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Autore: REDRUMILLA_    02/09/2013    2 recensioni
Harry Styles e Louis Tomlinson sono due ragazzi tutto fuorchè normali. Harry è un indeciso cronico, si aggrappa a chi gli è vicino per vivere e, pur provando in tutti i modi a dare una ragione a tutto quel vuoto che sente dentro di lui più passa il tempo e più si sente inadatto, solo, incompreso.
Louis invece é un ragazzo rabbioso, incazzato con il mondo, con il padre drogato e alcolizzato, con la vita che gli ha giocato un brutto scherzo. Il bullo della scuola, quello che tutto ammirano per la bellezza ma disprezzano per lo spinoso carattere da duro. L' unica cosa in comune che questi due esseri così diversi hanno è un semplice, quanto contorto rapporto di familiarità. Sono fratelli.
Come puó complicarsi ulteriormente un rapporto ormai compromesso? Come puó peggiorare l'irrecuperabile?
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[Larry] [Successivamente Ziam]
Se siete sensibili o facilmente influenzabili evitate di aprire!
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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                 Capitolo 6: Attrazione Pericolosa
 
 
Louis Tomlinson
 

La mattina standard in cui sono abituato a svegliarmi ogni giorno da molto anni, oggi, non ha niente a che fare con la sorpresa che mi ha aspettato al risveglio.
Niente di familiare o abitudinario per Louis Tomlinson.
Mio padre mi stava fissando dormire e, aprendo gli occhi, mi spaventai, e non poco.
Chiesi quindi, visibilmente irritato.
“Che cazzo stai facendo?” urlai, puntandogli una falange contro.

Quel vecchio era proprio andato. Non mi era mai capitato di ritrovarmi in una situazione così scomoda.
Mio padre era sempre stato un uomo, e un padre pessimo. Non si era mai preoccupato della mia istruzione, della mia crescita, assolutamente di nulla. Tornava la notte ubriaco, probabilmente anche sotto effetto di stupefacenti e io, fregandomene salivo come se nulla fosse la rampa di scale che mi separava dalla mia stanza e, ogni giorno prima di rinchiudermici dentro, lo fissavo esasperato.
Non avevo rispetto per quella figura genitoriale, anche se non può nemmeno reputarsi tale, non più.
La cosa preoccupante è che adesso va tutto molto meglio rispetto a quando ero solo un ragazzino.
Il trasferimento in una nuova casa, un buco puzzolente pagato con un mutuo che ancora adesso è motivo di litigio fra di noi.
Da piccolo adoravo mio padre, era una persona socievole, dolce, addirittura disponibile a giocare con me e Harry ma, dopo il divorzio da mia madre era diventato qualcosa di intrattabile.
Divenne violento, ricominciò a bere e a non tornare la sera.
All’età di 14 anni già sapevo cucinare, e mi rifacevo il letto, seppur malamente, una volta al mese.
Provai piano piano una repulsione verso l’uomo che mi aveva portato al mondo. Pensai innumerevoli volte di essere meno di niente, e lo penso tutt’ora, essendo nato da un essere così immondo.
Alcune volte lo trovo nel divano addormentato con una puttana ricoperta malamente da una coperta sudicia.
Seguire mio padre, sperando in qualcosa di buono, dando ascolto a mia madre, era stata la cosa peggiore che avessi potuto fare.
Infatti adesso mi ritrovo infelice, mi sento di valere meno di zero e ho perso consapevolmente il rapporto con mio fratello.
Per tutti questi motivi trovarmi il suo faccione davanti al muso mi recò non pochi problemi.

“Oh.” Grugnì. Il suo alito sapeva di vodka e mi trapassava le narici arrivando fino al cervello. Una sensazione disgustosa quanto, anch’essa, abituale.
“Che cazzo vuoi, ti ho detto.” Ripetei. Nel frattempo spostai la sua sedia abbastanza lontana da non trovarmelo ancora davanti e, barcollando, mi andai a vestire.
“Stasera non prendere impegni! Siamo a cena dalla mia ex moglie!” e finì con una fragorosa, disgustosa e fastidiosa risata roca.

Mi trovai con le spalle al muro. Avrei voluto prenderlo a pugni.
Dio, quanto può essere idiota quell’uomo?
Io e mio padre a casa Styles? Deve aver bevuto più del previsto.

“MA SEI PAZZO?!” Urlai ancora andandogli al muso, rabbioso.

La mia situazione con Harry era già catastrofica, non posso parlargli, perché cazzo dovrei andarci a cena?
E perché deve andarci quel cretino?
Stiamo parlando dello stesso uomo che è caduto in un grave problema di alcoolismo, prostituzione e chi lo sa, droga, per colpa del suo divorzio.
Lo stesso che mi ha giurato, piangendo mentre colpiva insistentemente la mia spalla arrecandomi numerosi lividi, che quella era una madre pessima e che avrebbe voluto vederla morta.
E io spaventato annuivo, sperando finisse presto.
Sarei sempre voluto tornare a casa da mia madre, progettai anche una fuga la notte dei miei 14 anni ma la cosa non andò in porto e finì per essere colpito di nuovo, in pieno petto da quel mascalzone che continuava a ripetermi che aveva bisogno di me, che non gli era rimasto nessuno al mondo se non io.
Che dannato controsenso.
E adesso vuole incontrarla? La vecchiaia gli ha tirato un brutto scherzo a quanto pare.

“Assolutamente no, non verrò.” Dissi deciso, sussurrando.

Lui mi strattonò via, facendomi cadere di pieno petto sul letto e sovrastando la mia voce urlò ancora più forte.

“Non me ne frega di quello che vuoi. Sei mio figlio e verrai con me!” Sapevo cosa mi avrebbe potuto arrecare mio padre, sapevo in cosa sarei andato incontro.

Ero ormai maturo, ero un diciannovenne abbastanza in forma,ma mio padre era più forte di me, questo era certo.

“Io ti do un tetto su cui dormire! E tu come mi ripaghi?! Figlio ingrato!” Fiatò ancora, insolente.

Sarei uscito da quella porta in men che non si dica, facendo le valigie e correndo da Liam, eccome se l’avrei fatto.
Se solo non provassi pietà per quell’essere.
Che vergogna Tomlinson. Hai lo stesso cognome di tuo padre perché sei feccia come lui.
Anche Harry ha cambiato il suo con quello di sua madre ma tu no, così stupido da seguire come uno sciocco quel maniaco e finendoci impelagato fino al collo.
Decisi di non continuare quella conversazione e infilare le prime cose che mi capitavano a tiro, prendere la mia cartella, con dentro i libri del giorno prima e, assolutamente in anticipo, uscire dalla porta sfuggendo alle braccia di mio padre attorno al mio collo.

“LOUIS! Ti conviene venire!” concluse mio padre mentre chiudevo la porta di casa.

Ma non lo ascoltai.
 

Harry Styles
 
Ero davvero nervoso.
Come si era permessa di invitare mio fratello a cena da noi?
Corsi velocemente verso scuola fregandomene della gente che mi guardava ridendo.
Un punk che corre, buffo.
La camicia si sollevava in continuazione e mi arrecava non poco disturbo e, quando, i calzoni che avevo indossato senza cintura erano in procinto di cadermi letteralmente di dosso, decisi di fermarmi.
Ero a pochi metri dalla scuola, sospiravo pesantemente per la corsa e mancava solo mezzo minuto all’inizio della lezione.
Volevo mostrarmi al meglio visto che ero appena arrivato e, anche se le prospettive per quella giornata erano disastrose visto il mio umore, dovevo comunque apparire diligente.
Mi poggiai un attimo in un albero nel giardino della scuola, mi sedetti, cercai velocemente un fazzolettino nella borsa e, asciugandomi il sudore mi rialzai faticando.
Dopo non aver fatto nemmeno due passi fui afferrato da una mano, neanche tanto grande, che mi induceva a seguire il suo possessore.
Cercai di divincolarmi ma, quando vidi il volto del mio “aggressore”, in balia dei miei soliti pensieri contrastanti , mi lasciai portare via perdendo inesorabilmente la prima ora.
Camminammo per pochi minuti fin quando non arrivammo sul tetto della scuola.
Che posto stupido.
Passammo innumerevoli minuti a fissarci negli occhi senza proferire alcuna parola. Avrei voluto tanto dirgli qualcosa di cattivo e levarmi di torno quel dannato stalker che era mio fratello ma, non vi riuscì.
Quegli enormi fanali che erano i suoi occhi, chiusi a fessura diritti sul mio volto erano come delle enormi mani che mi impedivano di muovermi.
Con quei suoi profondi occhi blu mi aveva costretto a fare non poche pazzie da piccolo.
Tentai finalmente di dirgli quanto ero indignato per la questione delle cena, avrei voluto costringerlo a non venire, lo avrei sgridato per avermi rivolto la parola, infrangendo la promessa fatta.
Ma non lo feci.
Perché fu lui a parlare per primo.

“Hai cambiato il tuo cognome.” Disse abbassando lo sguardo.

Pensai che quella domanda fosse davvero ridicola. Cosa c’entrava adesso?
Decisi di rispondere comunque, tanto per levarmi l’impiccio.

“Si.” Seccamente.

Louis parve sorpreso del fatto che io avessi deciso di parlargli, rompendo il patto.
Ne fui sconcertato anche io, a dirla tutta.

“Mi hai parlato” Disse.

Scontato.

“Cosa dovevo fare? Mi hai fatto una domanda.” Parlai, stupendolo nuovamente.

A quel punto mio fratello si sedette sullo scalino che precedeva la rete metallica che determinava i confini della tettoia e, sorridendomi, mi chiese in modo alquanto impacciato “Grazie.”
Quel bastardo aveva appena fatto una mossa inaspettata ed era riuscito a farmi dimenticare quello per cui ero adirato.
Dimenticai per un secondo tutto quello per cui l’avevo offeso, per cui l’avevo ignorato e tutte le lacrime versate per lui.
Quasi mi commossi nel vederlo fare quel sacrificio, nello sforzarsi ad essere gentile, dannato Tomlinson.
Una lacrima stava per solcarmi il volto quando, con un filo di voce riuscì a rispondere al suo gesto imbarazzato.

“Prego.” Risposi dolcemente, con una dolcezza che pensavo non ci saremmo rivolta mai più.

Ricordai ogni momento passato insieme a lui, ogni sfaccettatura del suo carattere, ogni piccola sfumatura dei suoi grandissimi occhi azzurri.
I miei pensieri tornarono indietro a quando la notte stavamo svegli a cantare quella canzone, tanto triste quanto dolce, stringendoci piano per tenerci caldo a vicenda, in quelle notti troppo fredde per stare da soli.
Ricordai con quanto affetto compiva quell’azione e mi rattristai improvvisamente.
Mi mancava il contatto con lui, mi mancava quello che eravamo, mi mancava il fratello che adoravo e di cui non riuscivo a immaginare la vita separati.
Lo fissai in silenzio, aspettando dicesse qualcos’altro, cercasse di porre fine a quel momento di imbarazzo reciproco ma così non fece.
Rimase a fissarmi negli occhi e a cantarmi a bassa voce la canzone che ormai conoscevo a memoria.
La canzone che rappresentava la nostra storia, i nostri trascorsi e il sentimento che entrambi provavamo in quel momento.
Il bisogno di sapere che a prescindere da tutto mai smetteremo di esserci l’uno per l’altro, mai dimenticheremo quello che realmente eravamo e mai divideremo le nostre strade un’ altra volta.
Mi sentì stupido al solo ricordo di qualche giorno fa quando non volevo rivolgergli la parola, volevo solo annientare ogni ricordo o affetto che riguardasse Louis.
E adesso mi ritrovavo in quel preciso istante a cantare il ritornello assieme a lui, credendoci.
Sperando di non separarci mai più, di dimenticare i fatti passati e di tornare quello che eravamo.
Tornare ad appartenere l’uno all’altro, ancora una volta.

“I'll keep my eyes wide open
I'll keep my arms wide open

Don't let me
Don't let me
Don't let me go
'Cause I'm tired of feeling alone”  

 
Louis Tomlinson

Il motivo per cui l’avevo portato sul tetto, per cui lo avevo strattonato fino a quel posto dimenticato e per il quale gli avevo fatto saltare la prima ora risultò assolutamente chiaro.
Quel gesto d’istinto che ho fatto nell’afferrarlo, immerso nei miei pensieri, adesso riuscivo a comprenderlo.
Lo scopo per cui invece di nominare la cena imminente, fissandolo negli occhi, sviai l’argomento era ovvio.
Fin da quando la mia mano entro in contatto con la sua capì.
Avrei voluto che lui tornasse a dipendere da me, a essere la mia ombra e ad accompagnarmi in tutti i passi sbagliati o giusti che compirò nella mia vita.
Avrei seriamente voluto che fosse lui la luce ad illuminare la mia strada priva di salvezza, a riscaldare il mio cuore ormai cupo e grigio.
Con un sorriso, un semplice spostamento delle sue labbra e un lieve accenno di fossette e io sarei realmente tornato ad essere quello che ero.
Il Louis Tomlinson che ammazzata le lucertole con il coltello e che vedendo Harry piangere le rifoggiava a terra cercando di consolarlo e promettendogli che quella sarebbe stata l’ultima volta.
Il fratello dolce e protettivo che ero stato all’età di 9 anni, quando una bambina aveva tirato la sabbia addosso a Harry e io l’avevo vendicato facendola cadere e rimuovendo ogni granello dalla sua faccia, uno ad uno, fino a riscoprire il sorriso per cui dipendevo.
Lui era tutto quello che io adesso non sono. Tutto quello che ho rinnegato e nascosto. Lui, di fronte a me era il mio esatto opposto eppure la cosa non mi dava alcun tipo di fastidio ma reputavo la nostra differenza come qualcosa che inesorabilmente ci spingeva ancora più vicino.
Come due parti di un nastro della scarpe, per quanto possano girarsi intorno, ignorarsi anche, finiranno sempre per legarsi fra loro in una cosa sola.
Sorrisi distrattamente alla strana similitudine appena creata e tornai a bearmi del suo sguardo imbarazzato e allo stesso tempo confuso.
Finalmente privo di rabbia verso i miei confronti.
Volli seriamente ricominciare tutto da capo e, terminando la canzone che stavamo cantando lo abbracciai.
Mi venne spontaneo, come un gesto premeditato e che non vedevo l’ora di compiere.
Qualcosa di agognato quanto represso.
Qualcosa di assolutamente perfetto.
E quando notai che non opponeva resistenza e si faceva abbracciare senza problemi, feci il passo più lungo della gamba.
Cominciai dolcemente a toccargli i capelli, accarezzandoli, come facevo un tempo lontano di sette anni fa.
 

Harry Styles
 
Mi abbracciò come si abbraccia una persona persa da anni e poi ritrovata, come si abbraccia il cane che credevi di aver perso per sempre, come si abbraccia la madre quando torna a casa con un regalo tanto atteso o come un soldato appena tornato da una lunga e sanguinosa guerra.
Ho risposto all’abbraccio con affetto. Un affetto che credevo di non provare più per lui.
Un affetto nascosto sotto strati e strati di dolorosi ricordi, amarezze e tanti, tanti, rinnegamenti.
Volevo sussurrargli alle orecchie che lo perdonavo, che era tutto per me e che necessitavo della sua presenza nella mia vita.
Avrei dimenticato i litigi, l’abbandono e tutte le lettere che non mi aveva mai scritto.
Avrei rinnegato tutto e l’avrei riaccolto fra le mie braccia, ormai più lunghe e grandi delle sue.
Avrei accettato ogni sua sfumatura caratteriale, ogni sua ripicca, qualsiasi cosa.
Sarei stato di nuovo Harry Tomlinson, il fratello fedele che adorava alla follia Louis.
Ma all’improvviso incominciò ad accarezzarmi i capelli, cosa che non faceva da tantissimo tempo e mi sentì avvolgere da un sentimento familiare, quanto nuovo. Da un qualcosa di mai provato prima ma celato, ben nascosto ai miei ricordi.
Come pioggia a ciel sereno, come un onda quando sei tranquillamente sdraiato su di un materassino sul filo dell’acqua quieta, come un grandissimo pezzo di osso nel tuo trancio di carne all’apparenza privo.
Ne fui spaventato, retrocessi immediatamente e scrollai il capo.
Lo guardai spaventato. Non ero più un bambino, ero un uomo.
Adesso avevamo imparato nuovi sentimenti, avevamo fatto nuove esperienze ed eravamo cresciuti maggiormente, separati.
Lui infondo, ai miei occhi,  non era più il fratello che mi stringeva le spalle quando avevo paura del buio, era Louis Tomlinson, un bellissimo ragazzo di diciannove anni con dei seri problemi comportamentali.
E per questo ne fui spaventato, a morte.
Perché quello che ho provato in quell’attimo non apparve ai miei occhi come del semplice affetto.
Il mio cuore non era rimasto immune ai movimenti circolari che faceva sulla mia cute.
Quella situazione non mi aveva suscitato alcuna familiarità. Non semplice affetto.
E per questo corsi via, mi allontanai il più velocemente possibile, mentre la voce acuta del ragazzo alle mie spalle mi intimava a rimanere, dolcemente; E se solo non fosse stato mio fratello, se solo quell’attimo non fosse stato dannatamente sbagliato, avrei arretrato e lo avrei stretto ancora una volta, senza lasciarlo.
Scesi velocemente la scalinata interminabile e mi diressi verso la porta principale dell’istituto e, afferrando saldamente un lembo della mia camicia, cercai di mantenere la calma.
Presi a correre dannatamente veloce verso casa.
Non avrei trovato nessuno ad aspettarmi e avrei potuto pensare a mente lucida.
Arrivai nuovamente col fiatone, per la seconda volta in quella giornata appena iniziata, davanti al portone verde della mia nuova, maledettissima casa e, cercando furiosamente le chiavi di casa nella tracolla aprì quella che mi separava dalla mia camera.
A grandi falcate mi diressi verso quest’ultima e, aprendo la porta e chiudendomi dentro, mi abbandonai sul mio letto.
Non feci in tempo a far scendere la prima lacrima di disperazione dal mio volto quando notai sul mio comodino ventisei sterline (30 euro) con annesso un bigliettino strappato da un quaderno poco distante.

“Fai l’uomo maturo e compra qualcosa per cena.”

Risi istericamente quando pensai che avrei avuto Louis a cena.
E piansi poco dopo.
Che sciocco che ero stato.
La mia sessualità è ben definita ormai, ho accettato la mia diversità e accetto di provare attrazione verso lo stesso sesso.
Ma non verso qualcuno di così sbagliato.
Mio fratello è effettivamente un bel ragazzo ma-
E fui interrotto nuovamente da un battito improvviso proveniente dal mio petto.
Un battito che piano piano si fece sempre più insistente, veloce.
Un qualcosa da farti addirittura mancare il fiato.
Pensai di essere diventato pazzo, di essere inevitabilmente da ergastolo e quindi presi una veloce decisione.
Nick.
Lo avrei raggiunto e glielo avrei spiegato, ne avremo parlato insieme e lui mi avrebbe sicuramente rassicurato dicendomi parole dolci ed eloquenti.
Avrei risolto tutto e ci avrei riso su.
Quindi in maniera azzardata presi le ventisei sterline riposte sul mio comodino e, afferrando la mia tracolla con ancora tutti i libri al suo interno, mi diressi verso la stazione.
Fortunatamente era solo a dieci minuti da casa mia ma, con l’agitazione che avevo addosso, la percorsi in meno di cinque minuti.
Comprai velocemente due biglietti, uno di andata e uno di ritorno e mi avanzarono poche sterline, entrai di sfuggita dentro il primo treno che fermava a Holmes Chapel e mi sedetti in uno dei sedili liberi.
Arrivai più velocemente del previsto e fui fortunato a scendere alla stazione giusta.
Coi pochi spiccioli rimasti comprai un biglietto per l’autobus e mi sedetti alla fermata, e attesi.
Mancavano ben tredici minuti all’arrivo del mio bus quindi decisi, trovata la tanto sperata calma, di aprire un libro e iniziare a studiare qualcosa.
Trovai per mia sorpresa dei fogli stropicciati all’interno del mio volume di storia e ricordai subito cosa fossero.
Le lettere di mio fratello, scritte all’età di undici e dodici anni.
Tentennai dal leggerle. Alla fine era un diario e Louis non le aveva di certo scritte per farmele, in un prossimo futuro, leggere.
Resistetti per qualche minuto prima di abbandonarmi ai miei pensieri e decidere di leggere quella datata più recentemente.

“Caro Harry
Questa penso sia l’ultima volta che viviamo a casa insieme.
La mamma mi ha detto di stare con papà perché sa che sicuramente starà male.
Io non voglio lasciarti ma devo lasciarti.
Spero che tu puoi crescere bene con mamma e le nostre sorelle perché sei un bambino bravo anche più di me.
Verremo a trovarti spesso non preoccuparti il babbo me l’ha detto. Non ti lascerò solo.
Vorrei tanto stare con te per sempre ma la vita è stata cattiva e ci dobbiamo separare.
Ti voglio bene e anche se so che non leggerai mai questa lettera…
Mi mancherai Cuppycake. “
 
Rinnegai subito di aver letto quella lettera perché altre fitte mi presero e anche se tentai di respingerle e calmarmi, si fecero spazio nel mio petto fino a portarmi a pensare solo e soltanto a quanto Louis fosse stato dolce con me fino alla fine.
Continuo a non spiegarmi però il motivo per cui non venne mai a trovarmi ma il pensiero passò velocemente in secondo piano quando il mio autobus si fermò davanti ai miei occhi per far scende i passeggeri e farne salire altri.
Timbrai velocemente il biglietto e in venti minuti circa fui davanti a casa di Nick.
Il pensiero nella mia mente era constante: la sensazione delle sue mani sui miei capelli, il suo petto caldo e le mani a stringermi forte e a rassicurarmi che tutto sarebbe andato al verso giusto.
Ma niente era seriamente andato nel verso giusto e io mi ritrovo ad avere un mattone al posto del petto e un tintinnio insistente, come un orologio fisso sull’ora della sveglia a scandire i movimenti veloci del mio cuore.
Deciso a suonare il campanello cercai di reprimere il mio pensiero fisso e di assaporare il momento in cui avrei rivisto il mio ragazzo, Nick.
Suonai e ad aprirmi fu lui, a petto nudo con i suoi buffi capelli arruffati. Sorrisi nel vederlo assonnato e, senza un tacito consenso, entrai.
Era tutto in un caotico disordine, a quanto pare quella notte aveva dormito sul divano e aveva cenato con lasagne al forno precotte.
Lui mi sorrise a sua volta e mi abbracciò salutandomi amorevolmente.
E provai a far battere il mio cuore come al contatto con Louis, cercai di rimandare indietro i sentori che quello che avevo davanti non era la persona che seriamente amavo.
Volli ignorare il mio corpo immobile, i miei battiti regolari e la mia sudorazione inesistente, volli chiedergli qualcosa di più.

“Nick, accarezzami i capelli..” dissi con un filo di voce, nascosto fra le sue spalle grandi.
“Come vuoi.” Rispose e iniziò a compiere la stessa azione fatta da mio fratello qualche ora prima.

Dannazione.
Niente, non provavo assolutamente niente di simile a quello accaduto con mio fratello, quello era affetto.
Mi venne un tuffo al cuore quando compresi finalmente che quello che provavo per mio fratello non lo era.
Quando provi affetto per una persona il tuo cuore non batte come se volesse uscirti fuori da petto a ogni suo movimento; non ti senti cedere le gambe e il tuo respiro non si fa irregolare.
Niente di tutto questo era avvenuto effettivamente con il mio presunto ragazzo Nick.
Tutto questo avevo provato a contatto con Louis, un mio parente.
E da li capì:
Io provavo più di semplice affetto verso mio fratello, io ero attratto irrimediabilmente da lui.


 
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E anche per stavolta ce l'ho fatta ad aggiornare x°D Non posso dire in orario ma..non dopo troppo tempo!
La storia si sta finalmente evolvendo:
Si scopre che il padre di Louis l'ha maltrattato da piccolo per scaricare la rabbia dalla separazione con la madre, che è un alcolizzato psicopatico e che lo teneva "prigioniero" in casa.
Harry si fa trasportare sul tetto senza fare tante domande e finisce con lo scoprire di provare un attrazione per il fratello, dopo averlo perdonato e cazzi e mazzi.
Spaventato dalla cosa prende i soldi che gli aveva dato la madre e corre con il primo treno da Nick, sperando di far chiarezza su quel pensiero assolutamente sbagliato.
Sfortunatamente quando arriva a casa di Nick e lo abbraccia non riesce a provare le stesse sensazioni di qualche ora prima e riesce ad ammettere a se stesso che prova qualcosa per Louis.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto come è piaciuto a me scriverlo <3 vi lascio dopo questo spazio dell'autrice, stranamente più corto del mio solito, con un bacione e con la speranza che recensiate in tanti <3
vi voglio bene ;w; Grazie di tutto!
  
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