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Autore: Myfatherwillearaboutthis    05/09/2013    0 recensioni
"In fondo all'anima, disteso sul prato,
giace
sotto una coperta di lacrime
ricamate.
Piange, e si dispera, e piange;
pensa
alla sua poco nobil dama,
pensa.
Giù in fondo al cuore
un pozzo nero,
una via di fuga, un fiore forse, una primula
in quest'abisso trafitto
da spine e, circondato
da rose".
[Desidero scusarmi per non aver scritto una trama più coinvolgente, ma ho preferito dar sfogo alla mia immaginazione, al mio inconscio, come se fossi ancora bambina].
Genere: Azione, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione, Draco/Pansy, Harry/Ginny
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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"In fondo all'anima, disteso sul prato,
giace
sotto una coperta di lacrime
ricamate.
Piange, e si dispera, e piange;
pensa
alla sua poco nobil dama,
pensa.
Giù in fondo al cuore
un pozzo nero,
una via di fuga, un fiore forse, una primula
in quest'abisso trafitto
da spine e, circondato
da rose".
 
 
 
‹‹Crucio!››.
La mia voce sembra quasi un fruscio, un debole alito di vento nei frammenti di guerra che si stanno svolgendo in questo momento nell’Ala Est del castello.
‹‹Crucio!›› ripeto ancora con noncuranza, mentre quello svampito di Ernie Macmillan si accascia sul pavimento ghiacciato e traballante difronte a me, contorcendo i pochi arti integri che gli restano.
‹‹Non mi sono mai piaciuti i Tassorosso›› ghigno, ‹‹Ma dato che oggi mi sento particolarmente generoso, voglio darti la possibilità di difenderti›› gli dico, e con uno scatto dei polpastrelli gli lancio la bacchetta di cui dieci minuti fa mi ero impossessato. Gli concedo circa una decina di secondi per riprendere fiato prima di gridare ‹‹Avada Kedavra››, ponendo fine ciò che era la sua miserabile vita.
Ora,  non ditemi che sono un bastardo, né tanto meno una persona caritatevole: gli ho dato modo di tenere la bacchetta poiché non sono un vile come tutti credono, e non mi sarei mai permesso di assassinare un uomo – pur quanto stupido, imbranato e Sanguesporco possa essere – Disarmato.
Nonostante questa sia una vera e propria battaglia, trovo il tempo di girovagare per le classi, i saloni, e persino per i Dormitori, contemplando le “opere” dei Mangiamorte: corpi seminudi dappertutto, quadri svuotati delle loro storie e dei loro padroni, arazzi bruciati; con aria assente mi passo una mano tra i capelli platino, prestando comunque attenzione a non cadere in uno dei buchi tra le piastrelle, per terra. L’odore nauseante del sangue misto a quello dell’umidità trasudato dalle pareti di pietra mi opprime le narici, annebbiando man mano anche la vista; tuttavia, quest’effetto logorante svanisce non appena metto piede nel Covo delle Serpi. Tra qualche novellino del secondo intento a raccattare le ultime cose prima di lasciare Hogwarts scorgo Pansy, in lacrime, tremante, i capelli sciolti che le ricadono sbadatamente sulle spalle, incorniciandole il viso. Non so bene cosa mi spinge a farlo, dato che io, Draco Malfoy, sono l’ultima persona in grado di confortare o aiutare qualcuno, ma con una scossa emotiva che parte fin da giù, fin dalle viscere, mi costringo ad avvicinarmi, anche solo per un istante.
Probabilmente, penso, è dovuto al fatto che lei c’è stata sempre per me, sempre.
Da perfido ingrato quale sono, , perché alla fine ecco cosa sono veramente, le rivolgo un rapido ‹‹Ehi››, mantenendo tuttavia il mio solito tono mellifluo (sexy, a suo parere).
‹‹Vattene, Draco›› mi dice, con aria sommessa, l’orgoglio inevitabilmente in primo piano.
‹‹Come vuoi, Parkinson›› rispondo, avanzando e appoggiandomi alla parete spoglia, accanto al camino le cui ceneri brillano ancora del rosso fiammante di una, o due sere fa’.
‹‹Sei ancora qua, costringerai me, ad andar via››.
E’ imbarazzata, e da brava Serpeverde tenta di nascondere le tracce. Invano, naturalmente, la conosco ormai.
Decido di stuzzicarla, ma senza iniettare troppo veleno: ‹‹Nel caso tu non te ne sia accorta, me ne sono andato da lì››
‹‹Senti, perché non vai a sbatterti un altro po’ la Weasley? Ti ho visto, sai››
‹‹Be’, almeno adesso sono a conoscenza del motivo di tutto questo sfogo›› ribatto, strappandole una lacrima dal viso incendiato dalla vergogna.
‹‹Sai›› continuo, facendo bruscamente irruzione nel silenzio tuonante della Sala Comune, in perfetto ordine nonostante lo scompiglio esterno, ‹‹c’è un’altra persona che vorrei scoparmi prima di lasciare questo posto››; un bagliore fulmineo si incespica negli occhi di Pansy.
‹‹E chi è? La Granger?››.
A sentir pronunciare quel nome ripenso al fisico perfetto e alla bellezza naturale che ha sviluppato quella ragazza nel corso degli ultimi due anni: d’un tratto la vedo. Vedo quell’impertinente di una Mezzosangue nuda, nelle mie mani, Cruciata e violentata dal suo unico possessore. La vedo fatta a pezzi da un amore mai esistito e dall’intersecarsi dei miei pensieri perversi, avvolta dal torpore della sua pelle color neve; un rivolo di sangue che le cola sinuoso dall’occhio destro per poi… No, non sarò io ad averla, non sarò io a ucciderla. Non mi sporcherò le mani di lei, prefissandole a crudo anima ed essenza.
La Parkinson mi riporta alla realtà con prepotenza, le guance rosse poiché è con la sua ancora che sta parlando, il suo giubbotto di salvataggio.
‹‹Vieni›› sbotto, incamminandomi verso il Dormitorio maschile, con la ragazza che mi segue senza batter ciglio. A questo punto, due sono le opzioni: o non ha capito le mie intenzioni – e ciò risulterebbe auspicabile, considerato che la lampadina mi si è accesa di colpo, costringendo anche me ad esitare –, o è così spregiudicatamente innamorata – cosa che io ho bellicosamente ignorato per sei anni – da non riuscire a rifiutare l’allettante proposta di finire a letto col sottoscritto. Ah, ve n’è anche una terza: è la solita puttana che non vede l’ora di far apparire il suo nome sulla lista delle conquiste di Draco Malfoy. Tuttavia, preferirei non cedere a quest’ultima.
Raggiunta la mia stanza da ex Caposcuola (è un fascio di color argento e verde muffa) chiudo la porta e mi lascio cadere sul letto a baldacchino invaso da grossi cuscini setosi; le mani serrate dietro la nuca, le iridi trasparenti fissi sulla mia compagna.
‹‹Siediti›› le dico e, nonostante l’abbia fatto il più calorosamente possibile, rifiuta. Caccio la mano nella tasca della giacca e ne tiro fuori un pacchetto di sigarette ‘S.W.’. Ne prendo due, porgendole la prima, e accendo le punte con un colpo leggero di bacchetta. Dopo qualche tiro mi chiede: ‹‹Allora?››, si acciglia per qualche secondo e un fascio di luce bluastra le avvolge delicatamente il viso. E’ bella, sì, è proprio bella: ha gli occhi scuri, a mandorla, gli zigomi appariscenti e le curve ben in evidenza.
‹‹Allora ti voglio›› boccheggio, indifferente alla smorfia di ostentazione che assume la ragazza.
‹‹Scordatelo. Dopo quello che ho visto non ho intenzione di essere una delle tante pedine nei tuoi giochi subdoli, a scopo unicamente erotico›› sibila.
Mi ama. Mi ama come non è mai stata in grado di amare nessun altro. Nemmeno io ho veramente voluto bene a una persona, in vita mia. Forse, è proprio ciò che ci accumuna a legarci l’un l’altra; e non si tratta di un elemento fisico, bensì di un assaggio di esistenza che ci collega, ci sfiora… Ma non riuscirà mai a toccarci davvero.
Nonostante non sia la verità – sì, ancora una volta sono costretto ad ammettere la mia destrezza nel manovrare i sentimenti altrui – la accosto a me tirandola per un polso e in un orecchio le sussurro: ‹‹E se tu fossi LA pedina? Se tu fossi il pezzo mancante del mio puzzle a cui io stesso aspiro? Non permetterei mai che diventassi una delle mie marionette acquisite, sciocca››. Se prima pendeva dalle mie labbra, adesso mi pulirebbe il culo con la lingua, pur di accontentarmi, pur di andare avanti trascinandosi quest’ultima consapevolezza che le ho offerto, quest’ultimissima, falsa e deplorevole chance di essere corrisposta e accolta in un oceano benevolo, mare di primule candide e innocenti. Ma, a rigor di logica, tutto ciò è solo una pozzo di finzioni, nel quale le uniche certezze che riuscirà a scovare sono il sesso e un cuore ricoperto di marmo freddo. Ma, se a lei sta bene così, io non ho problemi a privarmi dell’ultima briciola di pudore umano che mi rimane.
Senza dir niente si è già sbottonata la camicia, lo sguardo che mi implora di stare attento, come se fosse la sua prima volta (le voci suppongono che abbia perso la verginità durante il quinto anno, per atto di Nott). Mi si getta sopra impulsiva commettendo un grave errore, la ragazza, sa che non mi piace esser lo schiavo, la vittima, quindi ribalto la situazione: il tramonto cala sovrano perforando le finestre, le urla e le grida di dolore causati dalla guerra viva si acuiscono rimbombando attraverso i muri sotterranei… E io sono qui, a cavalcioni sopra le anche di Pansy Parkinson, intento a slacciarle il reggiseno con mani abili, professioniste. Riuscito a pieno nell’impresa comincio a torturarle i seni, e i capezzoli turgidi, mentre lei si tiene occupata con la cinghia dei miei pantaloni.
‹‹Draco…›› prima che possa aggiungere altro le tappo la bocca con un bacio duro, secco. Non voglio che rovini questo momento con qualche assurdità da ragazzina come ‘i sensi di colpa’, o ‘la paura’, voglio solo che si sfoghi e che dia modo di far sfogare me; voglio solo possederla, come tutte le ragazze venute prima di lei, ma con un minimo di passato a cui rendere memoria. Continuo il mio giochetto vizioso accarezzandole il bacino, mordicchiandole l’orecchio e denudandola per bene: dopo circa una quindicina di minuti che siamo entrambi spogli di qualsiasi indumento la provoco penetrando in lei con le dita. Sono quasi sicuro che non ce la faccia più a resistere, così, senza troppe cerimonie, entro in lei spingendo con voga. Ed ecco che viene l’orgasmo. I nostri sessi si incontrano ripetutamente, le unghie delle mani di lei mi si infliggono veementi su per la schiena, lasciando graffi e tracce di sangue caldo. Le sta piacendo. La bacio ancora una volta e le sussurro chiaramente: ‹‹Adesso tocca a me godere, dolcezza››. Fa cenno di sì col capo e si slega dal mio corpo bollente: due secondi dopo è in ginocchio, la pelle chiara dei seni non abbronzati che risalta in perfetto contrasto con il resto, china sul mio cazzo mentre…
Con un frastuono assordante la porta della camera si spalanca, rivelando subito dopo Dafhne Greengrass, in preda a quello che credo possa essere definito ‘panico’.
‹‹Finalmente vi ho trovati… Oh›› per un attimo pare che non abbia mai sentito parlare di due persone che scopano, poi si riprende: ‹‹Nel caso non ve ne foste accorti là fuori c’è una guerra! Hanno appena catturato Hermione Granger!››.
Ancora una volta, sentendo pronunciare quel nome, il rimasuglio di pietra del mio ‘muscolo vitale’ sussulta eccitato, si consuma dalla rabbia e si contorce, attaccato dai soliti pensieri perversi che si infiammano in esso.
La domanda che ora sorge spontanea è: perché?
Senza essermene accorto sono già in piedi, completamente rivestito, pronto ad osservare – senza un motivo valido  – quello spettacolo osceno che sarà la tortura della Sanguesporco… Poiché non canterà, è ovvio che non canterà. Quella stupida ragazzina perderà persino sé stessa, pur di non tradire la fiducia dei suoi cari rivelando i segreti e le intenzioni di Potter.
Mio Dio, ma è davvero peggio del mio, di destino? E’ realmente peggio che ritrovarsi nudo, a letto con una ragazza che non si è disposti ad amare? Forse no. Forse anch’io avrei bisogno d’affetto, forse anch’io necessiterei di un mare di primule candide e innocenti.
  
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