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Autore: Greenflares    03/09/2013    4 recensioni
“Senti,” cominciò Stiles, raggomitolato al sicuro nella sua Jeep mentre guardava enormi scrosci di pioggia rotolare giù per il parabrezza, annebbiandogli la vista “in questo momento sono bloccato da qualche parte nel bel mezzo del nulla e credo di aver bucato.”
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: You called, I answered

AutoreGreenflares  http://www.fanfiction.net/u/3159999/Greenflares

Traduzione: Andy2412 

Parole: circa 12000 parola più parola meno 

Disclaimer:  niente di quanto riportato qua sotto mi appartiene ecc. , stessa cosa per l'autrice della storia. 

Autorizzazione per tradurreI'm perfectly happy with you translating it and posting it, just so long as I'm credited as the original author, like you said.
If/when you post it, I'd love a link to it just so I can check it out!




“Senti,” cominciò Stiles, raggomitolato al sicuro nella sua Jeep mentre guardava enormi scrosci di pioggia rotolare giù per il parabrezza, annebbiandogli la vista “in questo momento sono bloccato da qualche parte nel bel mezzo del nulla e credo di aver bucato.” 

Derek sbuffò sconcertato. “Dove sei?” domandò, anche se suonò più come un ordine che come una domanda e di solito Stiles avrebbe obbiettato - dopotutto pretendeva solo rispetto e comune cortesia, grazie tante - ma al momento non era esattamente nella posizione per cominciare a criticare l’unica persona che aveva risposto al telefono.

“Ho appena lasciato casa di Scott,” rispose aspramente, sentendo già il giudizio che stava per arrivare, “Io, uhm …ho preso la strada veloce per andare a casa.” 

“Con strada veloce,” ringhiò Derek, “per favore dimmi che non intendi la strada che attraversa la foresta.” 

Stiles sussultò. “Posso mentire se questo ti facilita le cose.” 

“Dannazione, Stiles,” borbottò l’alpha e il ragazzo potè sentirlo prendere le chiavi dell’auto, “lo sai che mi ci vorrà mezz’ora per raggiungerti con questo tempo, vero?” 

Stiles lo sospettava, ma aveva cercato di restare positivo. Tutte le sue speranze erano state spazzate via, adesso. “Non dirlo,” si lamentò, “ non portare sfiga. Potresti sorprenderti di te stesso e arrivare in dieci minuti. Sogna in grande, Derek.” 

“Non sperarci troppo,” gli disse e il ragazzo lo sentì salire in macchina. “Ok, sto arrivando. Sarò lì tra poco. Non, uh, andartene in giro o roba simile.” 

“Gesù, per chi mi hai preso, per un idiota?” brontolò Stiles, “non me ne andrò a spasso nel mezzo di una tempesta,Derek. Posso essere un piccolo e debole umano. Ma non sono completamente inutile.”   

“Bene,” grugnì Derek, prolisso come non mai. “Sei ancora sulla strada?” 

Stiles strizzò gli occhi per vedere oltre i finestrini sfocati della sua macchina e sospirò.
“Si, proprio bloccato nel mezzo, veramente.”

Il lupo grugnì di nuovo e poi cadde la linea. Ovviamente quello era il modo in cui Derek terminava una conversazione. Ovviamente. Perché Stiles avrebbe dovuto aspettarsi diversamente?

“Maleducato,” borbottò lasciando ricadere il cellulare sulle ginocchia. “ Lupo maleducato con problemi di comunicazione.” 

Accese la radio dell’auto sperando di poter ascoltare qualcosa di interessante, ma tutto quello che ottenne furono disturbi e interferenze, così la spense di nuovo.
Accigliandosi, si afflosciò con un brontolio sul sedile e cominciò una partita a Temple Run sul cellulare. 

“Stupido universo.” borbottò, mentre aspettava l’arrivo di Derek.
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Fu venti miniti dopo che un bagliore di fari interruppe il nuovo record di Stiles.

“Finalmente,” si lamentò, riparandosi gli occhi dalla luce , mentre Derek si avvicinava con una braccio sollevato a ripararsi dalla pioggia. Abbassò il finestrino e urlò,” Te l’avevo detto che non ci avresti messo mezz’ora.” Fece un gran sorriso “Mio prode cavaliere.” 

“Siamo entrambi fortunati che tuo padre non sia di pattuglia in questa zona, perché sono piuttosto sicuro di aver infranto più di un codice stradale venendo qui.” brontolò, sollevando la giacca per ripararsi il collo. “Quale gomma?” 

“Posteriore sinistra,” rispose e con un piccolo sbuffo di rassegnazione richiuse il finestrino, per poi scendere velocemente dall’auto ed essere investito dalla tempesta.
Le scarpe sprofondavano nel fango e scivolò più volte per raggiungere Derek dietro la macchina. L’acqua che gli gocciolava giù per il collo lo fece rabbrividire. 

“Quando è stata l’ultima volta che hai fatto controllare le gomme?” domandò, anche se dal tono Stiles capì che sapeva già che la risposta era ‘parecchio tempo fa’.

“Sono stato impegnato, ok?” rispose il ragazzo sulla difensiva. “In caso tu non lo abbia notato, ho passato quasi tutto il mio tempo ad aiutare questo lupo mannaro decisamente poco amichevole e il suo branco, poi quando ho quiche momento libero, occasionalmente, vado in quel posto chiamato scuola - forse ne hai sentito parlare.” 

Derek sbuffò stizzito, ma non si spinse oltre. Stiles guardò la pioggia scivolare giù per la sua guancia, lungo la curva della mascella e la lunga linea della gola.

“Allora,” continuò il ragazzo, distogliendo lo sguardo da Derek e dondolandosi sui piedi infangati, “puoi sistemarla?” 

L’alpha si accigliò un po’ mentre osservava la ruota bucata e Stiles cominciò ad andare nel panico.

“Puoi aggiustarla, vero? Voglio dire, lo hai fatto un sacco di volte, no?” Continuava a spostare lo sguardo agitato dall’espressione torva di Derek alla macchina infangata. “Non è - non è distrutta, vero? Non dovrò comprarmi una nuova macchina, no? Perché, lascia che te lo dica, non posso permettermene una nuova, non con questa economia.” 

“E’ solo una gomma a terra.” disse sbrigativo, tranquillizzando un pochino Stiles.
“Il vero problema qui è la strada, non so se te ne sei accorto, ma sei parecchio impantanato.”

Stiles osservò di nuovo la propria auto, accorgendosi del fango grigio-marrone che arrivava a metà delle gomme. “Wow,” mormorò, “c’è un po’ di fango.” 

“Già,” disse Derek, “è quello che succede di solito se combini acqua e terra, sai?” 

“Hey, non fare il sarcastico con me, signorino,” rispose, con un piccolo sorriso. “Sono io quello che fa le battute qui e sarà meglio che tu lo tenga a mente.” 

“Stiles non credo che dovresti cercare di cambiare la gomma mentre piove così.” continuò Derek, “ Specialmente visto il fatto che siamo nel fango fino alle ginocchia.” 

Il ragazzo mise il broncio e si spostò un po’ nel fango, poteva sentirlo viscido e bagnato infilarsi tra le dita dei piedi. “Sprofonderà se la lascio qui?” 

Derek lo guardò storto, “No, Stiles,” disse,” la tua macchina non affonderà.” 

“Hey,”borbottò, “è una preoccupazione valida. Chiaramente non hai mai visto La Storia Infinita da bambino, vero? Traumi da sabbie mobili.” finse di asciugarsi un lacrima. “Riposa in pace Artax.” 

Continuò a guardarlo male, la pioggia che scintillava sulla sua pelle.

“Ok, come vuoi, la lascerò qui.” cedette Stiles, “Ma se domani torno e scopro che è affondata nel fango, pagherai per la mia terapia, perché ti garantisco che sarò distrutto.” 

“Certo,” accettò Derek, “Adesso però saliamo in macchina, okay? È troppo bagnato adesso.”

Il ragazzo sbuffò e andò a recuperare le sue cose dalla Jeep, prima di chiuderla e seguire Derek alla sua macchina.

“Paparino tornerà presto.” mormorò, guardando la sua auto attraverso il finestrino mentre l’altro faceva inversione e si avviava verso la città. “Fatti coraggio!” 

“E’ una macchina, Stiles” gli ricordò Derek, “ starà bene.” 

“Tu dici così, ma prova a pensare a tutte le cose orribili che potrebbero accaderle mentre sono via.” Rabbrividendo appena, mormorò depresso “Potrebbero farci la tana dei procioni.”Diede un’occhiata a Derek che era concentrato sulla strada. “Credi che sarebbe un gesto crudele spostare una famiglia di procioni dalla mia Jeep se ci si fossero trasferiti per colpa mia?”

“Non credo che tu ti debba preoccupare di trovare la macchina infestata dai procioni,” rispose, e Stiles potè quasi scorgere l’ombra di un sorriso all’angolo della sua bocca. 

“Sai,”disse, sistemandosi sul sedile di pelle in modo da essere voltato verso Derek, “proprio quando penso di averti inquadrato, tu mi sorprendi mettendoti a sorridere in quel modo.” 

L’alpha lo guardò per un momento, un sopracciglio leggermente sollevato. “Che vuoi dire?” domandò.

“Non sei quello a cui sono abituato,” ammise Stiles. “ Sei silenzioso e riservato, non ridi mai e quando fai una battuta è quasi motivo di festa nazionale.” 

Derek si corrucciò di più. “Rido qualche volta.” borbottò.

Il ragazzo lo fissò. “Si, certo, vedi, quando lo dici così? Tutto sopracciglia corrugate e atteggiamento ostile? Questo non ti dipinge esattamente come un tipo che ride molto.”

“Forse sei tu che non sei spiritoso, ci hai mai pensato?” suggerì in modo tagliente. 

“Ha-ha.” ribattè Stiles. “Sappiamo entrambi che sono il re della risata da queste parti, qualcuno doveva sopperire alla tua mancanza di humor e io mi sono preso questa responsabilità.” 
 
Tra di loro scese un silenzio imbarazzato. Stiles osservò i tergicristalli muoversi ritmicamente sul vetro , mentre cercava di pensare a un modo per spiegare ciò che intendeva senza rigirare il coltello nella piaga. 

“Non sono abituato alle persone silenziose,” disse alla fine, la sua voce echeggiò nel silenzio dell’auto. “Sei davvero molto riservato - e questo mi inquieta. Voglio dire, mi conosci, lo sai quanto parlo. Quando incontro qualcuno che non è come me mi fa paura.” 

Derek sollevò un sopracciglio ma mantenne lo sguardo sulla strada, “ Stai dicendo che ti faccio paura…perché non parlo continuamente?” 

Stiles sbuffò infelice e rispose “E’ più per il fatto che non condividi mai niente con nessuno di noi. A dire la verità devo sforzarmi per capirti, lo sapevi? Devo leggere tra le righe.” 

“E con gli altri invece non devi farlo?” 

“Gli altri sono facili da capire,” gli disse, pensando ai suoi amici. “Scott è un libro aperto. E’ un pessimo bugiardo e condivide tutto. Poi le persone come Lydia e Jackson si comprendono facilmente in base a quello che mostrano di se stessi. Quello di cui parlano , quello che dicono degli altri…ma tu…” Si accigliò, mordendosi il labbro pensieroso. “Tu non condividi nulla.” Voltò la testa per osservare il suo profilo. “Non c’è niente su cui lavorare a parte il fatto che non condividi niente.” 

“Ed è una brutta cosa?”domandò Derek con voce neutrale.

“Non brutta,” obiettò Stiles, “Solo diversa. Strana.” Fece un timido sorriso. “Ti si addice. Diverso e strano.” 

“Ma tu non mi capisci.” constatò l’alpha. 

“Nemmeno un po’.” concordò il ragazzo. “E’ come se parlassi in codice.” 

Derek lo guardò ancora una volta prima di riportare gli occhi sulla strada. “Huh.” 

Stiles lo fissò a bocca aperta. “Vedi?” gridò. “E quello cosa diamine vorrebbe dire?” 

Derek azzardò un sorriso. 

Quando accostò sul vialetto di Stiles, il ragazzo fu sorpreso. Era sicuro che non fossero passati più di cinque minuti. 

“Riunione del branco domani, ricordatelo,” disse l’alpha mentre Stiles raccoglieva le sue cose.

“Verrò ricoperto di campanelli.” promise. “Veri campanelli. Dozzine, di varie forme e dimensioni.”   *

Le labbra di Derek minacciarono di nuovo di curvarsi in un sorriso e Stiles sorrise a sua volta. 

“Buona notte Stiles,” sbuffò il lupo, e il ragazzo lo prese come segnale per ritirarsi.
“Dopo la riunione possiamo andare a recuperare la tua Jeep, se vuoi.” 

“Mi farebbe comodo.” rispose Stiles. “Grazie. Ci vediamo domani”. Aprì la portiera e fu investito da una folata di aria gelida che lo fece rabbrividire. “Notte.” 

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 “Queste riunioni sono decisamente deludenti, sai?” sospirò Lydia, dividendo con cautela un pezzo di pizza dagli altri e sporcandosi con la mozzarella filante che non ne voleva sapere di staccarsi. “Mi aspettavo Fight Club: The Werewolf Edition.” 

“Invece è come stare a un pigiama-party per dodicenni.” brontolò Erica, leccandosi l’angolo della bocca e lanciando un tovagliolo appallottolato contro la testa di Isaac. 
“Onestamente mi sorprende che non abbiamo ancora cominciato a giocare ai videogiochi e sparlare di ragazzi.” 

Stiles lanciò un’occhiata a Derek che se ne stava seduto imbronciato tra Jackson e Boyd. Non aveva contribuito alla conversazione da più di mezz’ora, ormai, e ad ogni commento sulla serata sembrava incupirsi sempre di più. Non ci voleva un genio per capire che si sentiva insultato. Lui era l’alpha dopotutto. Un insulto alla riunione del branco era un insulto a lui. Stiles almeno quello lo capiva. 

“La vedete nel modo sbagliato,” esclamò, attirando gli sguardi dei presenti su di se. Sentiva che Derek lo stava osservando. “Non è una sessione di allenamento… è più un’esperienza per legare, in realtà.” Guardò di nuovo il lupo e incontrò uno sguardo vuoto, sempre meglio del solito broncio.
“Siamo un branco, dobbiamo essere uniti. Pizza e chiacchiere sono il nostro modo di farlo.” Si allungò e prese una fetta di pizza Hawaiian per sottolineare il concetto. 

“Stiles ha ragione,” disse Scott, ricevendo un sorriso soddisfatto da parte del suo migliore amico, “non siamo qui per imparare a combattere, siamo qui per diventare più forti come squadra.” Si voltò a guardare l’alpha “Vero?”

Derek sembrò a disagio con tutti gli sguardi puntati su di lui, come se preferisse essere lasciato totalmente fuori dalla conversazione. Le sue labbra si contrassero per un momento, prima di rispondere “Si. Certo.” 

“Prolisso, come al solito.” borbottò Stiles e l’alpha lo guardò in cagnesco. Oh già, realizzò Stiles con un attimo di ritardo, orecchie da licantropo. Oops.

La conversazione riprese lentamente e il ragazzo si rimise a sedere, sorseggiando la propria Coca-cola, cercando di non origliare quando era esattamente ciò che stava facendo. 

Derek era disagio sotto pressione, quello Stiles l‘aveva già notato. Non amava che le sue decisioni o azioni fossero giudicate o messe in dubbio. Non aveva molta sicurezza in se stesso e nelle proprie scelte e questo si presentava agli altri come insofferenza.
Il ragazzo sapeva che era un buon leader- o lo sarebbe diventato, forse - ma al momento era tutto troppo nuovo per lui. Era in una situazione precaria. 

Stava ancora osservando Derek quando questo si alzò raccogliendo i cartoni di pizza e i bicchieri, per poi impilarli e trasportarli, con incredibile facilità ed equilibrio, fino in cucina. Non appena se e fu andato, Erica entrò nel suo campo visivo, le labbra rosso acceso che formavano un sorrisetto di una che la sa lunga.

“Hai intenzione di dirmi a cosa stai pensando?” domandò, piegando la testa e incrociando le braccia al petto, aspettandosi una risposta.

“Oh sai,” mentì Stiles, “Stavo solo riflettendo sulle origini dell’universo. Niente di che.”

Erica fece una risatina e si avvicinò con fare cospiratorio. “Bugiardo,” sussurrò. “sei stato stranamente silenzioso per tutta la sera e non hai staccato gli occhi di dosso da un certo qualcuno dal momento in cui sei arrivato.”  

“Hey,” borbottò, “ti dispiacerebbe lasciare a un ragazzo un po’ di spazio per respirare?” 

Sorrise maliziosa, con i denti affilati bene in vista e disse a bassa voce “Se me ne sono accorta io, non ci vorrà molto prima che lo faccia anche lui.” Finalmente, con un ultimo sorrisetto, si voltò e se ne andò, tornando a sedersi accanto a Lydia.

Stiles restò seduto scosso e frustrato, cercando di riportare i propri pensieri all’ordine precedente. Scandagliò la stanza con gli occhi, ma Derek era ancora in cucina. Senza nemmeno pensarci, si alzò e lo raggiunse. 

Il lupo era in piedi di fronte al lavandino, entrambe le mani appoggiate sui fianchi in segno di disapprovazione. Stava fissando il lavandino come se avesse gravemente offeso lui e tutta la sua famiglia e fosse sul punto di pagarne il prezzo.

“Uh,” cominciò il ragazzo, esitante, rimanendo sulla soglia, “ho interrotto qualcosa, qui? Vuoi che vi lasci soli?” 

Derek brontolò “Ha smesso di funzionare.” 

Stiles sbattè le palpebre. “Il lavello? Si, beh, cos’ha? Cent’anni?” 

L’alpha non rispose, e quello fu sufficiente.

“Onestamente,” continuò, “perché non ti sei ancora trasferito? Questo posto sta cadendo a pezzi e per metà è ridotto in cenere.”  

Derek continuò a guardare in cagnesco il lavandino. “Questo posto è ok.” 
“Ora, questa è una bugia bella e buona,” esclamò Stiles scoppiando a ridere. “Questo posto è-” si fermò, le parole ‘trappola mortale ’ sulla punta della lingua. “- è pericoloso.” disse invece.

L’alpha grugnì, come se fosse una valida risposta.

Il ragazzo sospirò appoggiandosi al muro della cucina. “Potremmo chiamare un’idraulico.” suggerì stancamente. “Credo di avere ancora il numero di quel tizio che di solito chiamavamo io e mio padre sul cellulare.” 

“Più tardi,” concesse Derek, e con un breve sbuffo cominciò a spingere i cartoni della pizza nella pattumiera. “Appena finiamo qui andiamo a recuperare la tua macchina.” disse, spostando lo sguardo su Stiles. “Quando sei pronto.”

“Dici che dovrò portarmi una gabbia? Nel caso i procioni abbiano scelto la mia Jeep come nuova casa e debbano essere spostati? Non sicuro che sarebbero degli ottimi animali da compagnia. Probabilmente potrei adottarli. Voglio dire, uno o due. Non un’intera famiglia. Anche se forse è un pochino crudele? Dividere una famigliola in quel modo.”

“Stiles,” disse Derek e bastò solo il suo nome, il ragazzo sorrise e andò ad aiutarlo con i cartoni della pizza. 
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“Allora,” cominciò Stiles, cominciando a sentirsi un po’ in imbarazzo, “la riunione di stasera è andata bene.” 

Il lupo inarcò un sopracciglio.

“Hey, è andata bene, davvero!” insistette il ragazzo. “Pizza gratis è sempre una buona cosa! Mi è stato insegnato che a caval donato non si guarda in bocca.”*
 
“Erica e Lydia sembravano pensarla diversamente,” puntualizzò Derek, e sì, Stiles aveva ragione, se l’era decisamente presa.

“Se ne faranno un ragione,” lo rassicurò. “Lydia aveva delle aspettative un po’ troppo alte - voglio dire, andiamo, come potrebbe qualunque cosa noi facciamo battere la grandezza di Fight Club - ed Erica… beh, conosci Erica. Lei trova sempre il modo di provocarti.” 

Derek annuì pensieroso, mentre svoltava nella strada sterrata in cui la macchina di Stiles li aspettava. 

“Non puoi prenderla sul personale,” continuò, sbirciando verso Derek per assicurarsi che non fosse offeso. “Non è colpa tua se non apprezzano una buona pizza Hawaiian e la coca alla vaniglia.”

“Non l’ho presa sul personale,” brontolò Derek.

“ Certo, infatti non sembri affatto seccato,” gli fece notare Stiles, guardandolo con la coda dell’occhio. “Ammettilo, amico. Hai delle emozioni. L’ho sempre sospettato.”

L’alpha sospirò esasperato, come se Stiles fosse una maratona senza fine, “Non voglio parlare di sentimenti,” si lamentò. “Perché invece non ci godiamo semplicemente un po’ di silenzio?” 

“Perché in caso tu non l’abbia ancora notato, non ci riesco.” Tolse un filo che spuntava dalla manica della sua camicia a quadri. “Sono come uno squalo, se smetto di parlare muoio.”*

“No, semplicemente ti piace il suono della tua voce,” ringhiò Derek.

“Mi piace il suono della tua, veramente,” replicò Stiles, senza connettere la bocca al cervello, “ma dato che non parli mai di tua spontane a volontà, devo spingerti a farlo.” 

Derek si voltò a fissarlo talmente a lungo che il ragazzo ebbe paura di finire contro un albero. 

Consapevole di aver detto qualcosa di un po’ troppo rivelatorio, Stiles cerco subito di cambiare argomento. 

“Quindi,” esalò, “la casa.” 

L’apha arricciò il naso ringhiando. “Non di nuovo.” 

“Devi capire quanto è insicura, amico.” si lamentò il ragazzo. “La struttura è talmente pericolante che scommetto perfino gli animali selvatici sanno riconoscere che è una pessima scelta come casa.” 

“E’ a posto,” protestò Derek, rifiutando la verità, “Non è che sia totalmente in rovina.” 

“Il fatto che sia anche solo parzialmente in rovina è una ragione sufficiente per trasferirsi.” lo avvisò Stiles, “Ma a parte questo, non ti da fastidio l’odore?” 

L’altro si irrigidì appena, “Non è niente.” 

“E’ solo che non capisco perché ti ostini a vivere lì,” sospirò, mettendosi a osservare la foresta intorno a loro. “Non ci sono - non ti torna in mente - come fai con tutti i brutti ricordi?”

Derek scrollò le spalle, visibilmente teso.

“E’ un tantino morboso,” disse Stiles. “Solo un tantino.” dimostrò avvicinando l’indice e il pollice , fin quasi a farli toccare.

“E’ dove sono cresciuto.” rispose Derek recalcitrante, come se gli facesse male ammetterlo. “Ci sono - non sono tutti brutti ricordi.” 

Stiles fece una pausa. Immaginò Derek da bambino, con una famiglia numerosa, felice.

“Non pensi- forse- di starti… punendo un po’ ?” domandò in tono basso e gentile, pieno di trepidazione. Questo era un argomento che richiedeva quella che definiva la sua Voce da Terapista. 

L’altro strinse i pugni attorno al volante, un piccolo segnale di come si sentiva- e, hey, quello era un buon segnale, no? Almeno stava mostrando delle emozioni. “Stiles,” disse serio e brusco. 

“No, davvero, sono seriamente preoccupato, qui,” lo interruppe. “E’ un po’ da malati, sai, vivere nelle rovine del posto dove è morta la tua famiglia.”

Derek aumentò la presa fino a far sbiancare le nocche, “Non voglio parlarne.” 

Stiles si accigliò, per poi sospirare deluso. Sprofondò nel sedile di pelle e quasi sbuffò per la frustrazione. “Sto solo cercando di autarti,” mormorò.

“Lo so,” rispose in tono secco e freddo, “ma non mi serve aiuto.” 

“Sei così emotivamente costipato,” Sbuffò, lanciandogli un’occhiataccia con la coda dell’occhio.

Derek semplicemente scrollò le spalle.

“Mi fai dare di matto,” brontolò Stiles, perché non era uno che lasciava correre. 
“Perché non parli come la gente normale? Invece è un costante sbuffare , scrollate di spalle, ‘Stiles non fare questo, non fare quello ’.” Scosse la testa irritato ed esclamò, 
“Onestamente, è come parlare con uno scorbutico muro di mattoni con una gamma limitata di espressioni facciali e capacità di comunicazione scadenti.”

“Io non - ma perché lo fai?” domandò Derek, voltandosi a guardarlo in cagnesco. “Io non ti ho chiesto di aiutarmi a condividere la mia vita privata con gli altri. Non ti ho chiesto di farmi da Dr. Phil.” 

Stiles aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse quando non ne uscì nulla. Artigliò l’aria e borbottò, “E’ questo il problema… non ho idea del perché lo sto facendo- perché ho questo disperato bisogno di capirti. “Sei solo- tu- sei un puzzle,sai?” 

“Un puzzle,” ripetè. “Io sono un puzzle.” 

“Voglio solo…” si passò una mano sul volto, esausto. “Io voglio capirti.”

Rimasero seduti in silenzio, il motore dell’auto era l’unico suono. Stiles sentiva di aver detto troppo, di essersi esposto troppo. Avrebbe voluto fare una battuta per allentare la tensione e far sparire il calore che sentiva accumularsi in viso, ma non gli venne in mente nulla. 

“Non voglio cambiare casa,” disse Derek con voce ruvida. Il silenzio si ruppe e Stiles sbatte le palpebre furiosamente, scioccato dal fatto che avesse parlato per primo. “Non voglio abbandonarla.” 

“Abbandonarla,” domandò esitante, “o abbandonarli?” 

“Tu che pensi?” rispose acido. 

“Nessuno ti impedisce di andare avanti, sai?” gli disse l’altro. Si sentiva come se stesse manovrando qualcosa di fragile, qualcosa di talmente delicato che aveva perfino paura di respirare temendo di poterlo rompere. “Non sei morto con loro.” 

Derek aprì la bocca e cominciò “Io-” poi si bloccò. 

“Non devi trasferirti.” gli disse Stiles gentilmente. “ Non devi per forza.” 

“Ma dovrei,” rispose Derek. “Sappiamo entrambi che dovrei farlo.”

 “Già.” Stiles sospirò. “Già.” 

La macchina rallentò e il ragazzo scorse la sua Jeep che li attendeva. Ancora bloccata nel fango secco e sorprendentemente priva di procioni.

“La mia piccola,” sospirò, era già sceso dalla macchina ancora prima che si fosse fermata. 

Ci vollero 5 minuti buoni per togliere tutto il fango secco dalle ruote, poi Stiles osservò intensamente Derek mentre cambiava la gomma con soprendente abilità e precisione.

“Come nuova.” esclamò, dando una pacca sulla ruota nuova, si rivolse a Stiles con sguardo severo “La prossima volta non prendere la strada in mezzo alla foresta, mentre diluvia. Ti cerchi solo guai in quel modo.” 

“Ma papààà,” si lagnò il ragazzo, “è molto più veloce.” 

“Non lo è stata questa volta.” gli fece notare Derek, e si, okay, aveva ragione.

Stiles gli sorrise. “Grazie, comunque, per l’aiuto.” 

L’alpha grugnì, anche se stavolta era un grugnito particolarmente gentile. Si voltò, le scarpe che scricchiolavano sul fango secco e il ragazzò lo guardò allontanarsi per un momento prima di prendere un respiro profondo e chiamarlo.

“Hey, aspetta.” urlò e Derek si voltò a guardarlo. “Uh, solo …” cominciò ad andare nel panico - perché aveva pensato che fosse una buona idea? A lui non sarebbe importato. “Quando è morta mia mamma-” 

“Stiles,” alzò una mano, come a volerlo fermare. 

“No, ascolta,” lo interruppe Stiles, perché al diavolo, questo era importante. “Quando mia madre è morta ho cominciato a sentirmi in colpa per non - per non aver parlato di lei continuamente- o aver pensato a lei tutto il tempo. A volte realizzavo che era passato un giorno e non avevo - non avevo pensato a lei nemmeno per un momento.
Mi sentivo come se… l’avessi tradita, in qualche modo. Come se stessi dimenticando.” Tremò appena mentre continuò a parlare; non aveva parlato di queste cose con nessuno, né Scott, né suo padre, nessuno. “Mi sentivo come se - le dovessi la mia attenzione perché- perché era morta. Ma non glielo devo e non dovrei vivere nel passato- o far ruotare la mia vita attorno a lei. Non lo vorrebbe.” Prese un respiro profondo. “E so che la tua famiglia non vorrebbe vederti vivere così.” 

Stiles non riusciva a guardare Derek, ma poteva sentire il i suoi occhi su di se. Sentiva il suo sguardo bruciare sulla pelle ed era tremendamente in imbarazzo perché sapeva di essere rosso come un peperone, la gola gli bruciava e aveva gli occhi lucidi. 

“Stiles,” disse l’alpha, la sua voce un basso sussurro che si perse nella foresta, nella quieta del tardo pomeriggio. “Io- Stiles …” 

“E’ tutto okay,” esclamò il ragazzo, riuscendo finalmente a guardare l’altro neglio occhi. Derek era pallido e spaesato. Stiles quasi scoppiò a ridere pensando a quanto Derek dovesse sentirsi a disagio- il lupo emotivamente costipato era completamente fuori dal proprio territorio. “Sarà meglio che vada a casa,comunque” continuò Stiles, per poi prendere un profondo respiro e sorridergli rilassato, mentre l’altro sembrava ancora fuori posto, “mio padre si starà preoccupando.” 

Derek lo fissò per un momento prima di rispondere, “Certo, okay.” 

Stiles annuì. “Okay, ci vediamo- uh- la prossima volta.” Si avviò verso la sua Jeep, sentendosi incredibilmente grato per quella scappatoia. “Grazie ancora.” 

“Nessun problema,” rispose con voce roca e lontana, “Quando vuoi.” 

Mentre tornava a casa Stiles ascoltò la radio a tutto volume cercando di non pensare a Derek Hale.






Noteeeeee yay! :

Dunque questo capitolo ha bisogno di qualche spiegazione piccina picciò secondo me. Penso che qui Stiles sia perfettamente IC quindi, terribilmente irritante, nonchè assolutamente adorabile e divertente XD 

In alcuni punti mentre faceva la ramanzina a Derek ha fatto venire i cinque minuti perfino a me, e io adoro quel ragazzo, ma davvero tanto! 

Passiamo alle cose serie. ù.ù

* - All'inizio la battuta dei campanelli mi sembrava puro nonsense alla Stiles, ma poi rileggendola e consultandomi con la mia compagna di malefatte TheCatUnderTheSofa, ho realizzato che aveva perfettamente senso, ma in italiano era una gag intraducibile. Per rendere la battuta avrei dovuto cambiare totalmente la frase e ho preferito lasciarla così.
In inglese esiste un'espressione " Ring a bell " che significa più o meno ricordare qualcosa improvvisamente ( lo so faccio schifo con le spiegazioni) quindi, se noi in italiano in un discorso diciamo "Non ti si accendende nessuna lampadina?" o " non ti fa venire in mente nulla?" in inglese possiamo trovare "Doesn't it ring any bell to you?" o qualcosa di simile. In questo caso la frase che dice Stiles è riferita al non dimenticarsi l'appuntamento e a farsi mille post-it mentali. Dalle mie parti invece di usare i "campanelli" si dice " me lo tatuerò sul braccio o in fronte."  
Quindi la traduzione per avere senso sarebbe "Verrò ricoperto di tatuaggi. Dozzine di tatuaggi, di diverse forme e dimensioni."

*- Io ho tradotto " a caval donato non si guarda in bocca." perchè quasi tutti conoscono quel modo di dire, ma Stiles nell'originale dice "I was taught not to look given pizza in the mouth."  che alla lettera è " Mi è stato insegnato che a pizza donata non si guarda in bocca." 
Non mi suonava molto bene, quindi ho preferito tradurre col "cavallo" , anche se forse avrei dovuto lasciare intatta la battuta di Stiles. Boh, se preferite la traduzione letterale la cambio. XD 

*- Per chi non lo sapesse le branchie degli squali sono fisse e troppo grandi per muoversi in maniera "autonoma" come quelle di un normale pesce. Per  filtrare l'ossigeno , quindi, lo squalo deve nuotare costantemente, così da far passare l'acqua attraverso le branchie. 
Per questo motivo se uno squalo rimane immobile troppo a lungo , non riesce a ricevere ossigeno e può morire. 


Ok, se siete arrivati fin qui dopo queste note scrause e infinite, grazie mille ! <3 Spero di aver tradotto bene e non aver scritto robe impossibili. 
Se avrete voglia di far sapere all'autrice cosa ne pensate o vi è piaciuto il capitolo anche solo la metà di quanto è piaciuto a me, lasciate una piccola recensione XD  Ci sono altri due capitoli, di questa storia, forse tre e cercherò di tradurli il prima possibile.

Ora vi lascio in pace, bye bye!  <3  

Baci, -A.



 
  
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