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Autore: kanejvibes    03/09/2013    7 recensioni
"Non la inviterai ad uscire", dissi io.
"Oh, sì, invece", rispose Harry, sorridendo.
"No, non lo farai", insistetti, guardandolo male.
"E perché mai?", chiese.
"Perché non è il tuo tipo", la sparai lì.
"E' sexy, bionda e sexy. Certo che è il mio tipo!".
Sbuffai.
"Per fortuna tu non eri uno di quei ragazzi che pensa solo al sesso, eh!", sbottai, scuotendo la testa.
Harry sorrise.
"Vorresti approfittarne?", chiese, lanciandomi un'occhiata maliziosa.
Feci una smorfia.
"Per favore. Vuoi che ti vomiti nell'auto?".
Lui ridacchiò.
"Sei vergine, eh? Lo sospettavo. Forse è per questo che sei così acida. Un po' di sesso ti farebbe bene".
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Joan Perkinson è una ragazza normale con una vita normale: ma una vita normale si può sempre sconvolgere.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'You and I'
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Odio e sofferenza


Per un secondo, credetti che stesse scherzando, ma quando la sua espressione non cambiò di una virgola, mi resi conto che non era così.
"Io ci sto!", esclamò Harry, eccitato all'idea.
Angie gli sorrise.
"Evvai!", esultò, battendogli il cinque.
Io scossi la testa e li guardai incredula.
"No! No, tu non ci stai", esordii, guardando Harry.
"Pensi che sia un gioco? Pensi che rovinare la vita di qualcuno sia un gioco?", aggiunsi, arrabbiata, verso mia sorella.
Lei scosse la testa.
"Non ho mai parlato di un gioco, Jo. Io prendo molto seriamente le cose che faccio", disse, alzandosi e camminando verso di me.
"E non fare quella faccia, non ti ho mica detto che voglio ucciderla!", esclamò, andando verso la finestra.
"Voglio soltanto darti una mano con quella stronza, tutto qui. Nessuno può far soffrire la mia famiglia. Nessuno", concluse, sparendo dalla finestra.
Mi voltai verso Harry, che aveva un'espressione sbalordita sul volto.
"Wow. Tu sarai anche stronza e acida, ma lei è davvero il ritratto del male", commentò, affascinato.
Guardai verso la finestra e sospirai.
Lui mi abbracciò da dietro e mi lasciò un bacio sulla guancia.
"Vai a letto, adesso", sussurrò, voltandomi per baciarmi.
Gli sorrisi e annuii.
Avevo davvero bisogno di dormire.


"...Vero, signorina Perkinson?", la voce del professore di letteratura mi riportò alla realtà.
E ora che voleva questo?
Non avevo ascoltato nemmeno una parola per tutta l'ora, figuriamoci se avessi avuto voglia di rispondergli.
"Vero, cosa?", mormorai, annoiata.
"Quello che ho appena detto", ribatté lui, guardandomi male.
Alzai le spalle.
"Uhm...vero", tentai.
"Cosa?", mi sfidò.
"Ehm...quello che ha appena detto lei?".
La classe scoppiò a ridere e il professore sbuffò.
"Molto divertente, davvero. Ma adesso perché non va a fare la spiritosa dal preside?", sbottò, indicandomi la porta.
Oddio, no, non di nuovo, pensai, facendo una smorfia.
Mia madre mi avrebbe uccisa. Oh, ma che me ne importava?
Mi alzai lentamente, raccogliendo le mie cose.
Feci un inchino teatrale al prof. e ai miei compagni e sparii dietro la porta.
"Era davvero divertente!", esclamò una voce dietro di me.
Non mi voltai neanche.
"Che ci fai qui?", chiesi, atona, mentre mia sorella mia affiancava.
"Ti tengo d'occhio, ovvio".
"Non ho bisogno di una baby-sitter", mormorai.
"No, ma non stai bene".
Mi bloccò per un polso e mi voltò verso di lei.
Era strano vedere qualcuno identico a me, che non fosse il mio riflesso nello specchio.
"Sto bene, ho soltanto troppi pensieri per la testa", ribattei, evitando il suo sguardo.
"Ok. Dammi il cellulare".
"Cosa? Perché?", aggrottai la fronte e lei mi frugò nelle tasche dei jeans.
"Ehi!", mi lamentai, spingendola via.
Tanto aveva ottenuto quello che voleva: il mio cellulare.
Ci armeggiò per un po', poi me lo restituì.
"Ti ho salvato il mio numero in rubrica. Chiamami, se hai bisogno di me", disse, sorridendomi.
Annuii e lei se ne andò.
Ripresi a camminare verso l'ufficio del preside.


Il preside era occupato e lo stavo aspettando da almeno venti minuti su una di quelle scomode sedie rosse fuori dal suo ufficio.
Non ero annoiata, di più.
E quando pensai che non sarebbe potuta andare peggio, Susan si sedette vicino a me.
"Di nuovo qui, Jo?", chiese con voce divertita, accavallando le gambe.
"A quanto pare, non sono l'unica", ribattei, con sfida.
Ridacchiò.
"Già, l'unica differenza è che io sono qua per ottenere il permesso per essere l'organizzatrice del ballo d'inverno e tu, beh, sei qui per la tua boccaccia".
Non risposi, roteai semplicemente gli occhi.
"Tanto per chiacchierare...come va con Harry?", continuò, guardandomi.
Ricambiai lo sguardo, sorridendo.
"Alla grande", risposi, pungente.
"Oh, sì...perché state insieme da quanto? Due minuti? Cosa farai quando vorrà rendere un po' più intimo il vostro rapporto? Sei una povera verginella impaurita, al massimo gli farai provare un millesimo del piacere che gli ho dato io. Oppure cercherai di rimandare la catastrofe e sarà anche peggio...", disse, avvicinandosi al mio orecchio.
"Harry sarà dolce quanto ti pare, ma è pur sempre un ragazzo. E un ragazzo ha i suoi bisogni", sussurrò, sorridendo malignamente.
All'improvviso la porta dell'ufficio del preside si aprì e l'uomo uscì.
"Bene, chi c'è, adesso?", chiese, guardandoci.
"Non ti dispiace se vado io, vero?", disse Susan, alzandosi.
Non le risposi. Non avevo nemmeno la forza per farlo.


"Joan Juliette Perkinson!", tuonò mia madre, appena tornai a casa.
"Ti rendi almeno conto della gravità della situazione?", continuò, quando non dissi niente.
La ignorai e andai in cucina per versarmi un bicchiere d'acqua.
"Mi stai ascoltando? Jo!".
Le lanciai un'occhiata penetrante mentre bevevo, poi battei con forza il bicchiere sul tavolo.
"No, non ti sto ascoltando. Sono stufa di ascoltarti", dissi, avvicinandomi abbastanza per poterla guardare negli occhi.
Fece una smorfia infuriata e mi tirò uno schiaffo, che, più che altro, mi fece male al cuore.
Mi sfiorai la guancia, incredula, poi la guardai con disgusto.
"Ti odio", sputai, piena di rabbia.
Lei spalancò gli occhi e assunse un'aria triste.
"Ti odio!", ripetei, con più convinzione.
"Jo, ehi, calmati".
Harry sbucò dal nulla e mi mise le mani sulle spalle, trascinandomi su per le scale.
Avrei potuto preoccuparmi di ciò che avrebbe pensato mia madre, mentre Harry mi abbracciava in quel modo, ma il pensiero non mi sfiorò neanche lontanamente.
Ero soltanto arrabbiata.
Piangevo, da non so quanto, sudavo e mi tremavano le mani, ma non avevo più mosso un muscolo e Harry dovette prendermi in braccio per portarmi in camera.
Mi adagiò dolcemente sul letto e si sedette vicino a me.
"Ma che è successo?", chiese, spostandomi una ciocca di capelli dal viso.
"E' appena morta mia madre", dissi, fredda, fissando un punto indefinito della mia camera.


 
Ayee, gente!
Come avete visto, Jo è stronza, Susan è più stronza e Angie ancora di più ahahah.
Non so voi, ma adoro la sorella cattiva.
Jo è scoppiata, povera, non ce la faceva più tra Susan e sua madre.
Btw, ringrazio chi segue la mia storia e chi recensisce, mi fate sempre spuntare un sorriso.
Spero che la storia vi piaccia.
Baci,
Vale. :)

P.S. se ce la faccio, dopo cena metto un altro capitolo, amatemi lol


  
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