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Autore: Road_sama    30/08/2013    2 recensioni
[Fanfic sospesa fino a che non mi tornerà l'ispirazione giusta. Chiedo scusa a tutti i lettori che aspettano un aggiornamento da un bel po' di mesi, ma ho troppe cose per la testa in questo periodo. Spero di riprendere in mano la fic presto.]
Questa è la prima long fic in questo fandom quindi fatemi sapere cosa mettere a posto!
I Perfect Maker sono una piccola band europea, arrivata in California da poco per fare una serie di concerti. Non sanno ancora cosa vuol dire essere delle star e non sanno nemmeno cosa possono diventare i Paparazzi per loro. Sarà proprio questa piccola avventura ad insegnarglielo e a cambiarli per sempre.
Buona Lettura!
/UsUk//GerIta//Spamano//Franada//PruHun//accenni AusHun/InghilterraxIrlanda/
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Buona sera/giorno/pomeriggio a tutti! :D Sono tornata con il tanto richiesto (?) nuovo capitolo di Paparazzi. Questa volta, visto le rivelazioni shock degli altri capitoli ho deciso di darvi un po’ di tregua con qualcosa di relativamente più tranquillo come il triangolo GilbertxElizabetaxRoderich. 
Per le altre, tanto attese, coppie dovrete aspettare i prossimi capitoli :3
Buona Letturaaaa! :D

 
 
PROGETTI




Nel pulmino erano ormai in pochi e tutti molto assonnati. Perfino Francis guidava a stento. Alfred e Arthur dormivano già da molto l’uno sulla spalla dell’altro, l’altro con la testa appoggiata al finestrino.
-Ehy Francis ti fermi qua in giro? Tra un po’ c’è casa mia..- sbadigliò il Gilbert.
Il francese annuì e fermò il mezzo in un parcheggio ai lati della strada. Il tedesco recuperò le sue cose e fece per uscire, ma appena sceso si bloccò a guardare all’interno. Guardò Eliza ghignando.
-Arpia vieni con me o resti con questi qui?- domandò provocante.
L’ungherese sbuffò e sbatté il piede a terra per un po’ indecisa, poi spostò malamente Gilbert e scese dal pulmino.
-Matt ci vediamo domani mattina.-
-Ti ricordi che domani sera abbiamo un concerto, vero?-
-Si, si non farò così tardi.- chiuse la porta scorrevole in metallo e seguì l’albino verso casa.
I due presero a camminare, barcollando un po’, per il marciapiede di cemento grigio chiaro. I negozi erano tutti chiusi, ma uno in particolare attirò l’attenzione di Gilbert. Aveva delle fastidiosissime luci al neon blu appena all’interno della vetrata ed era ricoperto di annunci. Era una di quelle case immobiliari che trovi dappertutto e spuntano fuori quando meno te l’aspetti. C’era un annuncio, scritto in caratteri cubitali, seguito dalla foto di una casa semi diroccata. C’era scritto “Vendesi antico ristorante sulla cima di Telegraph Hill a pochi chilometri di distanza dalla Coit Tower. Per ulteriori informazioni contattate il numero sotto riportato.”
Quella era un’occasione irripetibile! Gli occhi di Gilbert si illuminarono, mentre pensava ad eventuali modifiche a quel posto. Già si immaginava la sua fama, i soldi, lavorare di nuovo con Matthias e non dover sottostare ad un capo…
-C’è qualcuno da te?- chiese all’improvviso la ragazza interrompendo i pensieri dell’altro.
-No.- disse semplicemente l’albino domandandosi il perché di quella domanda anche se sapeva già bene la risposta. I pensieri di prima erano già stati sostituiti da altri.
 Appena arrivarono, Gilbert estrasse le chiavi di casa con gesti molto lenti. Stava per infilare la chiave nella toppa quando Eliza gli ancorò le mani al muro.
-Non mi avrai portato qui solo per “dormire”- sibilò con un filo di malizia.
L’albino ghignò.
-Speravo dicessi così, Süße (dolcezza)- il ragazzo invertì con uno scatto improvviso le posizioni e si avventò avidamente sulle labbra dell’ungherese. Elizabeta si lasciò scappare qualche gemito quando Gilbert mosse le mani verso la sua maglietta.
-Non qui, idiota..- sussurrò tra un bacio e l’altro. Il tedesco sbuffò, poi le prese una mano e la condusse dentro all’edificio. Non fecero nemmeno in tempo a salire cinque scalini che già erano appiccicati al muro intenti a continuare quello che avevano interrotto poco prima. Tra un bacio e l’altro si muovevano di qualche altro passo, senza però perdersi l’uno un sospiro dell’altra. Il condominio era poco illuminato e sembrava vagamente un motel, se non fosse che i corridoi erano al chiuso e per quella squallida moquette verde vomito.
Dopo parecchi minuti arrivarono all’appartamento del tedesco. Gilbert cercò frettolosamente la chiave giusta mentre Elizabeta era intenta a sfibbiargli la cintura. Appena furono dentro ripresero a baciarsi con più foga. L’odore pungente di birra colpì immediatamente le narici della ragazza, ma non ci fece troppo caso perché quello sgradevole odore era mischiato in una miscela omogenea con quello di Gilbert: il profumo che aveva imparato ad amare.
Il ragazzo sfilò la maglietta all’ungherese e cercò di condurla nel buio fino alla sua camera. La stanza era riempita dai loro passi ovattati e incerti e dai loro sospiri. Era tutto perfetto, se non fosse che ad un tratto la luce si accese violentando gli occhi dei due amanti. Si staccarono e cercarono di riabituarsi alla luce.
Sentirono qualcuno schiarirsi la voce.
-Avevi detto che non c’era ne- la ragazza si bloccò coprendosi d’istinto il petto con le mani.
-Ah, Rod. Giusto me ne ero dimenticato kesesese..!- ridacchio il tedesco rimettendosi la cintura. La ragazza si riprese la maglietta che era stata scagliata per terra poco prima poi mollò un coppino a Gilbert.
-Maledetto! Ci fosse stato qualcun altro qui! Perché proprio lui?!- il tedesco rise nervosamente.
-Mi ero dimenticato di dirtelo, tutto qua..-
-Oh! Ma tranquillo è proprio una cosa che si può trascurare!-
Una seconda volta l’austriaco si schiarì la voce, ma questa volta era decisamente più indispettito.
-Se evitate di litigare proprio ora.- disse altezzoso zittendo gli altri due. Rivolse lo sguardo a Gilbert.
-Tu mi devi delle spiegazioni.-
Gilbert sorrise divertito, poi come se niente fosse, prese una birra dal frigo della cucina e si sedette molto poco elegantemente sul divanetto marroncino. Solo dopo aver bevuto qualche sorso di birra si decise a parlare.
-Che genere di spiegazioni?- chiese realmente sorpreso.
Roderich si sistemò convulsamente gli occhiali sul naso.
-Forse sul perché mi hai lasciato in questa topaia senza tornare per una notte, forse perché in frigo c’erano solo wurstel in scatola e lattine di birra o forse perché ti stai portando a letto la mia ragazza!-
Gilbert sollevò un dito e aprì la bocca per rispondere, ma Elizabeta lo anticipò.
-Io non sono più la tua ragazza, ricordi?- disse acidamente.
-Però tu mi ami ancora non è così?- Gilbert aprì di nuovo la bocca per parlare ma un’altra volta l’ungherese lo precedette.
-Lo credi veramente? E allora perché sarei andata a letto con lui?-
-Per farmi ingelosire…cioè cosa? Sei già andata a letto con lui?!-
-E allora?! Non stavate parlando di me un momento fa?- chiese Gilbert scocciato.
L’austriaco lo guardò truce poi rivolse di nuovo la sua attenzione ad Elizabeta.
-Allora?- disse avvicinandosi.
Il tedesco si mise davanti ai due.
-Si.- tagliò Gilbert. La ragazza teneva lo sguardo ancorato al pavimento senza dire nulla. La sua testa sfiorava la schiena di Gilbert.
Roderich strinse i denti e con uno scatto cercò di tirare un pugno all’albino che senza nemmeno scomporsi gli bloccò la mano. Elizabeta si decise ad alzare lo sguardo.
-Smettila Roderich.- sibilò –E’ inutile che te la prendi con lui. Io non ti amo più e devi fartene una ragione. Quello che abbiamo avuto anni fa non tornerà. Mai più.- disse infine scandendo le ultime parole. Il tedesco lasciò la mano dell’austriaco che scivolò lungo il fianco di quest’ultimo inanimata.
Si poteva vedere chiaramente la tristezza negli occhi scuri di Rod. Anche se Eliza lo aveva appena ferito nel cuore, quella stessa ferita si vedeva chiaramente, sul viso, nello sguardo, nel suo respiro e in tutto il suo corpo impercettibilmente tremante.
-Dai, insomma perché tutta questa tristezza? Non stavamo parlando dei wurstel? O della birra? Ecco volete una birra? Se volete facciamo una partita a poker, dovrei avere le carte da qualche parte.- disse riconciliante il tedesco.
Su i tre calò il silenzio. Roderich si abbandonò sul divano abbassando la testa e sorrise amaramente.
-Hai ragione, Elizabeta.- ammise alla fine.
La ragazza parve stupita e si avvicinò di un passo al ragazzo.
-E’ solo che quando te ne sei andata, i-io mi sono sentito vuoto. Non pensavo che si potesse provare una tale disperazione solo per “amore”. Ammetto di essere stato uno stupido a trattarti come ho fatto, ma non ho smesso mai un secondo di amarti.-
Questa volta fu Gilbert ha schiarirsi la voce.
Elizabeta lo fulminò con lo sguardo, poi si inginocchio davanti all’austriaco per incontrare il suo sguardo. Lo guardò dolce.
-Mi dispiace…ma è troppo tardi ora..- si rialzò e ritornò accanto a Gilbert che sorrise soddisfatto.
Roderich sospirò. In fondo, amare una persona significa fare tutto ciò che la rende felice. Se la felicità di Elizabeta era stare con Gilbert…beh, Roderich si sarebbe fatto da parte.
-Sono ancora disponibili quelle birre?-
-Ja!-
 
-E così Gilbert ti ha salvato la vita, eh?- Roderich rise di gusto.
Erano seduti tutti e tre al tavolino rotondo in cucina. Davanti ad ognuno, una lattina di birra.
-Che c’è io non posso salvare la vita alla gente?- disse quasi offeso il tedesco.
Eliza mollò una padellata a tutti e due.
-Io non sono stata salvata. Da nessuno. Me ne sarei accorta comunque.-
-Si, già morta te ne saresti accorta- borbottò Gilbert.
Una padellata extra gli colpì la testa.
-Ora cosa farai Roderich?- chiese l’ungherese cambiando discorso.
Arrivata a San Francisco era in un labirinto, persa e confusa, ma a quanto pareva Gilbert era stato la sua guida. Difficile pensare ad una guida come Gilbert, però non è tutto possibile?
Da quando Gilbert l’aveva baciata qualche giorno prima i suoi sentimenti per Roderich erano completamente spariti. Questo non voleva dire che non volesse più saperne dell’austriaco, solo era ancora interessata alla sua vita.
E in fin dei conti aveva una specie di debito con lui.
-Non ne ho la più pallida idea…però so che non potrò stare qui da Gilbert a lungo. Mi cercherò un posto dove suonare abitualmente la sera e magari un lavoro part time.- affermò sorseggiando la birra.
-Un posto ci sarebbe..- intervenne il tedesco quasi parlando tra se e se.
L’austriaco lo guardò interrogativo.
-Beh…come spiegare…quando sono venuto qui in America il mio obiettivo era aprire un bar per conto mio, poi però causa soldi e tempo, non ho più fatto nulla. Quello che voglio dire è che ora ho il luogo! E avrei anche personale, poi se vieni anche tu a fare qualche tua “strimpellata”…-
Il viso Roderich si illuminò per un’istante.
-E dove sarebbe questo posto? Hai clientela?- chiese nervosamente.
-Ehm…ecco, questo è il punto..- piantò uno sguardo supplichevole su Elizabeta.
-Non ho molti soldi per comprare il bar.-
L’austriaco sospirò.
-E io che ti ascolto anche…-
-Perché mi guardi così?!- chiese irritata e rossa in volto l’ungherese.
-Tecnicamente tu mi devi un favore, ti ho salvato la vita qualche giorno fa ricordi?- ghignò Gilbert.
-Vuoi soldi?!- disse sbalordita –Non se ne parla! Per fare un bar poi!-
-Kesesese non fare la tirchia! Lo so che sei sfondata di soldi! E poi…so anche che un tempo sei stata una barista- sorrise malizioso –dovresti capire certi bisogni impellenti…-
La ragazza gli depositò una terza padellata.
-Dov’è questo posto?- sussurrò appena.
-Vicino alla Coit Tower! Ti immagini?! Li potremo vedere tutta San Francisco! Ricordi la prima volta che ci siamo stati?- il suo tono si fece più dolce –Non era tutto bellissimo quella sera?-
Roderich bevve tutta la birra d’un sorso e senza farsi vedere ne rubò un’altra dal frigo.
-S-Si…certo…- balbettò la ragazza.
-Quindi??- chiese di nuovo il tedesco con un tono di voce  molto simile a quello dei bambini capricciosi.
-Quindi…ti darò un po’ di soldi, va bene. Ma sia chiaro, dopo questo abbiamo saldato tutti i conti.-
Gilbert si alzò in piedi vittorioso poi mollò una rumorosa pacca sulla spalla alla ragazza come se fosse un suo compagno d’armi.
-Affare fatto socia!-
La quarta padellata arrivò con un “Se lo fai di nuovo ti tiro addosso tutta la cucina!” 
  
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