Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: K a m i l a h    31/08/2013    5 recensioni
13 Ottobre 1928.
Marija Fëdorovna muore, portando con sé un altro pezzo di una storia che sta sfociando pian piano nella leggenda e diventerà il mito della fine dei Romanov. Sola, nella sua camera, nel suo autoesilio a Hvidovre, chiude gli occhi per sempre, cullata da un ultimo ricordo e dall'ultima visione della sua nipote prediletta, che porta il suo stesso nome. La bella Mashka, la stella più brillante nel cielo di Russia.
---------------------------------------------------------------------
-Tornerò presto, lyubov'. E staremo assieme per sempre.
-Non tornerete all’Aničkov?
-No Mashka, se tu non lo vuoi. Tornerò da Jyväskylä, e poi verrò da te.
-E staremo assieme per sempre?
-Qui. Per sempre, dorogaja.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista, Il Novecento
- Questa storia fa parte della serie 'Миф о Романовых ≡ Il mito dei Romanov'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                "Qualcuno mi abbraccia, sono al sicuro e al caldo,
dei cavalli si impennano in una tempesta d'argento,
figure graziose che ballano lente,
attraverso la memoria mia."

Anastasia, dal film Anastasia

"Finchè l'uomo avrà respiro
e gli occhi potranno vedere
vivrà la mia parola e tu con essa."

William Shakespeare, sonetto XVIII

"Scegli bene le tue parole, questa è l'ultima volta.
Perchè tu ed io siamo nati per morire."

Lana Del Rey, Born to die
 

▪ Hvidovre, 13 Ottobre 1928 ▪
 
 
▪ Вновь' со мной дорогая 
Ancora con me amore



 Á
 

Faceva freddo per essere ottobre. La neve alle finestre, accumulata nella notte precedente, si snodava sul prezioso cornicione in graziosi ricami che rilucevano alla luce dorata della lampada; parevano briciole di cristallo, un cristallo andato in pezzi ma sempre bellissimo.
Era così che doveva apparire lei da più di dieci anni, si disse.
Un gioiello decaduto, l’antica reliquia di un mondo oramai andato perso, già oggetto di leggenda e storia impressa a caratteri freddi su carta; un personaggio fatato, della cui esistenza a stento si riusciva ancora a credere, la cui vita era stata fiaba ed incanto, orrore e miseria, ed infine la pace.
Ma quale pace poteva esserci, se il suo cuore s’era infranto come quei cristalli appesi al vetro e come quelli ora giaceva gelido in migliaia di pezzi che non si sarebbero mai ricomposti?
Quel freddo non proveniva da fuori, era dentro di lei che stava nevicando. 
Il vento impazzava ululando nel suo cuore, non per la strada.
Non era un turbinio naturale; portava l’odore lontano di qualcosa.
L’odore di un ricordo. Tanto tempo fa. Una canzone, una fiaba. Un castello ed un principe. O meglio. Uno zar. L’ultimo, il più grande di tutte le Russie. 
Le parve di sentire una risata; il petto ebbe un sussulto.
«Babushka Marie, aspettate!»
La bimba la chiama impaziente, tentando di muoversi come meglio può nella lunga veste. La fascia imperiale le scende sino ai piedi.
«Mashka, moy dorogoy, non correre.»
Le allunga la vecchia mano, e la piccola l’afferra fiduciosa: tante volte la nonna glie l’ha tesa, bianca e senza pesanti anelli a celarne il candore. È un nido, l’approdo sicuro di sempre.
«Malenkaya è già corsa via, e non mi ha aspettato» si lamenta arricciando le labbra. Scosta via la collana e sbuffa.
E lei non può fare a meno di sorriderle.
«Ho appena sentito la sua risata, per me è dietro le scale che t’aspetta» le fa indicando vagamente le tende di damasco.
«Odio Anastasia» borbotta lei per tutta risposta. «Perché fa così, non la sopporto.»
Lo dice con tutto l’affetto di cui una dodicenne dispone.
«No, no che non la odi» le sussurra dolcemente.
Un lampo rosso sfreccia per il corridoio e la sua risata riecheggia per l’aria tintinnante: è un attimo, e la granduchessa corre verso la sorella divertita.
«Mashka, sei la più lenta!» le sghignazza davanti tirando fuori la lingua. «Grand-maman, buonasera.»
Anastasia si esibisce nel suo inchino, perfetta come una bambola, impertinente come lo sguardo che le lancia. Marija si fa avanti e alza il mento, il blu degli occhi che oscura persino le perle che porta al collo.
«Non si corre per il corridoio, dovresti saperlo, shvybzik.»
La bimba sorride, poi fa spallucce e corre via, sorprendentemente veloce per essere avvolta in un turbinio di tulle bianco.
«Ho fatto bene a dirlo, non è vero babushka?» si affretta poi a chiederle.
La fissa ansiosa, speranzosa con quelle gemme liquide. Hanno gli stessi occhi. “I piattini di Marija”, così amano tutti chiamarli.
«Hai fatto molto bene, Mashka. Vieni ora. Andiamo.»
Incede sicura, con lei al suo fianco. La piccola sorride fiduciosa, e va verso la luce dell’enorme salone senza voltare gli occhi in basso. È orgogliosa di lei.
La musica da ballo inebria l’aria, figure angeliche volteggiano sul marmo. I disegni di ghiaccio alle vetrate rilucono, sono un caldo abbraccio nella culla dorata del palazzo. Il valzer è la loro ninnananna.
Quando tutti s’inchinano, la vede sorridere. E non può far a meno di fare lo stesso.
«Sua Maestà Imperiale, l’imperatrice madre Marija Fëdorovna di Russia» viene annunciato, il nome accolto con un insieme di sussurri reverenziali.
Si fa avanti, le lascia la mano, procede maestosa nonostante la statura minuta. 
È una vera imperatrice, dicono tutti.
Poi, d’un tratto, senza che nessuno sappia perché, si volta. E guarda la nipote.
«Sua Altezza Imperiale, la granduchessa Marija Nikolaevna di Russia» squilla poi per l’aria.
E Mashka le sorride, raggiungendola con una grazia che non ha nulla da invidiare alla sua.
«Avete visto, babushka?» le sussurra emozionata, e lei si china per poterla meglio ascoltare. «Come sono stata?»
«Perfetta Mashka. Perfetta» risponde carezzandole la guancia d’alabastro.
«Ho fatto da sola, avete visto?»
«Oh sì. Da sola sei egualmente bravissima.»
La granduchessa sorride, la stessa piega timida di poco fa che le abbraccia il volto e distende le labbra gentili. Ma stavolta c’è altro.
«Solo che io voglio star con voi» pigola e le prende il braccio. 
«Ma io sono con te. Ci sono sempre.»
«No, non è vero» piagnucola. «Voi ora partite per la Finlandia…»
«Tornerò presto, lyubov'. E staremo assieme per sempre.»
«Non tornerete all’Aničkov?»
«No Mashka, se tu non lo vuoi. Tornerò da Jyväskylä, e poi verrò da te.» 
«E staremo assieme per sempre?»
«Qui. Per sempre, dorogaja.»
E le bacia il capo.

Marija riapre gli occhi e il salone scompare. L’oro, il carminio, il cristallo.
Nulla, solo la sua camera, il vecchio baldacchino ed il fuoco che va a morire piano sotto la cenere.
Sente freddo, qualcosa le bagna la guancia; passa la mano sul viso, quel viso che non è più quel che tutti un tempo decantavano estasiati. 
Scansa la lacrima, non vuole vederla.
Perché piangere? Non ha senso. 
I vecchi lo fanno di continuo, basta un nulla per sconvolgerli alla loro età. Lei però non ha nulla per cui piangere.
Neanche la sua nipotina. La sua Mashka.
Sa che è viva. Sa che ancora respira, ride, gioca con Stasja. Il suo caro Nixa la prende in braccio, le sussurra ancora all’orecchio di non dar ascolto ad Ol’ga quando le dice che è grassa.
Sa che sono tutti vivi, e Mashka aspetta ancora di rivederla tornare a Peterhof. 
Per stare lì, insieme. Per sempre.
Si alza dalla poltrona, va verso la finestra. La neve, lì nella sua Danimarca, non è neanche lontanamente paragonabile al manto bianco che avvolge la Russia quasi per tutto l’anno. Lì è qualcosa di magico. Qualcosa a cui non si crede se non si è visto con i propri occhi.
Poggia la palma intirizzita contro il vetro, e per un istante solo richiude le palpebre.
Una voce dal passato. La sta chiamando.
Qualcuno canta una canzone, nel vento. Una canzone sull’inverno. Specchi d’ambra, seta verde. 
Un abbraccio. No, una mano di bambina; glie la sta tendendo.
Marija si fa indietro, titubante. 
Poi li vede, lassù in cielo. I suoi occhi, blu come la volta sopra la neve. 
Avanza, e oramai sa che non può riaprire i suoi. 
Ma non fa niente, non è questo ciò che vuole. 
Vuole andare da lei. Glie lo ha promesso. 
Assieme, ancora. Per sempre.




Immagine: fotomontaggio (da me realizzato) delle due Marie, l'imperatrice a sinistra, e sua nipote Mashka a destra.
Nota: ho sempre nutrito un'enorme passione per la Russia e le sue fantastiche storie; da buona romantica quale sono non potevo certo non innamorarmi anche delle tragiche vicende che affrontarono i membri della famiglia imperiale, e di tutte quelle leggende che si crearono ed andarono a formare il mito dei Romanov, splendidi ed immortali nei loro abiti tradizionali, solenni e bellissimi nella loro consapevole drammaticità.
In una finzione letteraria ho tentato di ricostruire gli ultimi attimi di vita dell'imperatrice madre, nata Dagmar di Danimarca, moglie dell'imperatore Alessandro III e madre di Nicola II, l'ultimo zar delle Russie. La cosa che mi ha colpito molto di lei, e che ho trovato dolcissima e triste al contempo, è che lei fino alla sua morte credette che il figlio ed i nipoti fossero ancora vivi nonostante uccisi dai bolscevichi ad Ekaterinburg.
Fin da piccola ho avuto la mia buona dose di racconti, e naturalmente sono stata cresciuta nell'illusione creata dal cartone Anastasia (che io adoro, soprattutto grazie al fatto che Once Upon A December è stata per anni la mia ninnananna, però nella sua versione tedesca, Es War Einmal Im Dezember), che seppur concentra un altissimo numero di fantasie, rimane comunque un classico :)
Spero questa shot vi sia piaciuta, vi prego di non lanciarmi casseruole di frutta marcia urlando "Sfaticata, invece di scrivere baggianate sui russi va' a metter su qualcosa di decente per "La figlia del re"!!! XD
Fatemi sapere ovviamente cosa ne pensate, è la mia prima one-shot!
Un bacio
-Kim

p.s. Grazie Valija, per la consulenza sul russo! Dove andrei senza la mia starshey sestry? ♥ 



Licenza Creative Commons

Quest' opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia.

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: K a m i l a h