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Autore: Ary Granger    04/09/2013    4 recensioni
Chi potrebbe mai amare una bestia?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Capitolo 7

Qualcosa era cambiato.
La bestia osservava la fanciulla avvolta in un mantello nel giardino innevato mentre passeggiava con il suo cavallo sorridendo amabilmente ad ogni domestico che incontrava lungo il cammino. Si rese conto che niente era più dolce di quel sorriso. Il suo viso aveva qualcosa di così puro e candido che risvegliava un punto preciso, proprio al centro del suo mostruoso petto: un punto che non avrebbe mai pensato potesse risvegliarsi mai più.
“Padrone...” lo richiamò Goblin osservando lo sguardo perso del proprio signore.
Riscuotendosi immediatamente dai suoi pensieri osservò il piccolo candelabro che gli sorrideva.
“Perché non scendete in giardino anche voi?”
“Io non penso che...Cioè ,non è...Ecco, io...Io ho altro da fare!” rispose altalenante la bestia cercando di dare un tono autoritario all’ultima frase, tuttavia fallendo.
“Tipo osservarne le meraviglie? Oh beh...” disse il piccolo servo osservandolo con occhi quasi inquisitori.
“Cosa dovrei fare?” disse con voce dura il mostro appoggiandosi alla balaustra del balcone di pietra “Lei è così...Bella ed io...” osservò la sua zampa e strinse gli occhi come se il dolore e la rabbia potessero essere così cancellati “SONO UN  MOSTRO!”
Goblin osservò il suo padrone: non era più la bestia di un tempo ed un uomo nuovo sembrava prendere vita dal suo cuore nonostante il tormento interiore a cui era solerte preda.
“La ragazza sa guardare oltre l’aspetto, per quanto mostruoso possa essere. Si dia una possibilità.”
La bestia riaprì gli occhi ed osservò nuovamente la ragazza che, sentendo uno sguardo insistente alle sue spalle si voltò e sollevò a sua volta il suo incontrando gli occhi grigi del mostro.
La sua bocca si aprì in un sorriso che illuminò come un raggio di sole il suo viso.
“Goblin, hai ragione.” disse voltandosi verso il servo e avviandosi con uno sguardo nuovo verso il giardino. Uno sguardo che profumava di speranza.
Goblin osservò il suo padrone uscire dal castello per dirigersi verso Hermione.
“Chi l’avrebbe mai detto!” disse tra sé sorridendo.

La strega in quel momento osservava la bestia che cercava di dar da mangiare ai passeri  con evidente insuccesso nonostante i suoi sforzi, lasciandola sorridere lievemente.
Lui si voltò a guardarla con un cipiglio che non lasciava presagire nulla di buono perciò la ragazza, sempre con il sorriso sulle labbra, gli si avvicinò.
“Guarda” disse prendendo un piccolo pugno di grano dalle sue mani “Ne getti un po’ a terra, poi piega un po’ le mani verso il terreno ed aspetta”.
Pochi istanti dopo un piccolo passerotto zampettò sul terreno beccando dapprima i chicchi sparsi sul nevischio per poggiarsi infine sulle mani della bestia che, sorpresa da un tale evento, si voltò sorridente verso la ragazza accanto a lui.
Non aveva mai visto da così vicino il suo viso: i suoi occhi nocciola lo fissavano con dolcezza e sul suo sguardo faceva capolino una piccola ciocca ribelle sfuggita al nastro azzurro con cui aveva legato i propri capelli in un’ordinata coda. Con delicatezza avvicinò una zampa al suo volto scostandole con una delicata carezza la ciocca dietro l’orecchio. Hermione, allo stesso modo, era quasi stregata da quei meravigliosi occhi d’argento fuso e pioggia che ormai non avevano nulla della bestia che aveva conosciuto.
Improvvisamente un piccolo cumulo di neve cadde da un ramo proprio sopra la testa del padrone interrompendo quel breve ma intenso istante di magia.
Alla vista del signore del maniero ricoperto di bianca e soffice neve, la ragazza non riuscì a trattenere una risata.
Il mostro, dapprima stranito, tolse la neve dalla folta pelliccia che gli ricopriva il volto e si volse verso la giovane con un ghigno divertito afferrando una piccola montagna di neve tra le zampe, pronto ad infliggerle la sua stessa sorte.
Hermione, capite le sue intenzioni, corse lontano dalla sua traiettoria lanciando ben mirate palle di neve.
Venne ingaggiata così una piccola battaglia nell’immenso giardino osservata con occhi a dir poco entusiastici dei servi.
“Io penso che quel che accade è una grande novità!” rispose Zura rivolgendosi a Resgon.
“Oh, lo penso anch’io! Quel che accade è davvero una grande novità!” Disse osservando i due giovani rincorrersi per il giardino.
“Perché?” chiese Firin saltellando “Cosa è una novità?”
“Oh Firin! Te lo spiegherò quando sarai più grande!” disse sorridendo la teiera.
La tazzina, sbuffando ,osservò nuovamente verso il giardino cercando di capire cosa avessero voluto dire.
“I grandi sono così strani!” e così dicendo si diresse verso le cucine con gli altri.

A quello strano pomeriggio ne seguirono molti altri, intervallati da sorrisi e sguardi che lasciavano intendere molto più di una semplice amicizia. I servitori osservavano spesso la strana coppia aggirarsi per il giardino conversando amabilmente o anche solo seduti sul tappeto accanto al fuoco per leggere un semplice libro.
“Dobbiamo fare qualcosa!” disse Goblin con convinzione scuotendo l’orologio accanto a lui.
“Beh, le cose sembrano prendere un’ottima piega...” rispose Resgon scostandolo da lui e lucidandosi le lancette doviziosamente.
“Ma di questo passo resteremo per sempre un candelabro ed un orologio! La rosa ha cominciato già da tempo a sfiorire!”
“Beh possiamo suggerire al padrone le solite cose: fiori, cioccolatini e...”
“Macché fiori! Ci vuole qualcosa che crei la giusta atmosfera!” rispose interrompendo l’amico.
Zura ascoltando la conversazione, s’intromise con un sorriso “So io cosa fare! Ma sarà meglio parlarne anche con gli altri: abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti per rimettere a nuovo il castello!”
“Rimettere a nuovo il castello? Perché?” risposero all’unisono con fare dubbioso gli altri due.
“Abbiate fede e seguitemi in cucina!” così dicendo si avviò saltellando per il corridoio.
Arrivata in cucina, saltellando al di sopra della credenza adunò i servitori intorno a lei “Cari amici, organizzeremo per questa sera una splendida cena e c’è bisogno del contributo di ognuno di voi affinché ciò si realizzi! Gli strofinacci lucidino l’argenteria, gli spolverini mi seguano nell’ala nord, le falci e le cesoie sistemino il giardino con Resgon, i violini trovino gli spartiti più belli e si accordino! Che tutti si mettano al lavoro!” disse con fermezza mentre il folto gruppo di domestici  si divideva nei vari gruppi.
                                                          
                                                                          
“Siete sicuri che funzionerà?” chiedeva un titubante padrone intorno a cui abili forbici si affaccendavano per accorciare ed acconciare la folta pelliccia.
“Ma certo! Lei tiene alla ragazza?” chiese Goblin osservando il lavoro di pettinatura del proprio padrone.
“Di più della mia stessa vita.”  rispose con un leggero sospiro chinando leggermente la testa.
“Allora non si preoccupi! Sia solo sé stesso e le apra il suo cuore!” disse Zura saltellando intorno ai ciuffi di pelo tagliati.
“Ma se il mio me stesso non dovesse essere sufficiente?  Mi sento così...Così...” alzando gli occhi osservò dallo specchio della toletta la propria immagine riflessa con il pelo buffamente arricciato e decorato con vari nastri “...Stupido!”.
“Andrà bene vedrà! Son sicuro che le piacerà! Ci sarà dell’ottima musica, ottime luci...A quest’ultime, ovviamente, provvederò io!” disse Goblin strofinandosi al petto il braccino di metallo e soffiandoci sopra riaccendendo la fiamma.
“Comunque questa pettinatura non mi sembra per niente adatta! Ci vuole qualcosa di molto più  semplice e meno sofisticato!” disse con leggero disappunto Resgon strofinandosi con fare sapiente il mento.
Le forbici, sbuffando alle critiche rivolte loro, si rimisero al lavoro sciogliendo i vari ricci ed eliminando i nastri lasciandone soltanto uno dietro la nuca.

Poco più lontano Hermione osservava dalla finestra lo spettacolo delle luna piena che illuminava il giardino. La neve rifletteva quella stessa delicata luce donando una strana atmosfera al paesaggio boschivo che appariva non più tenebroso e cupo ma quasi candido.
Un leggero bussare alla porta della camera la riscosse da quella ammaliante scena.
“Hermione sei pronta?” chiese la teiera che fece capolino nella stanza osservando la giovane “Mia cara, risplendi di beltà come un bocciolo di rosa in primavera!”
La strega, imbarazzata da un tale complimento,le  sorrise lisciandosi con i lunghi guanti di seta bianca la lunga gonna dell’abito dorato ricoperto da piccole balze leggere ed eleganti e lasciò così la propria stanza seguendo la domestica.

Quella sera la sala nord, un tempo regno di polvere e ragnatele, era meravigliosa: dolci cherubini, dipinti all’intero di uno straordinario roseo tramonto, affrescavano l’intero soffitto della sala, illuminata da uno splendido e prezioso lampadario composto da centinaia di candele. Le ampie vetrate in lucido oro si ergevano lungo ogni parete affacciandosi sul giardino illuminato dalla luna che, filtrando dai vetri e dai grandiosi rosoni, contribuiva a regalare ancor più maestosità alla stanza.
Ai piedi della scalinata attraverso cui si aveva accesso alla sala, la bestia, elegantemente vestita, aspettava la ragazza. I suoi occhi grigi la osservavano con uno strano calore che la invitarono ad incedere con elegantemente verso di lui. Quando fu ad un sol passo dalla sua figura, lui le porse la zampa in un muto invito. Lei, osservandolo con un delicato sorriso, gli porse la propria.
Una dolce sinfonia d’archi e pianoforte accompagnò così il loro ingresso, le loro conversazioni ed i loro balli, in quella stanza che profumava di una nuova dolce emozione.

“Hermione sei felice qui?” chiese la bestia sedendosi accanto alla ragazza che osservava il giardino da una delle terrazze.
Lei si voltò verso il viso del padrone con un sorriso che però non le raggiungeva i meravigliosi occhi d’ambra.
“Sono molto felice ma...” rispose con voce flebile.
“Ma cosa?”
“Vorrei poter rivedere mio padre, anche se per un’ultima volta...”
Una piccola lacrima scivolò dalla sua guancia per ricadere sul corpetto satinato.
Lui le sollevò il volto delicatamente affinché potesse guardarlo e con la medesima delicatezza le asciugo il viso.
“Un modo ci sarebbe. Vieni con me.” Così dicendo l’accompagnò nelle sue stanze dove le porse uno strano specchio decorato in argento.
Hermione osservò stranita l’oggetto per poi rivolgere la stessa occhiata perplessa al suo possessore.
“Vedi, questo specchio è magico: ti mostra chiunque tu voglia vedere.” le spiego lui “Avanti, prova.”Le pose così davanti agli occhi lo specchio che rifletteva il suo viso.
Un po’ titubante la ragazza sussurrò “Mostrami mio padre”.
Il suo riflesso sparì dallo specchio che si illuminanò di una luce dorata quasi accecante che scomparve quasi immediatamente per lasciar posto all’immagine del signor Granger. Il buon uomo arrancava nella foresta cercando di reggersi sulle proprie gambe, nonostante i continui attacchi di tosse che lo costringeva a piegarsi in due dal dolore riversandosi sulla neve gelida. A quella visione piccole lacrime e singhiozzi presero il sopravvento nel petto della ragazza.
“Cosa succede?”
“Mio padre sta male, forse sta morendo ed io non sono con lui per aiutarlo!”
In preda all’angoscia ed alla disperazione la giovane si coprì il volto con le mani.
La bestia osservò dapprima la fanciulla per poi voltarsi verso la sua rosa quasi ormai sfiorita e capì ciò che doveva fare.
“Và da lui.”
Hermione a quelle parole  si riscosse dalle sue lacrime “Ma io...”
“Ti sciolgo da qualsiasi giuramento. Non sei più legata a questo castello.”
Confusa Hermione gli si avvicinò, osservandolo negli occhi grigi come la tempesta “Sono... Sono libera?”
“Sei libera.”le rispose la bestia posando il suo sguardo altrove.
L’osservò ancora per qualche istante prima di accarezzargli dolcemente il viso “Grazie.”
Lui si voltò verso di lei affondando nuovamente nei suoi occhi d’oro e miele.
“Tieni” le disse porgendole la sua bacchetta estratta dalla tasca interna del suo mantello e lo specchio d’argento “Portalo con te così quando vorrai potrai guardarti indietro e non ti dimenticherai di me.”
“Non mi dimenticherò mai di te” gli sussurrò e così dicendo uscì dalla stanza lasciandolo solo.

I domestici vedendo correre la ragazza fuori dal maniero accorsero dal padrone. Goblin, Resgon e Zura saltellando verso di lui esclamarono all’unisono “E' uscita dal castello! Hermione è fuggita!”
La bestia, del tutto incurante della loro agitazione, osservava la sua rosa accarezzandone lentamente la teca di cristallo.
“Non è più mia prigioniera. L’ho liberata.” rispose con voce atona. Proprio come a sancire quella triste dichiarazione, uno dei pochi petali sfuggì al bocciolo appassito del fiore, posandosi sul piccolo tavolo di mogano, perdendo la sua rosea iridescenza.
“Come l’ha liberata?” chiese il piccolo orologio nella più totale incredulità.
“Mancava così poco! Perché lo ha fatto?” domandò Goblin agitando con disperazione le proprie fiammelle, incapace di comprendere le ragioni di un tal gesto.
Il mostro si avvicinò alla balaustra del terrazzo osservando la ragazza percorrere il viale d’ingresso galoppando il proprio frisone. La osservò per un ultima volta fino a vederla sparire tra la nebbia che si era alzata a coprire l’intera foresta.
“Perché ne sono innamorato.”

Hermione appena fuori dalle mura del castello si voltò indietro. Nel medesimo istante un lungo e potente ruggito si diffuse in direzione del maniero.
Quello era il suo addio e lei lo sapeva.
 
 

Mi scuso con tutti coloro che seguono la mia storia, specialmente la mia cara Norma che di sicuro mi avrà dato per dispersa!
Fatemi sapere attraverso una piccola piccola recensione come vi sembra questo capitolo!
A presto!
Con sommo affetto,
Ary Granger
  
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