Dean afferrò prontamente il libro lanciatogli da Gwen. Le rivolse
un'occhiataccia e scosse la testa, accomodandosi nell'angolo del letto. Sempre
così scontrosa, pensò prima di sfogliarlo e leggere qualcosa in modo distratto.
«Da quando le lontre hanno a che fare
con i cani?» borbottò, retorico.
Lo abbandonò dopo qualche minuto insieme al mucchio
di roba che aveva portato con sé, le armi, sacchi di sale ecc.
Si alzò in piedi e sorpasso Gwen da un lato,
raggiungendo il tavolo dall'altra parte della stanza. Vi si appoggiò con
entrambe le mani ed osservò i reperti medici di entrambe le vittime. In tutti e
due i casi gli uomini erano stati privati di occhi e unghie, sia dei piedi che
delle mani.
Quale creatura preferisce i bulbi oculari alla carne
umana?, rifletté, cercando di ricordare se nel diario di John avesse mai letto
qualcosa di simile. Ovviamente conosceva quelle pagine a memoria, ogni appunto
che John aveva scritto era stato assimilato in poco tempo durante l'assenza del
padre. Per questo era piuttosto sicuro che il diario di John Winchester non
l'avrebbe aiutato. Per accertarsene però decise di dare un'occhiata veloce
all'oggetto. La prudenza non era mai troppa.
Torno a sedersi sul letto, e tirò fuori dal borsone
la fonte di informazioni per eccellenza, la cosa che aveva aiutato ad andare
avanti Sam e Dean per tutti quegli anni. Lo sfogliò velocemente ma attentamente
finché non arrivò all'ultima pagina. Chiuse il diario, rassegnato e sospirò.
«Be', questo sì che è un caso strano» commentò. «I
due signori qui non avevano proprio niente in comune?»
«Da quel che ne so io, no» rispose Gwen dopo aver
dato un sorso alla sua birra, scrollando le spalle. «Uno di loro viveva perfino
fuori Toledo.»
«Ma il suo cadavere è stato trovato morto qui,
giusto?» domandò ancora il ragazzo. Gwen annuì e Dean la imitò subito dopo,
mordicchiandosi il labbro, pensieroso. «Nah! Deve esserci qualcosa. C'è sempre
qualcosa.»
Ripose il diario nel borsone e tornò concentrato sui
documenti delle vittime. Si voltò a guardare Gwen, gli occhi ridotti in due
fessure.
«Hai controllato se i due simpaticoni si
conoscevano?» domandò, ricevendo soltanto un silenzio sospettoso come risposta.
Dalla sua espressione colpevole capì perfettamente
che quell'idea non le era nemmeno passata per la mente. Dean ridacchiò
divertito e anche molto compiaciuto.
«Lo prendo come un no» disse, dandole una pacca
consolatoria sulla spalla. «Non preoccuparti, succede anche ai migliori.»
Le diede le spalle e andò a sistemare le sue cose
sul divano nell'angolo della stanza.
«Domattina andremo a parlare con i famigliari di
questi poveri tizi. Adesso sono troppo stanco e ho bisogno di dormire almeno
per qualche ora.»
Se avesse potuto, gli avrebbe staccato quella mano a morsi. Quando la
incluse nel gruppo dei "migliori" però riuscì a salvarsi in calcio
d'angolo.
Come aveva potuto non pensare ad una cosa del genere? Era il punto in comune
più stupido di tutti! Si era così
tanto concentrata sulle questioni amorose per capire se potesse trattarsi di
vendetta passionale che si era totalmente dimenticata di chiedere conferme ai
parenti. Sapeva vita, morte e miracoli di quei fottuti tizi e non se si
conoscessero tra loro.
E ti serviva un Winchester per arrivarci?, si ammonì interiormente, scuotendo
la testa. Non poteva crederci.
«Domattina andremo a parlare con i famigliari di questi poveri tizi. Adesso
sono troppo stanco e ho bisogno di dormire almeno per qualche ora.»
Ah, già. Lui aveva guidato fino a Toledo partendo chissà da quale angolo
dell'America, si meritava un po' di riposo. E forse lo meritava anche lei ma
avrebbe retto, anche solo per mostrarsi più forte di lui. La sua mente era
davvero un labirinto pieno di trappole e pensieri contorti.
«E così sia» acconsentì indicando con un cenno della testa il letto che
occupava il centro della stanza. «Cadi pure nel tuo sonno profondo, Aurora, io
metto in ordine i distintivi per domani e butto giù un programma» gesticolò
mentre parlava, indicando tutto quello che aveva attorno di attinente al caso.
«Aurora? La principessa delle favole?» Sembrò volerle fare il verso lui,
fissandola con uno sguardo che per Gwen era fin troppo facile da decifrare.
«Sì, proprio quella» inarcò il sopracciglio, pronta a spiattellargli la sua
spigolosa risposta. «Solo che nel film in cui l'ho vista io era tutto tranne
che addormentata.»
«Come la Matrigna cattiva! Uh, quant'era cattiva.»
Sì, si erano capiti. Ancora.
«Quello era un altro film ma sì, il genere è quello» sorrise divertita
afferrando il borsone di Dean e sbattendolo per terra, liberando il letto. «E
adesso dormi. O vuoi che ti canti una ninnananna?» Gli spinse la fronte con
l'indice, ridacchiando tra sé e sé, prima di voltargli le spalle e raggiungere
l'armadio. Era lì che teneva il bauletto con dentro i distintivi e le carte
d'identità false, così come lo erano le loro carte di credito. Era risaputo che
i cacciatori fossero anche degli imbroglioni.
Dean era molte cose: pazzo, egocentrico, insopportabile, cinico, arrogante,
ecc. Ma di certo era pur sempre un uomo e non avrebbe mai lasciato che una
ragazza gli cedesse il letto per passare l'intera notte a lavoro. Era successo
un paio di volte con Jo, con la differenza che la piccola Harvelle aveva
astutamente finto di andare a dormire prima che Dean si addormentasse.
«Ho detto che voglio dormire. Con la tua ninnananna comincerei a soffrire di
insonnia» la canzonò con un sorrisetto, mentre cominciava a spogliarsi di ogni
indumento, cominciando con la giacca.
Per lui la privacy non sarebbe stata un problema. Di certo, come si può benissimo
immaginare, non era la prima volta che i due rimanevano da soli nella stessa
stanza. Già, Dean e Gwen erano stati a letto insieme un paio di volte. Una
caccia estenuante, due o tre cicchetti di più e si ritrovavano sempre sotto le
lenzuola. La verità era che Dean -nonostante tutto- era attratto da Gwen e la
cosa era reciproca.
«Senti, possiamo pensare a tutto domani mattina» disse, lasciando maglietta e
canottiera sullo schienale della poltrona davanti al divano. «Perché adesso non
pensi a rilassarti anche tu, mh? Scommetto che non dormi da almeno cinquanta
ore.»
Lui invece non dormiva da ben tre giorni. Aveva avuto un caso assai particolare
che gli aveva dato del filo da torcere. Senza Sam poi la situazione era
difficile e pesante da sopportare. Era privo dell'aiuto del piccolo dei
Winchester, perciò ci aveva messo più del solito ad arrivare ad una
conclusione. Non aveva nemmeno avuto il tempo di chiudere gli occhi che poi
ricevette la telefonata di Bobby, il motivo per cui adesso era lì.
«Non serve che ti preoccupi per me, Dean» ribatté Gwen senza nemmeno degnarlo
di uno sguardo, impegnata ad armeggiare con distintivi falsi e altra roba da
cacciatori.
«Senza offesa, dolcezza, ma non hai un bell'aspetto» insistette Dean,
spogliandosi anche dei jeans per rimanere liberamente mezzo nudo. «Dovresti
dormire.»
Bla bla bla, qualche tentativo di farle cambiare idea, un paio di osservazioni
sulle sue evidenti occhiaie che le marcavano gli occhi e un sincero consiglio
che avrebbe dovuto seguire.
Mentre ne se stava di fronte all'armadio, Gwen sentiva Dean parlarle e
spogliarsi, mandando in fumo quel suo ordine che di rado aveva.
«Mai quanto te, tesoro. Nelle condizioni in cui sono i tuoi occhi, anche il
mostro con cui abbiamo a che fare ti schiferebbe» ribattè senza difficoltà
scegliendo il distintivo più consono a quel caso e lanciandolo sul tavolo,
ovviamente centrandolo in pieno, non occorreva nemmeno farci caso visto che era
una cosa piuttosto scontata per un cacciatore avere un'ottima mira.
«Credi che a te riserverebbe un destino meno generoso?»
«Dormi» disse ferma chiudendo le ante dell'armadio e avvicinandosi ancora una
volta al tavolo, come se non avesse percorso quel tratto di stanza già un
centinaio di volte nell'arco di quei due giorni.
Ma Dean non sembrava volerle dare ascolto. Certo, avrebbe voluto dormire e
mandarla a quel paese ma quel suo essere dannatamente virile non gli avrebbe
mai concesso una cosa del genere.
E così lei avrebbe avuto un morto di sonno sulla coscienza. E Dean aveva
davvero bisogno di dormire. Era già un miracolo il fatto che fosse arrivato a
Toledo sano e salvo senza schiantarsi contro qualche albero a causa di un colpo
di sonno.
«Sei un vero rompiscatole, lo sai questo?» Si lamentò sospirando e rilassando
le spalle, indolenzite dalla mancanza di tregua da più o meno cinquanta ore.
E iniziandosi a sfilare le scarpe, seguite poi dai calzini e dai jeans, firmò
la sua resa.
«Io prendo il divano» si offrì cavallerescamente Dean sorridendo vittorioso,
non alzandosi però dal letto forse perchè sapeva la reazione di Gwen.
«Non hai detto di voler dormire? Beh, ti assicuro che su quel divano dormire è
impossibile» scosse la testa avvicinandosi al letto ed alzandone le lenzuola.
«Non mordo, Dean» lo invitò a seguirla, sedendosi sul letto prima di togliersi
anche la maglia, impassibile. «Cioè sì, mordo, ma non adesso» si corresse con
un sorrisetto colpevole, appoggiandosi allo schienale del letto a braccia
conserte. «Ti muovi o no?»
Erano proprio come cane e gatto, con la differenza che un cane avrebbe fatto
del gatto la sua merenda. Loro, invece, bisticciavano come una vecchia coppia
sposata, ma continuavano a preoccuparsi l'uno per l'altra. Carini, avrebbe
pensato chiunque li avesse guardati. In realtà erano esattamente il contrario.
Dean inarcò le sopracciglia, ragionando interiormente sulla sua proposta. Stare
nello stesso letto insieme a Gwen non era mai una buona cosa, soprattutto
quando entrambi erano svestiti in quel modo. La guardò a lungo, valutando le
due opzioni. Spostò lo sguardo sul divano che, a dirla tutta, aveva un'aria
davvero discutibile. In pelle, un po' rovinato sulle cuciture e dai cuscini non
esattamente accomodanti. Guardò il letto e poi ancora una volta Gwen, che
batteva una mano nel posto vuoto accanto al suo.
Dean sospirò e si decise a muoversi. Le si stese affianco e appoggiò la testa
sul cuscino. Chissà cosa direbbe Jo, pensò improvvisamente mentre Gwen si
sistemava sotto le coperte e spegneva la luce della bajour sul comodino.
Improvvisamente si sentì in colpa, come se ciò che stava facendo avrebbe potuto
ferire i sentimenti di Jo.
Andiamo! Sto soltanto cercando di dormire, pensò accigliato. Scosse la testa e
si disse di non fare l'idiota. Dormire in compagnia di una ragazza non aveva di
certo mai fatto male a nessuno. Concentrati sul caso piuttosto!, lo rimproverò
una vocina interiore che doveva essere la sua coscienza. Dean in versione
coscienziosa... uno spettacolo che nessuno delle persone che lo conoscevano
avrebbero mai voluto perdersi.
«Come mai Sam non è con te?»
La voce di Gwen riuscì a distoglierlo dai tutti quegli inutili pensieri. Dean
sospirò e la guardò per qualche secondo.
Cavolo. Aveva quasi dimenticato che Sam non era più insieme a lui. A volte,
pensare che lui era fuori a prendere una boccata d'aria gli dava conforto.
«Io e Sam abbiamo deciso di andare ognuno per la sua strada» rispose in tono
distaccato e freddo.
Dean non si preoccupò di constatare la sua reazione, ma era piuttosto sicuro
che ne fosse rimasta sorpresa.
Inizialmente non ci aveva fatto nemmeno caso: vederlo varcare quella porta le
era bastata come novità da dover accettare. Ma realizzare che fosse da solo
senza la sua voluminosa ombra dietro, ora che ci pensava, era davvero strano.
Per questo le venne spontaneo
chiederlo. Non temeva di toccare tasti pericolosi come "morte" o cose
gravi come quella, Dean non sarebbe stato di certo lì con lei a pensare a quel
caso se suo fratello Sam fosse morto. Ne era più che certa. Perchè? Perchè se
fosse successo a lei con Millicent non avrebbe pensato ad altro che a come
riportarla in vita.
L'ennesima dimostrazione di come le loro menti viaggiassero alla stessa
frequenza.
Solo che non si sarebbe mai aspettata una risposta come quella che le diede
qualche secondo dopo, il tono glaciale e fermo.
Esisteva segno più chiaro? Ogni volta che tirava fuori quella voce profonda,
Dean tentava di sopprimere qualcosa nelle profondità del suo stomaco.
Annui silenziosa, cosa molto rara per una che non riusciva a frenare la propria
lingua neanche quando rischiava di rimanerci secca. Non per niente provocare i
suoi rapitori o aggressori era una cosa più che normale per lei.
Solo che quella volta non seppe cosa dire. Anche solo l'immaginare sua sorella
mentre le diceva di aver scelto una vita da cacciatrice solitaria le fece
accapponare la pelle. No, lei non l'avrebbe lasciata andare, neanche sotto
tortura. Ma le sorelle Breakbones non erano i Winchester, anche se delle strane
somiglianze accomunavano le due famiglie.
Sospirò e si morse il labbro, ancora sovrappensiero. Più che rimanere sorpresa,
quello per lei era stato uno shock.
«E a te sta bene?» Chiese poi liberando le braccia dalle lenzuola,
poggiandosele sulla pancia coperta.
Quello non era fare i sentimentali, non esattamente. Né tanto meno Gwen voleva
che il cacciatore si sfogasse per liberarsi di quell'enorme macigno familiare:
non l'avrebbe fatto comunque. Lo faceva a stento con il diretto interessato,
come avrebbe potuto farlo con qualcun altro? Anche se, quello che si dicevano
Gwen e Dean, rimaneva sempre e comunque tra loro. E a maggior ragione sarebbe
stato così con le questioni serie e personali.
Sam era stato chiaro: non era nelle condizioni di cacciare. L'unica cosa a cui
riusciva a pensare era il sangue di demone, al potere che ne ricavava da esso.
Voleva sentirsi forte, invulnerabile, potente più di tutti, più di qualsiasi
demone. Aveva fatto un bel po' di danni lungo la strada che aveva percorso
insieme a Ruby e non aveva intenzione di provocarne altri, soprattutto se poi
era il fratello maggiore quello a doverli riparare.
Dean, dal suo canto, passava tutto il tempo a preoccuparsi per lui invece di
svolgere bene il lavoro. Non poteva permettersi distrazioni così grandi, non
quando in ballo c'era la vita di sei miliardi di persone. Stava cercando di
salvare il mondo, ma la presenza di Sam, ora come ora, non lo aiutava affatto.
Anzi, peggiorava la situazione.
L'ultima volta che l'aveva visto risaliva più o meno a tre settimane prima,
quando il primo cavaliere dell'apocalisse, Guerra, aveva deciso di
sguinzagliare i suoi dannati trucchetti sull'intera River Press, nel Colorado.
Da allora non l'aveva più sentito, nemmeno una telefonata, neanche un messaggio
in segreteria da parte di uno o dell'altro. Niente di niente.
Questo non doveva voler dire che i Winchester se la passassero bene senza la
rispettiva presenza reciproca. Dean provava tutti i giorni a telefonargli, ma
non appena la segreteria scattava riattaccava, sapendo che qualsiasi cosa
avesse detto non avrebbe giovato a nessuno dei due. Anche Sam faceva lo stesso,
a volte restava seduto sul letto a fissare lo schermo del suo cellulare,
sperando che Dean lo chiamasse. O almeno tentando di trovare il coraggio per
farlo personalmente.
Questo Dean non lo sapeva e probabilmente non l'avrebbe mai saputo.
«Sì» rispose, rivolgendole uno sguardo breve. «Sì, mi sta bene.»
Spostò lo sguardo aldilà della finestra, da dove filtrava un leggero bagliore
che rendeva la stanza appena illuminata, e si chiese che cosa stesse facendo
Sam in quel momento.
«Dovremmo riposare» disse poi, sistemandosi su di un fianco, proprio rivolto
verso di lei. «Cerca di non fissarmi troppo mentre dormo, okay?»