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Autore: Caesar    05/03/2008    2 recensioni
Continuo dell'"Eredità di Sangue".
Dimmi, Tom Riddle, Oscuro Signore, tu hai mai provato…paura?
Sì.
Di cosa?
Di lui.
Lui chi?
[Non ci fu risposta]
Harry Potter?
No.
Allora chi?
Lui. Caesar.
Caesar chi?
Mio figlio. Caesar Alexander Riddle.
"Undici dopo la morte di Harry Potter e la sigillazione di Tom Riddle
il Marchio Nero torna a splendere
e tra amori, avventure e avversità, l'erede di Slytherin varca le soglie di Hogwarts".
Genere: Generale, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Voldemort
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Incompiuta
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Il Richiamo Del Sangue

Capitolo I:

- Dark Angel –

 

Ci fu un lampo.

Fugace schizzo di luce in quella notte buia e scura.

[Unico spiraglio di luce nell’oscurità]

Poi un fulmine.

Squarciò l’oscurità come un affilato pugnale.

E un altro lampo.

Sembrava una danza, a Caesar.

Ballerine d’oro in un palcoscenico nero come l’inchiostro.

[Così simili a uomini che si muovono nel volgare palcoscenico delle proprie meschine certezze]

E c’era musica. C’erano tuoni.

Rimbombi di pesanti martelli calati con forza sul ferro incandescente.

Era bello. Era Caos.

Nubi scure occupavano il cielo, simili ad ali di corvi tese ad oscurare il firmamento.

Appoggiato a un parapetti di marmo, sorretto da piccole colonne scure, Caesar osservava.

Rifletteva. Su cosa, poi, non l’avrebbe saputo dire neppure lui.

Forse sulla propria vita, forse sul proprio destino… forse sul proprio sangue.

[Dannato]

All’ombra. Immerso ed avvolto dall’oscurità.

[Oscurità nella chioma, oscurità nel sangue, oscurità nell’animo]

Socchiuse le palpebre, inspirando.

Le rialzò bruscamente, rivelando le iridi.

Erano sinistri, quegli occhi.

Due schegge di rubino, dai riflessi della notte morente.

[Eredità di sangue]

Era sinistra, quella pupilla sottile, simile ad una lama scura.

Si scostò i capelli corvini dalla fronte con un movimento della mano da pianista.

Ci fu un lampo, e la sua luce pallida rivelò la pelle diafana.

Si specchiò in quelle iridi di sangue. E ne rimase intrappolata.

Iniziò a piovere.

Ballerine trasparenti che danzavano con il vento freddo.

Rimanevano sospese nell’aria, come impassibili allo scorrere del tempo.

Caesar scoccò uno sguardo alle sue spalle, verso le proprie stanze.

Era silenzioso, quel palazzo.

E spettrale.

Si intagliò scuro contro il nero della notte, quando un fulmine cadde alle sue spalle.

Guglie a forme demoniache ornavano le torri più alte.

Alte colonne con capitelli semplici, costituivano l’ingresso, prima di un portone d’ebano.

Spesse tende cremisi oscuravano le ampie finestre.

Massicci cancelli di ferro battuto sbarravano il passaggio.

Riddle avvertì un brivido attraversargli la spina dorsale.

Ma rimase immobile, le braccia incrociate al petto.

Scroccò le vertebre del collo, osservando la tempesta.

Faceva freddo, in quel paese. Sempre.

Ma Caesar amava quel luogo.

Ci era nato, dopotutto.

Sibilò il vento, rabbioso quasi.

E il vessillo in cima alla torre più alta si mosse sinuoso.

Ci fu un lampo, e si intravide un grifone rosso, su sfondo bianco.

Brandeburgo, Sud del Teltow-Fläming, poco fuori da Berlino.

Germania.

- Bel temporale, vero? -

Sibilò Riddle. Freddo e sinistro, sembrò trafiggere la mente come mille aghi incandescenti.

- A te piace qualsiasi cosa contenga il caos -

Qualcosa si mosse nell’ombra della stanza alle spalle di Caesar.

Strisciò sul marmo freddo, sinuoso.

Fu una lingua biforcuta la prima cosa a vedersi.

Saettò nell’aria freddo come una frusta pronta a colpire.

Un serpente, bianco, dai riflessi rosati.

Occhi rossi come sangue, da predatore.

Arrivò fino a Riddle, attorcigliandosi su una gamba, e iniziando a salire.

- Può essere -

Rispose Caesar, scroccando nuovamente le vertebre del collo.

- Buon Sangue non mente -

Sibilò maligno il rettile, arrivando alla sua spalla.

- Cominci a parlare troppo, Vesper –

Disse Riddle.

Sibilò, il serpente.

Scoccò sguardi rubino, fendenti di luce vermiglia.

- Forse. Ma tu non accetti te stesso –

Ridacchiò vagamente divertito, Caesar, ma il suo sguardo si fece duro.

La mascella si serrò. I denti scricchiolarono.

- Non vedo il nesso –

Disse con voce piatta.

- I nostri difetti –

Incredibile come, dopo poco tempo, le parole di un serpente possano rivelarsi interessanti.

E crude.

- Come puoi accettare gli altri, Caesar, se prima non accetti te stesso? -

Chiese Vesper, facendo saettare la lingua.

Uno schiocco secco e cupo.

- O meglio: se prima non accetti il tuo sangue? -

Riddle non rispose.

Rimase immobile, simile ad una statua di cera, dai tratti induriti e freddi, illuminato fiocamente dai continui lampi della tempesta.

- Il famoso sangue dannato dei Riddle -

Continuò il rettile, incurante del rancore racchiuso nei globi di fuoco e fiamme quali erano gli occhi di Caesar.

 - Stronzate. Lo so io e lo sai tu -

Sembrò sibilare innervosito, Vesper.

- Sarai quello che vorrai diventare. Lord Oscuro o semplice Stregone dagli incredibili poteri –

Continuò a rimanere muto, Riddle.

Il perché, poi, non l’avrebbe saputo dire neppure lui.

Si lasciava scorrere addosso quei discorsi, si inebriava di quella parole sibilate a bassa voce.

Covava Rancore. Covava Odio.

- Non si può rimanere sospesi in eterno, Caesar –

Abbassò la voce, il serpente.

- Non si può camminare per tutta la vita in bilico nell’oscurità della follia –

Si accesero, le iridi di Riddle, mentre il suo mutismo persisteva.

Sembrarono stelle vermiglie, che trapuntavano il nero del celo.

Splendevano, illuminate da un fuoco che, probabilmente, non si sarebbe spento mai.

Ma Vesper non se ne accorse.

- Bisogna scegliere. E affrontare le scelte –

Ci fu un lampo, poi un tuono.

Si specchiarono nei rubini di Caesar, sinistri.

- E le conseguente. E le parole. Gli sguardi. Il rimorso –

Infine, un fulmine, come a suggellare le parole di Vesper.

Brillavano, gli occhi di Caesar, come stelle nella notte buia.

Undici anni di vita. Undici anni a nascondersi.

Per cosa, poi? Per essere figlio di Lord Voldemort?

Perché stupidi mezzosangue lo temevano?

Perché nelle sue vene scorreva il sangue dannato dei Riddle?

- Hai ragione –

Sibilò infine.

Lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi. Le mani strette a formare due pugni.

Alzò il capo, osservando le nubi scure.

- Hai ragione, Vesper –

Fu un ghigno maligno quello a delinearsi lento sulle sue labbra sottili.

- E’ giunto il momento di scegliere –

Prese la bacchetta d’osso da una tasca nascosta del mantello scuro.

E sotto la luce di fulmini e lampi, la bacchetta di Tom Marvolo Riddle riconobbe un nuovo proprietario.

Sembrò illuminarsi, animata di vita propria.

O forse, quella del proprio padrone perduto.

- Mosmorde! -

Urlò Caesar, la bacchetta puntata minacciosa verso il cielo burrascoso.

Ci fu un lampo verde intenso. Fendette l’aria fredda. Gelida.

E poi apparve.

Emblema di una stirpe, dannata.

Vessillo di un credo che, probabilmente, non sarebbe scomparso mai.

Il Marchio Nero.

Ululò il vento, infuriò la tempesta.

Si intensificò la pioggia, acqua gelida che porta via il sangue. E le lacrime.

Un craneo lucente, si delineò contro il nero della notte.

Un serpente smeraldo saettò tra le nubi scure.

Sembrava ghignare, quel rettile.

Vittorioso.

E sembrò udirsi una risata onnipresente, che precedette i tamburi di guerra.

Un serpeggiare nell’aria proveniente da una dimensione di ghiaccio e gelo.

E sull’avambraccio sinistro, sotto la stoffa, Caesar avvertì il Marchio…bruciare.

 

*

 

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Scozia.

Gran Bretagna.

 

- Non mi piace, Minerva –

Il pendolo dello studio del preside scandì le quattro del pomeriggio.

Una luce arancio si rifletteva nelle ampi vetrate a cui la Mcgrannit dava le spalle.

- Neanche a me, Pamona –

Incrociò e mani dalle dita affusolate sulla scrivania di nocciolo.

Avvolta in un mantello smeraldo, gli occhiali ovali lasciavano intravedere i due zaffiri che aveva al posto di due normali occhi.

Ma erano opachi, quel giorno. E non solo per la vecchiaia.

- Ma non è niente di certo –

Disse Minerva, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia.

Scoccò uno sguardo amaro al trespolo per Fenny: vuoto.

Solo cenere. Era avvenuto la sera prima, nel mezzo di quell’orribile tempesta.

La fenice era morta. E il Marchio era tornato, per l’ennesima volta.

- Il Marchio Nero, Minerva! –

Urlò Rebeus Hagrid, avvolto in una pelliccia ispida.

Si alzò in piedi di scatto, la sclera iniettata di fini rami vermigli.

Era invecchiato, in quei undici anni.

Ma nulla in lui era venuto meno.

Se non la pazienza.

- Calmati –

Lo invitò la Mcgrannit, alzandosi.

Gli diede le spalle, volgendosi verso l’ampia vetrata.

- E Severus è sparito! Quasi sicuramente è morto! –

Strillò Pamona Sprite, avvicinandosi e quasi inciampando nel suo vestito di un verde pallido.

E Minerva Mcgrannit rise. Sì, rise.

Da quanto non lo faceva? Si chiese.

- Tranquilla. Severus si è nascosto su mio consiglio –

- Ma perché? Come? Quando? –

Chiese isterica la Sprite.

- Non è il momento, Pamona –

Le disse Minerva, paziente.

Osservò il sole regnare imperioso nell’alto del cielo, signore di luce.

Come un re seduto sul proprio trono.

- Non ora che Sirius sta perdendo definitivamente la pazienza. Entra –

Disse, e la porta dietro Hagrid sbatté.

Entrò Sirius Black, di grigio vestito.

I capelli neri aggrovigliati a incorniciare il viso emaciato.

Dimagrito, invecchiato.

Gli occhi però erano rimasti gli stessi.

Lucenti stelle grigie.

- Spariti! –

Ululò, entrando con passo deciso.

Ignorò lo sguardo della Mcgrannit, rimasta con le labbra strette, così sottili da sembrare lame.

Per cosa, poi?

- Malfoy, Nott, Parkinson, Zabini, Greengrass 

Elencò a raffica, sbattendo con violenza un fascicolo di fogli sulla scrivania della preside.

Si girò, le mani chiuse in due pugni dalle nocche sbiancate.

- E molti altri –

Inspirò bruscamente, gli occhi infossati dietro le orbite cupe.

- Spariti. Ieri notte –

Inspirò nuovamente, sembrava non  trovare l’ossigeno necessario.

- Nessuno sa dove siano! Dannazione! –

Tirò un calcio a un mobile, che traballò pericolosamente.

Solo allora rimase muto.

Ghignò amaro, vedendo il viso oltraggiato della Sprite.

- Bene, Pamona –

Disse invece Minerva, prendendo una sigaretta scura da un cassetto della scrivania.

- Mi sa che avevi ragione tu –

Socchiuse lentamente gli occhi dietro le lenti, inclinando il capo all’indietro.

- I Mangiamorte sono tornati –

Accese la sigaretta con un dito, lanciando anelli di fumo grigio lungo la stanza.

- E tu, Sirius –

Disse, rivolgendosi a Black, con uno strano sorriso sulle labbra sottili.

- Sei il mio nuovo insegnante di pozioni –

L’urlo di Sirius Black rimase muto negli occhi spalancati.

 

*

Lestrange Manor.

Brandeburgo.

Sud del Teltow-Fläming, poco fuori da Berlino.

Germania.

 

Infuriava ancora, la tempesta.

Lampi e tuoni ancora scuotevano la terra.

Gelida pioggia scendeva dal cielo, in una rauca e gracchiante risata di un volto senza nome.

Se non quello della notte.

Serpeggiava sinuosa sui vetri, formando come delle…sbarre.

Era vivo il palazzo, quella notte.

Pallide luci trasparivano dalle ampie finestre, mentre fumo si levava dalle varie canne fumarie.

[Lugubri mani tese verso le tenebre]

C’erano brusii, sussurri appena accennati.

Sibili funesti, impregnati di antico odio e rancore. E devozione.

Uomini avvolti in mantelli scuri, con maschere d’acciaio in volto.

In ginocchio. Davanti a un ragazzo.

[Uomini al cospetto del proprio Dio]

- Mio Signore… -

Sussurrò uno, avvicinandosi lentamente.

Caesar Alexander Riddle rimase muto, osservando i suoi seguaci.

[Infedeli]

Avvolto in un cupo mantello scuro, la pelle diafana risaltava al contrasto.

I capelli corvini scendevano a frammentargli la vista, mentre scoccava sguardi con gli occhi rubino.

Una bacchetta d’osso, stretta saldamente nella mano destra.

[Tre lettere a ornarla: C.A.R.]

- Undici anni –

Disse improvvisamente Caesar, con voce fredda e tagliente, spaccando il freddo silenzio.

Gli occhi lampeggiarono sinistri, al riflesso delle torce.

Avanzò lentamente, in ogni suo gesto eleganza e potere.

- Undici anni sono passati da quando vi siete riuniti un’ultima volta, signori miei –

[Dall’ultima volta che Lord Voldemort camminò tra i mortali]

Ghignò maligno, vedendo un tremolio tra le ombre dinanzi a lui.

Le maschere d’acciaio riflettevano la pallida luce delle torce, mentre Riddle continuò ad avanzare.

- Da quando vi siete rivelati, nuovamente, dei codardi –

[Come sempre]

Sibilò, quando qualcosa si mosse nel suo braccio.

Vesper si mosse sinuoso, facendo saettare la lingua biforcuta.

- Semplice rinnegare il proprio signore quando non può punirvi, vero? –

Chiese con tono duro.

[Sì]

Sembrarono smettere di respirare, i Mangiamorte.

- Posso immaginare i vostri visi, dopo che il Marchio incominciò a bruciare –

Gli occhi si accesero, dal disprezzo forse, mentre la mano sinistra si chiuse in un pugno.

Alcuni Mangiamorte abbassarono lo sguardo, incapaci di sostenere quello lampeggiante di collera di Caesar.

- Il vostro stupore, l’incredulità e la paura, sì, la paura –

Altri, chiusero gli occhi, strizzando le palpebre e sperando nella misericordia di un ragazzo.

- Nel venire a conoscenza che la stirpe dei Riddle non aveva ancora visto la fine -

Altri ancora, i più giovani, i più stolti, si fecero avanti.

[Vivendo ancora nella pallida illusione che l’uomo sia di natura misericordiosa]

- Perdono, Mio Signore! Perdonate questo vostro umile servo! –

Disse una, con le mani levate verso Caesar.

Fu su di lui che si poggiò lo sguardo ardente di Riddle.

Avanzò verso di lui, lentamente.

Fu con un brusco movimento della mano da pianista che li tolse la maschera.

Si dissolse come fumo, librandosi nell’aria fredda.

- Come ti chiami? –

Gli chiese duro, trafiggendolo con uno sguardo vermiglio.

- Uther Ianiculus -

Rispose immediatamente.

- Allora, Uther, mi stai chiedendo perdono? –

Chiese con un malevolo ghigno sulle labbra.

- Io non conosco il perdono –

Disse, gli occhi accesi.

Da cosa, poi?

- Crucio! –

Urlò, la bacchetta tesa verso il Mangiamorte.

Fu una breve scossa, di debole intensità.

Ma duratura.

- Io non conosco la misericordia –

Disse Caesar, muovendo bruscamente la bacchetta e interrompendo la maledizione.

- Sono giovane, è vero. Ma in me scorre il sangue dei Riddle. Ricordatevelo! –

Scoccò un altro sguardo ai Mangiamorte.

Sogghignò, lanciando un ultimo sguardo vermiglio che li trafisse come una lama di ghiaccio.

- E ora, signori miei, vi presento Lady Lestrange –

Fece un ampio movimento con la mano, e le porte alle sue spalle si aprirono.

Apparve Bellatrix, di nero vestita.

Sembrava che il tempo non fosse trascorso, per lei.

Stupenda come sempre.

Gli occhi ancora accesi da un fervore troppo grande, che si era inevitabilmente tradotto in follia.

Ghignò velenosa, avanzando.

- Preparatevi, signori –

Sussurrò a bassa voce, simile ad una regina nel portamento.

O forse, a un felino.

- Si torna a Londra -.

 

 

Era il 15 Agosto 2009, e i Mangiamorte conobbero un nuovo Signore Oscuro.

Caesar Alexander Riddle, figlio di Lord Voldemort e Bellatrix Lestrange.

11 anni erano trascorsi dalla caduta di Tom Marvolo Riddle, imprigionato nella dimensione senza-tempo, nella battaglia finale di Hogwarts, in cui Harry Potter perì.

Due settimane più tardi, l’erede di Slytherin varcò le soglie di Hogwarts.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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