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Autore: Kylu    05/09/2013    3 recensioni
Sul fatto che Kathleen Aster fosse una babbana, non c'erano dubbi.
Vita normalissima (per i quanto i suoi continui sogni ad occhi aperti permettessero), famiglia che si distingueva unicamente per la sua eccessiva severità, e nessun aneddoto magico della sua infanzia o prima adolescenza da raccontare. Scuola babbana, vestiti babbani, casa babbana, e – la cosa le provocava un'inimmaginabile repulsione verso se stessa – cervello babbano.
Eppure, c’era qualcosa che distingueva Kathleen Aster da tutti i suoi simili.
Lei credeva.
Le credeva e, in fondo, quel mondo magico di cui tanto si parlava nei libri lo sentiva anche un po' suo.
Era la differenza, si diceva, tra essere trascinati a forza in una bataglia mortale e entrare nell'arena a testa alta. In molti avrebbero pensato che la scelta personale in fondo non c'entrasse nulla, e che non ci fosse poi questa grande differenza, ma lei sapeva -allo stesso identico modo per cui lo aveva saputo Harry Potter, con pensieri quasi identici a questi, tanto tempo prima- che c'era tuttala differenza del mondo.
Perchè "sono le nostre scelte che mostrano chi siamo realmente, molto più delle nostre abilità".
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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La luce filtrava attraverso le spesse tende color porpora del letto a baldacchino e le palpebre ancora chiuse di Kathleen. Doveva essere presto: dai letti vicino al suo non giungeva alcun rumore, e nell’aria si respirava ancora la tranquillità della notte di risposo appena passata.
La ragazza si rigirò nel letto, mezzo addormentata, nascondendo la testa sotto il cuscino. Non sentì le tende che la circondavano aprirsi pian piano, né si accorse di niente quando qualcuno si sedette vicino a lei, finchè…
“Svegliati, bella addormentata! Voglio portarti a fare un giro per il castello prima di colazione. Su, alzati!” esclamò Rose con voce fintamente severa, mantenendo un tono di voce basso per non svegliare le compagne di dormitorio.
Kathleen mugugnò qualcosa e rimase immobile sotto le lenzuola.
“Okay, penso proprio di dover ricorrere a…” disse Rose afferrando la bacchetta dal comodino del proprio letto, a un paio di metri di distanza da quello di Kathleen. Poi, con un incantesimo non verbale, aprì completamente le tende e buttò all’aria le lenzuola dell’amica.
“Rose, è l’alba, smettila di rompere i…”
“Signorina Aster, moderi il linguaggio!” trillò Rose in una fedele imitazione della McGrannit.
“Non hai voglia di vedere il Castello? Pensa, Kathleen, i sotterranei, le serre, la torre di Astronomia, la casa di Boffin, il Platano Picchiatore…”
A quelle parole Kathleen sembrò finalmente svegliarsi. Era ad Hogwarts, accidenti! Ancora non riusciva a crederci. Si alzò di scatto dal letto.
Rose rise. “Vestiti e scendi in sala comune, ti aspettò lì”.
“Arrivo subito, dammi dieci minuti!”
“Te ne concedo cinque” rispose lei.
Fu pronta in tre.
 
                                                                             ***
 
“Ecco, ti pareva se non avevamo tutte le sfighe che si potessero avere” si lamentò Albus osservando il suo orario, seduto con gli altri al tavolo della sua Casa per fare colazione. “Doppie Pozioni con i Serpeverde due volte in settimana… E Divinazione e due ore di Storia della Magia nella stessa giornata…”. Gli altri Grifondoro del sesto anno si guardarono scuotendo la testa con un’aria tra il triste e l’arrabbiato. “Almeno oggi abbiamo la prima ora buca!” aggiunse poi il giovane Potter, rinfrancandosi un po’.
Kathleen fissò il proprio orario a sua volta. Prima che il professor Vitious passasse a consegnare a ciascun ragazzo la propria pergamena con gli orari delle lezioni, la preside McGrannit l’aveva chiamata dal tavolo degli insegnanti, e si erano appartate in un’aula vuota appena fuori dalla Sala Grande per discutere quali materie, oltre a quelle obbligatorie, la ragazza avrebbe seguito.
Kathleen non sapeva decidersi: era così interessata a tutti i tipi di magia che, se fosse stato ancora possibile, avrebbe seguito le orme di Hermione Granger e le avrebbe scelte tutte. Secondo la McGrannit, considerato che la ragazza avrebbe dovuto lavorare il triplo per poter stare al passo con gli altri, avrebbe dovuto sceglierne solo un paio, qualcosa di facile, magari. Ma ogni suo dubbio era stato cancellato di fronte all’entusiasmo di quella ragazza. In sostanza Kathleen avrebbe seguito, oltre  corsi tradizionali, quelli di Cura delle Creature Magiche, Antiche Rune e Aritmanzia. Aveva lasciato perdere Babbanologia perché di babbani ne sapeva fin troppo, e aveva escluso di principio Divinazione, che riteneva una perdita di tempo.
Nonostante Kathleen sapesse perfettamente la mole di lavoro che l’aspettava dietro l’angolo, nonostante fosse conscia delle ore di studio che avrebbe passato tra vecchi tomi polverosi e rotoli di pergamena da farcire d’inchiostro, non poteva dire di essere mai stata più felice.
Non vedeva l’ora di cominciare.
“Ma buongiorno Kathleen! Passato bene la tua prima notte ad Hogwarts?” chiese Jimmy sedendosi vicino a lei. Kathleen sorrise. Jimmy era sempre così allegro e spiritoso, pieno di vita. E sembrava gli importasse davvero di lei. E poi, rifletté la ragazza squadrandolo per la prima volta con occhio critico, coi suoi capelli biondi e mossi e quel sorriso furbo, era decisamente carino.
“Tutto a posto direi, a parte Rose con le sue fantastiche idee di svegliarmi all’alba per farmi fare un giro per il castello” rispose con una risata. “Tu?”
“Io benissimo, ho appena visto il mio orario, è stupendo! Abbiamo un sacco di ore buche…” osservò lui.
“Ore buche che ti serviranno per studiare, sempre che tu riesca a mettere in moto il cervello” affermò Rose acida.
Lui non sembrò prendersela; la guardò con un ghigno divertito e chiese: “A voi invece è andata piuttosto male, eh?”
“Puoi dirlo forte” rispose la ragazza.
Kathleen sentì distrattamente Jimmy e Rose che continuavano a parlare, la sua attenzione tutto d’un tratto incentrata su qualcos’altro. Nicholas. Stava camminando tranquillo nel corridoio tra i tavoli di Grifondoro e Corvonero, a una decina di metri da dove sedeva lei. Con la sua altezza, il suo fisico e il suo viso, non poteva certo passare inosservato: Kathleen notò che nove ragazze su dieci si giravano al suo passaggio, qualcuna con un’aria sognante, altre ridacchiando o cercando di mettersi in mostra, altre ancora lo indicavano spudoratamente con il dito sussurrando qualcosa alla vicina. Kathleen le giudicò subito ridicole. Ripensò a quelle giornate passate insieme a DiagonAlley, mano nella mano, e poi alla prima volta che si erano parlati, al San Mungo, e quando l’aveva supportata durante lo scontro con i suoi genitori…
“Lo conosci?” chiese Jimmy aggrottando le sopracciglia, seguendo lo sguardo di lei.
“Oh… io, si, cioè, lo conosco” rispose arrossendo.
Rose ridacchiò. “Cosa ci nascondi, Kat?” chiese con voce scherzosa.
In quel momento Nicholas, sempre camminando con calma, raggiunse l’altezza del tavolo alla quale erano seduti loro.
“Ciao, Nicholas…” disse Kathleen prima di riuscire a trattenersi.
Lui fece ancora un paio di passi, girandosi solo impercettibilmente verso di lei. Cosa stava facendo? La stava ignorando? Non era possibile, di sicuro non aveva sentito… Aprì la bocca per ripetere il saluto, quando...
“Amore! Ciao tesoro, mi sei mancato da ieri sera” esclamò una ragazza, la classica barbie alta e magra dai lunghi capelli lisci e biondi, alzandosi dal tavolo di Corvonero per gettargli le braccia al collo e iniziare a baciarlo.
“No…” sussurrò Kathleen, senza credere ai suoi stessi occhi. Ma in quel momento Nicholas abbracciò a sua volta la ragazza e prese a restituire il bacio.
Kathleen ci mise qualche istante a metabolizzare quello che il suo cervello stava registrando. Si impietrì, sbiancando all’improvviso.
Improvvisamente, con uno scatto, si alzò e afferrò la borsa dei libri, per poi dire a Rose e Jimmy, con una voce che non sembrava appartenerle: “Io, ecco, mi sono dimenticata una cosa in dormitorio… Ci vediamo dopo a Difesa contro le Arti Oscure…”
Poi, senza ascoltare ciò che i due amici le rispondevano, si diresse verso il portone della sala grande con passo veloce. Non prestava attenzione a ciò che le stava intorno, così che finì per urtare con la borsa un ragazzo di Corvonero.
“Ei tu, ma guarda dove vai!” esclamò il ragazzo. A quelle parole, Nicholas e la ragazza finalmente si staccarono per girarsi a vedere cosa fosse successo. Kathleen si scusò in fretta e tornò a muoversi a grandi passi per guadagnare l’uscita da quella sala, che le pareva improvvisamente più buia.
“Lascia stare, Connols, è la ragazza nuova, è già tanto che sappia da che parte sia la porta”.
Kathleen si bloccò. Era la sua voce.
Molti ragazzi attorno a lei cominciarono a ridere.
“Bella questa” disse il ragazzo che evidentemente si chiamava Connols, “Tranquilla, vai pure, non è successo niente” aggiunse poi, rivolto alla ragazza, in un vano tentativo di mostrarsi gentile.
“Stai attenta a non finire nella Foresta Proibita mentre cerchi l’aula… Ai ragni giganti non piacciono le borse di libri in testa, potresti farli arrabbiare, e noi non abbiamo voglia di venirti a ripescare dopo” aggiunse Nicholas, ghignando.
Kathleen sentì qualcosa dentro di sé che si rompeva definitivamente. Non capiva. Era stato così dolce con lei, l’aveva aiutata, l’aveva sostenuta, le aveva promesso di aiutarla anche una vota arrivati a scuola… e ora? Ma cosa gli aveva fatto? Niente, assolutamente nulla, si rispose da sola.
Represse le lacrime che le stavano salendo agli occhi. Non era più triste. Era solamente tanto, tanto, tanto arrabbiata.
“Brutto idiota schifoso col cervello di uno schiopodo sparacoda”  disse a denti stretti, girandosi definitivamente verso di lui. Mezza Sala Grande, ora, li stava fissando. “Pensavo, caro Nicholas, non mi hai mai detto per cosa sei finito al San Mungo bendato peggio di Tutankhamon… Un brutto e cattivo babbano di tre anni ti aveva aggredito? O ti sei semplicemente affatturato cercando di farti crescere un po’ di materia grigia in testa? Perché in quel caso mi dispiace, ma neanche la magia può fare miracoli” disse gelida ad alta voce, affinché tutti sentissero.
Ci fu una risata generale, subito spenta da un’occhiata assassina di Nicholas.
“Penso che definire babbano un qualunque bambno di tre anni da parte tua sia un po’ ridicolo. Sbaglio o riesci a fare meno magie di un cucchiaino, al momento?” fece lui.
“Ti va di provare?” rispose lei sarcastica, estraendo la bacchetta dal mantello, ostentando una sicurezza che non aveva.
“Ei bambina, non ti hanno detto che i duelli fuori dalle apposite ore di lezione non sono consentiti? Pensavo fossi più informata, con l’aria da sottuttoio che ti ritrovi…”
“Non provare mai più a chiamarmi bambina, tu brutto pezzo di vermicolo…”
Si bloccò. Non aveva senso andare avanti ad insultarlo, non ne valeva la pena.
Pensò distrattamente alla prima volta in cui Draco Malfoy aveva chiamato la Granger “mezzosangue”. Sarebbe stato bello fare a Nicholas l’incantesimo che aveva fatto allora Ron…
In quel momento, la sua bacchetta tremò nella sua mano e si esibì in un lampo accecante.
Nicholas rise. “E quello cosa doveva…”
Si bloccò a metà frase, improvvisamente verdognolo, le mani a stringersi lo stomaco. Iniziò a emettere strani rumori, finchè…
Diverse ragazze urlarono. La barbie che fino a qualche secondo prima stava ancora avvinghiata al ragazzo fece un balzo indietro, schifata. Nicholas aveva iniziato a vomitare lumache, proprio per l’effetto dell’incantesimo a cui Kathleen aveva pensato.
“Cosa avevi detto, scusami, Nicholas? Ah, giusto, che sapevo fare meno magie di un cucchiaino” disse avvicinandosi. “Sai cosa? Sarà anche vero, ma rimango comunque molto più intelligente di te! Sei una persona orribile, uno schifoso falso incoerente! Questo era per avermi presa in giro” disse lei, che ormai l’aveva raggiunto. “E questo per avermi dato della bambina” aggiunse.
Il rumore dello schiaffo rimbombò per tutta la Sala Grande.
“Ora, Nicholas, goditi la giornata! È stato davvero un piacere parlarti. Ciao ciao!”.
E con questo, girò i tacchi e uscì di corsa dalla Sala Grande.
Si assicurò di essere a debita distanza, poi si permise di scoppiare in lacrime. Non le importavano le conseguenze di ciò che aveva fatto. Lui l’aveva presa in giro per tutto il tempo, l’aveva illusa, si era solamente divertito con lei…
Entrò in un’aula vuota e si sbattè la porta alle spalle con violenza. Si accasciò contro una parete e rimase così, seduta per terra a singhiozzare con il viso nascosto tra le braccia, per diversi minuti. Non riusciva a calmarsi. Fortuna che, come aveva detto Albus, quel giorno avrebbero avuto la prima ora libera: avrebbe avuto tutto il tempo, quindi, per calmarsi e ricomporsi prima dell’inizio di Difesa contro le Arti Oscure.
Sentì la maniglia della porta abbassarsi e la porta cigolare piano sui cardini. Ecco che Rose era venuta a cercarla per consolarla. Oppure Jimmy, con qualche battuta pronta per tirarle su il morale.
Sentì dei passi lenti e leggeri avanzare verso di lei.
Finalmente alzò il viso dalle braccia e alzò gli occhi verso il nuovo venuto.
Non era Rose.
E non era neppure Jimmy.
  
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