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Autore: Aesir    02/09/2013    1 recensioni
Amore o morte?
Una decisione da compiere.
Una strada da scegliere.
Il peso del passato.
Il coraggio di vivere.
Non puoi portare indietro l'orologio, Dubhe. Non puoi far sì che le parole rientrino nella bocca. Ciò che è stato detto è stato detto... e nulla sarà più come prima. [...] Sarei pronta a sacrificare la poca vita che mi rimane, in cambio di una mera rassegnazione? Per salvarmi la vita ho calpestato tutto quello in cui credevo...
Genere: Fantasy, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dubhe
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Mondo Emerso'
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[…] Per rovesciare dal trono il Re del Cielo
scendiamo in guerra, se la guerra
è il meglio per riconquistare il diritto perduto,
ma possiamo sperare di farlo solo se
il destino eterno s'arrenderà alla volubilità
della fortuna, e solo se su questa contesa
sarà il caos ad emettere il suo giudizio”
-
John Milton, Paradise Lost, Book One

 

Scena Prima (I): CENERE

 

Shame on you for thinking
Your all alone
If you want I'll make you wish you were
Failing to impress
Why can't you sleep with
Someone who'll protect you
Harm is coming your way
Its coming your way

- Muse, Dead Star

L'assemblea si sciolse lentamente e i presenti abbandonarono uno ad uno la casa. Rimasero solo Dubhe e Learco, nel buio pastoso di quel luogo che odorava di muffa. Lei gli aveva tenuto gli occhi piantati addosso per tutto il tempo, mentre gli incappucciati sfilavano fuori silenziosi.
“Che cosa ti è venuto in mente?”, sibilò. “Ti ho dimostrato che sei libera di fare ciò che devi.” La voce di Learco era salda e la sua calma irritò Dubhe.
“È una questione che riguarda solo me! Perchè hai messo in mezzo questa gente?”
Lui sorrise con amarezza. “Io sono uno di loro, Dubhe, sono stanco di abbassare la testa. Sono anni che mi nascondo dietro il nome di mio padre. Gli ho dato tutto: la mia innocenza, i miei sogni, persino il mio sangue. E ho avuto in cambio solo il suo sguardo gelido e il suo disprezzo. Io sto diventando come lui, e questo non lo voglio. Per tanto tempo mi sono detto che non c'era altra via che ubbidire. Lui sarebbe morto e io avrei continuato a perpetrare le sue stragi, perchè ormai mi ero spinto troppo oltre per tornare ad essere quello che ero. Ma non è vero. Me l'hai insegnato tu, e tu sei la ragione per cui mi trovo qui adesso. Voglio che tu mi aiuti a farlo, Dubhe.”
Bastò quella frase, che forse non aveva nemmeno considerato nei suoi significati, per spezzare qualcosa dentro alla ragazza. Una campana le risuonò nelle orecchie, assordandola, coprendo la voce di Learco che diceva che cos'avrebbe fatto se fosse stato lui a prendere decisioni per il Mondo Emerso. Stupide illusioni, lo mise a tacere la ladra, presa da una rabbia di cui non comprendeva la causa. La gente vuole qualcuno che la comandi e che prenda le decisioni al suo posto, e, pur di non essere costretta a farlo, accetterà un tiranno. Se ne lamenteranno, certo, ma dentro di sé saranno sollevati. Fu la frase che sancì uno scisma insaldabile. Non ci voleva molto, in fondo, per mandare in frantumi una persona fatta di vetro come lo era lei; certo, poteva atteggiarsi a dura, ma la verità era che lo faceva per celare la propria debolezza al mondo, timorosa com'era che bastasse poco per ferirla in maniera irreparabile. Com'era appena accaduto.
Ecco, pensò Dubhe. Era strano, ma non provava tristezza nella constatazione che stava per fare; esitava solo, perchè significava dare addio alle speranze che l'avevano sostenuta per tanto tempo, ma, in fondo al cuore, sapeva, per quanto potesse illudersi di essere condannata. Un altro che non mi vede per quella che sono, ma solo per ciò che io rappresento per lui. Un giorno ti scontrerai con la realtà e ti accorgerai di aver amato un'illusione.
Learco la scosse un attimo: “Dubhe?”
Al diavolo. Pensi che sia un mezzo per sbarazzarmi di tuo padre, una rivincita su ciò che ha fatto? Allora anche tu sarai un mezzo per me, Learco, e null'altro... ma come posso agire di nuovo così? È già successo, e qual'è stato il risultato? Loro sono andati avanti, e io sono rimasta qui. Non posso! Che devo fare?
Il ruggito della Bestia le risuonò nelle orecchie, e Dubhe lo ascoltò con rassegnazione, senza provare a ribellarsi. Siamo solo io e te, alla fine.
“E va bene!”, esclamò dunque. “Stai sbagliando, non lo capisci? Io lo ucciderò, e tu non potrai mai amarmi perchè in me vedrai solo un'assassina. È questo che vuoi? Se lo è, se vuoi passare il resto della vita a odiarmi, dimmelo, e facciamola finita! Mi rifiuto. Me ne andrò, e non sentirai più parlare di me. Io non sarò un riscatto su tuo padre, mi hai capito?”
Non puoi portare indietro l'orologio, Dubhe. Non puoi far sì che le parole rientrino nella bocca. Ciò che è stato detto è stato detto... e nulla sarà più come prima.
Learco la guardò, sbigottito. Solo allora Dubhe si rese conto d'aver urlato. “Mi dispiace”, sussurrò. Si avvolse più strettamente nel mantello, calandosi il cappuccio perchè lui non potesse vedere le lacrime che le bagnavano le guance, e fece per andarsene.
Perchè non piove, dannazione? Perchè il tempo non risponde al mio umore?
Si sarebbe sentita molto meglio con la pioggia battente, lampi, tuoni, il finimondo, in pratica, invece di quella notte che più che altro sembrava invitarli a gettarsi insieme in un letto.
Mai più.
“Dubhe...” mormorò il principe. Lei si voltò a guardarlo. Ora nei suoi occhi scuri era riapparsa quella tristezza sconfinata che i pochi giorni felici sembravano aver scacciato. “Dubhe, ti prego. Voglio stare con te, solo questo. Non potrei mai disprezzarti, mi capisci? Sei... sei... sei l'unica cosa buona che mi sia mai capitata...”
La ragazza sentì il suo cuore sciogliersi a questa dichiarazione, ma si impose di restare fredda. Fu un enorme sforzo di volontà, ma ci riuscì. “Learco... la morte di una persona amata non è mai naturale. Dentro di te, non potrai fare altro che chiederti se non ci fosse stato un altro modo. Lo so, perchè ci sono passata. Ho ucciso una persona che amavo, l'ho avvelenata. E ancora oggi non riesco a perdonarmi. Ti prego, non...”
Si fermò. Aveva gli occhi lucidi per il pianto. Learco l'abbracciò, non riuscì a fare altro. Lei rispose quasi con disperazione, poi si staccò. Gli pose un bacio sulle labbra. “Addio.”
Lui la trattenne. “No, Dubhe. Ascolta, te lo prometto, non me la prenderò mai con te.”
La ladra lo fissò, un sorriso amaro sulle labbra. “Credi davvero che siano cose che puoi promettere o no?”
“Ti prego, io ti amo. Non ti basta questo?”
“Non è questo il punto. È che...”
“È che?”
Che non ami me. Ami la cortigiana che fingevo di essere, ami la ragazza timida con i capelli del colore del grano, ami la sua debolezza perchè ti fa sentire più forte, doverla proteggere. Tu non puoi vedere quella che sono davvero. E io l'ho capito troppo tardi.
“Basta, va bene? Me ne vado! Addio, Learco.”
Si alzò, senza che stavolta lui riuscisse a trattenerla, e imboccò la porta. Forse, se ci fosse stato il temporale che tanto desiderava, ci sarebbe anche riuscita. Invece quella notte tranquilla la turbò a tal punto che richiuse di scatto la porta.
“Non posso”, singhiozzò. “Non ce la faccio.”
Potrebbe essere la tua ultima possibilità di essere amata. Accettala, Dubhe, accettala con rassegnazione, perchè non troverai mai qualcuno come te.
Rientrò, fronteggiando il principe. “E va bene. E va bene! Farò ciò che vuoi!”
Abbassò la voce e si chinò verso di lui, parlando con tono più calmo di quanto non si credesse capace. “Learco, sto mandando all'aria tutto ciò in cui credo, per te. Lo sto facendo perchè ti amo. Fammi soffrire, e giuro che ti ucciderò.”
“Non accadrà, vedrai. Stai facendo la scelta giusta.”
“Non dirmelo!”, gli urlò in faccia. “Non dirmelo.”, ripetè a voce più bassa. “Non sarà mai giusto ciò che sto facendo, lo capisci?”
Mi sto vendendo, e tu mi hai appena pagato i trenta denari.
“Va bene. Posso darti un bacio?”
Perchè no? Ormai è finita.
Dubhe annuì. Rimasero stretti a lungo.
Quando si staccarono, lo guardò negli occhi. “Ce l'hai, un drago?”
“Sì, perchè?”
“Prendilo, dobbiamo andarcene subito.”
L'ultimo bacio che ti darò, ma almeno devo metterti in salvo.
Il cambio di discorso era stato così repentino da sconvolgerlo. “Perchè”, chiese, stordito.
“Uno dei vostri vi tradirà.” e prima che Learco riuscisse a chiedere come lo sapesse, aggiunse: “L'ho letto, va bene? L'ho letto da come si muove, da come parla. Andiamo, prendi il tuo drago e spariamo. Vado a chiamare Theana.”
“Chi?”
“L'altra ragazza che era con me... non sono così stupida da buttarmi nella bocca del leone da sola.”
“Va bene, ti aspetto nel giardino, fra un'ora. E... ti amo Dubhe.”
“Ti amo anch'io.”
Eppure, mentre lo diceva, sentiva una nota discordante suonare nelle sue orecchie.
Non è ciò che provi. Sono le ceneri di un incendio, tutto qui. Ciò che rimane.

“Theana...”
La maga battè le palpebre, confusa. “Dubhe... è già mattina?”, chiese, assonnata. Sbadigliò. “Ho di nuovo letto troppo prima di andare a letto...”
“No”, scosse la testa la ladra. “Ce ne andiamo.”
Questo la svegliò definitamente. “Andiamo? Non abbiamo ancora completato il rituale.”
Dubhe sorrise amaramente. “Non ho intenzione di completarlo.”
Con poche parole le raccontò quello che c'era fra lei e Learco, tenendo però per sé i propri dubbi, che ad ogni secondo che passava si trasformavano fastidiosamente in certezze, via via che ogni parola che si erano scambiati veniva letta con questa nuova luce.
“Ho trovato una ragione per vivere, quindi adesso posso anche morire”, terminò, mettendo in quella frase molta più convinzione di quanta non ce ne fosse in realtà. Theana annuì, e una scintilla rischiarò per un attimo l'animo di Dubhe: se non altro, ho trovato un'amica...

Learco fu di parola. Dopo un'ora stava puntualmente aspettando in dorso al suo drago. Le due ragazze lo raggiunsero.
“Andiamo”, fece la ladra, più freddamente di quanto non avesse voluto.
Salì sull'animale, poi aiutò Theana, notevolmente più impacciata, a fare lo stesso.
Si alzarono in volo. Il drago era una creatura grande e robusta, dall'aria nobile, verde con sfumature rosse. Aveva un'inspiegabile affinità di atteggiamenti con il principe, e il suo sguardo sembrava a tratti altrettanto triste. La ladra lo incrociò un momento, poi chinò il capo. Era stanca di vedere solo ombre sulla sua strada.
“E così, siamo di nuovo a viaggiare noi tre?”, disse Learco, per rompere il ghiaccio.
Dubhe fece un gesto con la mano. “Scusa, ma preferisco stare in silenzio.”
Lui annuì, rispettando il suo desiderio.
Ma la ladra non riusciva a tacere la voce che le risuonava nelle orecchie, quella che urlava: deficiente, hai buttato all'aria tutto!
Aveva perso Learco, aveva rinunciato alla salvezza. Cosa le restava, oltre al suo stupido orgoglio che le impediva di ammettere che la voce aveva dannatamente ragione?

Durante il volo non venne pronunciata parola. Theana era imbarazzatissima e cercava disperatamente di capire cos'avesse la sua amica; Learco dal canto suo si diceva che il suo atteggiamento era del tutto normale, che l'attendeva una prova molto difficile, e che doveva aspettare che le passasse. Non aveva idea di quanto fosse lontano dalla verità. Dubhe dal canto suo, era ignara dei pensieri dei compagni, e se ne fosse stata a conoscenza, se ne sarebbe dispiaciuta. Odiava che qualcun altro si preoccupasse per lei, odiava apparire una debole, come più che mai si sentiva in quel momento.

Atterrarono per la notte al confine con la Grande Terra.
Le schegge di cristallo nero che componevano il terreno, e che tutti i viaggiatori avevano imparato ad odiare, non risparmiarono nemmeno loro, e furono costretti a scrollare più volte gli abiti per sbarazzarsene.
A sorpresa Dubhe si avvicinò a Learco e lo strinse in un abbraccio. Parlò per la seconda volta dall'inizio del viaggio: “Scusa, mi sono comportata da stronza.”
Dato che lui la fissava senza capire, spiegò: “Durante il volo.”
Il principe sorrise: “Non preoccuparti, ti capisco. Vedrai, andrà tutto bene. Ben presto raggiungeremo Laodamea, ci metteremo sotto la protezione del Consiglio delle Acque. Poi andremo io e te da soli, torneremo nella Terra della Notte e uccideremo mio padre.”
Per me non c'è posto in tutto ciò. Morirò prima. Poi si accorse di un dettaglio della frase pronunciata dal principe. “Uccideremo? Ci sarai anche tu?”
“Dubhe, ti capisco. Lo so che non vorresti farlo, lo so. Ma devi, altrimenti morirai. Io non voglio che tu muoia, non potrei sopportare di vivere senza di te. Se posso aiutarti in qualche modo, lo farò. Ti prego, Dubhe, cerca di...”
“Di tornare quella che ero al palazzo?” Soriso amaro. Diglielo, tanto, ormai... “Learco, ti sei innamorati di un fantasma. Ti sei innamorato di una Dubhe che non esiste. Io sono quella che vedi ora. Io sono la ragazza che non sa darsi pace, che non conosce la tranquillità, che la gioia non sa neanche cosa sia. I miei occhi vedono solo dolore. Pensaci. Pensa con chi ti proponi di condividere la vita. Sei ancora in tempo per rinunciare.”
“No, Dubhe, ti amo per quella che sei davvero. Non ti lascerò mai, te lo prometto.”
La vedo dura, tu non hai la minima idea di chi io sia davvero... Parole, Learco. Belle parole, ma nient'altro. E le parole... le parole non bastano.
“È davvero una rottura questo cristallo nero, eh?”
Dubhe annuì, apprezzando il tentativo di cambiar discorso.
“Ogni volta che sono qui, penso al Tiranno, lo sai?”, mormorò. “Lo so che è sbagliato ciò che ha fatto, che voleva distruggere il Mondo Emerso, però... Però non riesco ad avercela con lui. Lo capisco, non posso dubitare delle sue scelte, le avrei fatte anch'io. È un personaggio che mi affascina.” S'interruppe, imbarazzata. “Adesso mi prenderai per pazza, ma...”
“No, no. È normale che tu lo pensi... hai vissuto un'esistenza crudele come la sua, la vita ti ha chiesto tanto quanto a lui.” La strinse a sé, e lei lo lasciò fare. Durerà poco, goditela finchè puoi.
“Avrà fine tutto ciò, te lo prometto.”
La guardò negli occhi. “Dai, fammi un sorriso.”
Lei eseguì. “Sei bella quando sorridi così.”
Le scostò la frangetta. “È così difficile ?”
Dubhe sorrise di nuovo, stavolta con più slancio. Dentro di sé però pensava. Come posso sorridere e dimenticare, quando il marchio che pulsa sul mio braccio mi ricorda ogni giorno le mie catene? E tu non sei che una di loro, più pesante perchè piacevole. La speranza, quella che dovrebbe seguire ognuno di noi, non è qui con me. Dov'è la mia speranza? Appesa alle fronde dei salici della terra dell'Acqua, forse. Io non ho diritto a sperare. Sperare è negare la realtà. Posso solo accettare di lasciarmi portare dalla corrente, e, si vedrà, è tutto ciò che ho.
Sentì che lui le veniva vicino. Si ritrasse per un momento. Che m'importa?, pensò subito dopo. Ormai è finita. Lasciò che l'abbracciasse.
Non è Learco... non solo. Anch'io ho la mia parte di colpe, prima di tutto la paura di amare. Ma se qualcuno crede che abbia intenzione di scusarmi, di chiedere perdono a me stessa, a lui o ad una qualche entità di ciò, si sbaglia di grosso. Nessuno ha il diritto di giudicare i miei sentimenti, a meno che non abbia vissuto ciò che anch'io ho provato. Finora questo mondo mi ha sempre deluso, ha sempre infranto le mie speranze. Sempre. E io sciocca a credere. E domani, e domani, e domani. Mi ha deluso troppe volte. Non voglio soffrire mai più. Non voglio, ma devo. Ma perchè, perchè, perchè? Perchè dev'essere per forza così? Perchè non può mai andare come voglio io? Perchè non posso trovare la pace? Perchè non riesco ad abbandonarmi? Cos'ho fatto, io tra tutti coloro che popolano il Mondo Emerso, per meritare questo? Sono stanca di recitare un ruolo che non mi appartiene, ma mi è stato imposto, forse sono stata senza amare talmente a lungo da non ricordare più come si fa. Perchè ogni volta che inizio a pensare a... qualcosa... di diverso, sento inevitabilmente un artiglio incidermi il cuore, dall'alto verso il basso, e continua a lacerarmi fino ad avere la certezza che mi sono arresa? Io cerco sempre di apparire forte, decisa, sicura... ma nella realtà, ah! Non ne posso più.
Sono stanca. Stanca. Non. Voglio. Più. Soffrire.

Mentre lentamente sprofondava nel sonno, ancora abbracciata a Learco, riuscì a tenersi aggrappato un solo pensiero.
Un sacchetto di cenere. Non resta altro, di me.

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Buongiorno! Ho deciso di ripubblicare la storia, adesso è più coerente con i passaggi successivi e soprattutto mostra una Dubhe decisamente più disillusa nei confronti del mondo. Poverina. Ho unito vari capitoli per pareggiare la lunghezza diq uelli dei libri successivi, quindi questo sarà più che altro un antefatto. non preoccupatevi, non ci saranno cambiamenti radicali nella storia.
Saluti, miei cari ventiquattro lettori! (magari!)

   
 
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