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Autore: Jess_maryv    05/09/2013    1 recensioni
Quanto è labile il confine tra amore e malvagità? Tra Sole e Gelo? Questo è ciò a cui Victoria non riuscirà mai a fornire una risposta, ciò che la segnerà per il resto della propria esistenza. Una storia di intrighi tra arte, amore ed odio.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ARIA
Quando riaprì gli occhi si trovò stesa nel letto di un posto che poteva essere associato ad un ospedale. Ma non si spiegava il motivo, ricordava solo che avrebbe dovuto preparare la cena e fu presa dal panico, ma ricordò il gelo. E tutto le tornò alla mente, si toccò il viso, ed era coperto da bende. Non vi era più niente di armonico nel suo volto, non vi erano più linee nette e precisione nei tratti. La sua anima era a brandelli, i visceri le si contorcevano provocandole un dolore immenso. Ma il cuore batteva ritmicamente, gli atri pompavano sangue nei ventricoli e le arterie lo diffondevano nel corpo, era freddo, meccanico. Nessuna emozione lo pervadeva.
Passarono i mesi e di Victoria non si seppe più nulla, né al lavoro, né tra le persone a lei care. Nemmeno lei seppe più riconoscersi. Osservava la sua immagine riflessa come Narciso, ma provava disgusto. Si sentiva umiliata. Non poteva uscire, non poteva parlare con nessuno, non poteva pensare che su quel letto, su quel pavimento, in quella cucina, aveva camminato un mostro. Che lei aveva amato con tutta se stessa. E che le aveva lasciato il segno indelebile di ciò che lui provava per lei.
Il vento si placò. E il sole spuntò nuovamente. Come per la prima volta Victoria lo guardò e si perse nella musica e nel torpore che i raggi del mattino generavano. Non ne fu rincuorata, non si sentì rigenerata, ma istintivamente si coprì la metà sinistra del volto. Prese una decisione, l’unica possibile: doveva andarsene. Nulla la legava più a quella città, a quel luogo, nessuna logica, nessuna armonia.
Ci vollero due settimane per svuotare 12 anni di vita. Ogni scaffale, ogni cassetto, ogni mobile. Probabilmente tra gli scatoloni chiuse anche una parte di se e ve la sigillò per sempre.
Varcò la soglia di quella casa maledetta, di quella dimora in cui d’un tratto la degenerazione dell’amore e della passione le aveva gettato l’acido sul volto. Intorno a lei gli alberi non le sorridevano più, il vento le ululava contro, il clima la serrava per soffocarla. Salì sulla sua vecchia auto, senza un’identità, senza più controllo e sfrecciò verso un posto nuovo, senza sapere se l’avrebbe mai raggiunto o se invece il suo volto avrebbe presto perso importanza.
Vennero perse anche le tracce del pittore, se non fosse per un quadro, esposto in una delle più prestigiose gallerie Parigine, in cui la tempesta si mischiò al sangue, i tuoni alla pazzia e il male ebbe la meglio sulla ragione. Fu un quadro di successo, considerato simbolo dell’artista perseguitato dal passato, dell’amore per l’arte, senza che nessuno sapesse, però, che la creatività e l’ispirazione furono ritrovate dal folle solo con la perdita di se e la volontà di distruzione. O forse era proprio ciò che attirava i giudizi positivi delle persone. 
 
  
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