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Autore: superheroine    02/09/2013    0 recensioni
1819: prima di morire, Peter Hawkins affida sua figlia Charlotte a un convento, dove spera che cresca educata e timorata di Dio.
1826: Charlotte parte per una missione nel Nuovo Mondo.
1827: La missione viene attaccata da un gruppo di indios ribelli, e Charlotte è costretta a scappare. La sua fuga la porterà in varie città d'America e le farà vivere un'avventura straorinaria, grazie alla quale comprenderà cosa vuol dire davvero essere liberi.
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
Capitoli:
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Si svegliò tutta intorpidita e raffreddata. Il terreno sotto di lei era quasi ghiacciato.
Jackson si era già alzato, Austin invece dormiva ancora.
Inizialmente Charlotte Hawkins non riuscì a connettere: perché si trovavano tutti lì?
Poi ricordò e scattò in piedi. -Jackson!
-Ah, buongiorno Charlotte! Come state?
-Dobbiamo fare qualcosa? Dove andremo adesso? Che faremo?
-Eravamo rimasti d'accordo di deciderlo quest'oggi, se non erro.
-Sì appunto.- si seccò lei.
-Beh, ora che siete sveglia direi di andare. In un paio d'ore raggiungeremo là città, e lì discuteremo il da farsi, che ne dite?
-E vostro fratello non lo svegliate?
-Oh, no. Austin è un dormiglione, lo caricherò sul calesse e quando sarà il momento gli spiegheremo la situazione.
Slegò la sua giumenta e la attaccò al carretto, poi con delicatezza sollevò il fratello e lo posò sul retro, e infine aiutò Charlotte a salire e sedersi in cassetta.
-Vi ringrazio.
-Figuratevi, è un piacere.
Si accomodò anche lui e partirono.
Il sole non era ancora sorto.
Charlotte osservava Jackson, seduto accanto a lei: era bello, aveva un bel profilo dritto, la fronte alta e il naso piccolo. Certo non aveva avuto molte occasioni di incontrare ragazzi, ma quando era andata in città aveva incrociato molti uomini e nessuno le era parso desiderabile quanto lui; non conosceva nemmeno i canoni, ma non le importava più di tanto.
Le dava fastidio. Della serie "Sì, ho un fisico prestante, e allora?", come se fossero tutti belli.
Com'era cambiata la sua vita! Davvero era lì, davvero viaggiava accanto a un ragazzo?
Quando era arrivata, poco più di un anno prima, era solo una ragazzina spaurita con la voglia di essere libera. Si era adattata quasi subito al clima e alle condizioni di vita e aveva iniziato ad adempire alle sue mansioni con molta buona volontà, anche se con poca capacità pratica. Doveva curare i malati e le faceva un po' ribrezzo, ma si era abituata; tuttavia, se sperava di poter sgattaiolare via si sbagliava di grosso.
Aveva conosciuto Jackson l'autunno precedente, perché lui d'estate era sempre via. Era andata così: quel giorno (il 21 ottobre, se lo ricordava bene) il pastore Faucher le aveva chiesto di preparare un grosso dolce, perché era un'occasione speciale.
-Oh, è il vostro compleanno, pastore Faucher?
-No, no mia cara, non è il compleanno di nessuno. Riceveremo una visita.
Si era trattenuta dal chiedergli maggiori spiegazioni, perché le avevano inculcato sin da quando era piccola che la curiosità e un difetto, nelle donne. A lei come regola non piaceva molto, ma tentava di essere beneducata.
Inizialmente aveva pensato che stesse arrivando una persona importante, ma poi aveva visto che nessuno si preoccupava di spazzare il patio o mettere in ordine la stanze, così la sua curiosità era aumentata.
Aveva appena sfornato un grosso, dorato plum cake quando erano arrivati degli schiamazzi dal cortile. Era uscita ancora col grembiule addosso e senza cappelli o cuffiette (avrebbe smesso di indossarli solo più tardi), e si era trovata davanti questo giovane alto una spanna più di lei, con i capelli castano chiaro e una vaga aria da furetto. Lui le aveva rivolto un sorriso sghembo e si era girato verso il pastore Faucher -Presumo che lei sia Charlotte.- aveva detto -Molto piacere, Miss Charlotte, io sono Jackson. Warren. Siete...-
-Jackson!- l'aveva ammonito il pastore. -La ragazza è una novizia, risparmiate i complimenti galanti per qualcun altra!
-Scusate, zio. Piacere di aver fatto la vostra conoscenza, Charlotte.- le aveva stretto la mano ed era sparito, lasciandola a bocca aperta.
Charlotte si chiese cosa avesse voluto dirle. Se solo il pastore Faucher non fosse intervenuto...
Questo pensiero la riportò alla sua attuale situazione. Chissà che ne avevano fatto del povero pastore Faucher...
Erano proprio in mezzo al deserto.
Austin sbadigliò e aprì gli occhi.
-Jackson? Perché non siamo ancora arrivati? Ma che ora è?
Jackson scoppiò a ridere. -Siamo arrivati e anche ripartiti, Austin!
-Perché?
-La missione è stata attaccata, Miss Charlotte è riuscita ad avvertirci e ora stiamo andando in città.
Austin trasalì, dimenticandosi persino di presentarsi alla ragazza.
-E che facciamo? Avvertiamo l'esercito?
-Ci stavamo riflettendo... secondo noi provocheremmo solo una carneficina e non vogliamo assumercene la responsabilità.
-Ma e allora...
-Dobbiamo ancora decidere, sta' buono. Mangia un po' di formaggio.
-Devo andare in bagno.
-Qui?
-Sì.
-Oddio. Charlotte, perdonateci...
Fermò la carrozza e fece scendere il fratello, che si allontanò un poco.
In effetti fu un'ottima idea. In quel momento Charlotte scorse qualcosa, un uccello, che planava nella loro direzione... Doveva avere una bella vista, perché era ancora molto più in alto di loro quando lasciò cadere un foglietto arrotolato proprio ai piedi di Jackson.
-Che cos'è?
-Non so... guardate, ce l'ha portato quel volatile che ora si allontana. Apritelo, che aspettate?
Il giovane sciolse il laccio di lana rossa e srotolò il biglietto. -Ehi, è di mio zio!- esclamò.
-"Cara Miss Charlotte..." è per voi!
"Cara Miss Charlotte, mi auguro che abbiate trovato i miei due nipoti. Gli indios si sono ribellati alle nostre istituzioni e hanno preso il controllo della missione per poter celebrare i loro riti pagani in pace. Il gruppo che viveva già con noi ha interceduto affinché non mi uccidessero, ma vi porto la triste notizia della morte di Suor Agnese e Suor Frances. Hanno chiuso loro la bocca temendo che avrebbero trovato il modo di mandare l'allarme. Io ho giurato di non farlo, ma mi hanno rinchiuso comunque. Vi prego però di non avvertire i militari. Dio solo sa che cosa li tratterrebbe dal compiere una carneficina tra queste persone, colpevoli solo di non professare la nostra religione. Siete una ragazza intelligente e ve la caverete. Se li avete incontrati, vi prego di portare con voi Jackson e suo fratello Austin. Con i miei migliori auguri, Pastore Faucher."
-Beh, direi che ci è rimasta una sola opzione.
-Già. Andiamo avanti. Avete del denaro?
-Ho speso tutto per comprare le gallette, il formaggio e qualche conserva, ma possono essere utili anche quelli giusto?
-Certo. Io ho questi- disse lei, tirando fuori le sue monete.
-Benissimo! Con quelli potremo tirare avanti per un po'
"Potremo". Per la prima volta, Charlotte si rese conto che lui usava il plurale per parlare della loro situazione. Erano diventati un "noi", perché erano sulla stessa barca. "Noi". Lei e Jackson. E Austin, ma lui non importava a nessuno.
Improvvisamente le venne in mente una cosa: Jackson era un bell'uomo... e spesso tornava in città per motivi suoi. Ma certo! Una fitta di gelosia colpì Charlotte.
-Jackson, potreste chiedere alla vostra fidanzata di aiutarvi.
-Fidanzata? Cosa vi fa pensare che io abbia una fidanzata?
-Siete giovane, avete un aspetto gradevole e spesso sparite in città, pensavo aveste qualcuno...
-Fortunatamente per voi, mia cara Charlotte, non ho alcuna fidanzata. Tuttavia, se mi concedeste l'onore...
-Jackson, non siate impertinente! E poi la mia era una buona idea.
-Avete ragione.- mormorò Austin, ricomparso proprio in quel momento. -Possiamo chiedere aiuto alla nostra famiglia.
-Ma Austin, la nostra famiglia abita a Washington, che è più o meno sull'altra sponda Americana! Come facciamo ad arrivarci?
-Abbiamo del denaro e del cibo. Possiamo aggregarci a una carovana e arrivare in Texas, e poi magari potremmo provare a raggiungere New Orleans e lì guadagnare altri soldi. Da New Orleans a Washington non sarà difficile, no? Tanto è tutto civilizzato da quelle parti. Secondo me è un buon piano.
-Sì, Austin, avete avuto un'ottima idea. Troveremo sicuramente qualcuno diretto in Texas e lo pagheremo per fare il viaggio insieme. Basta che non sia un mormone.
-Ci saranno sicuramente dei non mormoni, da qualche parte. Beh, forza, ripartiamo!
Rimontarono sul calesse e ripresero il viaggio in silenzio, ognuno immerso nei suoi pensieri.
Jackson non era fidanzato, rifletteva Charlotte; Lei non era più costretta a consacrarsi a Dio, perché nessuno la conosceva. Una volta arrivata a Washington (e si augurava che succedesse presto) avrebbe potuto sposarsi... magari con lo stesso Jackson, se lui avesse accettato. Non era troppo fiduciosa; certo, lui era molto gentile con lei, ma lo era anche con le altre donne: chi le assicurava che avrebbe ricevuto un trattamento speciale? Chi le assicurava che lui la vedeva in modo diverso? E poi se non aveva una ragazza che ci andava a fare di continuo in città? Non lavorava, altrimenti avrebbe avuto dei soldi e non sarebbe sempre tornato alla missione. La cosa era intrigante.
-Posso cantare una canzone?- chiese Austin.
-Canta, canta...
-Just a small town girl... Livin' in her lonely world...- intonò il ragazzino sottovoce, tanto che quasi non si sentiva.-She took the midday gig goin' anywhere... Just a city boy... born and raised in New Jersey... he took the midday gig goin' anywhere...
-Austin, non capisco le parole, canta più forte!
-No. Basta.
-Oh, non dovresti essere così timido. Era una bella canzone.
-Grazie, Miss Charlotte.
-Togliete pure il "Miss".
-Va bene. E voi potete darmi del tu.
-Oh, questa cosa mi onora, Austin.
-Posso cantare qualcos'altro?
-Se riesci a inventarti un'altra canzone va bene.
-Ora ci penso.
Quel ragazzino non sarebbe andato molto lontano, aveva quattordici anni e sembrava ancora un bambino, e poi inventava canzoni.
-Everybody's got their problems... Everybody says the same thing to you. It's just a matter of how you solve them...
-Austin, sta' zitto ora.
-Charlotte mi ha detto che posso cantare!
Partì così un classico litigio tra fratelli, che Charlotte ascoltò desiderando di non essere lì; è sempre imbarazzante essere il terzo incomodo, anche in casi del genere.
Pensava davvero che sarebbero venuti alle mani, ma non accadde. Jackson era gentile anche quando si trattava di suo fratello.
Per il resto del percorso restarono in silenzio.
Arrivarono in città che il sole non era ancora alto nel cielo. Non c'era molta gente in giro, solo alcune persone che si recavano al lavoro.
Decisero di recarsi nella piazza principale e di appendere un annuncio.
Si sedettero tutti su una panchina del parco e Jackson tirò fuori carta e calamaio.
Era una bella giornata di settembre, il sole splendeva e riscaldava l'ambiente anche con qualche nuvola nera attorno; tirava una bella brezza ed era piacevole stare lì al parco a non far niente.
-No, aspettate- li fermò Austin mentre stavano per scrivere. -Charlotte non può viaggiare con noi, sarebbe considerato incestuoso. Una ragazza da sola insieme a due uomini che non sono della sua famiglia? Ci fermerebbero subito.
-Sei sveglio, ragazzino- si complimentò Charlotte -Ma allora che si fa?
-Potremmo... Cambiarci nome. Così non potranno riconoscerci, e ci fingeremo fratelli. Ho sempre desiderato chiamarmi come volevo io.
Jackson sogghignò: -Facciamo così: io decido il nome di Charlotte, Charlotte decide quello di Austin e Austin decide il mio. E niente cose strane o non vale!
Charlotte si mise a scrutare la faccia di Austin alla ricerca di un nome che gli stesse bene, ma "Austin" sembrava fatto apposta per lui. Aveva proprio una faccia da "Austin". Magari Owen? Ralph? No, no. Joey. Sì, Joey andava bene.
-Abbiamo scelto tutti?- domandò Jackson. -Ok, Charlotte, inizia tu.
-Bene, Austin d'ora in poi ti chiamerai Joey.
-COSA? JOEY? No, non mi piace!- "Joey" continuò a protestare per un bel po' prima di calmarsi e ribattezzare Jackson. -Jackson, tu ora sei Lucian.
-Mi fa veramente ribrezzo come nome, ma va bene. Charlotte... che dico, Charlotte? Tu sei Candace. E il nostro cognome sarà Faucher. Così potremo andare sia in terra inglese che francese.
-Ottimo. Siamo tre fratelli di Washington che vogliono andare in Texas e cercano qualcuno per non essere soli. O quello che volete, insomma.
-Joey Faucher.
-Cosa?
-Joey Faucher- ripetè Austin -Devo memorizzarlo.
-Ah, già.
-Ma come la mettiamo col fatto che Cha... Candace non ci assomiglia per niente?
-Non ci avevo pensato... potrebbe essere nostra cugina. Ti va bene? Cioè... vi va bene Candace?
Charlotte non si era nemmeno accorta che Jackson era passato dal "voi" al "tu", e sinceramente la seconda formula non le dispiaceva; anzi, era meglio così: in fondo erano parenti adesso.
-Puoi darmi del tu, Jacks... Lucian. Cugino Lucian.
-Ottimo. Ora scriviamo questo annuncio.
Non sapevano bene come funzionassero le cose, ma ritenevano che appiccicare un foglietto in piazza non sarebbe stato di alcun danno.
In realtà, come ebbero modo di scoprire in seguito, non fu un'ottima idea.

Il fatto positivo fu che riuscirono a trovare qualcuno: quello stesso pomeriggio una donna andò a cercarli al parco per offrire loro di unirsi al suo gruppo. Non chiese documenti nè referenze nè qualsiasi altra prova dell'affidabilità dei suoi compagni, e parve un'ottima cosa.
La donna si chiamava Suzanne e stava tornando in Texas con la sua famiglia, come spiegò. Sarebbero partiti l'indomani stesso.
Charlotte era al settimo cielo e così erano anche Jackson e Austin.
-Partiremo domattina all'alba. Ci potrete trovare davanti all'ingresso orientale della città. Siete fortunati, ragazzini.
-Da quante persone è composto il vostro gruppo?- chiese Austin.
-Ci siamo io, mia figlia e le mie cinque... cugine. E mio... padre e anche mia madre.
Nessuno dei ragazzi fece caso al tono di voce di Suzanne.
-Arrivederci, ragazzini. Vi consiglio di procurarvi un abbigliamento adatto, stiamo per attraversare il Texas.
Quando la donna se ne fu andata, i tre rimasero un attimo a riflettere.
-Dì, Jackson, sei sicuro che sia una buona idea passare per il Texas? Non sarebbe più facile dirigerci subito a Est, verso il Kansas?
-Da quella parte non conviene. Penso sia meglio attraversare le zone più civilizzate, inoltre non abbiamo abbastanza soldi per arrivare fino a Washington e New Orleans è il posto migliore dove guadagnarli. Non volevi un po' di libertà, Charlotte?
-Sì, ma...
-Allora andiamo. Personalmente aspetto quest'occasione da diciassette anni.
Raggiunsero il primo negozio d'abbigliamento che trovarono e la maggior parte del patrimonio di Charlotte sfumò. Comprarono diverse giacche e scialli e Charlotte, ispirandosi allo stile di Suzanne, accorciò le sue gonne. Austin e Jackson si rifornirono di pantaloni larghi e comodi e di scarpe adatte.
Poco prima che uscissero la vecchia sarta del negozio li bloccò. -Un momento!
-Che succede?
-Signorina, gradireste avvicinarvi?
-Certo. Ditemi pure, Ma'am.
-Penso che se fossi in voi mi accorcerei i capelli.
E così Charlotte uscì con i capelli mossi che le arrivavano poco sotto le spalle.
I tre passarono il pomeriggio a bighellonare.

 

 

 

 

 


Spazio autrice: ciao a chiunque stia leggendo questa storia c: le canzoni che ho citato sono "Don't stop believin' (Glee Cast)" e "Hell song" dei Sum 41, due brani che tra l'altro trovo stupendi :D
  
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