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Autore: Yu_Kanda    04/09/2013    3 recensioni
Da quanto tempo fissava quella macchia lassù, sul muro della sua prigione? Quante ore erano trascorse? Quanti giorni, da che era stato rinchiuso lì dentro? Aveva cercato di tenere il conto delle ore, ma non era servito; il dolore, i ricordi, i sogni tormentati che lo perseguitavano se si addormentava, gli avevano fatto perdere ogni riferimento temporale.
Perché non poteva semplicemente smettere di pensare? Il modo in cui li avevano arrestati, il disgusto nei loro occhi nel trovarli teneramente abbracciati, nudi sotto quelle lenzuola impregnate dell'intenso odore di sesso e sudore, l'umiliazione del processo, la disperazione della condanna.
Riviveva tutto quanto a ciclo continuo.
[YAOI, LaviYuu]
[Fanfiction Classificata 1° al Contest “In Direzione Ostinata e Contraria” indetto da darllenwr sul Forum EFP]
[Fanfiction Classificata 1° al Contest “Scegli il tuo Prompt” indetto da Fabi_ sul Forum EFP]
[Fanfiction Classificata 1° al Contest “Everything Good” indetto da Akira Haru Potter sul Forum EFP]
[Fanfiction Classificata 1° al Contest “La Tavola Periodica delle Fanfiction” indetto da Midori_chan sul ForumEFP]

[Fanfiction Classificata 2° al contest "Beating of your heart” indetto da My Pride sul ForumEFP]
[Fanfiction Classificata 2° al "Prompt's Contest” indetto da Lady Athena sul forum]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: non possiedo alcun diritto su D. Gray-man, ma ho una bella bambolina woodoo... prima o poi funzionerà!

ATTENZIONE YAOI - se non sapete cosa questa parola voglia dire, o se non gradite le relazioni uomo/uomo questa storia non fa per voi, siete avvisati! Come si dice, se non vi piace NON LEGGETE!


 

Speranza Senza Redenzione

 

Capitolo 2 : Un'anima in Ginocchio

 

Kanda continuò a fissare la croce e la bandana appesa a essa anche dopo che ebbe la certezza di essere finalmente solo davanti alla tomba di Lavi. Sapeva che in qualche modo lo stavano sorvegliando e non avrebbe concesso niente.

Né un lamento, né un segno di disperazione; né, tanto meno, una lacrima. Non avrebbe dato a nessuno la soddisfazione di vederlo spezzato, mai più.

Per quanto avrebbe desiderato di lasciarsi cadere in ginocchio e abbracciare quella tomba anonima, resistette caparbiamente. Era tutto ciò che gli restava di Lavi. Tutto ciò che gli rimaneva della sua intera vita; ma non poteva consentire che l'usassero ancora contro di lui.

Non avevano idea di quanto tempo gli ci era voluto a smettere di odiare Lavi per il modo in cui lo faceva sentire; a smettere di odiare anche sé stesso per come si sentiva quando erano insieme. A smettere di sentirsi sporco dopo ogni volta che Lavi lo toccava. E adesso volevano fargli credere che l'aveva abbandonato, che si era ucciso, così, senza ragione.

No, non c'era una sola possibilità che l'avesse fatto, in un modo tanto improbabile per giunta. Dovevano averlo ucciso loro e, se aveva ragione, voleva sapere tutta la verità. Perché, la presenza di Bookman, la sua espressione...

Sul viso di Kanda si disegnò un ghigno amaro. Sarebbe rimasto lì in piedi finché le gambe l'avessero sorretto. Avrebbero dovuto trascinarlo via con la forza se volevano che si separasse da Lavi.

Cercò di vuotare la mente da ogni ricordo per impedirsi di cedere al tormento interiore che lo stava consumando dall'istante in cui Komui gli aveva dato la notizia.

Perse la cognizione del tempo, sospeso fra il non voler pensare e il rimpianto per ciò che non era stato. Poi iniziò a cadere la pioggia, riscuotendolo da quello stato di trance in cui era precipitato. Sbatté un paio di volte le palpebre, incerto se fosse reale. La tomba era ancora lì, davanti a lui.

Era tutto vero. Sentì i capelli bagnarsi e le prime gocce scivolargli lungo il viso pallido e tirato. Sollevò la testa verso il cielo. Non gli importava. Non gli importava un fottuto accidente se entro qualche minuto sarebbe stato completamente zuppo.

Ringraziò la pioggia per avergli dato modo di sfogare finalmente tutto il suo dolore.

 

 

Komui guardò l'ora. Era trascorsa un'eternità da quando aveva lasciato Kanda e l'Ispettore da soli. Non aveva ancora ricevuto notizie e la cosa lo preoccupava molto. Che poteva essere successo perché qualcuno così fissato con il protocollo tardasse tanto?

Non gli restava che andare a scoprirlo di persona. Sospirò rumorosamente; si alzò dalla sedia, posò la fedele tazza di caffè sulla scrivania e abbandonò il suo ufficio, camminando a passo lesto verso l'ala della torre dov'era situato il cimitero.

Trovò l'Ispettore che guardava verso l'esterno, esattamente dove l'aveva lasciato. Questo significava...

Raggiunse la donna, puntando lo sguardo nella direzione verso cui era rivolta, e lo spettacolo che gli si presentò davanti agli occhi fu qualcosa che proprio non aveva previsto. Kanda era ancora là, immobile, a capo chino sotto la pioggia battente. Rigido come un cadavere, fissava la tomba di Lavi nello stesso identico modo di quando l'aveva lasciato. A Komui si strinse il cuore.

- È... rimasto fermo lì tutto il tempo? - chiese con voce incerta, prima ancora che l'Ispettore si voltasse verso di lui, sentendolo avvicinarsi. - Perché non l'ha portato via?

Si aspettava una qualche risposta sprezzante o denigratoria, invece l'espressione che incontrò la sua specchiava perfettamente la tristezza che l'aveva invaso. Anche un Crow poteva provare compassione?

La donna scosse la testa, abbozzando un sorriso amaro.

- Volevo farlo - ammise - poi ci ho ripensato. Io non... - fece per dire e poi s'interruppe, tornando a guardare verso Kanda. - È solo che sembra... devastato. Voglio dire, la sua reputazione... insomma, non è questo che mi aspettavo di vedere. Se non fosse per la pioggia... direi che stia piangendo.

Komui si tolse gli occhialetti che portava appoggiati sul naso, fingendo di pulirli.

- E cosa si aspettava? - domandò in tono accusatorio. - Gli avete strappato il cuore dal petto. È un essere umano anche lui. - concluse, avviandosi sotto la pioggia per raggiungere Kanda.

L'Ispettore non lo seguì, giudicando che, in quel momento, se qualcuno poteva convincere il giovane a rientrare, quello era Komui.

 

 

- Kanda-kun - chiamò qualcuno da dietro di lui, e Kanda si riscosse, spalancando per un attimo gli occhi, colto alla sprovvista - vieni via. Sei bagnato fradicio e hai bisogno di mangiare. Poi potrai riposare. - Komui gli posò una mano sulla spalla con gentilezza e Kanda ne incontrò lo sguardo con aria assente, come se non fosse consapevole del luogo dove si trovava. - Coraggio, andiamo. - lo esortò allora.

Il giovane annuì debolmente; riluttante, gli permise di condurlo via, lontano dalla tomba di Lavi.

 

 

Vedeva gli sguardi che ogni Finder, ogni scienziato del fottuto Ordine Oscuro gli rivolgeva; persino quelli che un tempo si proclamavano suoi amici, gli altri Esorcisti. Stupiti e inorriditi allo stesso tempo, imbarazzati d'incontrarlo e a disagio anche soltanto a passargli accanto. Solamente Lenalee pareva fare eccezione: i suoi occhi erano colmi di comprensione. Quella comprensione che può derivare solo dalla conoscenza del dolore dell'altro.

Nessuno gli rivolse la parola mentre Komui e l'Ispettore Crow lo conducevano alla mensa. Nessuno osò sedersi nemmeno ai tavoli adiacenti, mentre mangiava con gli occhi di quella donna puntati su di lui.

Jerry fu l'unico che ebbe l'ardire di chiedergli come stava; di dirgli quanto fosse addolorato per Lavi, a dispetto dell'occhiataccia immediatamente rivoltagli dal suo sorvegliante.

Rispose con una smorfia sarcastica, se avesse parlato la voce l'avrebbe tradito. Non era ancora pronto per riprendere a dispensare i suoi soliti commenti glaciali e insofferenti.

Però era pronto a pretendere quelle spiegazioni cui aveva pensato per tutto il tempo da che l'avevano fatto uscire dalla cella della sua prigione. Così, non protestò quando Komui gli chiese di seguirlo nel proprio ufficio.

L'uomo sedette alla pesante scrivania ingombra di scartoffie, di nuovo con un'aria troppo seria per lui. Kanda non gli aveva visto mantenere tanto a lungo un contegno così responsabile dal giorno in cui la torre era stata attaccata.

- Come ti accennavo, sei stato reintegrato. - disse Komui, cercando di sembrare professionale agli occhi dell'Ispettore, che ascoltava ogni sua parola con attenzione. - Illustrerò la prima missione cui sei stato assegnato appena ti sarai riposato, tra un paio di...

- Non m'importa un bel niente delle vostre fottute missioni! - sibilò Kanda con rabbia prima che l'uomo potesse finire, sorprendendolo. - Voglio sapere la verità. Lavi non può essersi suicidato, meno che mai in un modo tanto assurdo. Mi credete stupido? Come puoi impiccarti quando sei incatenato a un dannato muro? L'hanno ucciso loro! - aggiunse poi senza cambiare tono, voltandosi verso l'Ispettore con odio e puntandogli contro un dito accusatore. La donna rimase a bocca aperta e l'obiezione che stava per fare le morì in gola.

- Kanda-kun... - iniziò Komui, e Kanda lesse nei suoi occhi quanto fosse addolorato per lui. No, non voleva la sua pietà. Non poteva sopportarlo. Serrò la mascella, cercando di riprendere il controllo e dir loro con il suo miglior tono letale che potevano andare tutti all'inferno per quel che gli importava, quando l'uomo riprese a parlare. - Purtroppo è questa la verità. Avrei preferito non doverti spiegare una cosa del genere. Se la distanza da terra è maggiore della lunghezza del tuo torso, la forza di gravità fa il resto.

Kanda indietreggiò di un passo, barcollando come se fosse stato appena colpito dal proiettile di un Akuma. La sua espressione passò dalla rabbia allo sgomento, quindi fu prontamente sostituita dalla maschera di ghiaccio con la quale il giovane usava pretendere di non provare emozioni; che nulla potesse scuoterlo.

- Mi stai dicendo che Lavi si è passato la catena intorno al collo e ha lasciato che il suo stesso peso lo soffocasse? - chiese, incredulo.

- Sì. - fu la risposta che ricevette da Komui.

Per un lungo attimo credette di aver udito male. Rimase immobile in silenzio, mentre il suo cervello si sforzava di elaborare l'informazione. No, impossibile, Lavi non gli avrebbe mai fatto una cosa simile! Non l'avrebbe mai lasciato solo, nemmeno se avesse pensato di essere colpevole della loro situazione! Mentivano, tutti loro! Poi la realizzazione lo colpì come un fulmine e i suoi occhi si dilatarono leggermente per lo shock.

L'aveva fatto perché lui potesse essere libero. Non li avrebbero mai rilasciati entrambi, con il rischio che tentassero continuamente di fuggire per incontrarsi. Togliendosi la vita Lavi aveva garantito a lui la libertà, un nuovo inizio.

Le ginocchia quasi gli cedettero e solo la sua incredibile forza di volontà gli consentì di conservare l'orgoglio, rimanendo caparbiamente in piedi, rigido, gli occhi vuoti e le labbra serrate. Un brivido lo percorse, e Kanda parve riscuotersi da un brutto sogno; un terribile, spaventoso incubo.

Deglutì a fatica, riportando lo sguardo sul Supervisore.

- Io... ho... bisogno di dormire... - dichiarò a fatica, come se pensare gli comportasse uno sforzo sovrumano. - Mandate... qualcuno ad avvisarmi per... la missione.

Fece per voltarsi e andarsene, ma l'Ispettore lo affiancò, superandolo e frapponendosi tra lui e l'uscita.

- Non abbiamo ancora finito. - disse senza scomporsi. - Tu non vai da nessuna parte, da solo.

Kanda d'improvviso ebbe un quadro piuttosto chiaro della sua situazione attuale. Aveva finito per diventare come moyashi? Necessario ma inaffidabile? Lentamente, tornò a incontrare lo sguardo di Komui, sul volto provato chiaramente leggibile una sola, muta richiesta.

- Kanda, mi dispiace, credimi. - disse l'uomo, scuotendo il capo e allargando le braccia in un eloquente gesto d'impotenza. - Dovrai abituarti a lei.

Abituarsi... a lei. Era caduto così in basso dunque? Cosa temevano facesse? Kanda non era certo di voler effettivamente conoscere la risposta alla domanda che stava per porre, ma la formulò ugualmente.

- Che significa? - inquisì con voce dura.

- D'ora in poi dividerai la stanza con l'Ispettore. - lo informò Komui. - È stato assegnato a te e...

A quel punto Kanda esplose. Avrebbe dovuto trascorrere ogni istante della sua maledetta vita con un sorvegliante Crow? Perché non potevano semplicemente lasciarlo in pace e andare tutti al diavolo?

- Non se ne parla nemmeno! - ringhiò, impedendo a Komui di terminare la frase. - Io non voglio dormire con una fottuta donna tra i piedi, odio... - e nel pronunciare quell'ultima parola, sapendo quali altre sarebbero seguite, Kanda si rese conto del vero motivo per cui volevano tenerlo sempre sotto controllo. - Allora è per questo? - esclamò in tono amaro, portandosi una mano al viso per coprire il ghigno sardonico appena comparso a distorcergli i lineamenti. - Hanno mandato una femmina a controllarmi per assicurarsi che non vada a letto col primo uomo che mi capita a tiro? È questo?

- Precisamente. - confermò l'Ispettore, che fino a quel momento aveva lasciato condurre a Komui la conversazione.

A quel punto a Kanda non importava più un bel niente di ciò che gli accadeva, né di cosa poteva succedere all'intero mondo se lui rifiutava di continuare a combattere come Esorcista. Vivere senza Lavi non aveva alcun significato per lui e non si sarebbe più sacrificato per l'Ordine Oscuro. Mai più.

- Fottetevi, tutti quanti! - gridò, fronteggiando a muso duro il suo nuovo carceriere. - Io non divido la mia stanza né con lei, né con nessun altro.

Komui sospirò, facendo cenno all'Ispettore di non replicare. Questi non parve affatto contento di essere zittito, ma annuì con una smorfia seccata, in attesa di sentire cosa il Supervisore volesse gettare sul piatto della trattativa.

- Kanda-kun, ti prego. Fa parte dell'accordo perché tu fossi liberato. - spiegò Komui. - Posso spostarti in una stanza con un'anticamera, ma l'Ispettore deve restare con te tutto il tempo. - propose, e dopo aver ricevuto l'assenso del giovane si rivolse alla seconda parte in causa, offrendo un sorriso da paciere. - È accettabile per lei dormire nel locale adiacente? - chiese. - Ingresso unico.

- D'accordo. - consentì l'Ispettore, scambiando uno sguardo eloquente con Kanda. - Andiamo a prendere la tua roba.

- Aspetti, c'è ancora una cosa di cui discutere. - Komui li richiamò indietro con aria preoccupata alzandosi in piedi. - Converrà con me, Ispettore, che Kanda non è in grado di partire subito. Domani gli faremo tutti i controlli medici del caso e poi discuteremo di questa missione così urgente.

La donna si limitò ad annuire, quindi salutò formalmente, indicando a Kanda di precederla. Komui tirò un lungo, rumoroso sospiro di sollievo. Almeno parte del problema era arginato. Per il momento.

Aveva bisogno per prima cosa di un bagno, considerò Kanda mentre camminava alla volta della sua vecchia stanza; doveva assolutamente lavarsi di dosso il puzzo della cella, la sporcizia e il sangue rappreso. Soltanto dopo si sarebbe concesso di dormire. Ammesso che i ricordi lo lasciassero in pace almeno per quelle poche ore, evitando di visitare i suoi sogni. Chissà se era rimasto dell'olio di... Si morse le labbra anche solo per averlo pensato, perché l'immagine di Lavi gli comparve subito davanti agli occhi. Li serrò con forza per un lungo istante, nel tentativo di scacciare il pensiero.

Giunto davanti alla sua stanza Kanda esitò, prima di trovare la forza per spingere la porta ed entrare. Si aspettava che avessero frugato fra le sue cose, invece scoprì che nulla era stato toccato dal giorno in cui li avevano sorpresi insieme in quel letto, il suo letto. Le lenzuola erano ancora rovesciate in terra e un forte odore di chiuso permeava tutta la stanza. Fece un passo avanti, poi un secondo, diretto verso l'armadio per prendere un cambio d'abiti.

L'ispettore non disse nulla, si limitò a osservarlo e Kanda sapeva che stava valutando le sue reazioni. Serrò impercettibilmente la mascella; non le avrebbe permesso di leggere ancora il suo dolore, per quanto grande potesse essere era sempre stato un maestro a nasconderlo. Ripristinò la maschera impassibile che il suo viso normalmente indossava, prima che la sua non-vita si trasformasse in una non-morte. Forse non c'era una gran differenza fra le due cose analizzandole da vicino, ma che importanza poteva avere alla fine?

Rovistò in un cassetto, poi afferrò un paio di pantaloni e una camicia bianca, quindi i suoi stivali. Fino a quel momento nemmeno si era reso conto di essere scalzo... Emise un suono seccato e il suo viso si contorse in un sogghigno amaro, mentre passava oltre l'Ispettore con gli abiti in mano.

- Ehi! Dove credi di andare? - lo apostrofò lei, affrettandosi a inseguirlo.

- Bagno.

La donna sollevò un sopracciglio nel ricevere quella risposta lapidaria e Kanda sogghignò di nuovo. Se doveva per forza avere a che fare con un sorvegliante, ciò non significava che si sarebbe rivolto a lei con più parole del necessario; né le avrebbe concesso una qualsivoglia intimità con lui. Erano nemici, e avrebbe fatto sì che la cosa fosse molto chiara da subito.

Giunti a destinazione, aprì la porta a vetri che introduceva nel bagno comune, voltandosi appena verso la presenza indesiderata dietro di sé.

- Mi segui dentro, sei morta. - promise.

Ebbe cura di usare un tono che non lasciasse adito a dubbi sulla fondatezza della minaccia appena proferita e non attese di ricevere risposta. Varcò la soglia dello spogliatoio e si apprestò a chiudere la porta con un gesto noncurante.

La donna gli rivolse uno sguardo di sufficienza, incrociando le braccia e appoggiandosi con la schiena al muro; non era un problema aspettare fuori, avrebbe fatto in modo che nessun altro entrasse.

Una volta solo Kanda ripose gli abiti puliti nel suo armadietto e si tolse di dosso quelli sudici e laceri gettandoli in terra senza tanti complimenti, quindi aprì la seconda porta a vetri ed entrò nel grande bagno. Il vapore all'interno lo investì, dandogli una piacevole sensazione di calore; sensazione che lasciò subito il posto a quella sgradevole del rimpianto non appena il suo sguardo si posò sull'ampia vasca quadrata colma d'acqua bollente. Lo spettro di Lavi che lo chiamava comparve subito in quell'acqua. Kanda si bloccò. Quante volte avevano indugiato insieme nella vasca, solo per il piacere di poter restare vicini un po' più a lungo in maniera innocente?

Gli angoli della bocca gli si incurvarono in una smorfia amara al ricordo. Posò l'asciugamano che aveva preso nello spogliatoio sul bordo della vasca e si avvicinò al muro opposto, sul quale erano installate alcune docce. Lentamente iniziò a lavarsi. Il suo corpo era ormai completamente guarito da che i sigilli Crow gli erano stati tolti, eppure toccandosi ancora sentiva il dolore di ciascuna ferita. Il sangue incrostato pian piano si sciolse, creando un rivo vermiglio che scompariva nella grata sul pavimento, a pochi passi da lui. Kanda sospirò piano: ora toccava ai capelli.

Sedersi nella grande vasca non gli dette la tranquillità che sperava. Per quanto cercasse di rilassarsi nell'acqua bollente non riusciva a cancellare i ricordi cui quei semplici gesti erano legati. Rimase immerso per una manciata di minuti che gli parvero secoli, poi si alzò di scatto e, avvolta la lunga chioma nell'asciugamano, si diresse verso lo spogliatoio per prenderne un secondo da usare per il corpo.

Uscì con i capelli ancora umidi liberi sulle spalle, notò l'Ispettore, ma per il resto perfettamente vestito. Gli sguardi che ricevette però, furono gli stessi di quando aveva gli abiti stracciati, mentre percorrevano il tragitto che dai bagni conduceva agli alloggi. Kanda pareva non accorgersene, ma lei era certa che invece sapesse perfettamente come veniva considerato.

- Dobbiamo stabilire qualche semplice regola. - gli disse, appena furono giunti davanti alla stanza che avrebbero occupato prima del trasferimento definitivo nella nuova sede dell'Ordine, a Londra.

- Tch.

Sembrava l'unica risposta che Kanda era disposto a dare, qualunque fosse la domanda. Bene, si sarebbe accontentata, per lo meno finché non avesse conquistato un minimo di fiducia da parte del giovane.

- In quella stanza entri tu e tu soltanto. - ammonì in tono severo, indicando la porta. - Non devi mai allontanarti da me senza permesso né parlare con alcuno se non ci sono anche io e... - stava per aggiungere qualcosa, ma ricevette uno sguardo esasperato che la fece interrompere. Fu solo un attimo, poi Kanda riprese a ignorarla aprendo la porta come se non avesse affatto sentito ciò che lei gli aveva appena detto. Cocciuto proprio come l'avevano avvertita che era. - Che c'è? - chiese in un modo che, all'orecchio di colui al quale era rivolto il commento, suonò molto vicino al sarcasmo. - Ti conosco abbastanza da sapere che cercherai di...

- Cosa? - ruggì Kanda, voltandosi d'improvviso verso di lei, lo sdegno chiaramente visibile nei suoi occhi scuri. - Tu puoi anche sapere cosa sono, specialmente ora, ma non potrai mai sapere chi sono. Mai, mi hai capito? Adesso lasciami in pace.

La porta si chiuse con un tonfo sordo, lasciando davanti a essa un Ispettore dall'aria sconcertata. Era come se il giovane nell'altra stanza non riconoscesse la gravità della situazione in cui si trovava. Sedette sul letto preparato per lei in quell'atrio, restando in ascolto. Per quanto si concentrasse non riusciva a cogliere alcun suono provenire dall'interno del luogo in cui il suo sorvegliato era sparito con rabbia. Non un movimento, non un lamento. Possibile che... Si alzò di scatto, precipitandosi allo spioncino che aveva fatto scavare nella porta: no, non stava cercando di uccidersi.

Kanda era seduto in terra, i capelli ancora sciolti e la schiena contro il letto, le braccia abbandonate mollemente lungo i fianchi e lo sguardo fisso in un punto imprecisato della parete di fronte a lui. Attraverso quella piccola feritoia non poteva valutarne l'espressione, ma dal contegno che teneva il suo corpo non dubitava che fosse completamente assente. Perso fra i suoi ricordi? Com'era possibile che Lavi significasse tanto per uno insensibile quanto si diceva lui fosse? Di nuovo, dopo averlo visto nel piccolo cimitero, la donna si chiese se stesse silenziosamente piangendo.

Non sarebbe stato facile domarlo, costringerlo a dimenticare.

 

 

La mattina seguente, quando emerse dalla stanza, il giovane appariva svuotato. Non aveva nemmeno pettinato i capelli in una coda alta come faceva di solito, si era limitato a legarli appena sotto la nuca. L'Ispettore fu sorpreso che non opponesse resistenza allorché gli ordinò di seguirlo nei laboratori medici. L'espressione neutra, quasi che il mondo intorno a lui non lo riguardasse, era già di per sé preoccupante, ma il modo in cui passivamente si sottoponeva a ogni test medico rendeva il tutto ancora più strano. Sembrava una bambola, con quello sguardo vuoto e i gesti meccanici. Ubbidiva in silenzio senza protestare.

- Tutto a posto. - confermò Komui dopo qualche minuto. Si aspettava qualche domanda, invece Kanda si limitò a rimettersi addosso la camicia e lui non poté evitare di rivolgergli uno sguardo preoccupato, di cui il giovane finse di non accorgersi.

- Bene, immagino che possiamo partire domattina, allora.

Il commento dell'Ispettore arrivò puntuale, proprio come Komui si aspettava. Annuì, senza distogliere l'attenzione da Kanda, che ancora una volta non dette nessun segno di aver udito.

- Sì. La sua Innocence è pronta, gliela consegnerò più tardi, dopo aver illustrato la missione. - disse.

Se l'assenso appena dato alla loro partenza non aveva sortito alcun effetto, la menzione di Mugen fece comparire un guizzo negli occhi di Kanda, constatò Komui con un certo sollievo. Quindi si comportava così solo per indispettire il suo guardiano; quella era una buona notizia, decise l'uomo.

L'Ispettore scambiò uno sguardo eloquente con il Supervisore e fece cenno a Kanda di seguirlo.

- Perfetto. Ci vediamo fra un paio d'ore nel suo ufficio. Veda di non farsi trovare addormentato. - rispose.

Appena furono usciti Komui sospirò.

- Reever, manda a chiamare Lenalee, mi serve che trovi un paio di Finders. - comandò, lasciando a sua volta la stanza.

 

 

L'Ispettore non sapeva come considerare il presente comportamento di Kanda; troppo docile, addirittura ubbidiente. Aveva persino indossato la sua divisa spontaneamente. Davvero una strana reazione per uno come lui. Forse però stava soltanto valutando il modo in cui gestire la situazione. In ogni caso, l'avrebbe scoperto molto presto, visto che sarebbero partiti insieme il giorno seguente.

Per adesso, doveva semplicemente sorvegliarlo e aver cura che si nutrisse. A questo proposito, era giusto ora di andare alla mensa, prima dell'incontro con Komui.

Kanda aveva deciso di fare buon viso a cattiva sorte, per lo meno fintanto che non avesse ottenuto ulteriori chiarimenti riguardo Lavi. Comportarsi come un perfetto soldato era quindi il suo modo di attendere l'occasione giusta per investigare in proprio. Ancora non riusciva a credere che...

I suoi pensieri furono interrotti dall'invito del suo sorvegliante ad andare a mangiare. Anche a quello, non fece obiezione.

 

 

Il briefing sulla missione si rivelò uguale a tutti gli altri, come Kanda si aspettava. Strani fenomeni da investigare, probabilmente provocati dalla presenza di un frammento di Innocence sul luogo. Perché ci fosse tutta questa urgenza di partire proprio non lo capiva. Ascoltò in silenzio ogni dettaglio, indifferente come al solito, ma quando Komui lo avvisò che non sarebbero più tornati in quel Quartier Generale, il suo corpo fu percorso da un tremito. No, non sarebbe partito senza dare l'ultimo saluto a Lavi.

Appena usciti dall'ufficio di Komui, Kanda accelerò il passo, lasciando indietro la donna che gli stava parlando e dirigendo chiaramente verso un luogo differente da quello cui lei intendeva recarsi.

- Kanda! - lo richiamò a gran voce. - Dove credi di andare? Mi era sembrato di essere stata molto chiara sul fatto che non devi mai allontanarti dalla mia supervisione.

Il giovane si voltò, fronteggiandola con aria decisa. Avrebbe obbedito a tutto, ma solo dopo aver detto addio a Lavi. L'Ispettore dovette capirlo in quello stesso istante, perché il suo viso cambiò contegno e scosse la testa con disapprovazione. Oh, no, Kanda non aveva davvero voglia di sentire una predica sui suoi sentimenti deviati proprio in quel momento. Non le avrebbe lasciato il tempo di aprire bocca.

- Non intendo scappare, se è ciò che credi, Ispettore. - precisò in tono tagliente. - Sai dove sto andando, risparmiati le inutili parole che stavi per pronunciare perché non rinuncio.

Un legame così forte. Poteva essere reale il sentimento che il giovane di fronte a lei pretendeva di provare nei confronti di un altro uomo? Oppure era, come le avevano insegnato, soltanto un'eresia? Eppure Kanda pareva pronto a tutto pur di andare un'ultima volta sulla tomba dell'amante. Essere un membro del corpo Crow a volte era assai difficile.

- Avrò fiducia in te - disse con una certa riluttanza - non farmene pentire.

Ricevette in risposta uno sbuffo insofferente, allorché Kanda si voltava riprendendo a camminare con passo spedito verso la sua destinazione. La donna sospirò. Iniziava ad avere dei dubbi sulle proprie capacità di gestire quell'incarico. Doveva parlarne con un qualcuno in grado di consigliarla.

   
 
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