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Autore: Kylu    05/09/2013    8 recensioni
Sul fatto che Kathleen Aster fosse una babbana, non c'erano dubbi.
Vita normalissima (per i quanto i suoi continui sogni ad occhi aperti permettessero), famiglia che si distingueva unicamente per la sua eccessiva severità, e nessun aneddoto magico della sua infanzia o prima adolescenza da raccontare. Scuola babbana, vestiti babbani, casa babbana, e – la cosa le provocava un'inimmaginabile repulsione verso se stessa – cervello babbano.
Eppure, c’era qualcosa che distingueva Kathleen Aster da tutti i suoi simili.
Lei credeva.
Le credeva e, in fondo, quel mondo magico di cui tanto si parlava nei libri lo sentiva anche un po' suo.
Era la differenza, si diceva, tra essere trascinati a forza in una bataglia mortale e entrare nell'arena a testa alta. In molti avrebbero pensato che la scelta personale in fondo non c'entrasse nulla, e che non ci fosse poi questa grande differenza, ma lei sapeva -allo stesso identico modo per cui lo aveva saputo Harry Potter, con pensieri quasi identici a questi, tanto tempo prima- che c'era tuttala differenza del mondo.
Perchè "sono le nostre scelte che mostrano chi siamo realmente, molto più delle nostre abilità".
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Era Scorpius Malfoy.
Kathleen si irrigidì istintivamente, stringendosi le braccia al petto e schiacciandosi contro il muro.  Perché era li? Cosa voleva? Se aveva intenzione di sfotterla per ciò che era accaduto, lei avrebbe… avrebbe…
Distolse lo sguardo appena in tempo per non essere catturata nuovamente in quegli occhi di ghiaccio.
Scorpius, invece, teneva i propri fissi in quelli della ragazza. La sua espressione era nuovamente indecifrabile. Era tanto bello da apparire inquietante.
Kathleen pensò come fosse diverso da Nicholas, pur essendo entrambi bellissimi. Ma mentre la bellezza di Nicholas era del tipo che si vuole far notare a tutti i costi, quella del giovane Malfoy era molto più fine ed elegante. E la cosa più incredibile era che sembrava non curarsene: a differenza di Nicholas, sempre impeccabilmente vestito, pettinato e quant’altro, lui sembrava non curarsi tanto del proprio aspetto. I capelli chiarissimi ricadevano a ciocche spettinate sulla sua fronte, sul mento si intravedeva un accenno di barba, il nodo della cravatta verde-argento era allentato e i primi due bottoni della camicia della divisa scolastica erano aperti.
 
“Allora, Kat, ti piace?”.
“Oh, ehm, si, moltissimo! DiagonAlley… non mi sarei mai aspettata di vederla sul serio! Invece sono qui e… mi sembra un sogno, su serio”.
Nicholas rise. “Non intendevo proprio questo, anche se sono contento di sentire che ti piace il posto. No, io intendevo… ti piace stare con me?”.
“Eh?”.
“Dall’effetto che ti faccio si presume che io ti spaventi neanche fossi un Ungaro Spinato, oppure… che ti piaccia”.

Improvvisamente, come un fiume in piena, i ricordi dei momenti con Nicholas la sommersero spazzando via anche l’ultima barriera di razionalità.
Kathleen sprofondò nuovamente il viso tra le mani per attutire un nuovo scoppio di singhiozzi.
Si vergognava, si vergognava tantissimo a farsi vedere in quello stato. Mai si sarebbe permessa una cosa del genere in situazioni normali. Ma in quel momento si sentiva così tremendamente sola, triste e inutile…
Sentì i passi del ragazzo che si avvicinava ulteriormente. Lo sentì sedersi accanto a lei, talmente vicino da sfiorarla quasi. A che gioco stava giocando?
Poi lui le prese una mano e la strinse.
Lei alzò di scatto il viso, talmente sorpresa da dimenticarsi persino di avere il volto completamente bagnato di lacrime e gli occhi rossi dal pianto.
Lui la guardò alzando impercettibilmente un sopracciglio.
“Non è solo perché sta con quella” disse lei sussurrando, rispondendo ad una domanda non formulata verbalmente. “E’ che… per l’ennesima volta nella mia vita mi sono solo illusa. Io non sono fatta per piacere alle persone. Non sono fatta per i lieto fine. Sono una ragazza insignificante e stupida, che si illude appena uno…” di colpo le si smorzarono le parole sulle labbra.
“A momenti non so neanche chi sei. E ti vengo a raccontare queste cose. E’ che non capisco. E’ come se… ti conoscessi da sempre, non so” osservò la ragazza con voce incerta.
Ma non aveva importanza chi fosse, si disse. Tanto se ne sarebbe andato anche lui, proprio come facevano tutti.
“Il fatto è che ne ho abbastanza di soffrire per le persone” scoppiò, riprendendo a piangere. Lui la osservava in silenzio.
“Non ne posso più, e allora sai cosa? Non devo più fidarmi delle persone. Alla fine ci resti solo di schifo. E non è per Nicholas nello specifico. Sono… tutti. A partire dai miei genitori e mio fratello, poi quelli che fanno gli amiconi e il giorno dopo spariscono, quelli che ti usano solo quando servi, è tutta un’unica, enorme presa per il culo” concluse lei, serrando gli occhi e passandosi una manica sul viso con la mano libera, come per scacciare definitivamente il dolore. Poi appoggiò la testa sulle ginocchia, guardando il vuoto, svuotata da tutto: dalla rabbia, dal dolore, da ogni ricordo.
Vuota.
Lui si limitò a stringerle più forte la mano e ad intrecciare le sue dita con le proprie.
Era incredibile come la sua semplice presenza silenziosa la aiutasse più di mille parole, più di qualunque frase d’incoraggiamento.
Non so neanche chi sia, si disse Kathleen. Non so cosa sa lui di me, non so cosa vuole, non so perché è qui. Dovrei andarmene subito. Eppure… perché mi sento così rassicurata, così al sicuro, così… protetta, da lui?
Stettero fermi in quella posizione per qualche minuto. Al di là della porta di quella aula che sembrava staccata dal resto del mondo, si udivano attutiti i suoni della scuola che si animava con l’inizio delle lezioni. Rumore di centinaia di passi, chiacchiericcio, urla, risate.
E loro due in silenzio, sempre mano nella mano, come a prepararsi ad affrontare insieme ciò che il futuro avrebbe riservato loro.
Fu solo quando gli occhi di Kathleen tornarono limpidi e quando il suo respiro si fu regolarizzato che Scorpius si alzò con calma, le diede un’ultima delicata stretta alla mano e poi si dileguò dalla porta, rapido e felpato com’era arrivato.
In tutto quel tempo, non aveva detto a Kathleen una sola parola.
Eppure nessuno era mai riuscito a comunicarle così tanto.
 
                                                                                  ***

Meno di un’ora dopo Kathleen era seduta tranquilla in primo banco dell’aula di Difesa contro le Arti Oscure. La ragazza, che aveva momentaneamente chiuso in un cassetto della mente il caso-Nicholas e lo strano comportamento di Malfoy, non stava più nella pelle: come aveva annunciato la sera prima la McGrannit, il nuovo professore di quella materia (quello precedente si era ritirato dall’insegnamento quando per colpa di uno scherzo di James e qualche altro studente malandrino aveva creduto di essere soggetto al Vaiolo di Drago) era niente meno che il grande e leggendario Alastor Moody, detto “Malocchio”.
Alcuni insegnanti erano rimasti gli stessi dall’epoca di Harry Potter – era il caso di Vitious, il centauro Fiorenzo, il vecchio fantasma di Rüf, il professor Lumacorno e qualcun altro – mentre molti altri erano cambiati: La Dunat di trasfigurazione, tanto per cominciare, poi il grande Paciock di erbologia, e un certo Bones di Cura delle Creature magiche (Boffin svolgeva solo le mansioni da Guardiacaccia).
“Kathleen, sicura di non voler parlare di…”
“Rose, ti ho detto dopo!”
“Okay, okay tranquilla!”
“Ma mi volete spiegare che succede?” intervenne Albus, ingenuo.
“Al, non capisci davvero mai niente tu o fai apposta?” lo rimbeccò Rose.
Il ragazzo si limitò a guardarla perplesso, scompigliandosi senza pensarci i capelli con una mano. Quel gesto dette inizio a una serie di bisbigli e sospiri da parte di alcune Tasorosso sedute dietro di loro.
“Oh ma smettetela!” sbottò Rose guardandole con sdegno.
Albus arrossì di botto. Nonostante tutte le attenzioni che tutti gli dimostravano fin dai tempi del suo primo anno ad Hogwarts – colpa del suo cognome, certo, ma anche di certe sue doti notevoli in molte materie e una combinazione di capelli nerissimi e occhi verdi davvero invidiabile – era rimasto un ragazzo sensibile e modesto, e questo era ciò che Kathleen più apprezzava in lui.
In quel momento una porta dietro la cattedra si aprì con un tonfo secco.
“via i libri e fuori le bacchette. Non penso di dovervi ricordare chi sono, quindi tutto quel che vi dico è che non voglio vedere gente farsi i fatti propri in questa stanza, PER ESEMPIO LEI SIGNORINA DEL TASSOROSSO” aggiunse, improvvisamente urlando. Tutta la classe trasalì. La ragazza in questione arrossì e si allontanò dalla vicina di banco, a cui aveva continuato a sussurrare nell’orecchio – indicando Albus – da quando erano entrati.
“M-mi scusi” balbettò lei.
“Lei si chiama?”.
“Micol McDale, signore”.
“Bene, signorina McDale, intanto cinque punti in meno per la sua casa, la prossima volta è punizione. Per quanto capisca che il signor Potter qui presente sia un interessantissimo spunto di conversazione, è pregata di SEGUIRE – LA – LEZIONE!” torno ad abbaiare Malocchio. Tutti sussultarono di nuovo.
“Sbaglio o Albus è diventato viola? Secondo me c’è sotto qualcosa” bisbigliò Rose a Kathleen con un mezzo sorriso.
“Questo ovviamente vale anche per i figli delle celebrità, signorina Weasley” disse questa volta sottovoce, burbero, il vecchio Moody.
“In ogni caso buon anno, fate i bravi e bla, bla, bla. Per informazione generale, molte lezioni quest’anno saranno seguite da un ragazzo giovane che deve imparare il mestiere. Io non posso trattenermi a lungo, la mia età si fa sentire, oltre a tutti gli acciacchi che una vita da auror ti procura…” osservò, alludendo alle innumerevoli cicatrici che gli deturpavano il volto e alla propria gamba di legno. “Il tizio si chiama Teddy Lupin, ma lo conoscerete prima o poi”.
Kathleen sentì Rose trattenere il respiro. Questa volta era stata lei ad arrossire in zona orecchie – tipico dei Weasley. Kathleen scosse la testa divertita, e tornò a girarsi verso Moody.
Dieci minuti dopo erano divisi a coppie, uno di fronte l’altro. Esercitazioni di duelli per ripassare le nozioni apprese negli anni precedenti e per dare un’idea al nuovo professore del livello della classe.
Moody girava tra gli studenti, commentando e consigliando.
“Voi due, laggiù, perché non state lavorando?” chiese indicando Kathleen e Albus e avvicinandosi a grandi passi.
“Ecco, io...” cominciò Kathleen.
“Lei è?”
“Aster, Kathleen Aster”.
Un lampo di comprensione attraversò gli occhi dell’uomo.
“Ah, certo. L’incidente, e il resto. Beh, Potter può lavorare con qualcun altro ovviamente, dal momento che lei è temporaneamente senza poteri…”
“Non è quello il problema, signore” disse Kathleen. “Il problema è che stamattina ho avuto un… diverbio, con un ragazzo di corvonero, e mi sono resa conto di non poterli proprio controllare. Non vorrei mettere a rischio l’incolumità di Albus” spiegò lei.
Malocchio rimase un attimo in silenzio. Il resto della classe prese a mormorare.
“Ha parlato di questo fenomeno con qualche nsegnante, signorina Aster?”.
“No, signore”.
“Allora mi segua, subito. Voialtri: continuate ad esercitarvi, torno tra cinque minuti. Se uno solo di voi sgarra mentre sono via, assisterà ad una lezione in prima persona sulle maledizioni senza perdono!”
 
                                                                             ***
 
L’ufficio della preside era esattamente come descritto nel libro. La McGrannit, dopo aver ereditato lo studio dal predecessore Piton, aveva cercato di renderlo più rassomigliante possibile a ciò che era stato ai tempi di Albus Silente. Ora lungo le pareti si addossavano strumenti e tavolini dalle gambe sottili e dall’aspetto fragile, i soliti vecchi quadri erano appesi al muro dietro la scrivania e, al centro della stanza, troneggiava la gabbia dorata di una fenice.
La preside sedeva rigida, il mento appuntito appoggiato alle mani dalle dita intrecciate. Kathleen aveva appena finito di raccontarle tutto ciò che di nuovo era successo nell’ambito della sua magia: l’episodio sul treno, la sensazione che ne aveva ricavato, e  il duello con Nicholas.
“Penso di poter giungere alla conclusione” disse prendendo finalmente parola, “che quando gli strani individui combinarono qualcosa con la sua magia – come secondo il racconto di sua madre -, non abbiano estratto il potenziale magico che è in lei, cosa ineffetti impossibile, ma si siano limitati a bloccarlo, come imponendovi un sigillo. Il punto è: come sboloccarlo?” sospirò, appoggiandosi allo schienale. “Mi sembra di capire che in entrambi i casi in cui ha compiuto una magia, signorina Aster, lei fosse particolarmente arrabbiata in quel preciso istante. Come se il suo potenziale magico avesse bisogno di un’emozione forte, come un piccolo shock, per poter venire a galla ed esprimersi. Come una spinta in più. E da come ha descritto le sue sensazioni, mi sembra di capire che di questo potenziale magico lei ne abbia più di qualunque mago la storia ricordi” affermò l’anziana donna.
Kathleen rimase a bocca aperta.
“Ma quindi… quindi, in conclusione, cosa sono?”
Chiese, e anche alle sue orecchie la domanda suonava sciocca e infantile, ma aveva davvero bisogno di saperlo, per potersi finalmente sentire definitivamente parte di uno o dell’altro mondo, quello Magico o quello Babbano.
“Difficile stabilirlo sulla base dei pochi dati posseduti. Ma sembrerebbe... è come se lei avesse un cervello babbano, se mi permette il termine, dovuto agli anni vissuti in assenza di magia e dalle sue origini, ma che in fondo abbia un vero e proprio cuore da Strega, e che in esso si celi un potere incredibile, pressoché illimitato”.
Sospirò di nuovo. Poi fissò la ragazza negli occhi, e disse: “Sono convinta che sua madre non abbia detto tutto ciò che sa riguardo a questa storia. Magari non per sua volontà” aggiunse alzando una mano per fare presente a Kathleen, che già aveva aperto bocca, di non interromperla. “Ma potrebbe essere sotto un potente Imperius o un Oblivion. Ce ne dobbiamo assolutamente accertare. Se permette, mando subito una ronda di Auror a prelevarla con quanta più discrezione possibile e portarla al San Mungo per sottoporla ad alcuni test. Non potrà vederla, però. Mi dispiace, ma per la sua sicurezza è meglio che lei stia qui, per ora, finchè i fatti non si saranno chiariti”.
Kathleen annuì. Era d’accordo con tutto ciò che aveva detto la preside.
“E a proposito di sicurezza sua e altrui… non la spingerò a parlare di ciò che è capitato con il signor Jaks stamattina. Suppongo lei abbia avuto tutte le buone ragioni del mondo, e non posso incolparla per l’incantesimo dal momento in cui non sa controllare i suoi poteri. Ma l’aggressione in stile babbano non è tollerata ad Hogwarts, perciò sarò costretta a metterla in punizione. Domani si rechi in infermeria alle otto di sera. Alla sua casa non saranno però sottratti punti, perché voci fidate mi hanno riferito che sia stato il ragazzo a cominciare con gli insulti. Bene, signorina Aster, è tutto” la congedò senza aspettare risposta. “Può andare. La terrò aggiornata sugli sviluppi con sua madre. Fino ad allora, si goda le lezioni!”.
 
 
SPAZIO AUTRICE
Ma buonasera lettori! O sarebe il caso forse di dire buonanotte.
Vi lascio con tanti nuovi misteri da svelare e nuovi punti di domanda da risolvere… fino al prossimo capitolo! Aggiornerò presto, prometto.
Oggi ho postato ben due capitoli, non potete lamentarvi! Che dire, quando la febbre della scrittura prende, non c’è nulla da fare.
Spero di non aver fatto troppi errori, non rileggerò prima di postare, sono stanca morta e domani ho scuola!
Recensite, recensite, recensite! Anche perché i nomi dei recensori più affezionati finiranno nella storia… Siamo già a due: Ayumi e Micol (anche se quest’ultimo non penso sia il nome reale, ma è la firma utilizzata nelle recensioni). Comunque, fatemi sapere che ne pensate di come sto proseguendo la storia, datemi consigli, criticate… basta che vi facciate sentire!
Ora vi lascio, ci sentiamo a brevissimo!
Vostra ormai affezionata
Kylu
 
Nox!
  
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