo solo i contorni, come se fosse rimasto solo quello della realtà. Un contorno. E tutto quello che riempiva quella porta fosse svanito, come se non fosse mai esistito. Questo pensiero si fece pensante, si posò sul mio stomaco e mi fece tremare la mano. Forse avrei dovuto rischiarare tutto, anche la mia mente, con un bel Lumos, ma avevo paura di quello che avrei potuto vedere alla luce. Almeno il buio mi teneva lontana, in una specie di limbo temporaneo tra vita e sogno. Chiusi gli occhi e mi sforzai di respirare profondamente. Stavo prendendo coraggio o perdendo tempo? Forse entrambi.
- Homenum revelio. – dissi e la mia voce tremò un poco.
Non successe nulla e il freddo che avevo sentito appoggiando i piedi sul pavimento era nulla in confronto a quello che stavo sentendo ora dentro di me. Era successo qualcosa, perfino quelle strane emozioni che avevano attanagliato la mia anima nel cuore della notte me lo avevano detto ancora prima che mi svegliassi. Decisi di scendere dal letto e uscire da quella stanza, dalla stanza del mio Sirius. Che non era a casa.
Con i piedi scalzi e la camicia da notte addosso scesi le scale e l’unico rumore che sentii furono i borbottii del quadro coperto, del quadro della signora Black.
Il salotto era proprio come lo avevo lasciato ieri sera (ma quando l’avevo lasciato?), ma il camino era spento.
“L’unica cosa che rimane del fuoco è la cenere.”
Questa frase mi saltò in mente mentre con fare distaccato guardavo il fondo del camino, dove la cenere era rimasta. Era fredda anch’essa. Cercai di farmi forza, cercai di non trarre subito conclusioni e, con la voce più fredda e distaccata che riuscii a produrre, chiamai ad alta voce il mio elfo domestico.
-Al! Al dovunque tu sia, vieni immediatamente qui!- gridai.
Un angolino della mia coscienza rimase scioccata dal mio tono rabbioso, ma scrollai le spalle in modo indifferente e feci scivolare nel buio quel pensiero. Con un sonoro *pop* Al si Materializzò davanti a me e mi fece un inchino.
-Al, vai a cercare Sirius.- vidi il suo sguardo titubante – Ora.-
Era partito prima ancora che finissi di parlare.
Non so cosa successe per tutto il giorno nel resto del mondo, perché avevo troppa paura. Tra le mura di quella casa potevo far finta che niente fosse cambiato, che Sirius fosse uscito a cavalcare Fierobecco e che il mondo magico fosse lo stesso. Tra quelle quattro mura ero in uno stato di trance.
Al tornò solo in serata, ma con lui non c’era Sirius. Si presentò davanti a me un uomo alto con il naso lungo e degli occhiali a mezzaluna. L’unico uomo che avevo paura di vedere, perché vedere lui significava accettare la sensazione di freddo che ormai aveva ghiacciato il mio cuore.
-Aspasia io…- mi guardò con fare stravolto e fui tra le sue braccia a piangere prima ancora che riuscisse a trovare il modo di dirmelo.
Sirius era morto. Non era ad Azkaban, non era in qualche paese lontano, era morto. E io non l’avrei rivisto più. Stavo per perdere i sensi, o forse vomitare.
Silente mi mise un braccio attorno la testa con fare protettivo e mi disse, in tono triste:
-Aspasia respira. Ricordati che devi respirare-
Nascosi il mio viso tra il suo mantello e continuai a piangere per quelle che mi sembrarono ore. In modo distaccato una parte di me si chiedeva da dove venissero tutte quelle lacrime, visto che in tanti anni pensavo di averle consumate quasi tutte.
Alzai la testa per incontrare quegli schietti occhi azzurri e chiesi:
-Come?-
-E’ passato attraverso L’Arco dei Morti. Non ha sofferto-
Ora non riuscivo più a chiudere gli occhi, perché le lacrime erano sparite. Tutto era sparito, perché lui non c’era più. La consapevolezza di ciò mi diede il colpo di grazia mentre mi accasciavo al suolo in preda ai singhiozzi. Ma non piangevo semplicemente perché piangere era troppo poco. Se avessi pianto sangue, allora sì avrei provato a piangere, ma le semplici lacrime non bastavano per lui.
-So che stai soffrendo e so che dirti che è in un luogo migliore non ti aiuterà a prendere bene questa perdita, ma prima che tu cada in un eterno dolore devo dirti che non sei sola. Non sei l’unica che ha perso la sua figura di riferimento.-
Lo fissai e, con una voce che non riconoscevo nemmeno, dissi:
-Il ragazzo. Voglio vedere il ragazzo.-
Mi aggrappai alla veste di Silente, mentre tutto il mondo spariva e la pressione si faceva sempre più forte, ma non chiusi gli occhi. Arrivammo nello studio di Silente subito, io ancora piegata a terra e lui che cercava di alzarmi come un padre amorevole. Mi girai con gli occhi sbarrati verso tutte le persone che prima non avevo notato: Lupin che piangeva in silenzio, i Weasley che si abbracciavano l’uno l’altro, perfino Malocchio Moody aveva chinato il capo sul suo bastone, con le spalle che sussultavano al ritmo dei suoi singhiozzi silenziosi. E nell’ombra vidi il volto di Harry, che esprimeva esattamente come mi sentii io.
Persa. Sola. Vuota. Fredda.
Mi avvicinai a lui, che alzò i suoi occhi verdi. Mi vedeva, ma non mi guardava, non riusciva a mettermi a fuoco, come se nel fondo dei miei occhi ci fosse qualcosa da vedere. Lo abbracciai e, quando con sorpresa notai che aveva iniziato a singhiozzare anche lui, lo abbracciai ancora più forte e mi permisi di chiudere gli occhi.
Nero dentro, come nero non era mai stato. Sentii un grido agghiacciante, di puro terrore ed aprendo gli occhi notai che ero stata io a emetterlo. Mi aggrappai ad Harry ed insieme ci mettemmo a piangere e ci guardammo negli occhi senza vederci, come a voler vedere fin dove arrivava il profondo pozzo della disperazione all’interno dei nostri occhi.
Rimanemmo così, accasciati uno nelle braccia dell’altra per quelli che mi sembrarono mesi, mesi interi a fissare la pura disperazione del quindicenne che avevo tra le braccia. Quella disperazione che sentivo anch’io dentro di me.
Ci salvammo così, io ed Harry. Io consumai la sua disperazione e lui la mia, finché non ci alzammo e voltammo verso Silente. Se n’erano andati tutti, perfino la notte se n’era andata e la luce del mattino entrava dalle finestre. Io, che avevo voluto il buio per poter rimanere nell’ombra, cercavo ora un raggio di sole pronto a riscaldarmi. Silente ci sorrise, triste e disse:
-Pensavo, e a quanto pare non avevo torto, che vi sarebbe servito incontrarvi. Entrambi avete perso ciò che vi stava più a cuore e solo voi potevate comprendervi. Come vi sentite?-
Mi voltai verso Harry e vidi che ancora non riusciva a parlarne, che non sapeva nemmeno come esprimere come si sentiva. Ero io la persona adulta, fra noi, perciò risposi:
-Male. Così male che la parola “male” non basta. Ci vorrà tempo per- esitai con le lacrime agli occhi – elaborare il lutto. Credo.- annuii e cercai di non piangere.
La mia voce graffiò le mie orecchie come carta vetrata e mi resi conto che dovevo essere forte.  Non per me, ma per Harry, che lo aveva amato almeno quanto me. E non solo. Mi voltai verso il ragazzo e gli sussurai all’orecchio un “ce la faremo” molto poco convincente, prima di vederlo congedarsi.
Silente, dopo aver salutato Harry, si voltò verso di me.
-Cosa vuoi fare ora, Aspasia?-
-Vorrei che tu mi facessi dimenticare tutto. Sirius, il dolore, il freddo, la perdita. Tutto. Vorrei dimenticare anche il mio nome. Ti prego, Albus, fammi dimenticare- le ultime parole furono quasi un sussurro.
-Aspasia, lui non avrebbe mai voluto che tu dimenticassi. Lui non se n’è andato completamente. Lui è dentro di te – sobbalzai e il freddo che avevo allo stomaco si fece pungente.
- Tu. Tu, come l’hai capito?- ero spaventata e mi portai istintivamente le mani in grembo.
Silente spalancò gli occhi, colpito dalla consapevolezza del peso delle sue parole. Della verità che aveva inconsciamente detto attraverso le proprie parole.
-Lui lo sapeva?- mi chiese ed io negai.
-Non ero nemmeno sicura di esserlo.- dissi, come scusandomi.
-Non puoi dimenticare, Aspasia. Sii forte, cerca di esserlo per Harry. Per lui- e mi indicò la pancia.
-Harry- dissi tremando – voglio che Harry venga a vivere con me. Io non voglio rimanere sola in quel posto, non riuscirei a sopportarlo. Non- conclusi farfugliando parole senza senso.
-Non posso Aspasia. Harry è minorenne e deve vivere con gli zii. Capiscimi- Silente pronunciò l’ultima parola soffrendo, come se fosse colpa sua.
- Come farò?- mi piegai sotto il peso delle consapevolezze che, man a mano che la mia mente si schiariva, mi si presentavano davanti.
Sirius non c’era più. Ero sola. Sola ed incinta. E lui non l’avrebbe mai saputo.
Perché non gliel’avevo detto subito? Magari non avrebbe rischiato tutto per starmi accanto. Magari ora sarei chissà dove con lui.
-Io ti consiglio di non ritornare a Grimmauld Place per un po’. Potresti andare alla Tana dai Weasley o a casa di Lupin o potresti rimanere con Tonks. O – titubò prima di dire la decisione che presi.
 
***
Harry dopo un sonno disturbato e terrificante si svegliò, si mise gli occhiali e notò, affianco alla sua bacchetta, una lettera con su scritto solo il suo nome. L’aprì con il cuore in gola e la lesse lentamente:
Caro Harry,
so già che appena aprirai questa lettera, io non ci sarò più. Ho deciso di partire, andarmene da questo paese che mi porta alla memoria ricordi troppo dolorosi. So che mi chiamerai codarda, o che mi colpevolizzerai per essermene andata, per averti lasciato solo. Se avessi potuto, ti avrei portato con me molto volentieri, ma sei ancora minorenne e io non sono niente per te, se non una donna che condivide il tuo senso di perdita e il tuo dolore. Da quando ho appreso di Sirius (mi fa male anche scrivere il suo nome), ho iniziato a sentire freddo. Un freddo cupo e denso, che mi fa tremare l’anima e che, ne sono sicura, mi porterà alla pazzia o peggio, all’autodistruzione. Perciò ti dico che sto cercando il caldo, sto cercando un luogo che non mi ricordi lui. Ma io avrò sempre con me una parte di lui e avrei preferito dirtelo a voce. Io aspetto un bimbo da Sirius. Harry, voglio far nascere questo bambino nel calore e nella tranquillità più assoluta, lontano da tutti quei pensieri che influenzerebbero male la mia gravidanza. C’è speranza, figliolo. Non siamo completamente soli.
Questo non è un addio, ma solo un arrivederci. Appena nascerà, sarai il primo a vederlo, te lo prometto. Ma fino ad allora, spero che molte cose siano cambiate e che le  tenebre del lutto si siano dissipate dal tuo cuore.
con affetto infinito,
Aspasia
 
P.S. se avessi bisogno di conforto o se semplicemente volessi esprimere i tuoi sentimenti a chi ti può capire, non esitare a scrivermi e mandare la lettera al Professor Silente. Lui farà da intermediario fra me e te, così che le emozioni dell’una non influenzino quelle dell’altro. Sei il Prescelto Harry e so che farai grandi cose. Sirius era e sarà fiero di te.”


In quella tiepida mattina di primavera Harry Potter lesse questa lettera macchiata qua e la dalle lacrime asciutte di chi l’aveva scritta e dalle lacrime fresche che cadevano dai suoi occhi verdi, la strinse al petto e iniziò a sentire di nuovo un tiepido, flebile calore all’altezza del petto.


**
Non pensavo sarei riuscita a completare questa storia senza portarmi al suicidio. Ma perchè mi vengono in mentre smepre e e solo storie tristi dico io? ammetto di essermi commossa un paio di volte. come avrete notato, la fine non è una fine completa, ho preferito lasciare un spiraglio affinchè siate voi a scegliere il finale giusto. Aspasia tornerà o no? Sta a voi decidere. Vi prego, non prendetela per una codarda, a volte solo la fuga ci può aiutare a voltare pagina. vi voglio bene
em

 
  
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