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Autore: Hell McFire    03/09/2013    10 recensioni
Quella palestra era la sua casa, da quado Johannah e quel bastardo di Troy avevano divorziato si sentiva un orfano. Si, ormai non vedeva sua madre e le sue sorelle da due anni, e di quello che gli altri definivano suo padre, non ne voleva sapere.
Perché era per colpa sua e del suo vizio se la famiglia Tomlinson non aveva mai vissuto una vita felice, se non fosse stato per i debiti che aveva accumulato, non avrebbero nemmeno sfiorato Lottie, quella maledetta sera non avrebbe mai potuto dimenticarla. Quel povero angelo violentato davanti a lui, non avrebbe mai potuto dimenticare le corde che gli circondavano il corpo impedendogli di muoversi, di agire, di difendere una delle donne più importanti della sua vita, era stato costretto alla tortura di guardare quella scena rivoltante, mentre suo padre scappava chissà dove. Le lacrime di quella quattordicenne bionda, il sangue del suo sangue.
Louis avrebbe preferito la sua morte a quell’esperienza che avrebbe segnato Lottie per la vita.
Aveva deciso di andarsene di casa, dalla sua città, Doncaster, pensando di essere solo un peso, aveva deciso così, perché non avrebbe mai più avuto il coraggio di guardare sua sorella negli occhi.
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5. Saturday


''I feel free, I feel freedom why the mad 
You should see them, burning up 
Cause it's crazy in here crazy in here crazy in here''
(Nicki Minaj_Freedom)




-Calmati- sbuffò per la decima volta Janet quella mattina.
-Io sono calma- protestò l’amica –anzi, calmissima!- si corresse continuando a  mordicchiare l’estremità della penna.
Come no.
-Certo, e Chris Brown ha una voce di merda- affermò alzando gli occhi al cielo –Mi dici cos’hai oggi Helen? non ti capisco- la incitò alzando di un’ottava la voce.
Oh, se proprio ci tieni Janet.
-Carissima Knowles, ti ricordo, che qui sotto- indicò la
sciarpa nera –c’è quel coso orrendo che mi ha fatto quel rincoglionito di Tomlinson, e per giunta, stasera devo uscirci- asserì poi chiudendo, forse un po’ troppo forte, l’armadietto.
-Con chi?- continuò a chiedere la bionda confusa, fu il turno di Helen di  alzare gli occhi al cielo.
-Louis, Janet- le rispose esasperata appoggiando la testa sul metallo laccato trovando piacevole la freddezza di quest’ultimo. Le dava sollievo, in qualche modo.
-Giusto, me ne ero completamente dimenticata Morrison!- ridacchiò la bionda –beh, anch’io dovrei uscire stasera- mormorò iniziando a spolverarsi il jeans chiaro ed aderente senza una valida ragione. O meglio, una ragione c’era, aveva completamente scordato di dire all’amica dell’uscita di quella serata, e guardarla negli occhi non avrebbe fatto che aumentare notevolmente il suo senso di colpa. Helen era la prima a sapere tutto, sempre.
-Tu cosa?- domandò la rossa alzando di qualche ottava il tono –Con chi?-.
-Ehm… Bieber- asserì sforzando un sorriso, l’amica che aveva davanti  aggrottò le sopracciglia, come aveva fatto Justin a convincere Janet? In circostanze normali la bionda non sarebbe mai uscita con lui. –No,  non mi ha obbligata- si affrettò a dire notando che Helen  stava sicuramente saltando a conclusione affrettate basate da nessun fondamento logico.
-Va bene Knowles!- esclamò Helen –se non ti ha obbligata Justin Andrew Bieber ha la mia benedizione- notò i lineamenti della bionda rilassarsi alla sua affermazione, le sorrise.
-Non iniziare con le benedizioni però!- la rimproverò puntandole l’indice sul petto, ironica. Come sempre. Suonò la campanella, ed insieme si diressero nell’aula di chimica.

Le successive tre ora passarono veloci, forse troppo per i gusti di Helen. Era come se i minuti fossero diventati secondi e le ore minuti. Era come se le lancette del suo orologio girassero a tutta forza, incessantemente, facendo arrivare, appunto, troppo presto le sette di sera.
Mancavano solo un’ora e trenta minuti all’appuntamento con Louis. Janet l’aveva raggiunta a casa sua per aiutarla a prepararsi, lei ovviamente era già pronta, indossava un leggins nero con degli strappi sulle cosce, una maglia bianca e semplice con un paio di tronchetti neri di pelle ai piedi, ovviamente non poteva mancare l’inseparabile cappellino di lana nera, che, faceva sembrare meno disastrosi i suoi capelli biondi, quella sera lasciati mossi per pigrizia.
-M’intimorisce!- disse d’un tratto Helen prendendo una camicia rossa dall’armadio. La osservò con sguardo critico prima di scuotere la testa e rimetterla apposto.
-Chi? Louis- affermò intuendo i pensieri della rossa, la quale annuì prontamente all’udire le sue parole –Dai, non esagerare. Certo, è altissimo, ma secondo me è tutto fumo e niente arrosto, fidati amica mia- la rassicurò affiancandola.
-Non sono d’accordo con te!- disse la sua la rossa appoggiando un jeans chiaro sul bordo del letto –Sembra che abbia un… Lato oscuro, qualcosa che mette in soggezione- spiegò seria.
-Oddio Mio! Tu hai guardato troppo Harry Potter. Non penso che Louis si trasformi in Voldemort e ti scagli una maledizione- ironizzò  Janet facendo ridere Helen.
-Ma te le studi la notte?- le chiese  mettendo una mano sul diaframma dolorante per il troppo riso.
-No, talento naturale Morrison!- ammiccò la bionda – e comunque, il ragazzo ha la mia benedizione!- fece con tono grave portando il dorso della mano sinistra sulla propria fronte.
-Ehi, sulle mie originalissime battute, c’è il copyright- protestò Helen dandole un buffetto sulla spalla.
-Comunque, penso che le tue siano solo opinioni, o meglio, pregiudizi- si corresse.
-Pregiudizi? È arrivato da nemmeno un mese, l’ho visto si e no cinque volte, mi ha fatto un succhiotto con tanto diappar
 ‘Mi appartieni’, mi ha letteralmente costretta ad uscire con lui, e tu dici che sono solo pregiudizi?- domandò retorica –Andiamo Knowles, quel ragazzo non ci sta con la testa, è un bastardo, il bad-boy per eccellenza, è letteralmente odioso, cazzo!- esclamò sbuffando.
-Io dico che presto ti rimangerai tutto, chissà, anche stasera stessa- continuò ad esternare le sue opinioni, controllò l’ora sul cellulare –Io devo andare, vedi di goderti questa serata, e ricordati che devi raccontarmi tutto!- si fermò sulla soglia della porta.
-Lo stesso vale per te!- la rimbeccò l’amica congedandola con la mano.

Helen decise di fare una doccia, lunga e calda. Si
vestì in fretta  mettendo il paio di jeans che aveva precedentemente appoggiato sul suo letto, una camicia color cipria, abbinata, naturalmente ad una sciarpa, usata per coprire il ‘lavoro’ di Louis, un giacchetto ed un paio di converse basse. Tirò i capelli all’indietro legandoli in una coda alta ed infine si truccò leggermente. Non notò nessuna macchina sul vialetto di casa, quindi, prese uno dei dischi dal suo comodino, lo inserì nel lettore alzando il volume al massimo, si rilassò buttandosi a capofitto sul suo amato letto, coperto da una bellissima trapunta color champagne.
Dopo qualche minuto sentì bussare alla porta, si alzò per poi premere il pulsante di pausa. Aprì la porta trovandosi davanti sua madre con le braccia incrociate sotto al seno che picchiettava  insistentemente la punta del piede sul pavimento.
-Helen Morrison, ti sembra questo un volume consono…- iniziò la donna, ma venne subito interrotta dalla figlia.
-No, non lo è, lo so, scusa- si affrettò a dire Helen, non avrebbe retto una discussione con sua madre, non ne aveva voglia, quindi, era meglio per entrambe liquidare le lamentele.
-Comunque c’è un ragazzo di sotto, dice di chiamarsi Louis, lo conosci?- le chiese la madre.
-Si, devo uscirci- rispose alzando gli occhi al cielo.
-bene, non farlo aspettare, allora, è molto fico- le mancava solo che sua madre iniziasse a fare apprezzamenti sul moro che tanto odiava.
-mamma, ‘fico’?- domandò la rossa ridacchiando –quando hai arricchito il vocabolario a mia insaputa?-
-Beh, avere a che fare con una ‘quasi- diciassettenne’, ha i suoi vantaggi- si vantò spolverandosi teatralmente le spalle –dai, ora scendi- la incitò. Helen annuì  dirigendosi verso le scale, la madre la bloccò prendendola per un polso.
-Rocky Jordan Marin, vuoi per caso farmi fare tardi?- la rimproverò sarcastica facendola ridere.
-Non oserei mai- scherzò Rocky –ma non potevi metterti un vestitino?-
Il solo pensiero di indossare un vestitino in presenza di quel depravato di Louis Tomlinson, la metteva in imbarazzo, non lo avrebbe mai fatto. Mai.
-Andiamo mamma, non metterò mai quei pochi centimetri di stoffa che ti coprono a stento il culo!- sbuffò.
-Linguaggio!- la rimproverò la madre.
-Dio mamma, ho sedici anni!- esclamò  sistemando meglio la sciarpa –vado di sotto-.
Scese con calma le scale arrivando in salone, dove trovò Louis di spalle impegnato a scrivere qualcosa sul suo Smart-phone. Il moro, accortosi della presenza della ragazza, bloccò lo schermo voltandosi per guardarla. Indossava un paio di pantaloni strappati sulle ginocchia, una maglia bianca, una giacca di pelle nera ed un paio di converse alte dello stesso colore.
-Buonasera- la salutò squadrandola da capo a piedi.
-Buonasera- ricambiò lei educatamente –Louis, io non ti ho mai..-.
-Dato il tuo indirizzo, lo so, ma l’importante è che sono qui- la interruppe avvicinandosi.
-o.. ok- balbettava ancora?
-simpatica Jordan- commentò il castano facendo scivolare le mani nelle tasche dei jeans.
-oh, credimi, non se tu ci vivessi ventiquattr’ore su ventiquattro- sghignazzò –lei ti ha definito fico- lo informò.
-e ha dannatamente ragione- ribatté Louis ironico. Avrebbe cercato di essere gentile quella sera, fare illudere Helen, portarsela a letto e prendersi i soldi che gli spettavano.
-Ecco a voi mister modestia!- borbottò la rossa alzando gli occhi al cielo –Ti credi tanto bello, ma non ti accorgi che col tuo comportamento noi fai che allontanare tutti da te, sei.. Strano, fai paura, quasi!-.
Il ragazzo metabolizzò bene le parole appena udite. Davvero faceva arrivare la gente ad avere paura di lui? Era la prima volta che se lo sentiva dire, e, doveva ammettere che faceva un certo effetto.
-Tu hai paura di me?- le domandò di getto guardandola intensamente negli occhi.
-A… A volte- ammise la rossa guardandosi la punta delle scarpe.
-Ehi guardami- le ordinò calmo facendo sì che lo sguardo gelido della ragazza incontrasse il suo cristallino. –non voglio che tu abbia paura di me- le accarezzò la guancia rosea con il pollice. Quello non faceva parte del copione che aveva messo su, quello era un fuori programma dovuto all’istinto che, per quell’unica volta aveva prevalso su Louis. Si meravigliò che la ragazza non l’avesse scostato interrompendo il loro contatto, era strano che Helen si stesse facendo sfiorare in quel modo. Era la delicatezza con cui Louis lo stava facendo che la colpiva, era come se avesse paura che la ragazza si potesse rompere da un momento all’altro, ed era… strano.
Il cellulare del moro squillò, costringendolo ad allontanarsi dalla rossa. Sbloccò lo schermo facendoci scorrere sopra il pollice.

-pronto?-
-Tomlinson sono Justin-
-vedi di sbrigarti-
-sempre più gentile! Riguarda l’incontro-
-spara-
-domani alle due di notte, vedi di essere puntuale-
-perfetto, e goditi le serata con la biondina-
- oh, anche tu con la Morrison!-
-a domani, idiota-

Attaccò sospirando. Sentì dei passi leggeri scendere le scale e si voltò verso di esse. Jordan era ferma sull’ultimo gradino delle scale di marmo bianco, con la mano destra appoggiata sul passamano di ferro laccato di nero. Era intenta ad osservare sua figlia ed il ragazzo che lo affiancava. Gli si avvicinò mettendo una mano sulle spalle ad entrambi.
-Non fate tardi, ragazzi!- s’assicurò guardando di sottecchi Louis.
-Oh, non si preoccupi, metterò da parte la mia parte da cattivo ragazzo per portarle sua figlia ad un orario consono- asserì il castano tranquillizzandola. –Andiamo?- domandò poi, rivolgendosi alla rossa accanto a lui, la quale annuì al susseguirsi di quella affermazione.
-allora, arrivederci Jordan- Louis salutò la donna cercando di prendere la mano di Helen, che, spostò la propria prontamente.
-ah, Helen, devo sistemare alcuni documenti per la difesa di Tyler, starò  nello studio fino ad ora tarda, quindi, scusa se sono ripetitiva, ma cerca di tornare presto, e, prendi le chiavi- alle parole della madre la ragazza sbuffò esasperata. Entrò in cucina e, da uno svuota tasche prelevò le chiavi, le infilò nella tasca anteriore dei jeans, e ritornò in salotto, fece fallire il secondo tentativo del moro di prenderle la mano, e dopo aver congedato, uscirono da casa Morrison.  

Helen sbuffò per la seconda volta, stavano facendo il tragitto da casa sua al cinema a piedi, due isolati, non era poi tanto, non per lei almeno. Eppure stando con Louis stava succedendo l’inverso della mattina stessa, il tempo scorreva lento. Ripensava al tocco del ragazzo, delicato, attento, aggettivi che non avrebbe mai attribuito a quelle mani. A lui. Sbuffò ancora.
-smettila Morrison, sprizzi felicità da tutti i pori- scherzò Louis ghignando in direzione della ragazza.
-se fosse stato per la sottoscritta, io e te non saremmo insieme in questo momento- sputò acida accelerando il passo, ma, le gambe di Louis, lunghe e muscolose fecero sì che la raggiungesse fermandola per un polso, la fece voltare e la rossa scontrò il petto tonico del ragazzo di fronte, alzò lo sguardo incontrando quello del bel moro.
-oh, andiamo, non fare la difficile, so che ti piaccio- le disse – e il fatto che  tu ti sia fatta fate questo- le spostò la sciarpa scoprendo il succhiotto – ne è la dimostrazione-.
  Helen fece leva con le braccia per allontanarsi, ma le mani del ragazzo la bloccarono facendola avvicinare ancora più di prima, scesero fino a strizzare il gluteo destro della rossa, che emise un gridolino per poi colpirlo sulla guancia con il palmo della sua mano.
-non azzardarti mai più brutto depravato- urlò puntandogli un indice contro ed allontanandosi notevolmente.
-io ho sempre detto che hai un bel culo- si giustificò Louis alzando le mani all’altezza delle spalle –e, cazzo, è anche bello sodo- continuò prendendo il labbro inferiore tra i denti.
-mi fai schifo!- esclamò Hell spintonandolo. Prese la direzione opposta, venendo, ancora una volta, bloccata, alzò gli occhi al cielo girandosi – cos’altro vuoi Tomlinson?- domandò esasperata.
-mi devi ancora un’uscita!- le ricordò.  La ragazza  lo affiancò e continuò a camminare.

L’aria sapeva di pioggia, forse perché, aveva diluviato per due lunghi giorni, e le strade Londinesi non erano affollate, anzi, si potevano dire quasi deserte, la maggior parte delle finestre non emanava una luce, quelle erano quasi tutte spente. Londra non era viva come al solito quella sera. Helen non era viva come al solito quella sera. O era lei che vedeva le cose morte a causa del suo umore pessimo? Si, probabilmente era così.
Sentì una mano calda posarsi sulla sua spalla, guardò Louis facendo un movimento brusco per allontanarlo, anche se non le dava fastidio, sentiva di doverlo tenere a distanza.
-Uffa, non ti mangio mica- sbuffò il moro meravigliandosi della reazione della rossa. Nessuna ragazza gli aveva mai dato tanto filo da torcere, a lui bastava uno schiocco di dita per averle tutte ai suoi piedi, poi avrebbe solo dovuto scegliere chi portarsi a casa per una notte di fuoco. Era anormale per lui faticare così tanto solo per conquistare la fiducia di qualcuno, Helen Morrison sarebbe stata una sfida, ma quella sfida doveva vincerla, insieme alla scommessa.
-mi dai fastidio- mentì la ragazza interrompendo i suoi pensieri e facendolo ridacchiare.
-afferrato, io non tocco te, ma tu puoi sempre toccare me- ammiccò malizioso facendola sbuffare per l’ennesima volta –comunque stasera sei davvero sco… carina, volevo dire carina- disse poi correggendosi nell’ultima parte, che sarebbe stata fin troppo colorita.
-quanti bicchieri ti sei fatto prima?- ribatté lei accigliata, non era da Louis fare complimenti del genere, nonostante la sua precedente correzione, aveva comunque detto che lei era carina, ed era strano. Pensandoci Helen si convinse che troppe cose erano strane o anormali quella sera.
-accetta per una buona volta un mio complimento- rispose il moro –non potresti semplicemente dire ‘grazie’, come fanno tutte?-.
-grazie, va bene? Sodisfatto?- si arrese.
-brava Morrison- le pizzicò  delicatamente una guancia facendola scostare in modo brusco.
-non toccarmi- gli ordinò mettendo ancora più distanza fra di loro facendo scuotere la testa al moro accanto a lei.
-sei impossibile- sospirò Louis.
 Quella per Helen sarebbe stata una lunghissima serata.


 
 
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Here I am once again!!!
ciao bellissime,
scusate per il ritardo nell'aggiornare, ma
l'iiminente ritorno a scuola è ormai vicinissimo,
ed io ho dovuto preparare un po' tutto.
quindi scusatemiii.
Avete visto il mio banner?
quanto cazzo è fico?
grazie mille a He is my dilemme per avermelo fatto,
lo amooo.
ah, mia cugina, mi ha consigliato di tradurre alcune parti in inglese.
quindi in ogni capitolo prenderò un pezzo che mi piace particolarmente
e lo tradurrò.
lo farò alla fine di ogni spazio autrice.
Grazie a chi ha recensito, non so come ringraziarvi,
chi ha messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate,
vi amo 

ora vi pubblicizzo qualche storia:
Over again (mia)

Changed the way you kissed me (midnite)

una foto che parla di noi (he is my dilemma)



#LOSTINSTRADUCTION  PT.1

-Hey look at me-he ordered her calmly causing the cold stare of the girl he met his crystal. -I don’t want you to be afraid of me-patted her rosy cheek with his thumb. That was not part of the script that he had put on, that was an unscheduled due to the instinct that, for once had prevailed on Louis. He wondered that the girl had not moved away interrupting their contact, it was strange that Helen was letting him touch her in that way. It was the delicacy with which Louis was doing that shocking  her, it was like  he was afraid that the girl could break at any moment, and it was ... weird.

 
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kisses Hell xoxox



 
 
  
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