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Autore: BrendaLeeJ    07/09/2013    1 recensioni
Sono le 19.15 di un Sabato sera indefinito di Giugno, è una sera afosa in cui gli odori di campi adibiti a risaie inebriano prepotentemente l'aria con il loro intenso e pungente profumo di terra bagnata; una strada provinciale semi deserta si stende per chilometri nel panorama agricolo adornata ai margini da graminacee dorate e papaveri spontanei, alterna tratti con piccoli paesi a tratti con grandi distese di terra coltivata. Una vecchia Panda nera sfreccia solitaria su una corsia in direzione Centro Provincia, dal finestrino abbassato dell'autista proviene a tutto volume una canzone dei Nirvana: “Smells like teen spirit”. Al volante una giovane ragazza, Felicity Greco, guida assorta, occupata a sostenere un silenzioso dialogo interiore con se stessa.
Genere: Drammatico, Generale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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5. Il Bacio

 

La serata passò velocemente, arrivate le porzioni di Fajitas non ci fu più molto tempo per parlare, Felicity si butto a capofitto sul piatto e Marco la guardò mangiare addentando di tanto in tanto una delle sue. Quella sera era proprio bella, si era raccolta i capelli in una crocchia morbida e i riccioli più corti le ricadevano leggeri sul viso, indossava un pantalone da tuta nero aderente stretto alle caviglie e un top fasciante senza spalline grigio lungo sui fianchi, ai piedi le solite All Star nere. Semplice, perfetta, le piaceva soprattutto così, quando sembrava non aver perso troppo tempo a cercare vestiti nel guardaroba. Quando uscivano o rimanevano insieme soli lei sembrava sentirsi a suo agio e non badava troppo ai convenevoli, se per altri poteva essere una mancanza, per lui era un bellissimo segno di quella intima confidenza che erano riusciti a raggiungere negli anni. Era complicato starle accanto nascondendo il sentimento che da tempo provava per lei, le voleva un bene profondo e sentiva di non poterla perdere e poi non voleva ferirla, sapeva che oramai era diventato per lei un punto fermo, forse l'unico nella sua vita. Per quanto fosse difficile ammetterlo a se stesso, la cosa valeva anche per lui. Il rischio di rovinare tutto non lo voleva nemmeno prendere in considerazione, ma era sempre più difficile reprimere ciò che provava anche se nascondere i propri sentimenti era ciò che da sempre gli riusciva meglio. Ricordava talmente bene quando tutto era cambiato, il giorno preciso, l'istante esatto in cui guardandola non vide più semplicemente un'amica, la piccola Felicity per cui aveva provato istinto fraterno, ma la donna che voleva al suo fianco per tutta la vita. Non amava ripercorrere quel pensiero, rendeva tutto ancora più fottutamente difficile, ma era un ricordo che tornava spesso a dargli il tormento.
< Mamma mia, troppo buone ! > Felicity aveva finito di mangiare e si ripuliva la bocca col tovagliolo. Era rimasta silenziosa dopo l'ultimo scambio di parole, Marco non riusciva a capire se fosse turbata o meno, dopo un esitazione iniziale ora le sembrava stranamente tranquilla. Continuò dunque a comportarsi normalmente.
< Alla faccia avevi proprio fame, eh?! >
< Eh.. direi proprio di si. Te invece non sembri molto affamato, sono ancora tutte nel piatto. >
Marco guardò il proprio piatto e si accorse che effettivamente non aveva mangiato poi molto, si era perso nei propri pensieri mentre la osservava.
< Uh.. no beh sono buonissime è che.. > non sapeva cosa dire.
< Me ne dai una? > innocente.
< Cosa?! > meravigliato.
< Si dai, dammene una. Tanto tu non sembri avere fame. >
Marco scoppiò in una risata fragorosa e mentre ancora sorrideva le disse < Sei impossibile Felicity, davvero! Prendine una, tieni > cercò di passarle una Fajitas prendendola con le posate < domani vado io a farti la spesa, se no la prossima volta mi mangi anche le gambe del tavolo. >
La ragazza arrossì < Grazie >
Finita la cena divisero come di consueto il conto a metà e lasciarono il locale, decisero di tornare in macchina verso casa di lei. Per tutto il viaggio Felicity rimase in silenzio rivolta verso il finestrino, lasciava scorrere il paesaggio urbano sotto ai propri occhi mentre nella testa ripercorreva fatti e persone del passato. Aveva fatto finta di niente fino a quel momento, cercando di reprimere tutto in un angolo remoto della sua mente, era felice di tutte le cose belle che l'Arcobaleno le aveva donato ma quelle non riuscivano a cancellare il resto. Marco era stato gentile a voler festeggiare, ma lei non era come lui, non riusciva a sorridere alla vita nonostante tutto. Ogni anno era sempre la stessa storia, le immagini della sua adolescenza le passavano davanti come in un film, ed ogni volta era come ricevere una pugnalata al petto.

Furono circa le 22.00 quando arrivarono, Marco entrò nel parcheggio interno del palazzo e si infilò nel primo posteggio vuoto, finita la manovra spense la macchina.
< Marco... > non riusciva più a trattenere dentro tutto quel peso.
< Dimmi. > il silenzio di lei lo aveva già insospettito.
< ..io.. > silenzio.
< Tutto bene Feli? > era preoccupato, ma almeno lui era lì, questa volta c'era, non l'avrebbe lasciata sola a combattere col suo passato.
< Ss.. > avrebbe tanto voluto dirgli di si, essere forte e dimostrargli che anche lei era cresciuta, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu scoppiare a piangere, pervasa da convulsi singhiozzi.
< Ehi.. vieni qui, dai. > staccò le due cinture di sicurezza e prendendola fra le braccia la tirò a se < non piangere, ci sono qua io adesso > prese ad accarezzarle il capo, teneramente.
Stretta al petto di lui si lasciò andare, come un fiume in piena che travolge le sponde iniziò a tirare fuori tutto quello che aveva dentro.
< ..perché.. > singhiozzò < ..perché non riesco a dimenticare? Perché mi sento in colpa? > silenzio < Mi spiace così tanto Marco, volevi fare una cosa carina e io sto rovinando tutto.. ma.. ma io non ce la faccio più a far finta di niente. Odio mio padre, i miei nonni..eppure mi mancano da morire > era come se non riuscisse a respirare, la gola sempre più chiusa < Ogni mattina il viso di mia madre mi appare sempre più sfocato, ricordo solo le urla, le botte.. il sangue.. le loro spalle di fronte a me ed io non capivo, non potevo, non volevo. Cosa può capirne una bambina? Io.. io rivolevo solamente indietro mia madre, la mia famiglia. Cosa ho fatto per meritarmi di sentirmi rifiutare? Io non ho ucciso nessuno, non ho fatto niente, eppure non mi hanno voluta, loro mi detestavano glielo leggevo negli occhi. Non sono riuscita a portare la pace tra i miei.. nemmeno una figlia li ha aiutati ad amarsi. Perché non si amavano? Perché non amavano me, Marco? Perché mi hanno lasciato sola? Chi potrà mai amarmi adesso? >
Era straziante ascoltare tutto quel dolore e non poter far niente, si sentiva così impotente di fronte a ciò che era accaduto all'amica, le parole gli uscirono di bocca senza che potesse fare nulla per fermarle, fu una frazione di secondo, nemmeno il tempo di pensare..
< Ti amerò io Felicity > seguì il gelo, entrambi immobili.
Marco rimase sospeso nell'attimo con gli occhi spalancati, che cosa glie era saltato in mente? Perché aveva detto quella frase? Il tempo sembrò fermarsi per poi riprendere a rallentatore, il respiro diventò pesante, il cuore iniziò a battergli violentemente ...bum..bum bum..
Sentì le braccia diventargli molli, non poteva crederci di averlo detto, ed ora cosa sarebbe successo? Per la prima volta, dopo tanti anni, non sapeva come gestire le sue emozioni, era totalmente spiazzato da se stesso. Felicity rimase interdetta, cosa intendeva Marco con quel “ti amerò io” ? Sentirlo l'aveva fatta sussultare, alzò il capo raddrizzando il busto e lo guardò negli occhi, non disse nulla. Dopo minuti che sembrarono ore chiuse gli occhi per pensare, lo sguardo di lui era così penetrante da mandarla fuori di testa, fu in quell'istante che sentì le labbra di Marco avvicinarsi alle sue, non trovo le forze e la volontà per rifiutare, si abbandonò totalmente a lui. Il corpo le fu invaso da un calore violento, iniziò a sentirsi intorpidita, cosa stava succedendo? Perché si sentiva così? Marco.. Marco era un amico, era il “suo” amico, l'unico ad essere per lei la cosa più vicina ad una famiglia..
..cosa stiamo facendo? No..No..NO!“
Felicity raccolse le forze rimastele in corpo, lo spinse indietro con le braccia, lo fissò per qualche istante dritto negli occhi.
Perché? “
Non sapeva darsi una risposta a quella domanda, la mano le si mosse da sola infrangendosi violentemente sulla guancia di Marco. Se ne pentì immediatamente.
< Scusami.. io.. non volevo scusami. > era mortificata, era successo tutto così in fretta che nemmeno se ne era resa conto, non avrebbe mai voluto dargli quello schiaffo. Lui sembrava non reagire, non si muoveva, non parlava, le sembrava di impazzire. Non avrebbe dovuto baciarla, allora perché desiderava tanto tornare indietro?
Marco apparve tornare in sé, gli si distese leggermente il volto e infine finalmente le parlò.
< No, scusami tu. Volevo solo starti vicino, consolarti ma.. ho fatto un casino. Lascia stare sono un cretino. >
< Ma.. > non poteva essere solo così.
< Veramente, adesso è meglio che vada. Domani mattina inizio a lavorare presto, quel bastardo del capo non perde occasione per fare lo stronzo e farci sgobbare con turni improponibili. > sospirò sorridendole, un sorriso assai poco convincente.
Marco, cerca di riprendere il controllo.. Cazzo! “
Felicity non disse nulla, aprì la portiera e scese richiudendola dietro di sé, lo guardò rimettere in moto nervosamente la macchina per poi muoversi e sparire oltre la cancellata. Rimase in piedi nel parcheggio per diversi minuti. Ma che diavolo era successo?

  
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