Buonasera ragazze!
Avete visto, è tornata ‘Solo il tempo’!
yay! ^_^
Come avevo promesso mesi fa, terminata l’estate
ho ripreso in mano le mie long… vi chiedo solo un po’ di venia per questo
capitolo, l’ho corretto adesso adesso ma ho un principio di mal di testa XD
quindi abbonatemi qualche errorino XD
E… niente, ci sentiamo in basso per le note
finali ;)
Capitolo
23
«Allie,
per favore, smettila di scappare!» mugugnai per la decima volta. O forse era la
ventesima… boh, avevo perso il conto delle volte in cui avevo ripetuto quella
frase nell’arco dell’ultima ora.
«No!
Mamma, lasciami stare!» come una ranocchia, la bambina saltò giù dai cuscini
del divano e se la svignò verso il corridoio, cercando di allontanarsi da me.
Sbuffai,
passandomi stancamente una mano tra i capelli mentre, con l’altra, stringevo il
barattolino della crema. Per essere una bambina malata, beh, aveva fin troppe
energie per i miei gusti.
«Allyson,
sto venendo a prenderti!» e non era un avvertimento, quello: era un semplice dato
di fatto.
Non era
per niente facile badare a mia figlia quando era ammalata; se fosse stata una
semplice influenza sarebbe stato tutto molto, ma molto più semplice… ma la
varicella no, quella era tutta un'altra storia.
Non era
passata neanche una settimana dal nostro ritorno a casa, una volta finite le
vacanze di Natale, e la scuola già mi chiamava al lavoro per dirmi che la
bambina aveva delle bollicine strane sul viso e sulle braccia. Da lì a capire
che si trattasse della varicella bastarono pochi minuti di visita e l’occhio
esperto di Jacob, da cui l’avevo portata per accertamenti.
Non
riuscii a capire come Allyson si fosse beccata la varicella, dato che all’asilo
sembrava non esserci stato nessun allarmismo per via del contagio… ma ci pensò
mia madre a dirmi tutto, non appena le comunicai che la sua nipotina preferita,
nonché unica, stava male.
Quando
eravamo ancora a Forks, era andata a trovare una sua amica e si era portata
dietro anche la bambina, visto che Annabelle stava badando a suo nipote mentre
i genitori lavoravano. Quello che mia madre non sapeva, però, era che il
bambino aveva la varicella e che quindi anche Allie rischiava di ammalarsi,
stando accanto a lui mentre giocavano. Ma ormai il danno era fatto, quindi…
Seguii
il percorso che aveva fatto Allyson poco prima, nel disperato tentativo di
acciuffarla; era solo il quinto giorno di malattia e già non ce la facevo più.
Capivo che stava male, che era nervosa e che non riusciva a sopportare il
prurito che le bollicine le procuravano… ma era un impresa impossibile
gestirla.
Avevo
bisogno di una nuova vacanza, senza dubbio.
«Allie,
dai tesoro vieni dalla mamma.» dissi, entrando nella mia stanza da letto.
Il
primo tentativo di capire dove si fosse cacciata fu quello giusto, perché in
effetti si trovava proprio lì. Se ne stava sdraiata sul letto, coperta fino al
mento, e si sfregava gli occhi con le manine. Quando faceva così, di solito,
era perché si sentiva stanca… ah, se fossi riuscita a farla addormentare sarei
stata la madre più felice del mondo!
«Ehi!
Mettiamo un po’ di cremina sulle bollicine?» le domandai raggiungendola sul
letto. Posai temporaneamente il barattolo sul comodino e la scoprii,
prendendola in braccio. Non appena lo feci, però, Allie cominciò a piangere,
cosa che accadeva sempre più spesso negli ultimi giorni e che mi faceva sentire
sempre più in pena per lei. Odiavo da morire vederla ammalata. «Amore, dai non
fare così…» sussurrai per confortarla un pochino.
«Mi
fanno male mamma, mi fanno male!» strillò, stringendosi sempre di più a me e
seppellendo il viso nel mio collo.
«Lo so
piccolina, ma adesso mettiamo la crema e vedrai che passa tutto…» le baciai la
fronte, rassicurandola. Sperai davvero che quella crema le desse un po’ di
sollievo, non mi piaceva vederla piangere in quel modo.
Parlandole
tranquillamente, ed asciugandole di tanto in tanto le lacrime che le scendevano
sulle guance, la liberai del pigiama e cominciai a coprire di crema la sua
pelle, piena di vescicole. Erano così infiammate che al solo vederle mi veniva
voglia di grattarmi, e ringraziai mentalmente il fatto che avessi già avuto la
varicella. O almeno, sperai di averla avuta…
Dovevo
chiederlo alla mamma.
«Mamma,
togli questi?» mormorò Allie, alzando le manine bendate e fermandole davanti al
mio viso. «Fanno male!»
«Anche
qui? Stamattina non c’erano…» aggrottai le sopracciglia, cominciando a disfare
il bendaggio che avevo fatto in precedenza. Controllare non mi costava nulla,
però non sapevo se mia figlia stava dicendo la verità o era solo perché voleva
grattarsi disperatamente.
Per
evitare che si facesse male grattandosi le vescicole, Jacob mi aveva consigliato
di coprirle le mani con delle garze, oppure con dei semplici guanti. Avevo
optato per le bende, alla fine, perché la furbacchiona era riuscita a liberarsi
dei guanti per quattro volte di fila, scorticandosi a sangue alcune bollicine
sulla fronte.
Quindi
adesso ero molto prevenuta con lei.
«Vediamo
un po’…» una volta rimosse tutte le garze, osservai le sue manine alla ricerca
di nuove bolle, che scoprii esistevano veramente. Speravo che almeno le mani
gliele avesse risparmiate, ma a quanto sembrava la varicella non voleva proprio
darle tregua e la stava riempiendo completamente. Le mancavano solo le bolle
sotto alle piante dei piedi ed eravamo a cavallo!
Nel
giro di pochi minuti la ricoprii di crema da capo a piedi e le misi un pigiama
pulito, lasciandole le mani libere e rinviando la sessione di bendaggio a un
altro momento. Bastava solo che non cominciasse a grattarsi e che non
peggiorasse la situazione.
«Bene,
adesso ci mettiamo sotto le coperte e dormiamo un po’, che dici?» le proposi,
sdraiandomi sul letto accanto a lei, con una sola differenza: io me ne stavo
sopra alle coperte, mentre Allyson era coperta fino alle orecchie.
«Non
voglio dormire, voglio guardare la tivu!» borbottò decisa, facendomi capire che
il mio piano non le andava a genio. «Ci sono i cartoni…»
«Allora
stiamo sotto alle coperte e guardiamo i cartoni animati, è uguale!»
Guardare
i cartoni alla tv fu l’unica cosa che facemmo per le tre ore seguenti; quella
più interessata alle vicende dei Teletubbies, naturalmente, era Allie. Io dopo
un po’ dovetti distogliere per forza lo sguardo dallo schermo perché i miei
occhi chiedevano pietà, cominciavano a darmi fastidio… e anche perché, ad essere
sincera, i Teletubbies mi stavano un po’ sulle palle.
Ma ero
comunque contenta di sopportarli vedendo che stavano facendo distrarre la
piccola dal pensiero della malattia e delle bolle stronze: aveva infatti
cominciato a cantare e a battere le mani a ritmo di quei quattro pupazzi idioti,
allegra e contenta. Se pensavo che c’erano altri tre episodi da vedere, dopo di
quello, mi veniva da piangere. Nella mia mente stavo imprecando a squarciagola
e imploravo che quella tortura finisse il prima possibile…
Allyson
mi aveva chiesto di unirmi a lei nel cantare una nuova e irritante canzoncina,
e avevamo appena cominciato quando qualcuno venne a salvarmi. Sentii la porta
di casa aprirsi ma non sapevo chi potesse essere, visto che oltre a me anche
Edward, Alice e Rosalie avevano le chiavi di casa… ma dal passo pesante che
risuonava nel corridoio capii che doveva trattarsi del mio bel ragazzone.
E
infatti, due secondi dopo la sua figura comparve sulla soglia della porta, alta
e slanciata come sempre. Sulle sue labbra comparve un sorriso divertito, che si
propagò e andò a contagiare anche i suoi occhi.
«Non
capisco chi è la bambina tra voi due, se tu o tua figlia…» disse subito,
scoppiando a ridere mentre si avvicinava al letto.
Mi
imbronciai subito facendogli la linguaccia. «Piantala e unisciti a noi, abbiamo
bisogno di altre persone nel coro!»
«Fossi
matto, neanche per sogno!» esclamò. Si chinò su di me, nel frattempo, e baciò
gentilmente le mie labbra. «Come se la cava l’ammalata di casa?»
«Va
avanti, tra alti e bassi… Allie, amore, non lo saluti Edward?» diedi una
strizzata al suo corpicino, che tenevo tra le braccia.
Allyson
scosse la testa e incrociò le braccia al petto, sbuffando. «No.»
«E
perché non mi vuoi salutare? Sono appena arrivato e non ti ho fatto i dispetti!»
quasi indignato, Edward saltò sul letto e si sistemò accanto a mia figlia,
carezzandole i capelli con una mano.
«Non mi
hai salutato, dovevi salutarmi per prima! Sei stato stupido!» squittì,
agitandosi tutta prima di tornare a imbronciarsi contro i cuscini che le avevo
precedentemente sistemato dietro la schiena.
«Allyson!
Non parlargli così!» la rimproverai anche se non volevo realmente farlo, perché
quella situazione mi faceva ridere e volevo che continuasse. Allie era
veramente nervosa e un po’ abbattuta, ammalata com’era, e per una volta ero
contenta di vederla scatenare il suo nervosismo contro qualcuno che non fosse
la sottoscritta.
«Sono
stato stupido, è vero… ho salutato quella brutta della mamma prima di te, sono
imperdonabile!» Edward, sospirando in maniera esagerata e a dir poco teatrale,
scosse la testa.
«Ehi!
Non sono brutta!»
«Non è
brutta! Cattivo, cattivo!» Allie mi diede man forte, scoprendosi e andando a
riempire di schiaffetti il petto e il viso di Edward.
«Ehi,
ma che modi sono questi! E pensare che ti ho anche portato un regalo… non te lo
meriti, me lo tengo io!» fingendosi offeso, il mio ragazzo si alzò dal letto e
si andò a sistemare dalla mia parte, cingendomi le spalle con un braccio.
«Il tuo
regalo è brutto, non lo voglio!» esclamò Allyson andando a nascondersi sotto le
coperte.
Ridacchiai,
coprendomi la bocca con le mani per non farmi sentire. Che scemini che erano,
tutti e due…
«Davvero
le hai fatto un regalo? Se continui così la vizierai, non voglio che diventi
viziata.» chiesi, voltandomi verso di Edward.
«È una
sciocchezza, giusto qualcosa per farla sentire bene adesso che sta male… ma
dato che non lo vuole…» scrollò le spalle, si mise a ridere e poi mi abbracciò,
schioccandomi un bacio sulla testa.
«Meglio
così, però adesso te la sbrighi tu con lei. Io vado a preparare qualcosa da
mangiare… falla uscire da sotto le coperte.» baciai le sue labbra, scendendo
dal letto subito dopo.
«Ti
sembra un impresa facile!» esclamò, guardandomi sconsolato per un istante prima
di avvicinarsi al bozzo che spuntava da sotto alle coperte. «Ehi, tesoro, vieni
a giocare con me?»
«No!»
rispose la bimba, la voce ovattata dagli strati di stoffa.
«Eddai,
per favore! Ci rimango male se mi dici di no!»
«Non me
ne frega niente!»
Trattenendo
una nuova risata, mi allontanai lungo il corridoio, scuotendo la testa. Ne
avrei viste delle belle, ne ero certa.
Eravamo
arrivate al decimo giorno della malattia e le cose cominciavano a migliorare:
le bollicine cominciavano a seccarsi e a sparire, lasciando i classici segni
solo su quelle che Allyson si era divertita a grattare, e la febbre era andata
via. Poteva già tornare a scuola, ma io preferivo lasciarla a casa fino a
quando non fosse caduta anche l’ultima crosticina.
Spesso
e volentieri, mi spaventavo vedendo quanto fossi iperprotettiva nei confronti
di mia figlia… ma quale madre non lo era con il suo cucciolo?
Mentre
lavoravo lasciavo Allyson alle cure di Rosalie, come al solito, e quest’ultima
mi lanciava rimproveri e imprecazioni ogni qualvolta che telefonavo a casa per
sapere come stesse. Esageravo, ma non potevo farne a meno…
…ed ero
più che contenta di tornare a casa, nel pomeriggio, e vedere con i miei stessi
occhi che la piccola stava bene e che era sempre iperattiva. Forse lo era anche
troppo, visti i danni che combinava in giro per casa.
Ultimamente
anche Emmett aveva cominciato a frequentare casa nostra e almeno una volta al
giorno dovevo sorbirmi il resoconto di tutte le avventure e i giochi che Allie
aveva fatto insieme a lui, senza contare quelle che avevo avuto ‘l’onore’ di
vedere di persona.
Emmett
tornava ad essere un bambino quando si trovava in mezzo ai bambini… secondo me
aveva qualcosa che non andava nel cervello.
«Mamma,
sono pronte le frittelle?» chiese mia figlia, impaziente.
«Mamma, anche io voglio le frittelle!»
questa non era Allyson, però.
Mi
girai, distogliendo l’attenzione dai fornelli e dall’impasto che si andava
cuocendo, e fulminai Emmett con lo sguardo. «Smettila di chiamarmi ‘mamma’!»
Lui,
indifferente, si mise a ridere e trascinò mia figlia con sé. «Hai visto, le dà
fastidio! Lo facciamo di nuovo?» le sussurrò all’orecchio.
«Sì!» fu
la risposta allegra di Allie.
«Voi
due non farete proprio un bel niente! Emmett, smettila di rimbambire questa
povera bambina!» meno male che c’era Rosalie a tenere a bada il suo fidanzato.
«Ma,
tesoro! Non facciamo nulla di male, noi!» disse a sua discolpa.
«Sì,
sembra vero, guarda.»
«Okay,
fate tutti i bravi adesso!» esclamai, neanche fossi una maestrina alle prese
con i suoi alunni irrequieti. Tolsi la padella dal fuoco e misi il suo
contenuto su un piattino, utilizzando uno stampino per ritagliarlo della forma
che volevo… in questo caso, un orso.
Allyson
ultimamente aveva la fissa con gli orsi, chissà poi perché…
Misi il
piatto con la frittella orsosa, e decorata con un po’ di cioccolato, sul
tavolo, di fronte ad Allyson. «Eccola qua, amore.»
«Uau,
grazie mamma!» la piccola mi ringraziò aggiungendo un bacino sulla guancia.
Emmett,
invece, si imbronciò vedendo quello che avevo fatto, proprio come un bimbo piccolo.
«E a me niente? Che storia è questa?»
«Tu
aspetti, cinque minuti in più non ti cambieranno la giornata.» lo sbeffeggiò
Rosalie, bevendo un sorso di caffè.
«Ah no,
io non aspetto!» e dicendo così, si armò di forchetta e rubò un pezzo di dolce
dal piatto di Allyson.
«Ehi!»
«Brutto
tronzone cattivone! Vaffacculo!»
Non mi
presi nemmeno la briga di sgridarla: Allyson aveva ragione, Emmett era stato un
vero e proprio stronzo.
«Ma che
ci si comporta così? E hai trentadue anni suonati, vergognati!» lo rimproverò
Rosalie dandogli uno scappellotto sonante tra capo e collo.
Lui
reagì portando una mano a coprire la parte lesa. «Ahi! Scusate tanto se non mi
va di aspettare, ho fame!»
«Di
certo, grande e grosso come sei, aspettare cinque minuti in più non ti avrebbe
ucciso.» scossi la testa, porgendo il piattino con la frittella a Emmett per
poi abbracciare la mia bambina e baciarle la testa. «La mamma adesso te ne
prepara un'altra, grande grande e piena di cioccolato!»
«Uiii,
che bello!» urlò lei contenta, e battendo le mani fece una linguaccia a Emmett.
«Ma non
è giusto!» si lamentò Emmett.
«Sì che
è giusto! Così impari a rubare il cibo agli altri…»
Risi,
tornando davanti ai fornelli per preparare la porzione extra di frittella. «Sei
tremendo, Emmett. Quando diventerai padre farai i dispetti anche a tuo figlio?»
chiesi, immaginandomi già il terremoto che sarebbe uscito fuori.
Povero
bambino… o bambina.
«Gli
farà i dispetti e anche qualcosa di peggiore, ne sono sicura. Spero che i suoi
bambini non siano anche i miei.» se ne uscì Rose, ridacchiando.
«Momento
momento momento… Rose, ma che vai farneticando? È ovvio che i miei bambini
saranno anche i tuoi! Sarai la loro mamma!»
«Che ne
puoi sapere tu? Per quando diventeremo genitori potremmo anche esserci
lasciati! Magari tu sposerai una bibliotecaria scorbutica come Madama Pince, ed
io forse riuscirò finalmente ad accalappiare l’idolo dei miei sogni e a farci
una squadra di marmocchi…»
«Chi,
Christian Bale? Pff, tu sogni donna!»
«Già,
sogno… per questo devo accontentarmi di te, tesoro.» con un sorriso tenero sul
volto, Rosalie si avvicinò ad Emmett, abbracciandolo, e poi gli baciò le
labbra.
Loro
due mi piacevamo moltissimo insieme, erano assurdi la maggior parte delle volte
ma erano anche la perfetta rappresentazione del vero amore… erano la Bella e la
Bestia, anche se Allyson continuava a vederli come Aurora e Filippo. E si
sopportavano a vicenda da dieci lunghi anni!
«Anche
io devo accontentarmi di te, piccola, e non posso avere Gwineth Paltrow! Ma…
spiegami chi sarebbe questa Madama Pince. La conosco?» chiese Emmett,
ricambiando l’abbraccio di Rose.
Aggrottai
le sopracciglia. «Non sai chi è? Ma… tutti sanno chi è! Ricordi Harry Potter?»
«Ho
visto tutti i film e non ho mai sentito nominare questa Madama Pince! Mi stai
prendendo in giro?»
«Quindi
non hai mai letto i libri?» ero sconvolta. «Devi recuperare, Emm, recuperare!
Ti sei perso un sacco di cose non leggendoli!»
«No,
neanche morto! Non mi piace leggere… ehi, Bella, perché mi guardi così? No,
abbassa subito quel mestolo!»
Se
Rosalie voleva avere ancora intatto il suo fidanzato, beh, doveva fermarmi
subito prima di commettere un Emmetticidio!
«E
quindi, domani la bambina torna a scuola?» mi chiese Edward, entrando in camera
da letto.
Annuii,
osservando i suoi movimenti standomene comodamente sdraiata nel letto. Anche
per quella sera, il mio ragazzo aveva deciso di fermarsi a dormire a casa mia;
ormai era più il tempo che trascorrevamo insieme che quello in cui lo passavamo
separati. Si poteva quasi dire che convivevamo… quasi, perché non avevamo
ancora deciso nulla riguardo a questo argomento.
Per
quanto l’idea di vivere insieme mi piacesse, non mi sentivo ancora pronta a
compiere questo passo così importante. Dovevo prima pensare ai bisogni della
mia piccola, e dopo potevo pensare ai miei. Non sapevo come Allyson poteva
reagire vedendo una figura maschile prendere il posto di suo padre, anche se
questo sembrava essere già accaduto…
«Sì,
ormai è completamente guarita. Non ha senso che rimanga a casa…» posai le
braccia sulla mia pancia, al di sopra delle lenzuola. «Ti decidi a venire qui?
Mi manchi!»
Edward,
che stava sistemando i suoi abiti sul comò, si girò vero di me e mi lanciò una
delle sue espressioni migliori, quella che esprimeva sorpresa, divertimento e
anche qualcosa di più. «Davvero ti manco?» domandò.
«Sì, mi
manchi moltissimo. Sai, è tanto tempo che… siamo lontani…» mormorai, portando
una mano sul mio petto, all’altezza del cuore. Ovviamente non stavo parlando di
una vera lontananza, visto il tanto tempo che passavamo insieme… no, era decisamente
un altro tipo di lontananza.
Edward
capì al volo, fortunatamente, abbandonando i suoi vestiti così come erano e
buttandosi a capofitto sul materasso. Mi raggiunse, sorridendo, e si posizionò
sopra il mio corpo cingendomi il viso con le sue mani.
«Hai
ragione, è passato così tanto dall’ultima volta. Recuperiamo un po’?» mi baciò
gli zigomi, ridacchiando, scendendo un po’ di più con le labbra.
«Oh sì,
non vedo l’ora!» lo abbracciai, arpionandomi alla sua schiena nuda mentre
incollavo le labbra alle sue.
Le
nostre bocche presero a divorarsi le une con le altre, e le nostre lingue si
rincorsero felici di tornare ad esplorarsi. Ed io ero felice di questo, ero
felice di poter sentire di nuovo il corpo di Edward così stretto al mio, di
sentire che il suo desiderio era forte come il mio e che, ben presto, saremmo
tornati ad unirci così come solo due persone che si amavano profondamente
potevano fare.
Lo
desideravo così tanto! Era dalla notte di Capodanno che non facevamo più
l’amore… un astinenza forzata che ero più che contenta di infrangere.
Edward
mi scoprì, facendo scendere le lenzuola fino ai piedi del letto per potersi
sdraiare liberamente su di me. Continuando a baciarci, feci vagare le mani
sulla sua schiena perfetta fino a giungere sul suo sedere, che strinsi
lievemente. Gli circondai il bacino con le gambe, sfregando il mio sesso contro
il suo.
«Non
farmi soffrire, strega…» brontolò, scendendo con le labbra lungo il mio collo
ed avanzando fino al seno, coperto dalla canottiera che usavo solitamente per
dormire.
«Non
farlo nemmeno tu, voglio sentirti.» mugolai, carezzandogli i capelli e
stringendoli tra le dita mentre cominciava a stuzzicare il mio seno al di sopra
del tessuto.
Quei
preliminari cominciavano a darmi sui nervi.
Edward,
forse intuendo i miei pensieri, si sollevò da me e portò con sé la mia
canottiera, lasciandomi nuda dalla vita in su. Tornò a baciarmi e ad
accarezzarmi con le mani, facendomi desiderare che osasse di più e che mi
facesse impazzire come solo lui sapeva fare.
«Uhm,
amore…» mugolò dopo qualche secondo, scostandosi con la testa. «Che hai fatto
qui? Ti ha punto un insetto?» chiese.
«Cosa…
insetto? Quale insetto?» cosa poteva importarmi degli insetti in quel momento?
«Hai
una strana bolla qui, vicino all’ombelico…» mi spiegò, indicandomi il punto e
sfiorandolo con il dito. Osservai anche io quello che mi stava indicando, ed in
effetti per essere una puntura di insetto era parecchio strana… poi, un'altra
spiegazione mi si affacciò alla mente.
«Credo
che non sia una puntura di insetto…» pigolai, rabbrividendo. No, mi rifiutavo
di crederci!
«E
allora, cosa…»
«Varicella!
Ho preso la varicella! A ventitré anni!» urlai.
«Che
cosa? Ma… ma non l’avevi avuta?» Edward era sconvolto più o meno quanto me, ma
era anche parecchio divertito da quella nuova rivelazione. Gli veniva da
ridere, e lo nascondeva anche male!
Ma come
si permetteva?!
«Non me
lo ricordo, se l’ho avuta o no! Devo chiedere alla mamma…» riabbassando gli
occhi su quell’unica e per niente innocua bollicina, che svettava sulla mia
carnagione chiara, mi ributtai sui cuscini e, prese le lenzuola, mi coprii fino
al mento. «Ti prego, chiamala e chiediglielo. Io… io non ho il coraggio, mi
vergogno.» aggiunsi, decidendo all’ultima parola di coprire anche la mia testa
con le lenzuola.
«Va
bene tesoro, vado a chiamarla.» sentii la sua mano, o forse le sue labbra,
carezzarmi la fronte e poi sentii che abbandonava il letto per uscire dalla
camera… poi, cosa che mi fece stare di merda più di quanto già non fossi,
sentii la sua risata risuonare per la casa.
Che
bastardo che sei, Edward Cullen!
Mia
madre diede a Edward la conferma ai miei sospetti: non avevo avuto la
varicella, da piccina. E così me l’ero presa adesso grazie a mia figlia. Che
fortuna, eh?
No, non
direi proprio.
Naturalmente
Edward aveva riconosciuto subito la natura di quella prima bolla, solo che si
divertiva alle mie spalle di vedermi vittima di quella malattia, e da bravo
medico poteva dirmi subito cosa fare, anche se lo sapevo già… ma lui, forse per
divertirsi ancora di più e per mettermi ancora di più in imbarazzo, chiamò
Jacob per farlo venire a casa a visitarmi.
Jacob,
un pediatra, che visitava me, che non avevo più neanche l’ombra dell’aspetto di
una bambina.
Edward
voleva vedermi morta per la vergogna.
E così
adesso ero io la malata, la paziente… che non ero paziente proprio per niente.
Non riuscivo a stare ferma per più di pochi minuti, avevo la febbre che si
alzava e si abbassava ad intervalli di poche ore e che mi scatenava ogni volta
dei mal di testa micidiali, e le bolle che avevo sparse più o meno per tutto il
corpo erano insopportabili. Non potevo nemmeno grattarmi, visto che Edward,
Rosalie ed Alice mi tenevano sempre sotto controllo e mi avevano bendato le
mani, così come io avevo fatto ad Allyson quando lei era stata male.
Adesso
capivo come si era sentita lei, povera piccola.
Era tutto
insopportabile!
«Rose!
Rose, ti prego, non le sopporto più!» strillai, sbracciandomi nel disperato
tentativo di far passare il prurito alle braccia. «Grattami tu, passami una
grattugia sulla pelle ma fa qualcosa!»
«Non
farò un bel niente! Dio, Bella, tua figlia non era così insopportabile!» mi
sgridò lei, invece, posandosi le mani sui fianchi.
Lei ed
Alice venivano a farmi compagnia durante il giorno, cambiandosi di turno di
tanto in tanto, mentre Edward era a lavoro in ospedale e la bambina era a
scuola. Alice qualche volta mi lasciava libera di grattarmi, impietosita dai
miei strilli, ma Rosalie era tutta un'altra storia…
Era
cattiva! Perfida, e aggiungeva uno strato di bende alle mie mani ogni qualvolta
tentavo di grattarmi… inutilmente, aggiungerei, visto che sembrava che non
avessi delle mani. Ero così impedita, e tonta, da non riuscire neanche a tenere
il cellulare tra le mani. E non potevo neanche provare a leggere qualcosa: come
sarei riuscita a girarle, le pagine?
«Quand’è
che passerà tutto questo? Mi sento uno schifo, cazzo!» strillai di nuovo,
buttandomi sul divano.
«Vedrai
che la settimana prossima starai meglio, tesoro.» tentò di consolarmi lei, che
venne a sedersi accanto a me. «Questi primi giorni sono i peggiori, ma
passeranno in fretta…»
La
guardai con tutto l’odio, il nervosismo e il risentimento che provavo in quel
momento. «Non dirmi così, non mi aiuti.»
Lei
sbuffò. «Ho capito, non ti aiuto… e in che modo potrei aiutarti, spiegami!»
Dovevo
davvero risponderle? C’era una sola cosa che mi avrebbe aiutato, e che mi
avrebbe resa anche la persona più felice di questo mondo maledetto.
Assunsi
la mia migliore espressione da cucciolo indifeso e maltrattato, posando la mano
fasciata sulla guancia. «Ti prego…» pigolai.
Rose
sicuramente capì a cosa mi stessi riferendo, perché scosse fermamente la testa
in senso di diniego. Lo avevo già detto che era cattiva, e perfida? Beh, aggiunsi
anche ‘bastarda’ alla lunga lista.
Continuai
a mantenere la mia espressione demoralizzata nella speranza di riuscire a
sciogliere il suo cuore di ghiaccio, e alla fine sembrai riuscirci perché si
girò, guardandomi di sottecchi, e poi posò la mano sulla mia schiena muovendola
in circolo. Non mi stava realmente grattando, ma quel gesto ebbe lo stesso il
potere di dare sollievo alle bolle più infiammate.
«Oh mio
Dio, sì!» mugolai, chiudendo gli occhi. Che bello.
«Stai
per avere un orgasmo, o cosa?» domandò lei, incerta.
«Se
continui così, forse l’orgasmo lo avrò davvero.» mormorai, muovendomi poco sul
divano. «Un po’ più in basso, per favore… sì! Lì.»
«Ma tu
guarda che mi tocca fare…» brontolò, ma sentivo che era divertita dalla
situazione. «Non andare a raccontarlo in giro, mi raccomando.»
«No,
tranquilla.» sorrisi, poggiando la testa sul bracciolo del divano e chiudendo
gli occhi.
Dovetti
essermi addormentata, perché non riuscii a ricordare nulla da quel momento in
poi. Sapevo solo che, una volta riaperti gli occhi, al posto di Rose ci trovai
Edward, tutto immerso nella lettura e con i suoi soliti occhialetti poggiati
sul naso.
«Quando
sei arrivato?» chiesi, gracchiante.
«Oh, ti
sei svegliata!» esclamò lui, chiudendo di scatto il libro e sorridendomi
calorosamente. «Sono qui da poco, Rose è andata a prendere Allie a scuola…» mi
spiegò, chinandosi su di me per baciarmi piano la bocca. «Come stai oggi? Non
hai una bella cera.»
Però,
il mio ragazzo sì che aveva tatto.
«Sto
uno schifo, ecco come sto. Vorrei che tutto finisse subito, non riesco ad
aspettare due settimane.» brontolai, sfregandomi gli occhi con le mani-mummia.
«Oh, il
mio piccolo amore…» Edward si stese dietro di me, cingendomi la vita con le sue
braccia e posando il mento sulla mia spalla. Sentii un piccolo sollievo, visto
che nel movimento aveva toccato le bolle che avevo su quel punto del corpo.
«Vedrai che passa tutto, e presto.»
Sorrisi
amaramente. «Me lo ha detto anche Rosalie, ma non siete di aiuto.»
«Sai di
essere una pessima paziente?»
«Oh sì,
che lo so.»
«Lieto
di saperlo.» rise, baciandomi la spalla.
«Mh.»
voltai il viso, incrociando i suoi occhi verdi e allegri. «Vorresti essere al
mio posto?»
«No, mi
è bastata quella che ho avuto da bambino.» sorrise, divertito. «Sai però chi
potrebbe prendere il tuo posto? Jasper!»
«E
perché dovrebbe, scusa?» chiusi gli occhi, in attesa della sua risposta.
«Beh,
perché lui la varicella ancora non l’ha avuta.»
A
quell’informazione riaprii le palpebre, mettendomi a sedere. «Davvero non l’ha
avuta? Non scherzi, vero? Dovete farlo venire qui con la scusa di venirmi a
trovare, così posso contagiarlo e potremmo soffrire insieme…»
«Non
verrà mai, mi dispiace tesoro. Aspetta che ti sei rimessa e che sia caduta
l’ultima crosta prima di passare qui.» mi informò, baciandomi ancora la spalla.
Misi il
broncio, sapendo quelle cose. «Non è giusto…»
«No,
non lo è. Ma ci sono qui io a farti compagnia, non sei contenta? E c’è Allyson,
e ci sono tutti gli altri…»
«Ma
nessuno di voi sta male.»
«Chiedi
troppo, piccola… ascolta, perché non ti rimetti a dormire, così riposi un
pochino e fai calmare questa tua bella testolina?» propose, carezzandomi la
fronte con la punta delle dita.
«Basta
che tu rimani qui, con me… non voglio stare da sola.»
Detto
questo, Edward mi abbracciò subito e mi fece girare, in modo da ritrovarmi con
il viso di fronte al suo. Mi accoccolai meglio contro di lui, stringendo la
presa sul tessuto del suo maglioncino per quanto ci riuscivo a causa delle
bende, e chiusi gli occhi.
Le
ultime cose che sentii, prima di addormentarmi di nuovo, furono le sue labbra
sulla mia pelle e la sua voce. La sua bellissima voce.
«Tu non
starai mai da sola, amore. Mai.»
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Eccoci di nuovo qui! Annoiate? Spero di no
^^
Ed ecco un capitolo simpatico con
protagonista assoluta la varicella… che odio! Fortuna che non ho ricordi di
quando la presi da piccola, ma non è stata una passeggiata neanche per me a
quanto dice mia madre X’D
Ad ogni modo, che ne pensate? Vi
avverto
subito che nel prossimo capitolo ci sarà una
novità… una ‘grande’ novità! Ma
chissà
cos’è? Che è? Boh, non si sa! v.v
Okay, adesso vado via! Vi ricordo che per
qualsiasi domanda, curiosità o altro potete trovarmi qui, sul mio gruppo
Facebook ^^