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Autore: BrendaLeeJ    03/09/2013    1 recensioni
Sono le 19.15 di un Sabato sera indefinito di Giugno, è una sera afosa in cui gli odori di campi adibiti a risaie inebriano prepotentemente l'aria con il loro intenso e pungente profumo di terra bagnata; una strada provinciale semi deserta si stende per chilometri nel panorama agricolo adornata ai margini da graminacee dorate e papaveri spontanei, alterna tratti con piccoli paesi a tratti con grandi distese di terra coltivata. Una vecchia Panda nera sfreccia solitaria su una corsia in direzione Centro Provincia, dal finestrino abbassato dell'autista proviene a tutto volume una canzone dei Nirvana: “Smells like teen spirit”. Al volante una giovane ragazza, Felicity Greco, guida assorta, occupata a sostenere un silenzioso dialogo interiore con se stessa.
Genere: Drammatico, Generale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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4. Due sere prima



Il citofono suonò, Felicity corse verso la porta di casa e schiacciando il bottone sul dispositivo rispose all'avviso sonoro.
< Pronta! >
< Grande, ti aspetto qua giù allora. >
Tornò in camera per prendere la borsa, era contenta che Marco le avesse proposto un diversivo quel Giovedì sera, non aveva voglia di cucinare ed anche volendo il frigo era piuttosto vuoto. Sarebbero andati a mangiare al “Tex-Mex” e non vedeva l'ora di addentare le Fajitas, il suo piatto preferito. Marco lo sapeva che non avrebbe mai rinunciato ad un invito di quel genere e ne era contenta, l'astuzia dell'amico le avrebbe procurato finalmente un gustoso pasto caldo, pur cavandosela in cucina negli ultimi tempi non ne aveva avuta molta voglia e si era ridotta a consumare per lo più piatti freddi. Chiuse la porta dell'appartamento e scese per le scale, l'ascensore ci metteva sempre una vita prima di arrivare e quella sera non era minimamente predisposta ad aspettare. Arrivata all'ultimo gradino si trovò nell'androne della scala, aprì il portone e sbucò nel giardino interno del palazzo, Marco l'aspettava in piedi vicino al parcheggio.
< Meno male che ci sei tu con le tue geniali idee! > gridò andandogli incontro.
Arrivata vicino si lasciò cadere fra le sue braccia stringendolo in un lungo abbraccio che venne calorosamente contraccambiato.
< Addirittura!? Non pensavo che un invito a cena potesse essere geniale, finito le scorte in dispensa per caso? Piuttosto che andare al supermercato saresti capace di morire di fame. > la derise amichevolmente, oramai la conosceva bene e quella non sarebbe stata di certo la prima volta che le capitava. Si staccarono dal contatto e si diressero verso la macchina di Marco.
< Ma dai non è vero, quanto sei scemo! Solo non ho avuto tempo in questi giorni di andarci. > Felicity mentì anche a se stessa, in realtà era assolutamente vero che detestava andare nei supermercati, così come detestava andare in qualsiasi altro posto affollato, ma per luoghi come il Tex-Mex era ben felice di fare un eccezione, una prelibata eccezione.
< Ma certo, crediamoci! > le rispose ironicamente facendole l'occhiolino.
Entrarono nell'opel corsa grigia metallizzata dirigendosi poi in strada verso il ristorante.
< Allora che mi racconti? E' dalla scorsa settimana che non ci vediamo. > proseguì Marco.
< Mah tutto bene, le solite cose insomma, avevo delle consegne e fortunatamente sono quasi riuscita a rispettarle tutte, me ne mancano un paio ma è roba da poco. Adesso stavo vedendo se riuscivo a trovare qualche lavoretto extra, per il resto nulla di che. >
< Buono dai, anche questo mese ti sei portata la pagnotta a casa... se solo ti decidessi ad uscire per andarla a comprare. > la punzecchiò nuovamente.
Chiacchierarono lungo tutto il tragitto con Marco che non le risparmiava nemmeno una battuta, Felicity non se la prendeva, da anni era diventata la normalità fra loro e lo trovava divertente. Oggi toccava a lei, domani toccava a lui. Erano complici in questo gioco, un modo per fuggire dalle preoccupazioni o più semplicemente dai pensieri della vita quotidiana.
Arrivarono al ristorante verso le 20.30 e dopo una breve attesa un cameriere li fece accomodare ad un tavolo per due posizionato in un angolo del locale piuttosto appartato, Felicity ne fu contenta.
< Meno male dai, ci è andata bene, almeno non siamo in mezzo alla calca. >
Sapevo che ti avrebbe fatto piacere” Marco aveva richiesto appositamente un tavolo in una zona riservata, ma le lasciò credere che il caso avesse giocato in loro favore
< Visto? Abbiamo troppo culo! >.
< Dunque... come mai questo invito? > gli chiese.
< Dai, non ci credo che non te ne sei ricordata! >
Le sembrava stupito, eppure non le veniva in mente nessun motivo particolare che giustificasse la cena. Certo, non era poi così raro che uscissero soli, infatti non si era sorpresa quando Marco l'aveva chiamata per proporle il Tex-Mex, ma il più delle volte restavano a casa e a meno che non ci fosse qualche ragione particolare non andavano mai al Ristorante.
< Che giorno è domani? > la incalzò il ragazzo.
< Mah.. è Venerdì. >
< Si, va bene. Ma dico... che numero e che mese? >
Ci mise qualche minuto a connettere, quando finalmente si rese conto a cosa stesse alludendo si sentì stringere il cuore in petto, era il 21 Luglio, presa com'era dalle consegne non ci aveva fatto caso. Lui si accorse dell'ombra apparsa negli occhi di lei ma cercò di non darle peso, ignorò delicatamente quella reazione e senza aspettare una risposta continuò.
< E' il 21 Luglio ed esattamente quattordici anni fa ci siamo conosciuti, pensavo fosse carino uscire a festeggiare. Insomma, quel giorno ha reso possibile la nostra amicizia. > cercò ti mantenere un tono positivo.
Sapeva che non sarebbe stato semplice, aveva preferito essere lui a ricordarglielo prima che lo facesse lei da sola, aveva pensato che portarla un po' fuori le avrebbe facilitato la cosa e così aveva deciso di prendere quella scusa per invitarla a cena e non lasciarla sola. Il 21 Luglio di quattordici anni prima Felicity era arrivata all'Arcobaleno, da poco più di un anno aveva perso la madre e lottava disperatamente contro i propri fantasmi. Arrivare nella casa famiglia fu un nuovo punto di partenza per lei, inizialmente molto doloroso, il principio di un percorso che la portò con molte difficoltà a superare in parte quello che le era successo. Il padre condannato per la morte della madre e rinchiuso in carcere, il rifiuto dei nonni materni di prenderla con loro, da una parte la perdita e dall'altra l'abbandono. Avrebbe potuto fare finta di niente e sperare che non se ne ricordasse, ma gli anni precedenti gli avevano insegnato che era una vana speranza, Felicity se ne sarebbe prima o poi ricordata e benché facesse sempre finta di niente, per diversi giorni diventava cupa e melanconica. Questa volta avrebbe provato a giocare d'anticipo per evitare che perdesse il sorriso, per quanto potesse sembrare crudele voleva essere lui a dargli a suo modo la notizia, cercando di mostrarle anche il buono di ciò che aveva comportato arrivare nella Casa Famiglia.
< Ah già, è vero.. > accennò un sorriso tirato.
In quel momento il cameriere portò i Menù al tavolo, colsero entrambi l'occasione per distogliere lo sguardo l'uno dall'altro.
< Immagino che tu prenda i Fajitas. > suggerì Marco.
< Mmh buoni, direi proprio di si. >
L'idea di addentare quelle bontà aiutò l'umore di Felicity a risollevarsi, Marco era stato così carino ad invitarla fuori, si sarebbe sforzata di lasciare i brutti ricordi nel passato * Per sta sera solo cose belle * cercò di convincersi.
< Tu cosa prendi invece? >
< Non saprei, magari le prendo anche io. >
Ordinarono due piatti di Fajitas, una bottiglietta d'acqua minerale e una birra.

  
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