Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: Laylath    02/09/2013    3 recensioni
Nel 1916, ad un anno dalla caduta del regime militare del comandante supremo King Bradley, un nuovo sistema di governo si afferma ad Amestris. Una democrazia che non può accettare figure scomode.
Una decisione presa durante una notte autunnale, in una cella, è l'inizio di dieci giorni in cui la storia viene decisa da sei singole persone.
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Team Mustang
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 1. Un gesto necessario.



Giorni 1-2

 
Il giorno dopo era da poco passata l’ora di pranzo quando la guardia che in quei giorni si era occupata di portare il cibo si accostò alla cella e, controllando i fogli che aveva in mano, disse:
“Sergente Maggiore Kain Fury, preparati. Tra cinque minuti verranno a prenderti per il processo.”
A quelle parole sulla cella piombò un silenzio mortale: gli sguardi di tutti si spostarono sul ragazzo che si era lentamente alzato in piedi nel sentire chiamare il suo nome. Era completamente sbiancato in volto e cercava di controllare il tremito del labbro inferiore.
“Come sarebbe? – chiese Havoc, andando verso la guardia – Ci processate separatamente?”
L’uomo fu evidentemente sorpreso di quello scatto d’ira del sottotenente, tanto che indietreggiò di un passo. Si vedeva che non si era ancora abituato a dover trattare con tutti quei militari che, fino a qualche tempo prima, erano suoi collaboratori e non certo prigionieri.
“Sì, signore: – ammise infine – per le squadre di persone, uhm, illustri come la vostra è stata decisa una procedura speciale. Verrete chiamati uno alla volta.”
“E secondo te questo ragazzino riesce a dire qualcosa? – chiese Havoc, sempre più irato, indicando il suo angosciato compagno – Cazzo! Non lo vedi che è terrorizzato?”
“Signore, non sono io a decidere…” cercò di spiegare la guardia.
“Calmo, Havoc: – intervenne Mustang, facendosi avanti con aria seccata e posando una mano sulla spalla del biondo – lascia fare a me. Dimmi, secondino, è previsto che gli imputati abbiano un avvocato?”
“Sì, signore. Un avvocato d’ufficio che verrà fornito…”
“Sciocchezze. Sono il diretto superiore di questo ragazzo e dunque è mio diritto e dovere essere presente al processo: sono io il suo difensore ufficiale.”
“Eh? Ma signore… io non so se…”
“Oh, non ti preoccupare. Sono sicuro che non ci saranno problemi in merito”
 
Mentre camminavano per i corridoi della prigione, in mezzo a diverse guardie, Fury sospirò di sollievo. Il colonnello procedeva accanto a lui con passo deciso, come se si trattasse di una normale giornata di lavoro… se non fosse stato per le manette che stringevano i polsi di entrambi.
La sicurezza che emanava Mustang era tale che il sergente se ne era sentito in qualche modo contagiato ed era riuscito a ricacciare indietro tutte le lacrime: accompagnato dal suo superiore sarebbe riuscito ad affrontare con dignità quel processo e la conseguente condanna.
Certo, era terrorizzato all’idea di morire: si chiese per la centesima volta se fosse molto doloroso e se dopo la morte ci fosse qualcosa. Non aveva mai visto esecuzioni capitali, ma sapeva che durante le impiccagioni qualche volta si moriva subito, altre volte no… sperava che, nel caso, a lui e ai suoi compagni toccasse una morte rapida e indolore. Insomma doveva spezzarsi subito il collo e…
Oh mamma, spezzarsi…
Un sussulto involontario gli sfuggì dalle labbra.
“Fury, schiena dritta e sguardo in avanti” gli ricordò Mustang, distogliendolo da quei pensieri così cupi e morbosi.
Immediatamente il ragazzo si raddrizzò, arrischiandosi a lanciare un’occhiata al suo superiore: Mustang guardava davanti a sé, il bel viso imperscrutabile. Aveva imposto la sua volontà e dunque sarebbe stato presente come avvocato d’ufficio ai processi di tutti i suoi sottoposti.
Era in qualche modo confortante sapere che, fino all’ultimo, il colonnello si sarebbe preso cura di loro.
 
“Caso numero 436: Amestris contro Kain Fury, sergente maggiore del precedente regime dittatoriale. Sottoposto dell’alchimista di fuoco, colonnello Roy Mustang.”
Fury annuì lievemente e fece un passo avanti per presentarsi alla giuria.
Dietro di lui, Mustang analizzava rapidamente l’ambiente. Si trovavano in una grande sala, probabilmente una mensa, che era stata risistemata per l’occasione. Erano entrati da un ingresso laterale e le guardie li avevano condotti fino a una balaustra di legno che separava gli imputati dal banco della giuria. Dietro di loro c’erano invece diverse panche di legno, occupate da decine di civili e funzionari del nuovo governo: si vede che i processi della sua squadra attiravano parecchio l’attenzione generale.
Squadrò con occhio critico la giuria che aveva davanti: uno sedeva al centro di un lungo tavolo di legno e probabilmente era il giudice principale, incaricato di condurre il processo. La faccia di quell’uomo non gli piaceva per nulla: sicuramente aveva fatto a spintoni con altri per poter essere il giudice della squadra del grande eroe di Ishval.
Questo si mangerebbe Fury in un sol boccone…
Le altre facce, nove in tutto, erano abbastanza variabili. Alcuni sembravano annoiati da quella situazione: sicuramente erano quelli che partecipavano quasi tutti i giorni a processi di questo tipo.
Condannare a morte le persone vi sta annoiando? Oggi vedrò di venirvi incontro.
Altri, una piccola minoranza di tre uomini, sembrava sinceramente intenzionata a dare giustizia ad Amestris. Lo notò dalle loro facce: erano abbastanza perplessi nel vedere la giovane età di Fury, accentuata dal fatto che non aveva nemmeno la giacca della divisa, ed il suo viso così infantile e terrorizzato… probabilmente sembrava loro di dover giudicare poco più che un bambino.
“Kain Fury, – riprese la voce del giudice, distogliendo Mustang da quell’analisi – lei è accusato di aver preso parte al precedente regime militare che tanto ha devastato il nostro paese. Tra le varie accuse che pendono sui componenti dell’esercito la più grave è certamente la guerra di Ishval che ha portato al quasi totale annientamento di un’etnia”
Il giudice si fermò e fissò il sergente con sguardo malevolo, quasi aspettasse una reazione a quelle accuse che gli aveva appena rivolto. Fury lo fissava ipnotizzato, come un topo davanti ad un serpente: i pugni del ragazzo erano così serrati da essere lividi.
“Qualcuno di voi mi dice le date d’inizio e fine della guerra civile di Ishval?” chiese Mustang con noncuranza, la voce che risuonò limpida nella sala, spezzando quella tremenda tensione.
Il suo intervento provocò un mormorio di sorpresa da parte di tutti. Come era possibile che un prigioniero parlasse in quel modo? Ma alcuni avevano sguardi sospettosi: sapevano chi era e che ci si poteva aspettare di tutto da lui.
“La guerra civile è cominciata nel febbraio del 1901 – rispose uno dei giurati – e si è conclusa nell’ottobre del 1908, come tutti ben sanno.”
“Perfetto. – sorrise compiaciuto Mustang – In questa sede dichiaro il sergente maggiore Kain Fury totalmente estraneo agli eventi di quel conflitto”
“Cosa? – scattò il giudice – Come osa dire una cosa simile, colonnello Mustang? Faccia silenzio! Le ricordo che anche lei è imputato e la sua presenza qui è puramente…”
“Mi limito a dire un dato di fatto – lo interruppe Mustang, scrollando le spalle con un sorriso divertito – Perché non date un’occhiata alla scheda dell’imputato? O non vi siete presi nemmeno la briga di procurarvela? Beh, in ogni caso ci penso io a fornirvi alcune informazioni anagrafiche su di lui: è nato nel settembre 1893… vediamo, a inizio guerra aveva otto anni e alla dichiarazione di fine ostilità ne aveva compiuti da poco quindici. Infatti è entrato in Accademia nel 1910, a diciassette anni, come prevedeva il regolamento. Non credo che sua madre gli abbia permesso di partecipare alla guerra: avrebbe fatto troppo tardi la notte, non credete? E tu, Fury, chiudi la bocca: non guardarmi come se avessi una coda da lucertola e orecchie da gatto.”
In ogni caso successe esattamente quello che Mustang si era aspettato: il caos più totale.
Aveva capito immediatamente di trovarsi davanti al classico processo sommario, fatto per concludersi nell’arco di poche ore, dove tutti si aspettavano perfetta collaborazione da parte degli imputati… prima finivano di liberarsi di tutti quei militari, meglio sarebbe stato. Frasi come “non capivo quello che stava davvero succedendo” o “eseguivo solo gli ordini” potevano essere gestite senza troppi problemi: quelle erano davvero scuse.
Ma sbattere in faccia l’oggettiva realtà dei fatti aveva avuto la capacità di gettare in piena crisi la serissima aula di tribunale.
Avevano commesso un grosso errore arrestando tutta la sua squadra e generalizzando le accuse. Impostato in maniera differente e con diverse imputazioni, il processo contro il sergente poteva davvero portare a qualche castigo, anche se non certo la condanna a morte… ma per come si erano messe le cose, Mustang nutriva rosee aspettative per ottenere la totale assoluzione.
E sono appena all’inizio…
 
Per la prima volta da quando erano iniziati i processi, il caso venne rimandato alla mattina successiva, quando il sergente sarebbe stato interrogato senza la presenza del suo superiore.
Ma a parere di Mustang, ormai, i giochi erano fatti: la parte buona della giuria e diversi altri ormai erano nettamente a favore del ragazzo e solo una minoranza si ostinava a volerlo incriminare… ma si capiva chiaramente che lo faceva per recuperare la dignità che le sue dichiarazioni avevano distrutto.
Quando rientrarono in cella, dopo che il secondino ebbe levato loro le manette, l’alchimista si sedette con aria compiaciuta sulla branda.
“Signore! – esclamò Fury accostandosi a lui, mentre si massaggiava lievemente i polsi liberi dalle manette – Lei… lei non doveva fare tutto questo!”
“Che cosa è successo?” chiese Havoc, avvicinandosi insieme a Breda e Falman.
“Diciamo che ho fatto ragionare la giuria; ed il sergente è sulla buona strada per essere assolto” dichiarò Mustang.
Subito sui volti dei suoi uomini comparvero dei sorrisi compiaciuti, i primi dopo quei giorni di prigionia. Sembrava quasi di essere tornati ai vecchi tempi, ma il sergente non condivideva lo stesso entusiasmo.
“Colonnello, – ribadì seriamente – lei non doveva assolutamente addossarsi tutte quelle responsabilità!”
“Ho semplicemente detto la verità, Fury. – spiegò Mustang a beneficio degli altri – Tu, per ovvie questioni anagrafiche, non hai mai preso parte alla guerra civile”
Il giovane pestò un piede a terra, in un gesto esasperato.
“No! Non quello! Signore… lei non doveva dire che io non sapevo niente e che lei mi ha manipolato!”
A quelle parole Breda e gli altri capirono quanto era successo e intuirono anche quali fossero state le intenzioni del loro superiore: addossandosi tutte le responsabilità delle azioni di Fury, Mustang intendeva liberarlo da qualsiasi accusa. Ma in questo modo andava ad aggravare la sua situazione non proprio felice: allo sterminio, e al complotto contro il precedente regime, perché in quel frangente era così che appariva la lotta contro Bradley, si andava ad aggiungere la corruzione di un giovane soldato.
“Ha detto davvero questo?” chiese Breda, rivolgendosi a Fury
“Sì! – si disperò il ragazzo, portandosi le mani nei capelli neri, come se ora il colonnello venisse condannato per colpa esclusivamente sua – Ma perché non ha lasciato che mi prendessi le mie responsabilità, signore? Ero perfettamente consapevole di quello che stavo facendo e non…”
“Tu ovviamente non dirai nulla di simile domani, quando ti interrogheranno” lo fulminò Mustang, abbandonando l’aria compiaciuta e squadrando il ragazzo.
“Come? Certo che dirò la verità, colonnello! Non potrei mai…”
“E no, sergente! – Mustang si alzò in piedi e si portò davanti a lui, incombendo minacciosamente. Dannazione, quella era una faccenda a cui doveva provvedere: se Fury contraddiceva le sue dichiarazioni mandava all’aria tutto quanto. – Tu domani, davanti a quegli scemi, confermerai quanto ho detto in aula, parola per parola. Non voglio sentire discussioni in merito!”
“Non lo farò! – si ostinò Fury, cercando di sostenere l’occhiata di fuoco del suo superiore; un gesto di sfida che nessuno gli aveva mai visto fare fino ad allora – Io non posso mentire così su di lei, colonnello! Dirò loro la verità, la semplice e limpida verità! Dovranno credermi!”
“Idiota! – iniziò Havoc – Non capisci che sta cercando di tirare almeno te fuori dai…”
La frase venne interrotta dal rumore dello schiaffo.
I secondi trascorsero pesantemente, mentre Breda, Havoc e Falman fissavano la scena con un misto di incredulità e imbarazzo.
Mustang teneva ancora il braccio teso dopo aver colpito il sergente: il suo volto era carico di rabbia nei confronti del ragazzo, come mai era successo prima. Fury si portò la mano sulla guancia arrossata, gli occhiali leggermente storti per l’impatto subito dal viso. Gli occhi scuri iniziarono a luccicare per le lacrime che, dopo qualche istante, iniziarono a scorrere sulle guance.
“Te lo ripeto solo un’altra volta, Fury. – disse Mustang impassibile e spietato – Tu domani confermerai quanto ho detto in aula poco fa. Non ho bisogno della tua stupida prova di lealtà, ragazzino”
Fury non rispose, ma si coprì il viso con le mani ed iniziò a singhiozzare disperatamente, lì, davanti al suo superiore. Gli altri rimasero indecisi per qualche secondo se intervenire o meno, considerato che il colonnello stava ancora guardando con rabbia il sergente. Ma prima che potessero fare qualche gesto, intervenne la persona che fino a quel momento era stata in disparte.
Riza passò con calma tra Havoc e Falman e si portò accanto a Fury. Dopo aver lanciato una rapida occhiata al colonnello, la donna abbracciò il soldato con una tenerezza infinita, facendogli posare la testa corvina sul suo petto.
“Piccolo mio, – mormorò con voce così dolce che sembrava impossibile che appartenesse al marziale tenente Hawkeye – non sai quanto le tue parole mi rendano fiera di te: sei così leale e coraggioso… fedele alle persone che ami fino all’ultimo e disposto a difenderle con tutte le tue forze.”
A quelle parole i singhiozzi del sergente si fecero ancora più disperati e si aggrappò con forza alla giacca della donna.
“Ma per quanto le tue intenzioni siano le migliori, soldatino, – continuò Riza, accarezzandogli i capelli dritti – domani devi fare quanto ti ha detto il colonnello. Tu devi vivere, Fury. Sei così giovane e hai tutta la vita davanti a te: tu andrai avanti, ti sposerai, avrai una bellissima famiglia… e la tua adorata radio. – riuscì a sorridere e ad accennare una lieve risata – E vedrai questo paese rinnovato… e con la tua grande volontà contribuirai a renderlo migliore.”
“Non posso! – pianse il ragazzo con la voce soffocata dall’avere il viso nascosto nella divisa di lei – Non… non posso andare… avanti senza… di voi!”
“Sssh, certo che puoi, soldatino. Sembra così difficile adesso, ma vedrai che ce la farai. Come quando sei arrivato da noi e non sapevi come fare: un passo alla volta. Ti prego… tu non sai che sollievo mi darebbe saperti fuori di qui, senza nessuna condanna.”
“Ma sì, piccoletto. – intervenne Breda, andando accanto a loro – Tutti noi vogliamo che tu ti salvi”
“Sarebbe davvero importante per noi, Fury. – gli fece coraggio Falman – Fatti forza: andrà tutto bene.”
Lui ed Havoc si accostarono al gruppetto e si prodigarono per confortare il giovane soldato. C’era un sincero sollievo nelle loro parole e nei loro gesti: erano davvero felici di sapere che almeno il piccolo della squadra avrebbe evitato quella sorte orribile. Altre persone sarebbero state gelose e contrariate da quell’avvenimento che stava salvando un'altro e non loro stessi, ma la loro amicizia, la loro lealtà, superava abbondantemente simili sentimenti.
Mustang rimase in disparte ad osservare quella scena: la mano con cui aveva schiaffeggiato il ragazzo gli faceva male… bruciava. Colpire Fury era stato come dare un calcio ad un cagnolino che ti ha sempre seguito, fedele e fiducioso, ma era stato un gesto necessario. Avrebbe voluto avvicinarsi a quel gruppetto e confortarlo pure lui, ma era meglio mantenere un atteggiamento contrariato nei suoi confronti, per convincerlo ulteriormente su quanto doveva fare il giorno successivo.
Che pianga, si disperi… che sfoghi ora le sue lacrime. Che arrivi ad odiarmi! Ma domani quel ragazzo deve essere assolto, a tutti i costi!
 
Il giorno successivo Fury si trovava seduto ad un tavolo, davanti a una rappresentanza della giuria del giorno precedente. Se fosse stato attento, il ragazzo si sarebbe reso conto di tanti piccoli dettagli che facevano capire come le intenzioni di quasi tutti fossero di assolverlo. In primis non era stato ammanettato quando erano venuti a prenderlo in cella, ma solo scortato da due guardie. L’avevano condotto in una stanza più piccola rispetto a quella dove si era tenuto il processo e sembrava che si stesse ascoltando un testimone più che un imputato. La verità era che praticamente tutti avevano creduto a quanto detto da Mustang il giorno prima.
Quella mattina la maggior parte dei giurati si stava chiedendo come avevano anche solo potuto pensare che quel ragazzino che sedeva davanti a loro, con disperata apatia, potesse essere stato capace di seguire volontariamente e consapevolmente un uomo come Mustang.
Fury effettivamente si presentava peggio del giorno precedente: aveva un aspetto sconvolto, gli occhi arrossati per il gran piangere e, soprattutto, aveva il cuore gravato da un tremendo senso di colpa. Ma tutti pensavano che quel ragazzo fosse solo terrorizzato da quanto stava succedendo.
“Sergente Fury – gli disse un uomo con voce tranquillizzante – le accuse contro la sua persona sono state riviste in camera di consiglio. Effettivamente non le può essere imputata alcuna colpa sulla guerra civile del 1901-08 e su questo le chiediamo scusa. Su di lei restano solo le accuse di aver collaborato con l’alchimista di fuoco nel complotto contro il defunto comandante supremo King Bradley…”
Era un homunculus e loro volevano ucciderci tutti!
“Tuttavia il colonnello Mustang ha dichiarato che lei non era assolutamente consapevole delle sue reali intenzioni e che, sin dall’inizio, ha sfruttato la sua buona fede per ottenere la sua collaborazione…”
E’ una bugia! Sapevo esattamente quello che stavo facendo… sapevo che il colonnello voleva cambiare il paese in meglio e io ero disposto a seguirlo ovunque! Non mi ha mai mentito, non mi ha mai tenuto nascoste le sue ragioni… perché lui voleva che lo seguissimo per quello che era!
“… pertanto le chiediamo di confermare o meno questa versione dei fatti. Se le cose sono andate come ha detto il colonnello, qualsiasi accusa su di lei cadrà e verrà rilasciato”
State sbagliando, state tutti sbagliando…
“Sergente?” lo chiamò con gentilezza uno dei giurati
“S… sì?” Fury alzò lievemente lo sguardo, gli occhi pieni di lacrime
“Conferma che è stata esclusivamente colpa del colonnello Mustang?”
Colpa di che cosa? Lui ha salvato il paese, ci ha dato speranza… ha avuto il coraggio di riconoscere i suoi peccati e cercare di porvi rimedio! Perché lo state processando? Perché mi state chiedendo di tradirlo in questo modo? Perché devo essere proprio io a condannarlo?
“Lo conferma?” chiese di nuovo la voce
No! Non lo confermo! Lui è innocente! Lui è un eroe e tutti voi dovreste dirgli grazie! Lui… mi sta salvando la vita a discapito della sua. Non posso… non posso…
“Sì… - le sue labbra si mossero passivamente, seguendo l’ultimo ordine del colonnello – confermo”
“La giuria allora assolve l’imputato da tutte le colpe a suo carico. Sergente maggiore Kain Fury, lei viene rilasciato seduta stante”
Il ragazzo emise un gemito e poi scoppiò a piangere tanto che uno dei giurati, intenerito, si alzò dalla sedia e andò a posargli una mano sulla spalla.
“Coraggio, giovanotto, è tutto finito. Come puoi vedere la giustizia fa sempre il suo corso… posso capire queste lacrime di sollievo”
Ma non erano lacrime di sollievo. Il cuore del sergente era più pesante che se l’avessero condannato a morire venti volte: anche se non era davvero colpa sua, si sentiva come il peggiore dei traditori, un’orrenda pecora nera che aveva appena consegnato ai lupi il proprio amato pastore.
Non doveva finire così… non doveva!
Sentiva il rumore di sedie spostate, di voci attorno a lui, ma era come se provenissero da lontano.
Qualcuno lo incitò ad alzarsi dalla sedia, ma quando ci provò sentì le gambe cedergli improvvisamente.
E dopo un lieve senso di vertigine più nulla.
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Laylath