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Autore: Lou_    03/09/2013    6 recensioni
"Harry...va tutto bene?" il suo tono era preoccupato.
"Vediamo, fammici pensare: sono sempre stato spaventato solo dall'idea di fare un esame del sangue o di tagliarmi con delle forbici mentre adesso mi ritrovo a bere sangue per vivere...si, direi che essere preoccupato nelle mie condizioni è un eufemismo, Niall."
Larry/Ziam// Vampire!Louis// Rating variabile nel corso della storia 
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Deep Wounds

 

 

 

1. New Beginning

 

 

Chiusi gli occhi per qualche secondo, inspirando a pieni polmoni la brezza leggera del mattino. Attorno a me l’ambiente si stava pian piano affollando di ragazzi e ragazze, vestiti di tutto punto con la divisa scolastica che a fatica avevo accettato di indossare quel giorno.

Sembri proprio un ometto!

Aw, il mio fratellino che si fa grande.

Scossi la testa, trattenendo una smorfia di disapprovazione al ricordo di mia madre e Gemma che mi facevano sfilare davanti a loro con questa dannatissima camicia bianca e i pantaloni neri più attillati che avessi mai visto. Sembravano quasi di una taglia sbagliata.

Sospirai, provando a guardarmi attorno con circospezione: tra quella gente ci sarebbe stato il mio futuro compagno di stanza, quello con cui avrei dovuto passare metà del mio tempo al college e, non lo nascondo, mi sentivo agitato al pensiero di non conoscere nessuno.

Era una sensazione cui non ero estraneo; io e la mia famiglia ci eravamo trasferiti diverse volte anni prima, e ogni volta per me era uno sforzo riadattarmi all’ambiente, alla gente che mi circondava, agli insegnanti e al tipo di cibo che veniva servito a mensa. Il mio carattere un po’ chiuso di certo non aiutava, ma quest’anno sarebbe stato differente, volevo che le cose cambiassero, volevo apparire più disinvolto, simpatico e, chi lo sa, perfino popolare. Ma stavo anche sognando troppo per i miei standard e, ne ero perfettamente a conoscenza, quei pensieri erano gli stessi ogni anno e mai, mai erano diventati tangibili.

Diedi un colpo con la spalla alla mia tracolla in pelle e aumentai la presa sul mio borsone da viaggio, reduce da anni e anni di gite e escursioni di ogni tipo, quindi presi a camminare a passo svelto verso l’ingresso principale dell’edificio: a giudicare dalla folla che mi accerchiava e dalla loro fretta, entro pochi minuti sarebbe iniziato il discorso del preside.

Ignorai pazientemente gli spintoni poco educati di qualche studente alle mie spalle, quindi salii i gradini in marmo e varcai l’enorme porta a vetri della scuola.

La stanza che mi si presentò davanti fece crollare le mie pessimistiche aspettative: il soffitto alto e spazioso capace di farti venire un capogiro, le sculture agli angoli dei muri che raffiguravano lo stemma scolastico, un leone alato, le fauci spalancate a mostrare lunghi denti appuntiti e una zampa a mostrare gli artigli all’osservatore, la scalinata centrale, immensa e a chiocciola, decorata con drappi color porpora e argento, richiamanti sempre lo stemma scolastico.

Mi trattenni dal lasciarmi scappare uno ‘wow’ di sorpresa, come invece facevano i miei coetanei, e camminai lontano dall’ingresso verso un palchetto allestito al centro della stanza, ricoperto da un telo porpora.

La gente si accalcava sempre più attorno ad esso, creando un brusio che mi stava già facendo venire mal di testa; per mia fortuna una voce metallica invase l’ambiente, richiamando al silenzio generale. Iniziai a spostare lo sguardo alla ricerca di chi aveva parlato, quindi individuai l’uomo che doveva essere il preside, uno sulla cinquantina, basso e tarchiato con un paio di occhiali, sopra il palchetto.

“Salve a tutti cari studenti! Un benvenuto alle nuove menti che ha acquisito la nuova scuola e un caloroso ciao alle facce già viste” roteai gli occhi al cielo, i discorsi di presentazione non mi avevano mai entusiasmato, figurarsi quelli del preside.

“anzitutto mi presento, io sono Morgan Frenish, il direttore generale di questo fantastico edificio, ma in molti preferiscono chiamarmi….”

“Signor Chips!” gridarono in un punto indefinito della folla alcuni ragazzi, scoppiando in una fragorosa risata.

Ridacchiai insieme ad altri ragazzi intorno a me e tornando ad osservare Morgan che, trattenendo un sorriso, faceva cenno di calmarsi.

“Il signor Frenish non credo apprezzi i vostri scherzi, anche se potevo aspettarmelo da lei e la sua banda, Grimshaw” una voce profonda e minacciosa, femminile, causò un silenzio tombale che mi fece rabbrividire.

Iniziai a guardarmi intorno, sporgendomi oltre la cresta di capelli di un ragazzo davanti a me, e notai Morgan voltarsi alla sua destra, dove era comparsa una donna alta e dalla camminata lenta e solenne. Indossava un vestito lungo fino ai piedi, porpora ovviamente, e camminava salendo poi verso il palchetto, continuando a scrutare dall’alto in basso il gruppo di ragazzi che poco prima aveva riso.

Mi accigliai, pensando a come avrei reagito se mi fossi trovato nella situazione di quel Grimshaw, quando sentii una voce accanto al mio orecchio che mi fece sobbalzare.

“Quella è la preside Collins! Ah e scusami se ti ho spaventato” si affrettò ad aggiungere la voce, facendomi voltare incuriosito verso di essa.

L’accento era particolare, diverso a quello cui ero abituato a sentire dalle parti dove avevo vissuto, e probabilmente dovevo avere una faccia ancora più perplessa di prima perché il ragazzo che aveva parlato, dai capelli sul biondo e gli occhi azzurro chiaro, fece un largo sorriso annuendo più volte, comprensivo.

“Si vengo dalle parti dell’Irlanda, Mullingar per l’esattezza. Comunque sei nuovo? Non ti ho mai visto, io sono Niall, Niall Horan!” concluse allegro senza perdere il sorriso, porgendomi una mano che dopo un attimo di esitazione strinsi, accennando una smorfia che doveva apparire un sorriso.

Sii più espansivo Harry, sii più espansivo…

“Io sono Harry, Harry Styles e si, sono nuovo e dovrei frequentare l’ultimo anno”

“E dai Niall, lascia stare quello nuovo, voglio sentire la preside che smerda Nick!” fu un ragazzo alle spalle di Niall a parlare stavolta, che appena osservai mi fece l’accenno di un sorriso e si voltò nuovamente verso il palchetto.

Niall lo guardò sbuffando, quindi si avvicinò al mio orecchio coprendosi la bocca con una mano e sussurrando un “ignoralo, Josh è sempre così il primo giorno di scuola” facendomi sorridere.

Tornammo entrambi ad osservare al centro della stanza, dove ‘mister Chips’ si era fatto da parte lasciando i riflettori alla preside e al suo tono intimidatorio.

Stava parlando da molto e feci fatica a riprendere le sue parole; anche se il silenzio nella stanza era quasi disarmante. Sapeva farsi rispettare, su questo non c’era dubbio, e iniziai a pregare tra me e me che gli insegnanti non mandassero di filata gli studenti nel suo ufficio, ma che prima avvisassero in qualche modo, o che informassero le famiglie di come avrebbero perso il loro ragazzo.

“…concludo quindi ricordandovi di presentarvi eleganti all’evento organizzato questo fine settimana per iniziare al meglio il nuovo anno e accogliere le nuove reclute, presso il nostro campo da football. E adesso andate, il signor Frenish e i rappresentanti di istituto vi forniranno le chiavi delle vostre stanze e una piantina di tutta la struttura. Non sia mai che vi perdiate e finiate prima del tempo nel mio ufficio.” Un brivido mi pervase la schiena.

Era una minaccia? Quella donna era da film dell’orrore.

Passarono pochi minuti e notai gli studenti incamminarsi dalla parte ovest dell’edificio, e io cercai Niall con lo sguardo, l’unico volto che per ora mi era familiare e mi dava un briciolo di sicurezza.

“Ehi Harry! Di qua!” sentii la voce dell’irlandese alle mie spalle, quindi mi sentii trascinato per una spalla, ritrovandomi fuori dal flusso di studenti, in un corridoio ormai vuoto alla destra della stanza di poco prima.

“Niall! Ma tutti stanno andando da quella parte per le chiavi delle stanze e…” iniziai, preoccupato di rispettare le regole almeno il primo giorno.

Il biondo invece mi guardò con aria strafottente, sventolandomi davanti agli occhi con orgoglio un mazzo di chiavi luccicante.

Io corrugai la fronte, perplesso, spostando nuovamente lo sguardo sulla gente carica di borsoni che si allontanava sempre di più da noi.

“Harry, ma noi abbiamo già delle chiavi ben più utili! Indovina cosa siamo riusciti a prendere da un’inserviente? Le chiavi dello spogliatoio delle cheerleaders” la sua espressione in quel momento diceva tutto, anche le sue intenzioni più nascoste con queste cheerleaders, e non mi tranquillizzò per nulla.

“Allora? Vieni con noi a farci un giretto?” chiese più insistentemente Niall, sventolando ancora una volta davanti al viso quel mazzo di chiavi.

Io sospirai, grattandomi il capo, perplesso.

“Ehm…”

“Visto? Ti dicevo io che di questo riccio non ci si può fidare, andiamo noi Nialler” la voce di Josh ci interruppe ancora, quindi il ragazzo strappò le chiavi di mano all’irlandese e, con un grugnito, mi fece un gesto sprezzante come saluto e mi voltò le spalle, diretto a quello che doveva essere il cortile esterno.

Niall però non lo seguì, rimase a guardarmi ancora qualche secondo, incerto, ma, non vedendo nessuna mia reazione, trattenne una smorfia e mi salutò con la mano.

Rimasi quindi lì, in piedi in quel corridoio deserto, con la mia tracolla sulla spalla e il borsone ai piedi, chiedendomi cosa mi conveniva fare.

Harry così non va, passerai un altro dei tuoi noiosi anni scolastici se fai così.

Sospirai, passandomi una mano tra i capelli dalla frustrazione e, imprecando a bassa voce, raccolsi i miei oggetti e affrettai il passo verso l’uscita dove erano scomparsi Niall e Josh.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’aria era più fredda e umida rispetto a quando avevo varcato il cancello principale del college, il mio fiato si trasformava in condensa davanti a me ad ogni mio passo e iniziavo a sentire il bisogno di bere qualcosa di caldo o indossare una giacca più pesante.

L’esterno dell’edificio era immenso e il prato davanti a me sembrava non avere fine. Di Niall e Josh nessuna traccia ovviamente, ed io ero solo, disperso nel mio college solo al primo giorno, con un freddo che si stava infiltrando sotto la mia odiosa divisa scolastica e i bagagli che si facevano via via più pesanti.

Ad un certo punto mi fermai, sedendomi ai piedi di un albero e lasciando cadere ai miei piedi tracolla e borsone. Mi abbandonai con la schiena contro la corteccia ruvida della pianta, aguzzando di tanto in tanto la vista davanti a me per cercare di scorgere un qualcosa che richiamasse un campo di allenamento di cheerleaders.

Chissà cosa avrebbe pensato mia sorella se avesse saputo la mia attuale situazione; probabilmente mi avrebbe schiaffeggiato dandomi del pervertito, oppure avrebbe riso di me. Conoscendola, avrebbe fatto entrambe le cose.

Sospirai, stringendomi le braccia al petto nel sentire il freddo attorno a me aumentare.

Forse era il caso di tornare nell’edificio, cercare un inserviente e chiudermi in camera a sistemare le valige e farmi un bel bagno caldo.

Feci per alzarmi dalla mia posizione quando scorsi in lontananza un gruppo di ragazzi.

Indossavano tutti la divisa scolastica, fatta eccezione per uno con un borsone da calcio sulla spalla, che era a torso nudo.

Torso nudo?!

Scossi il capo più volte, incredulo, sporgendomi nella loro direzione e cercando di individuare il bordo di una qualche maglietta color carne, ma nulla.

Il gruppo ora si era fatto più vicino e a giudicare dagli sguardi che mi lanciarono non dovevano essere molto socievoli e aperti a nuove conoscenze.

Uno di loro ha un borsone da calcio, magari ha appena finito l’allenamento e sa dove si trova il campo da football.

Giusto, dovevo andare a chiedere loro informazioni, presentarmi come il nuovo Harry, fare nuove conoscenze.

E poi quello a torso nudo sembra carino.

No, quello non dovevo notarlo.

Storsi il naso, prendendo un profondo respiro e accelerando il passo nella loro direzione, che intanto si erano fermati vicino uno spiazzo in cemento, a parlare e, a giudicare dall’odore, a fumare.

Deglutii a fatica, sforzandomi di immaginare la situazione dal loro punto di vista e del perché mi sarebbero dovuti essere ostili, quindi agitai una mano facendo un debole cenno di saluto, ormai a pochi passi dal gruppo.

Il ragazzo che era davvero a torso nudo mi dava le spalle, così fu uno del gruppo a guardarmi intensamente, incenerendomi quasi, quindi a dargli una pacca sulla spalla per farlo voltare verso di me.

La prima cosa che notai furono i suoi occhi, di un intenso azzurro, che richiamava il colore di un mare profondo. Non ne avevo mai visti di così intensi e magnetici; mi sentii quasi violato da quegli occhi, spogliato da tutta la mia poca sicurezza e buttato in angolo, nudo e vulnerabile.

Dopo di lui si voltarono anche gli altri verso di me, quasi fossero sincronizzati.

Che cosa inquietante, chissà quanto dovrei allenarmi io per…

“Cerchi qualcosa?” fu quello che aveva urtato la spalla al tizio mezzo nudo a parlare, il suo tono era calmo ma pungente, quasi una spina velenosa.

Si, cosa cercavo io? Perché volevo parlare proprio con questi tizi?

All’improvviso mi sentii terribilmente stupido, imbambolato lì in mezzo al prato, davanti un gruppo di ragazzi a fissare con insistenza i muscoli del torace al ragazzo con gli occhi azzurri.

Non sentii cosa disse uno dei ragazzi, ma le loro risate furono sufficienti a farmi risvegliare dal mio stato di trance.

“Si, ecco veramente io…cercavo il campo da football e visto che uno di voi ha la borsa pensavo lo sapeste”

Bravo Harry, sicuro e conciso. Ottima prima impressione. Dimenticandoci dell’iniziale imbarazzo o del fatto che ti sei perso nel tuo stesso college.

Alcuni di loro ridacchiarono ancora, facendomi innervosire, ma si zittirono al veloce cenno della mano del ragazzo a torso nudo, che rimase a fissarmi intensamente, senza imbarazzo.

Dovevo ancora capire le relazioni in quel gruppo, ma penso che il capo fosse proprio lui.

“Come ti chiami?” la sua voce fu più acuta del suo amico, ma mi risultò piacevole.

Si. Calma, come ti chiami? Mia sorella è Gemma, mia mamma Anne… ma lui vuole sapere il tuo nome, quindi la risposta giusta è…

“Harry, mi chiamo Harry” risposi più convinto, facendo un veloce cenno di assenso col capo.

Nessuno per fortuna rise più del mio imbarazzo; notai il ragazzo a torso nudo annuire, quindi lasciare la presa sul suo borsone, che cadde rovinosamente a terra.

Spalancai gli occhi impressionato; quella sacca doveva pesare molto, ma lui la maneggiava tranquillamente.

“Va bene Harry. Devi seguire semplicemente la strada in cemento, alla tua sinistra”

Seguii col capo la direzione indicata dalla sua mano, poi annuii, accennando un sorriso.

“Grazie mille” risposi, ricordandomi delle buone maniere, quindi feci per prendere il borsone e la mia tracolla quando una domanda mi sorse spontanea; tornai a guardare nella direzione del ragazzo dagli occhi azzurri, che già aveva ripreso a parlare coi suoi amici.

“Scusa la domanda ma…non hai freddo?”

Alle mie parole tutto il gruppo si voltò di scatto verso di me, quasi avessi detto qualcosa come ‘mi lavo tutti i giorni negli spaghetti’ o ‘mi piace far fare sci nautico al mio cane’.

Notai stavolta un lampo negli occhi azzurri del ragazzo, che si passò una mano tra i capelli con eleganza, per poi guardarmi e sorridermi con aria…cattiva?

“Non vado molto d’accordo con la divisa scolastica…Harry. Ora credo tu possa andartene”

Non ebbi il tempo di pensare alla sua risposta che sentii l’irrefrenabile voglia di correre via dalla loro vicinanza; presi i miei bagagli e iniziai a camminare seguendo le indicazioni ricevute, senza neanche il tempo di elaborare cosa stessi facendo.

Quando fui abbastanza vicino al campo da football da scrutare in lontananza le tribune e non sentire più le risate di scherno di quell’ambiguo gruppo, corrugai la fronte, riflettendo sull’accaduto.

Che diavolo mi era preso?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quella sera mi trovai nella mensa del college, un vassoio di metallo tra le mani pieno di cibo che neanche sotto tortura avrei mangiato e l’irrefrenabile voglia di vedere di nuovo il gruppo che avevo incontrato in mattinata. Trovai però prima Niall e Josh, che alla fine avevo trovato frugare negli armadietti delle cheerleaders e a maneggiare tanga rosa e a fiorellini. Storsi il naso al ricordo e mi affrettai a sorridere al mio nuovo amico biondo, che continuava a gesticolare nella mia direzione per farmi accomodare al loro tavolo. Sospirai, camminando lentamente per evitare di cadere a terra o scontrarmi contro qualcuno, quando sentii una ragazza alle mie spalle ridacchiare con una sua amica e una spinta forte sulla schiena che mi fece piegare in avanti, facendomi perdere la presa sulla mia cena. Mi alzai da terra, massaggiandomi le gambe per controllare non ci fosse nulla di rotto e ignorando le scuse delle due ragazze, che ora mi stavano addosso preoccupate per l’incidente. Sorrisi gentilmente, sforzandomi di sembrare convincente e dissi loro che andava tutto bene, quando mi ricordai della mia cena volante e mi resi conto dell’improvviso silenzio calato nella stanza.

Non si sentiva più né il brusio generala né lo sferragliare di posate contro piatti, il silenzio assoluto.

Finalmente mi tirai in piedi, ancora un poco frastornato, guardandomi intorno perplesso per poi fermarmi a guardare un ragazzo, la sua espressione in viso piuttosto incazzata, i pugni chiusi lungo il busto e la sua maglietta striminzita dei Ramones sporca della mia cena.

Iniziai a scusarmi ripetutamente, allungandomi verso la sua maglia e cercando di pulirla, quando quello con uno scatto della mano mi allontanò da lui.

Lo fissai perplesso e solo allora riconobbi gli occhi intravisti quella mattinata e sentendo l’innata voglia di essere inghiottito dal pavimento senza più fare ritorno.

Le ragazze che mi avevano fatto cadere bisbigliarono qualcosa alle mie spalle e le sentii allontanarsi dalla scena, lasciando solo me e il tizio strano nello spiazzo al centro dei tavoli.

Deglutii a fatica, intravedendo poi Niall alle spalle del ragazzo con gli occhi azzurri che mi fissava con una nota di preoccupazione, poi gesticolando verso Josh e ignorandolo si alzava e lentamente si avvicinava a me.

“Scusalo Louis, Harry è nuovo e…” iniziò incerto l’irlandese, mettendosi al mio fianco con aria agitata.

Rimasi perplesso da tutta la gente che mi circondava: dopotutto non lo avevo mica ucciso, gli avevo solo sporcato una bella maglia, ma tutti lì sembravano temere la reazione di questo Louis, percepii la paura nell’aria.

Il ragazzo non si voltò nemmeno verso il mio amico, rimanendo a fissarmi intensamente.

“Fai più attenzione d’ora in poi” il suo tono fu meno delicato di quella mattina, risuonò quasi come una minaccia.

La gente attorno a me però prese quelle parole come un invito a tornare alle loro faccende, e il brusio e il rumore di piatti tornò come all’inizio.

“Vieni” mi sussurrò Niall, non distogliendo lo sguardo da Louis e trascinandomi al tavolo di Josh.

“Scusa ancora” gridai al ragazzo, che non si voltò nemmeno, uscendo silenziosamente dalla mensa.

Mi morsi il labbro, sentendo i primi sensi di colpa prendersi il loro spazio nella mia mente.

Josh mi lanciò un’occhiataccia, tornando poi al suo vassoio di cibo.

Niall si accomodò dopo di me al tavolo, chinandosi verso il suo piatto di maccheroni senza più rivolgermi la parola.

Io fissai prima uno, poi l’altro, accigliato, rassegnandomi all’aver saltato la cena; tossii, schiarendomi la voce.

“Ehm, Niall mi vuoi spiegare che succede?” lo apostrofai.

Notai il biondo sussultare alle mie parole, facendo cadere la forchetta nel piatto.

“Nulla… tu però…impara a stare lontano da quel ragazzo” sussurrò tremolante, allungandosi per bere dell’acqua.

Corrugai la fronte, passandomi una mano tra i ricci, frustrato.

“Perché?”

Josh mollò la sua forchetta contro il vassoio, voltandosi minaccioso verso di me.

“Ascolta Niall e fatti bastare quello che ti dice, novellino. Louis semplicemente non è come gli altri… e ora mangia pure dal mio vassoio, che mi è passata la fame”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Malgrado l’aver evitato lo smistamento quella mattina, ero riuscito a procurarmi una stanza. Come mi aveva colpito la sala principale, rimasi deluso dalle mie aspettative: la stanza e semplice, una finestra tonda che dava sul campo da football situata tra due letti da una piazza e mezza, una piccola porta che dava al bagno, due poltrone e una scrivania in mogano lasciata contro il muro. Avrei dovuto passarci un anno lì dentro, un intero anno e già volevo trovare qualche passaggio segreto che mi conducesse fuori dall’edificio, scavalcare il cancello principale e scappare, correre lontano.

Il mio compagno di stanza era un ragazzo mai visto, ma era anche vero che non si poteva riconoscere molto di lui al buio e mentre dormiva. Diedi un veloce sguardo all’armadio che condividevo con lui e notai le sue cose già piegate e appese per buona parte dello spazio.

Sospirai, pensando che dopo una giornata pesante come quella non avevo voglia di litigare, quindi mi rassegnai all’idea di disfare i bagagli il giorno seguente e di buttarmi a letto togliendomi semplicemente quell’orribile divisa.

Poca luce lunare filtrava dalla finestra, facendomi evitare di andare a sbattere contro i mobili della camera e magari svegliare il mio compagno; anche se l’idea di importunarlo era allettante.

Trattenni una risata, stendendomi sotto le coperte e ripensando a tutto quello che mi era capitato nell’arco di una giornata: all’amicizia con Josh e Niall, al pomeriggio passato in quello squallido spogliatoio, al fatto che fossi più interessato al busto nudo di un ragazzo piuttosto che all’intimo delle ragazze e, ovviamente, a Louis.

Tutto in quel ragazzo era un tabù per me.

Perché tutti lo temevano da arrabbiato? E quello strano incontro nel parco esterno del college? I suoi occhi erano qualcosa di legale nel Regno Unito?

Accennai un sorriso, girandomi dalla parte opposta del letto e sbadigliando rumorosamente: dovevo scoprire qualcosa di più su di lui, anche se il mio istinto mi urlava contro il contrario, anche se continuavo a pensare al puro terrore che avevo visto in Niall o l’intero corpo studentesco.

Non male comunque, come nuovo inizio.












*si nasconde*
Ehilaaa sono tornata! *sventola manina*
ebbene si, invaderò ancora questo fandom con ff per un po' lol
Comunque bando alle ciance(?) sarò breve (c'è ci provo lol)
Allora, questo sabato partitò per due lunghe settimane a Brighton, in Inghilterra!
Si sono stra eccitata, svaligerò milioni di negozi e se incontro qualcuno di famoso vi avviso, promesso ;)
Però (si c'è un però)
Là non credo di poter aggiornare :/ sto in famiglia e non so come funziona là in wifi etc...
Quindi vi faccio una proposta!
Allora, dato che questa è una trama particolare e abbastanza impegnativa (ho una mente perversa, credetemi lol) devo essere sicura se continuare o meno! Quindi io pubblico oggi, parto e se quando torno ha raggiunto abbastanza riscontri positivi la continuo, se no sarò costretta ad eliminarla :'(  (e sarebbe un po' un peccato, ma vabbeh se non piace la scrivo per me e la mia amica che fangirla per qualsiasi cosa riguardi il paranormale... si Dory, sto parlando di te ahahah) 
Quindi nada dipende tutto da voi:) esprimetevi, dite tutto quello che pensate! (possibilmente non 'larry non è reale e bla bla bla, perchè l'ho subito specificato nell'introduzione che avrei parlato di questa coppia)
Spero vi piaccia perchè davvero, quando torno prometto di impegnarmici (torno allora... 7+7... il 21 lol) quindi già per il 22/23 avreste il secondo capitolo e in seguitò aggiornerei una volta a settimana;)
Ehi ma dovevo essere breve!
Vi auguro una buona serata che mo' mi guardo xfactor usa
Un bacio e... a presto! <3
Lou_


 
  
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