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Autore: KrisJay    03/09/2013    7 recensioni
Bella Swan si è appena trasferita a Los Angeles con la sua figlioletta Allyson. Sta per cominciare una nuova vita lì, cercando di dimenticare il passato che le ha regalato qualche delusione e anche qualche dispiacere. Ci riuscirà, grazie anche all'affetto della sua famiglia, dei nuovi e vecchi amici che la circondano e, naturalmente, grazie ad un nuovo amore che la conquisterà quando meno se lo aspetta...
"«Oh, interessante!» quello, era un modo carino di dire “Non me ne frega niente di ciò che c’è scritto lì sopra, anche se tu me lo stai dicendo ugualmente.”
«Sì, molto interessante… ma non interessante quanto te, Isabella.» il dottor Cullen posò di nuovo la cartella sul tavolo e posò gli occhi su di me, guardandomi intensamente.
Oh, merda.
Ci stava provando con me dopo neanche cinque ore che ci eravamo conosciuti… era la prima volta in assoluto che mi accadeva una cosa simile!
«Eh… Dottor Cullen…»
«Ti prego, Isabella, chiamami Edward.»
«Edward,» dissi, accontentandolo, «non so… che stai facendo?»
«Sto cercando di conoscerti meglio, Isabella. Sai, non mi dispiacerebbe affatto sapere qualcosa in più su di te… in tutti i sensi.» sorrise sghembo, facendomi rabbrividire.
Dio mio, che persona sfacciata!"
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Solo il tempo... - Capitolo23

Buonasera ragazze!
Avete visto, è tornata ‘Solo il tempo’! yay! ^_^
Come avevo promesso mesi fa, terminata l’estate ho ripreso in mano le mie long… vi chiedo solo un po’ di venia per questo capitolo, l’ho corretto adesso adesso ma ho un principio di mal di testa XD quindi abbonatemi qualche errorino XD
E… niente, ci sentiamo in basso per le note finali ;)

 

Solo il tempo

 
Capitolo 23
«Allie, per favore, smettila di scappare!» mugugnai per la decima volta. O forse era la ventesima… boh, avevo perso il conto delle volte in cui avevo ripetuto quella frase nell’arco dell’ultima ora.
«No! Mamma, lasciami stare!» come una ranocchia, la bambina saltò giù dai cuscini del divano e se la svignò verso il corridoio, cercando di allontanarsi da me.
Sbuffai, passandomi stancamente una mano tra i capelli mentre, con l’altra, stringevo il barattolino della crema. Per essere una bambina malata, beh, aveva fin troppe energie per i miei gusti.
«Allyson, sto venendo a prenderti!» e non era un avvertimento, quello: era un semplice dato di fatto.
Non era per niente facile badare a mia figlia quando era ammalata; se fosse stata una semplice influenza sarebbe stato tutto molto, ma molto più semplice… ma la varicella no, quella era tutta un'altra storia.
Non era passata neanche una settimana dal nostro ritorno a casa, una volta finite le vacanze di Natale, e la scuola già mi chiamava al lavoro per dirmi che la bambina aveva delle bollicine strane sul viso e sulle braccia. Da lì a capire che si trattasse della varicella bastarono pochi minuti di visita e l’occhio esperto di Jacob, da cui l’avevo portata per accertamenti.
Non riuscii a capire come Allyson si fosse beccata la varicella, dato che all’asilo sembrava non esserci stato nessun allarmismo per via del contagio… ma ci pensò mia madre a dirmi tutto, non appena le comunicai che la sua nipotina preferita, nonché unica, stava male.
Quando eravamo ancora a Forks, era andata a trovare una sua amica e si era portata dietro anche la bambina, visto che Annabelle stava badando a suo nipote mentre i genitori lavoravano. Quello che mia madre non sapeva, però, era che il bambino aveva la varicella e che quindi anche Allie rischiava di ammalarsi, stando accanto a lui mentre giocavano. Ma ormai il danno era fatto, quindi…
Seguii il percorso che aveva fatto Allyson poco prima, nel disperato tentativo di acciuffarla; era solo il quinto giorno di malattia e già non ce la facevo più. Capivo che stava male, che era nervosa e che non riusciva a sopportare il prurito che le bollicine le procuravano… ma era un impresa impossibile gestirla.
Avevo bisogno di una nuova vacanza, senza dubbio.
«Allie, dai tesoro vieni dalla mamma.» dissi, entrando nella mia stanza da letto.
Il primo tentativo di capire dove si fosse cacciata fu quello giusto, perché in effetti si trovava proprio lì. Se ne stava sdraiata sul letto, coperta fino al mento, e si sfregava gli occhi con le manine. Quando faceva così, di solito, era perché si sentiva stanca… ah, se fossi riuscita a farla addormentare sarei stata la madre più felice del mondo!
«Ehi! Mettiamo un po’ di cremina sulle bollicine?» le domandai raggiungendola sul letto. Posai temporaneamente il barattolo sul comodino e la scoprii, prendendola in braccio. Non appena lo feci, però, Allie cominciò a piangere, cosa che accadeva sempre più spesso negli ultimi giorni e che mi faceva sentire sempre più in pena per lei. Odiavo da morire vederla ammalata. «Amore, dai non fare così…» sussurrai per confortarla un pochino.
«Mi fanno male mamma, mi fanno male!» strillò, stringendosi sempre di più a me e seppellendo il viso nel mio collo.
«Lo so piccolina, ma adesso mettiamo la crema e vedrai che passa tutto…» le baciai la fronte, rassicurandola. Sperai davvero che quella crema le desse un po’ di sollievo, non mi piaceva vederla piangere in quel modo.
Parlandole tranquillamente, ed asciugandole di tanto in tanto le lacrime che le scendevano sulle guance, la liberai del pigiama e cominciai a coprire di crema la sua pelle, piena di vescicole. Erano così infiammate che al solo vederle mi veniva voglia di grattarmi, e ringraziai mentalmente il fatto che avessi già avuto la varicella. O almeno, sperai di averla avuta…
Dovevo chiederlo alla mamma.
«Mamma, togli questi?» mormorò Allie, alzando le manine bendate e fermandole davanti al mio viso. «Fanno male!»
«Anche qui? Stamattina non c’erano…» aggrottai le sopracciglia, cominciando a disfare il bendaggio che avevo fatto in precedenza. Controllare non mi costava nulla, però non sapevo se mia figlia stava dicendo la verità o era solo perché voleva grattarsi disperatamente.
Per evitare che si facesse male grattandosi le vescicole, Jacob mi aveva consigliato di coprirle le mani con delle garze, oppure con dei semplici guanti. Avevo optato per le bende, alla fine, perché la furbacchiona era riuscita a liberarsi dei guanti per quattro volte di fila, scorticandosi a sangue alcune bollicine sulla fronte.
Quindi adesso ero molto prevenuta con lei.
«Vediamo un po’…» una volta rimosse tutte le garze, osservai le sue manine alla ricerca di nuove bolle, che scoprii esistevano veramente. Speravo che almeno le mani gliele avesse risparmiate, ma a quanto sembrava la varicella non voleva proprio darle tregua e la stava riempiendo completamente. Le mancavano solo le bolle sotto alle piante dei piedi ed eravamo a cavallo!
Nel giro di pochi minuti la ricoprii di crema da capo a piedi e le misi un pigiama pulito, lasciandole le mani libere e rinviando la sessione di bendaggio a un altro momento. Bastava solo che non cominciasse a grattarsi e che non peggiorasse la situazione.
«Bene, adesso ci mettiamo sotto le coperte e dormiamo un po’, che dici?» le proposi, sdraiandomi sul letto accanto a lei, con una sola differenza: io me ne stavo sopra alle coperte, mentre Allyson era coperta fino alle orecchie.
«Non voglio dormire, voglio guardare la tivu!» borbottò decisa, facendomi capire che il mio piano non le andava a genio. «Ci sono i cartoni…»
«Allora stiamo sotto alle coperte e guardiamo i cartoni animati, è uguale!»
Guardare i cartoni alla tv fu l’unica cosa che facemmo per le tre ore seguenti; quella più interessata alle vicende dei Teletubbies, naturalmente, era Allie. Io dopo un po’ dovetti distogliere per forza lo sguardo dallo schermo perché i miei occhi chiedevano pietà, cominciavano a darmi fastidio… e anche perché, ad essere sincera, i Teletubbies mi stavano un po’ sulle palle.
Ma ero comunque contenta di sopportarli vedendo che stavano facendo distrarre la piccola dal pensiero della malattia e delle bolle stronze: aveva infatti cominciato a cantare e a battere le mani a ritmo di quei quattro pupazzi idioti, allegra e contenta. Se pensavo che c’erano altri tre episodi da vedere, dopo di quello, mi veniva da piangere. Nella mia mente stavo imprecando a squarciagola e imploravo che quella tortura finisse il prima possibile…
Allyson mi aveva chiesto di unirmi a lei nel cantare una nuova e irritante canzoncina, e avevamo appena cominciato quando qualcuno venne a salvarmi. Sentii la porta di casa aprirsi ma non sapevo chi potesse essere, visto che oltre a me anche Edward, Alice e Rosalie avevano le chiavi di casa… ma dal passo pesante che risuonava nel corridoio capii che doveva trattarsi del mio bel ragazzone.
E infatti, due secondi dopo la sua figura comparve sulla soglia della porta, alta e slanciata come sempre. Sulle sue labbra comparve un sorriso divertito, che si propagò e andò a contagiare anche i suoi occhi.
«Non capisco chi è la bambina tra voi due, se tu o tua figlia…» disse subito, scoppiando a ridere mentre si avvicinava al letto.
Mi imbronciai subito facendogli la linguaccia. «Piantala e unisciti a noi, abbiamo bisogno di altre persone nel coro!»
«Fossi matto, neanche per sogno!» esclamò. Si chinò su di me, nel frattempo, e baciò gentilmente le mie labbra. «Come se la cava l’ammalata di casa?»
«Va avanti, tra alti e bassi… Allie, amore, non lo saluti Edward?» diedi una strizzata al suo corpicino, che tenevo tra le braccia.
Allyson scosse la testa e incrociò le braccia al petto, sbuffando. «No.»
«E perché non mi vuoi salutare? Sono appena arrivato e non ti ho fatto i dispetti!» quasi indignato, Edward saltò sul letto e si sistemò accanto a mia figlia, carezzandole i capelli con una mano.
«Non mi hai salutato, dovevi salutarmi per prima! Sei stato stupido!» squittì, agitandosi tutta prima di tornare a imbronciarsi contro i cuscini che le avevo precedentemente sistemato dietro la schiena.
«Allyson! Non parlargli così!» la rimproverai anche se non volevo realmente farlo, perché quella situazione mi faceva ridere e volevo che continuasse. Allie era veramente nervosa e un po’ abbattuta, ammalata com’era, e per una volta ero contenta di vederla scatenare il suo nervosismo contro qualcuno che non fosse la sottoscritta.
«Sono stato stupido, è vero… ho salutato quella brutta della mamma prima di te, sono imperdonabile!» Edward, sospirando in maniera esagerata e a dir poco teatrale, scosse la testa.
«Ehi! Non sono brutta!»
«Non è brutta! Cattivo, cattivo!» Allie mi diede man forte, scoprendosi e andando a riempire di schiaffetti il petto e il viso di Edward.
«Ehi, ma che modi sono questi! E pensare che ti ho anche portato un regalo… non te lo meriti, me lo tengo io!» fingendosi offeso, il mio ragazzo si alzò dal letto e si andò a sistemare dalla mia parte, cingendomi le spalle con un braccio.
«Il tuo regalo è brutto, non lo voglio!» esclamò Allyson andando a nascondersi sotto le coperte.
Ridacchiai, coprendomi la bocca con le mani per non farmi sentire. Che scemini che erano, tutti e due…
«Davvero le hai fatto un regalo? Se continui così la vizierai, non voglio che diventi viziata.» chiesi, voltandomi verso di Edward.
«È una sciocchezza, giusto qualcosa per farla sentire bene adesso che sta male… ma dato che non lo vuole…» scrollò le spalle, si mise a ridere e poi mi abbracciò, schioccandomi un bacio sulla testa.
«Meglio così, però adesso te la sbrighi tu con lei. Io vado a preparare qualcosa da mangiare… falla uscire da sotto le coperte.» baciai le sue labbra, scendendo dal letto subito dopo.
«Ti sembra un impresa facile!» esclamò, guardandomi sconsolato per un istante prima di avvicinarsi al bozzo che spuntava da sotto alle coperte. «Ehi, tesoro, vieni a giocare con me?»
«No!» rispose la bimba, la voce ovattata dagli strati di stoffa.
«Eddai, per favore! Ci rimango male se mi dici di no!»
«Non me ne frega niente!»
Trattenendo una nuova risata, mi allontanai lungo il corridoio, scuotendo la testa. Ne avrei viste delle belle, ne ero certa.
 

***

 
Eravamo arrivate al decimo giorno della malattia e le cose cominciavano a migliorare: le bollicine cominciavano a seccarsi e a sparire, lasciando i classici segni solo su quelle che Allyson si era divertita a grattare, e la febbre era andata via. Poteva già tornare a scuola, ma io preferivo lasciarla a casa fino a quando non fosse caduta anche l’ultima crosticina.
Spesso e volentieri, mi spaventavo vedendo quanto fossi iperprotettiva nei confronti di mia figlia… ma quale madre non lo era con il suo cucciolo?
Mentre lavoravo lasciavo Allyson alle cure di Rosalie, come al solito, e quest’ultima mi lanciava rimproveri e imprecazioni ogni qualvolta che telefonavo a casa per sapere come stesse. Esageravo, ma non potevo farne a meno…
…ed ero più che contenta di tornare a casa, nel pomeriggio, e vedere con i miei stessi occhi che la piccola stava bene e che era sempre iperattiva. Forse lo era anche troppo, visti i danni che combinava in giro per casa.
Ultimamente anche Emmett aveva cominciato a frequentare casa nostra e almeno una volta al giorno dovevo sorbirmi il resoconto di tutte le avventure e i giochi che Allie aveva fatto insieme a lui, senza contare quelle che avevo avuto ‘l’onore’ di vedere di persona.
Emmett tornava ad essere un bambino quando si trovava in mezzo ai bambini… secondo me aveva qualcosa che non andava nel cervello.
«Mamma, sono pronte le frittelle?» chiese mia figlia, impaziente.
«Mamma, anche io voglio le frittelle!» questa non era Allyson, però.
Mi girai, distogliendo l’attenzione dai fornelli e dall’impasto che si andava cuocendo, e fulminai Emmett con lo sguardo. «Smettila di chiamarmi ‘mamma’!»
Lui, indifferente, si mise a ridere e trascinò mia figlia con sé. «Hai visto, le dà fastidio! Lo facciamo di nuovo?» le sussurrò all’orecchio.
«Sì!» fu la risposta allegra di Allie.
«Voi due non farete proprio un bel niente! Emmett, smettila di rimbambire questa povera bambina!» meno male che c’era Rosalie a tenere a bada il suo fidanzato.
«Ma, tesoro! Non facciamo nulla di male, noi!» disse a sua discolpa.
«Sì, sembra vero, guarda.»
«Okay, fate tutti i bravi adesso!» esclamai, neanche fossi una maestrina alle prese con i suoi alunni irrequieti. Tolsi la padella dal fuoco e misi il suo contenuto su un piattino, utilizzando uno stampino per ritagliarlo della forma che volevo… in questo caso, un orso.
Allyson ultimamente aveva la fissa con gli orsi, chissà poi perché…
Misi il piatto con la frittella orsosa, e decorata con un po’ di cioccolato, sul tavolo, di fronte ad Allyson. «Eccola qua, amore.»
«Uau, grazie mamma!» la piccola mi ringraziò aggiungendo un bacino sulla guancia.
Emmett, invece, si imbronciò vedendo quello che avevo fatto, proprio come un bimbo piccolo. «E a me niente? Che storia è questa?»
«Tu aspetti, cinque minuti in più non ti cambieranno la giornata.» lo sbeffeggiò Rosalie, bevendo un sorso di caffè.
«Ah no, io non aspetto!» e dicendo così, si armò di forchetta e rubò un pezzo di dolce dal piatto di Allyson.
«Ehi!»
«Brutto tronzone cattivone! Vaffacculo!»
Non mi presi nemmeno la briga di sgridarla: Allyson aveva ragione, Emmett era stato un vero e proprio stronzo.
«Ma che ci si comporta così? E hai trentadue anni suonati, vergognati!» lo rimproverò Rosalie dandogli uno scappellotto sonante tra capo e collo.
Lui reagì portando una mano a coprire la parte lesa. «Ahi! Scusate tanto se non mi va di aspettare, ho fame!»
«Di certo, grande e grosso come sei, aspettare cinque minuti in più non ti avrebbe ucciso.» scossi la testa, porgendo il piattino con la frittella a Emmett per poi abbracciare la mia bambina e baciarle la testa. «La mamma adesso te ne prepara un'altra, grande grande e piena di cioccolato!»
«Uiii, che bello!» urlò lei contenta, e battendo le mani fece una linguaccia a Emmett.
«Ma non è giusto!» si lamentò Emmett.
«Sì che è giusto! Così impari a rubare il cibo agli altri…»
Risi, tornando davanti ai fornelli per preparare la porzione extra di frittella. «Sei tremendo, Emmett. Quando diventerai padre farai i dispetti anche a tuo figlio?» chiesi, immaginandomi già il terremoto che sarebbe uscito fuori.
Povero bambino… o bambina.
«Gli farà i dispetti e anche qualcosa di peggiore, ne sono sicura. Spero che i suoi bambini non siano anche i miei.» se ne uscì Rose, ridacchiando.
«Momento momento momento… Rose, ma che vai farneticando? È ovvio che i miei bambini saranno anche i tuoi! Sarai la loro mamma!»
«Che ne puoi sapere tu? Per quando diventeremo genitori potremmo anche esserci lasciati! Magari tu sposerai una bibliotecaria scorbutica come Madama Pince, ed io forse riuscirò finalmente ad accalappiare l’idolo dei miei sogni e a farci una squadra di marmocchi…»
«Chi, Christian Bale? Pff, tu sogni donna!»
«Già, sogno… per questo devo accontentarmi di te, tesoro.» con un sorriso tenero sul volto, Rosalie si avvicinò ad Emmett, abbracciandolo, e poi gli baciò le labbra.
Loro due mi piacevamo moltissimo insieme, erano assurdi la maggior parte delle volte ma erano anche la perfetta rappresentazione del vero amore… erano la Bella e la Bestia, anche se Allyson continuava a vederli come Aurora e Filippo. E si sopportavano a vicenda da dieci lunghi anni!
«Anche io devo accontentarmi di te, piccola, e non posso avere Gwineth Paltrow! Ma… spiegami chi sarebbe questa Madama Pince. La conosco?» chiese Emmett, ricambiando l’abbraccio di Rose.
Aggrottai le sopracciglia. «Non sai chi è? Ma… tutti sanno chi è! Ricordi Harry Potter?»
«Ho visto tutti i film e non ho mai sentito nominare questa Madama Pince! Mi stai prendendo in giro?»
«Quindi non hai mai letto i libri?» ero sconvolta. «Devi recuperare, Emm, recuperare! Ti sei perso un sacco di cose non leggendoli!»
«No, neanche morto! Non mi piace leggere… ehi, Bella, perché mi guardi così? No, abbassa subito quel mestolo!»
Se Rosalie voleva avere ancora intatto il suo fidanzato, beh, doveva fermarmi subito prima di commettere un Emmetticidio!
 

***

 
«E quindi, domani la bambina torna a scuola?» mi chiese Edward, entrando in camera da letto.
Annuii, osservando i suoi movimenti standomene comodamente sdraiata nel letto. Anche per quella sera, il mio ragazzo aveva deciso di fermarsi a dormire a casa mia; ormai era più il tempo che trascorrevamo insieme che quello in cui lo passavamo separati. Si poteva quasi dire che convivevamo… quasi, perché non avevamo ancora deciso nulla riguardo a questo argomento.
Per quanto l’idea di vivere insieme mi piacesse, non mi sentivo ancora pronta a compiere questo passo così importante. Dovevo prima pensare ai bisogni della mia piccola, e dopo potevo pensare ai miei. Non sapevo come Allyson poteva reagire vedendo una figura maschile prendere il posto di suo padre, anche se questo sembrava essere già accaduto…
«Sì, ormai è completamente guarita. Non ha senso che rimanga a casa…» posai le braccia sulla mia pancia, al di sopra delle lenzuola. «Ti decidi a venire qui? Mi manchi!»
Edward, che stava sistemando i suoi abiti sul comò, si girò vero di me e mi lanciò una delle sue espressioni migliori, quella che esprimeva sorpresa, divertimento e anche qualcosa di più. «Davvero ti manco?» domandò.
«Sì, mi manchi moltissimo. Sai, è tanto tempo che… siamo lontani…» mormorai, portando una mano sul mio petto, all’altezza del cuore. Ovviamente non stavo parlando di una vera lontananza, visto il tanto tempo che passavamo insieme… no, era decisamente un altro tipo di lontananza.
Edward capì al volo, fortunatamente, abbandonando i suoi vestiti così come erano e buttandosi a capofitto sul materasso. Mi raggiunse, sorridendo, e si posizionò sopra il mio corpo cingendomi il viso con le sue mani.
«Hai ragione, è passato così tanto dall’ultima volta. Recuperiamo un po’?» mi baciò gli zigomi, ridacchiando, scendendo un po’ di più con le labbra.
«Oh sì, non vedo l’ora!» lo abbracciai, arpionandomi alla sua schiena nuda mentre incollavo le labbra alle sue.
Le nostre bocche presero a divorarsi le une con le altre, e le nostre lingue si rincorsero felici di tornare ad esplorarsi. Ed io ero felice di questo, ero felice di poter sentire di nuovo il corpo di Edward così stretto al mio, di sentire che il suo desiderio era forte come il mio e che, ben presto, saremmo tornati ad unirci così come solo due persone che si amavano profondamente potevano fare.
Lo desideravo così tanto! Era dalla notte di Capodanno che non facevamo più l’amore… un astinenza forzata che ero più che contenta di infrangere.
Edward mi scoprì, facendo scendere le lenzuola fino ai piedi del letto per potersi sdraiare liberamente su di me. Continuando a baciarci, feci vagare le mani sulla sua schiena perfetta fino a giungere sul suo sedere, che strinsi lievemente. Gli circondai il bacino con le gambe, sfregando il mio sesso contro il suo.
«Non farmi soffrire, strega…» brontolò, scendendo con le labbra lungo il mio collo ed avanzando fino al seno, coperto dalla canottiera che usavo solitamente per dormire.
«Non farlo nemmeno tu, voglio sentirti.» mugolai, carezzandogli i capelli e stringendoli tra le dita mentre cominciava a stuzzicare il mio seno al di sopra del tessuto.
Quei preliminari cominciavano a darmi sui nervi.
Edward, forse intuendo i miei pensieri, si sollevò da me e portò con sé la mia canottiera, lasciandomi nuda dalla vita in su. Tornò a baciarmi e ad accarezzarmi con le mani, facendomi desiderare che osasse di più e che mi facesse impazzire come solo lui sapeva fare.
«Uhm, amore…» mugolò dopo qualche secondo, scostandosi con la testa. «Che hai fatto qui? Ti ha punto un insetto?» chiese.
«Cosa… insetto? Quale insetto?» cosa poteva importarmi degli insetti in quel momento?
«Hai una strana bolla qui, vicino all’ombelico…» mi spiegò, indicandomi il punto e sfiorandolo con il dito. Osservai anche io quello che mi stava indicando, ed in effetti per essere una puntura di insetto era parecchio strana… poi, un'altra spiegazione mi si affacciò alla mente.
«Credo che non sia una puntura di insetto…» pigolai, rabbrividendo. No, mi rifiutavo di crederci!
«E allora, cosa…»
«Varicella! Ho preso la varicella! A ventitré anni!» urlai.
«Che cosa? Ma… ma non l’avevi avuta?» Edward era sconvolto più o meno quanto me, ma era anche parecchio divertito da quella nuova rivelazione. Gli veniva da ridere, e lo nascondeva anche male!
Ma come si permetteva?!
«Non me lo ricordo, se l’ho avuta o no! Devo chiedere alla mamma…» riabbassando gli occhi su quell’unica e per niente innocua bollicina, che svettava sulla mia carnagione chiara, mi ributtai sui cuscini e, prese le lenzuola, mi coprii fino al mento. «Ti prego, chiamala e chiediglielo. Io… io non ho il coraggio, mi vergogno.» aggiunsi, decidendo all’ultima parola di coprire anche la mia testa con le lenzuola.
«Va bene tesoro, vado a chiamarla.» sentii la sua mano, o forse le sue labbra, carezzarmi la fronte e poi sentii che abbandonava il letto per uscire dalla camera… poi, cosa che mi fece stare di merda più di quanto già non fossi, sentii la sua risata risuonare per la casa.
Che bastardo che sei, Edward Cullen!
 

***

 
Mia madre diede a Edward la conferma ai miei sospetti: non avevo avuto la varicella, da piccina. E così me l’ero presa adesso grazie a mia figlia. Che fortuna, eh?
No, non direi proprio.
Naturalmente Edward aveva riconosciuto subito la natura di quella prima bolla, solo che si divertiva alle mie spalle di vedermi vittima di quella malattia, e da bravo medico poteva dirmi subito cosa fare, anche se lo sapevo già… ma lui, forse per divertirsi ancora di più e per mettermi ancora di più in imbarazzo, chiamò Jacob per farlo venire a casa a visitarmi.
Jacob, un pediatra, che visitava me, che non avevo più neanche l’ombra dell’aspetto di una bambina.
Edward voleva vedermi morta per la vergogna.
E così adesso ero io la malata, la paziente… che non ero paziente proprio per niente. Non riuscivo a stare ferma per più di pochi minuti, avevo la febbre che si alzava e si abbassava ad intervalli di poche ore e che mi scatenava ogni volta dei mal di testa micidiali, e le bolle che avevo sparse più o meno per tutto il corpo erano insopportabili. Non potevo nemmeno grattarmi, visto che Edward, Rosalie ed Alice mi tenevano sempre sotto controllo e mi avevano bendato le mani, così come io avevo fatto ad Allyson quando lei era stata male.
Adesso capivo come si era sentita lei, povera piccola.
Era tutto insopportabile!
«Rose! Rose, ti prego, non le sopporto più!» strillai, sbracciandomi nel disperato tentativo di far passare il prurito alle braccia. «Grattami tu, passami una grattugia sulla pelle ma fa qualcosa!»
«Non farò un bel niente! Dio, Bella, tua figlia non era così insopportabile!» mi sgridò lei, invece, posandosi le mani sui fianchi.
Lei ed Alice venivano a farmi compagnia durante il giorno, cambiandosi di turno di tanto in tanto, mentre Edward era a lavoro in ospedale e la bambina era a scuola. Alice qualche volta mi lasciava libera di grattarmi, impietosita dai miei strilli, ma Rosalie era tutta un'altra storia…
Era cattiva! Perfida, e aggiungeva uno strato di bende alle mie mani ogni qualvolta tentavo di grattarmi… inutilmente, aggiungerei, visto che sembrava che non avessi delle mani. Ero così impedita, e tonta, da non riuscire neanche a tenere il cellulare tra le mani. E non potevo neanche provare a leggere qualcosa: come sarei riuscita a girarle, le pagine?
«Quand’è che passerà tutto questo? Mi sento uno schifo, cazzo!» strillai di nuovo, buttandomi sul divano.
«Vedrai che la settimana prossima starai meglio, tesoro.» tentò di consolarmi lei, che venne a sedersi accanto a me. «Questi primi giorni sono i peggiori, ma passeranno in fretta…»
La guardai con tutto l’odio, il nervosismo e il risentimento che provavo in quel momento. «Non dirmi così, non mi aiuti.»
Lei sbuffò. «Ho capito, non ti aiuto… e in che modo potrei aiutarti, spiegami!»
Dovevo davvero risponderle? C’era una sola cosa che mi avrebbe aiutato, e che mi avrebbe resa anche la persona più felice di questo mondo maledetto.
Assunsi la mia migliore espressione da cucciolo indifeso e maltrattato, posando la mano fasciata sulla guancia. «Ti prego…» pigolai.
Rose sicuramente capì a cosa mi stessi riferendo, perché scosse fermamente la testa in senso di diniego. Lo avevo già detto che era cattiva, e perfida? Beh, aggiunsi anche ‘bastarda’ alla lunga lista.
Continuai a mantenere la mia espressione demoralizzata nella speranza di riuscire a sciogliere il suo cuore di ghiaccio, e alla fine sembrai riuscirci perché si girò, guardandomi di sottecchi, e poi posò la mano sulla mia schiena muovendola in circolo. Non mi stava realmente grattando, ma quel gesto ebbe lo stesso il potere di dare sollievo alle bolle più infiammate.
«Oh mio Dio, sì!» mugolai, chiudendo gli occhi. Che bello.
«Stai per avere un orgasmo, o cosa?» domandò lei, incerta.
«Se continui così, forse l’orgasmo lo avrò davvero.» mormorai, muovendomi poco sul divano. «Un po’ più in basso, per favore… sì! Lì.»
«Ma tu guarda che mi tocca fare…» brontolò, ma sentivo che era divertita dalla situazione. «Non andare a raccontarlo in giro, mi raccomando.»
«No, tranquilla.» sorrisi, poggiando la testa sul bracciolo del divano e chiudendo gli occhi.
Dovetti essermi addormentata, perché non riuscii a ricordare nulla da quel momento in poi. Sapevo solo che, una volta riaperti gli occhi, al posto di Rose ci trovai Edward, tutto immerso nella lettura e con i suoi soliti occhialetti poggiati sul naso.
«Quando sei arrivato?» chiesi, gracchiante.
«Oh, ti sei svegliata!» esclamò lui, chiudendo di scatto il libro e sorridendomi calorosamente. «Sono qui da poco, Rose è andata a prendere Allie a scuola…» mi spiegò, chinandosi su di me per baciarmi piano la bocca. «Come stai oggi? Non hai una bella cera.»
Però, il mio ragazzo sì che aveva tatto.
«Sto uno schifo, ecco come sto. Vorrei che tutto finisse subito, non riesco ad aspettare due settimane.» brontolai, sfregandomi gli occhi con le mani-mummia.
«Oh, il mio piccolo amore…» Edward si stese dietro di me, cingendomi la vita con le sue braccia e posando il mento sulla mia spalla. Sentii un piccolo sollievo, visto che nel movimento aveva toccato le bolle che avevo su quel punto del corpo. «Vedrai che passa tutto, e presto.»
Sorrisi amaramente. «Me lo ha detto anche Rosalie, ma non siete di aiuto.»
«Sai di essere una pessima paziente?»
«Oh sì, che lo so.»
«Lieto di saperlo.» rise, baciandomi la spalla.
«Mh.» voltai il viso, incrociando i suoi occhi verdi e allegri. «Vorresti essere al mio posto?»
«No, mi è bastata quella che ho avuto da bambino.» sorrise, divertito. «Sai però chi potrebbe prendere il tuo posto? Jasper!»
«E perché dovrebbe, scusa?» chiusi gli occhi, in attesa della sua risposta.
«Beh, perché lui la varicella ancora non l’ha avuta.»
A quell’informazione riaprii le palpebre, mettendomi a sedere. «Davvero non l’ha avuta? Non scherzi, vero? Dovete farlo venire qui con la scusa di venirmi a trovare, così posso contagiarlo e potremmo soffrire insieme…»
«Non verrà mai, mi dispiace tesoro. Aspetta che ti sei rimessa e che sia caduta l’ultima crosta prima di passare qui.» mi informò, baciandomi ancora la spalla.
Misi il broncio, sapendo quelle cose. «Non è giusto…»
«No, non lo è. Ma ci sono qui io a farti compagnia, non sei contenta? E c’è Allyson, e ci sono tutti gli altri…»
«Ma nessuno di voi sta male.»
«Chiedi troppo, piccola… ascolta, perché non ti rimetti a dormire, così riposi un pochino e fai calmare questa tua bella testolina?» propose, carezzandomi la fronte con la punta delle dita.
«Basta che tu rimani qui, con me… non voglio stare da sola.»
Detto questo, Edward mi abbracciò subito e mi fece girare, in modo da ritrovarmi con il viso di fronte al suo. Mi accoccolai meglio contro di lui, stringendo la presa sul tessuto del suo maglioncino per quanto ci riuscivo a causa delle bende, e chiusi gli occhi.
Le ultime cose che sentii, prima di addormentarmi di nuovo, furono le sue labbra sulla mia pelle e la sua voce. La sua bellissima voce.
«Tu non starai mai da sola, amore. Mai.»
 
 
 
 

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Eccoci di nuovo qui! Annoiate? Spero di no ^^
Ed ecco un capitolo simpatico con protagonista assoluta la varicella… che odio! Fortuna che non ho ricordi di quando la presi da piccola, ma non è stata una passeggiata neanche per me a quanto dice mia madre X’D
Ad ogni modo, che ne pensate? Vi avverto subito che nel prossimo capitolo ci sarà una novità… una ‘grande’ novità! Ma chissà cos’è? Che è? Boh, non si sa! v.v
Okay, adesso vado via! Vi ricordo che per qualsiasi domanda, curiosità o altro potete trovarmi qui, sul mio gruppo Facebook ^^

Un bacione, a presto!
   
 
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